CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 639

Natale al Centro Studi Piemontesi

Tutti gli appuntamenti culturali in programma

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Mercoledì 13 dicembre 2017

a partire dalle 11,30

Inaugurazione della Mostra

Un libro per Natale

con un brindisi di buon augurio

La mostra proseguirà fino al 22 dicembre

 

Mercoledì 13 dicembre apertura fino alle ore 18

Sabato 16 dicembre apertura con orario continuato 10-18

Chiuso la domenica

Accanto alla tradizionale esposizione in sede

delle pubblicazioni  del Centro Studi Piemontesi

sarà allestita una piccola mostra di

Libri di storia degli Stati sabaudi

dai Fondi della Biblioteca storica del Centro Studi Piemontesi

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Fuori sede

Lunedì 18 dicembre 2017  ore 20.30

Torino – Real Chiesa di San Lorenzo

Vijà piemontèisa 2017

                   Soma rivà tuti si për vëdde ‘l Bambin

Mario Brusa Voce recitante. Enzo Vacca Arpa, canto. Valerio Franco Pive, canto

Martedì 19 dicembre ore 17

Auditorium Vivaldi

Piazza Carlo Alberto 3 – Torino

Presentazione del libro di Graziella Riviera

La strada del Fiammingo

Dal Brabante al Monferrato:  i Tabachetti di Fiandra

Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis, 2017, pagg. VI-358, ill.

Con l’Autrice intervengono: Giuseppe Pichetto, Presidente Centro Studi Piemontesi; Renata Lodari, Presidente Ente Gestione Sacri Monti del Piemonte; Rosanna Roccia, Direttore “Studi Piemontesi”; Giovanni Tesio, Università del Piemonte Orientale. Coordina Albina Malerba

Saluto di chiusura dell’Assessore alla Cultura della Regione Piemonte Antonella Parigi.

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Novità editoriali Natale 2017 – Centro Studi Piemontesi-Ca dë Studi Piemontèis

 

Graziella Riviera, La strada del Fiammingo. Dal Brabante al Monferrato: i Tabachetti di Fiandra, Prefazione di Rosanna Roccia. Pagg. VI-358, ill. a colori. ISBN 978-88-8262-267-1

Daniela RissoneLa STELLA fra le stelle. Story-board sulla stella della Mole Antonelliana, seconda edizione riveduta ed ampliata. Pagg. 56, ill. un film in 16 mm inedito in QR. ISBN 978-88-8262-269-5

Simonetta Tombaccini, La “Nazione Ebrea” di Nizza. Popolazioni, istituzioni, usi e costumi (1814-1860), con il contributo della Fondazione Guglielmo De Levy, Premessa di Giuseppe Pichetto, Introduzione di Dario Disegni, Prefazione di Alberto Cavaglion. Pagg. XI-414, ill. ISBN 978-88-8262-266-4

Maria Teresa Reineri, Anna Maria d’Orléans Regina di Sardegna Duchessa di Savoia,Premesse di Gianni Oliva e Maria Gabriella di Savoia, Postfazione di Gustavo Mola di Nomaglio, seconda edizione aggiornata. Pagg. 698, ill. ISBN 978-88-8262-270-1

 

Antiche dimore e giardini a Droneroa cura di Federico Fontana, Luca Giacomini, Renata Lodari, in collaborazione con Dronero Cult. Pagg. XVIII-92, ill. a colori. ISBN 978-88-8262-261-9

 

Claudio Bermond, Riccardo Gualino finanziere e imprenditore. Un protagonista dell’economia italiana del Novecentoterza edizione. Pagg. 271-XXXII, ill. ISBN 978-88-8262-264-0

Giovanni Tesio, Vita dacant e da canté, 369 sonetti in piemontese, Prefazione di Pietro Gibellini. Pagg. XIII-380. ISBN 978-88-8262-265-7

Antonella Grimaldi, Storia di Casale Monferrato dal V Congresso Agrario del 1847 al 1849, Prefazione di Paolo Bagnoli. Pagg.VI-300. ISBN 978-88-8262-263-3

L’Epistolario del Beato Sebastiano Valfrè (1651-1710). Scritti di un fedele dispensatore dei misteri di Dio, a cura di Daniele D’ Alessandro, Prefazione di Gustavo Mola di Nomaglio. Pagg. XLX-660. ISBN 978-88-8262-271-8

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM

NELLE SALE DI TORINO

 

A cura di Elio Rabbione

 

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American Assassin – Azione. Regia di Michael Cuesta, con Michael Keaton, Shiva Negar e Dylan O’Brien. Tratto dal romanzo di Vincent Flynn, tratteggiato tra Istanbul e Roma, tra Londra e Tripoli, è la storia di Mitch Rapp, che poco più che ventenne, vuole vendicarsi della morte della fidanzata, vittima di un attentato. Verrà allenato da un veterano dei Navy Seals per entrare in un programma della Cia volto ad addestrare gli “assassini americani” implacabili pedine dell’antiterrorismo. Il suo primo obiettivo sarà colpire il misterioso Ghost, che è in possesso di una bomba di settanta chili di plutonio in grado di scatenare la Terza Guerra mondiale. Durata 112 minuti. (The Space, Uci)

 

Amori che non sanno stare al mondo – Drammatico. Regia di Francesca Comencini, con Lucia Mascino, Thomas Trabacchi, Iaia Forte e Carlotta Natoli. Una vicenda con tanti bassi (di vita e di cinema) e qualche alto, un amore improvviso, sragionato e possessivo di lei per un uomo che dovrebbe fuggirne sin dal primo istante. Dopo anni di relazione si lasciano, lui finalmente trova un nuovo amore in una ragazza più giovane, lei prova tra le braccia di una sua lodatissima studentessa. Uno sguardo tutto al femminile, un’altalena continua di tempi e di sentimenti, una scrittura che fa tanto letteratura ma che non riesce a coinvolgere mai lo spettatore. Anzi lo irrita, per quell’aria da saputelle intransigenti e battagliere di interprete e di regista. Tratto dal romanzo omonimo della Comencini. Durata 92 minuti. (Eliseo Blu, Lux sala 3, Uci)

 

Assassinio sull’Oriente Express – Giallo. Regia di Kenneth Branagh, con Judi Dench, Michelle Pfeiffer, Johnny Depp, Penelope Cruz e Branagh nelle vesti di Hercule Poirot. Altra rivisitazione cinematografica del romanzo della Christie dopo l’edizione firmata da Sidney Lumet nel ’74, un grande Albert Finney come investigatore dalle fiammeggiati cellule grigie. Un titolo troppo grande per non conoscerlo: ma – crediamo, non foss’altro per il nuovo elenco di all star – resta intatto il piacere di rivederlo. Per districarci ancora una volta tra gli ospiti dell’elegante treno, tutti possibili assassini, una partenza da Istanbul, una vittima straodiata, una grande nevicata che obbliga ad una fermata fuori programma e Poirot a ragionare e a dedurre, sino a raggiungere un amaro finale, quello in cui la giustizia per una volta non vorrà seguire il proprio corso. Durata 114 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Eliseo Grande, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci anche in V.O.)

 

Bad Moms 2 – Mamme molto più cattive – Commedia. Regia di Jon Lucas e Scott Moore, con Mila Kunis, Susan Sarandon e Kristen Bell. Le tre mamme che nel precedente film hanno incassato inaspettatamente fior di dollari (un incasso mondiale di 183 milioni), tornano per questa seconda avventura con le loro rispettive genitrici, per mostrarci anche la faccia della terza età. Il natale è alle porte, le cattive mamme, quantomai controcorrente, non riescono a far fronte ai troppi impegni, ai figli, ai regali, agli inviti e al pranzo: l’arrivo delle nonne dovrebbe dare man forte alle sprovvedute. Ma con quali risultati. Durata 104 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Borg McEnroe – Drammatico/biografico. Regia di Janus Metz Pedersen, con Shia LaBeouf, Sverrir Gudnason e Stellan Skarsgård. Due campioni, due storie e due personalità diversissime, gli stili che catturano opposte folle di fan, i movimenti freddi e calibrati dell’uno contro quelli nervosi e impetuosi dell’altro, la calma contro il nervosismo, la loro rivalità che li vide a confronto per 14 volte tra il ’78 e il 1981, fino alla finale di Wimbledon, che qualcuno ancora oggi considera una delle più belle partite della storia del tennis. Fino alla loro amicizia, fuori dai campi. Durata 100 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Uci)

 

Caccia al tesoro – Commedia. Regia di Carlo Vanzina, con Vincenzo Salemme, Serena Rossi, Cristiano Filangieri e Carlo Buccirosso. Siamo dalle parti di “Operazione San Gennaro”, con un impareggiabile Nino Manfredi e la bonomia della Senta Berger, anno di grazia 1966, regia perfetta di Dino Risi. Anche oggi il fine, nobilissimo, è quello di rubare il tesoro del santo partenopeo, mentre la causa è il figlio malato della vedova Rossi, operabile negli States con la complicità del cognato Salemme. Durata 90 minuti. (Ideal, Uci)

 

Detroit – Drammatico. Regia di Kathryn Bigelow, con Hanna Murray, John Boyega, Will Poulter e Anthony Mackie. Premio Oscar, l’autrice di “The hurt rocker” e di “Zero Dark Thirty” guarda oggi a quei fatti sanguinosi scoppiati nel luglio del 1967 in un locale privato – privo di licenza – dove un gruppo di persone di colore festeggiavano due ragazzi, anch’essi di colore, ritornati a casa dalla guerra del Vietnam. Lo sguardo sulla repressione seguita, le violenze della reazione, l’invio da parte del governatore Romney della Guardia Nazionale e da parte del presidente Johnson dell’esercito: contro chi vorrebbe seguire ogni regola della legalità c’è chi con violenza la oltrepassa, facendosi forte dell’omertà che nelle forze di comando si fa ben visibile. Lo sguardo sui fatti dell’hotel Algiers, dove tre ragazzi, tra i 17 e i 20, sono barbaramente trucidati. I responsabili, al processo, non subiranno nessuna condanna. Durata 143 minuti. (Greenwich sala 1)

 

Il domani tra di noi – Drammatico. Regia di Hans Abu-Assad, con Kate Winslet e Idris Elba. Un aereo privato con a bordo una giornalista e un medico, incidente sulle montagne innevate dello Utah, mancanza di soccorsi, sopravvivenza ad ogni costo, lacrime disperazione ferite vedrai che ce la faremo non ce la potremo mai fare, primi sentimenti, amore. Catastrofe finale o salvezza? Durata 112 minuti. (Ideal)

 

Due sotto il burqa – Commedia. Regia di Suo Abadi, con Félix Moati, Camélia Jordan e William Lebghil. Leila e Armand dagli studi di scienze politiche a Parigi vorrebbero passare a uno stage alle Nazioni Unite. A pochi giorni dal viaggio, in casa della ragazza piomba il fratello Mahmoud, proveniente dallo Yemen dove ha abbracciato il radicalismo islamico. Innanzitutto, impedisce ai due giovani di frequentarsi: ad Armand non rimane che indossare il niqab e presentarsi così alla ragazza che ama, come una studentessa che ha bisogno di lezioni. Ma che succederà se Mahmoud si innamora di quella “ragazza” e la chiede in moglie? Durata 88 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Ideal, Massimo sala 2 anche V.O., Uci)

 

Finché c’è prosecco c’è speranza – Giallo. Regia di Antonio Padovan, con Giuseppe Battiston, Roberto Citran e Silvia D’Amico. Tra le colline venete e i filari e le cantine, l’ispettore Stucky – radici veneziane e persiane, appena promosso, impacciato ma pieno di talento, deve fare i conti con le proprie paure e con un passato ingombrante – è chiamato a risolvere quello che a tutti pare un caso di suicidio, quello del ricco possidente Desiderio Ancillotto. La terra, la proprietà, la passione e la professione: là si nasconde un assassino. Durata 101 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 2)

 

Flatliners – Linea mortale – Drammatico. Regia di Niels Arden Oplev, con Diego Luna, Nina Dobrev, Ellen Page e James Norton. Una studentessa di medicina, ossessionata dalla morte della sorella, spinge i suoi compagni di corso ad un esperimento: dovranno fermarle il cuore con un defibrillatore per sessanta secondi e registrare i ricordi del suo cervello prima di riportarla in vita. Se non ci fosse modo di interrompere le allucinazioni che scoppiano in quel breve tempo? Remake di un film del ’90 di Joel Schumaker, con una giovanissima Julia Roberts. Durata 110 minuti. (Uci)

 

Free Fire – Drammatico. Regia di Ben Wheatley, con Harmie Hammer, Brie Larson e Cillian Murphy. Una vendita clandestina di armi in un appartato capannone, nella Boston sul finire degli anni Settanta. Militanti dell’IRA, trafficanti sudafricani, intermediari. Tutto sembra correre sui binari prestabiliti ma un incidente scatena una lunga sparatoria che attraversa l’intero film. Scorsese produce, il Tarantino delle Iene è dietro l’angolo dei ricordi. Durata 90 minuti. (Classico)

 

Happy End – Drammatico. Regia di Michael Haneke, con Isabelle Huppert e Jean Louis Trintignant. Una famiglia dell’alta borghesia a Calais. Il padre è il fondatore di un’azienda, ora guidata dalla figlia e dal nipote ribelle. Si devono risolvere i problemi che stanno dentro la fabbrica (qui è successo un incidente che ha provocato la morte di una persona) e la famiglia (qui il fratello della donna si risposa e inizia ad avere problemi con la figlia di primo letto, che gli è stata affidata dopo che la madre è stata ricoverata): tutto questo mentre i migranti stazionano sulle spiagge e creano tendopoli. Durata110 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Romano sala 1)

 

L’insulto – Drammatico. Regia di Ziad Doueiri, con Adel Karam e Kamel El Basha (Coppa Volpi a Venezia). A Beirut, un incidente tra due uomini, un operaio palestinese che è caposquadra di un cantiere con l’incarico di una ristrutturazione e un meccanico di religione cristiana. Quando costui, Toni, rifiuta di riparare una vecchia grondaia che ha bagnato la testa di Yasser, questi lo insulta, e gli insulti si accompagnano alle percosse, per cui l’incidente finirà in tribunale: situazione aggravata dal fatto che la moglie di Toni ha per lo spavento dato alla luce prematuramente una bambina che lotta tra la vita e la morte. Un caso particolare che adombra un conflitto molto più allargato e mai cessato: come ancora dimostra il processo, dove un padre e una figlia, difensori dell’una e dell’altra parte, esprimono due diverse generazioni e un giudizio diametralmente opposto. Durata 110 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Loveless – Drammatico. Regia di Andrei Zvyagintsev, con Alexei Rozin e Maryana Spivak. Premio della giuria a Cannes. Un uomo e una donna, dopo anni di matrimonio, si dividono, hanno già costruito altre relazioni. Una separazione carica di rancori e recriminazioni. Nella loro vita Alyosha, un figlio non amato, vittima dell’indifferenza e dell’egoismo, che dopo l’ennesimo litigio, scompare. Supplendo al lavoro della polizia, un gruppo di volontari si mette alla ricerca del bambino, senza risultati. Durata 127 minuti. (Romano sala 2)

 

Justice League – Fantasy. Regia di Joss Whedon e Zack Snyder, con Ben Affleck, Amy Adams, Henry Cavill e Jeremy Irons. A Gotham City, Batman nutre la speranza di riunire un valoroso gruppo di eroi per fronteggiare l’ultima terribile pericolo. Chiaro che per la salute del film tutti aderiscano, da Wonder Woman a Flash più veloce della luce, da Aquaman ipertecnologici signore degli oceani a Cyborg. Manca soltanto Superman ma prima o poi anche lui sarà della partita. Durata 121 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Paddington 2 – Commedia. Regia di Paul King, con Brendan Gleeson, Hugh Grant, Sally Hawkins e Ben Whishaw. L’orsetto inventato dalla fantasia dello scrittore inglese Michael Bond è in cerca di un regalo per la centenaria zia Lucy. Scova nel negozio di antiquariato del signor Gruber un antico libro, prezioso, che verrà rubato e del cui furto verrà sospettato un fascinoso attore. Durata 95 minuti. (Uci)

 

Il premio – Commedia. Regia di Alessandro Gassman, con Gigi Proietti, Anna Foglietta, Rocco Papaleo, Matilda De Angelis e Alessandro Gassman. Un road movie, sguardo tra generazioni, una vena di autobiografia. Un vecchio padre, grande scrittore, si reca a Stoccolma, in un lungo viaggio in macchina, per ricevere il Nobel per la letteratura. Lo accompagnano i figli, due tra i tanti che ha avuto per il mondo, e il fedele segretario. Sarà un viaggio utile, tra incontri e scoperte che potranno cambiare i vecchi rapporti. Durata 96 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Gli sdraiati – Commedia. Regia di Francesca Archibugi, con Claudio Bisio e Gaddo Bacchini. Giorgio e Tito sono padre e figlio. Due mondi opposti che si scontrano all’interno di un appartamento a Milano. Giorgio è un giornalista di successo, apprezzato dai colleghi e dal pubblico, famoso volto televisivo, separato dalla moglie, discorsi con il figlio a livello pressoché zero. Il quale ultimo è un adolescente indolente, chiuso, refrattario a tutto e a tutti, incapace o senza la minima voglia di trasmettere le proprie emozioni agli altri, che si sente soffocato dalle attenzioni altrui, il suo (ristretto, piccolo) mondo sono gli amici per parlare di niente e i videogiochi Nemmeno l’invito del padre ad andare a fare insieme la vendemmia lo smuove: o forse sì, e allora potrebbe essere il modo per tentare di costruire insieme un minimo di comunicazione. Dal romanzo di Michele Serra. Durata 103 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Chico, Reposi, Romano sala 3, Uci)

 

Seven Sisters – Fantascienza. Regia di Tommy Wirkola, con Noomi Rapace, Glenn Close e Willem Dafoe. Un’attrice sola per sette diversi ruoli, un futuro più o meno lontano in cui la sovrapposizione terrestre ha portato all’applicazione di una rigidissima politica del figlio unico su scala globale. Ma da anni, sette sorelle, che hanno il nome dei giorni della settimana, vivono in segreto in un appartamento, uscendone una per ogni giorno della settimana, con la stessa identità. Poi, un lunedì, Monday non torna a casa. Durata 123 minuti. (The Space, Uci)

 

Smetto quando voglio – Ad honorem – Commedia. Regia di Sydney Sibilia, con Edoardo Leo, Libero De Rienzo, Pietro Sermonti, Neri Marcorè e Luigi Lo Lascio.Terzo e ultimo capitolo della fortunata saga sulla banda di ricercatori, vittime della crisi e di un precariato che va sempre più stretto a chi può mettere in campo lauree con ottimi voti, che abbiamo conosciuto come inventori di una droga sintetica legale e in seguito come collaboratori in incognito della polizia: oggi sono in procinto di evadere tutti quanti insieme di prigione per ritrovarsi dove tutto è cominciato, alla Sapienza di Roma, per contrastare l’ultimo nemico, il crudele e pericolosissimo Mercurio. Durata 96 minuti. (Massaua, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Suburbicon – Drammatico. Regia di George Clooney, con Matt Damon, Julianne Moore e Oscar Isaac. Una storia scritta anni fa dai fratelli Coen. Al centro le case e i viali ordinati du Suburbicon, cittadina americana emersa negli anni Cinquanta. Da un lato, il personaggio di Matt Damon, ineccepibile padre di famiglia, che nasconde sotto le buone maniere e tutto l’affetto il desiderio di far fuori la moglie, con l’aiuto della cognata con cui vuole iniziare una nuova vita (entrambi i personaggi affidati alla Moore). Dall’altro, la comunità tanto perbene che accende le polveri allorché quell’angolo di paradiso vede all’improvviso la presenza di una famiglia di colore. L’intolleranza razziale esplode. Durata 105 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Groucho, Massimo sala1, Reposi, The Space, Uci)

 

The Place – Drammatico. Regia di Paolo Genovese, con Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Giulia Lazzarini, Silvio Muccini, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi. Un film corale, un’ambientazione unica, una bella carrellata di attori italiani per altrettanti personaggi che Paolo Genovese – l’autore di quel piccolo capolavoro che è “Perfetti sconosciuti” – ha basato su una serie americana, ripensata e adattata, “The Booth at the Edge”, creta dall’autore e produttore Christopher Kubasik nel 2010. Un uomo misterioso, giorno e notte ospite abituale di un bar, con il suo tavolo sul fondo del locale, e personaggi e storie che a lui convogliano, di uomini e donne, lui pronto a esaudire desideri e a risolvere problemi in cambio di alcuni “compiti” da svolgere. Tutti saranno pronti ad accettare quelle richieste? Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 3, Uci)

 

The Big Sick – Commedia drammatica. Regia di Michael Showalter, con Zoe Kazan, Kumail Nanjiani e Holly Hunter. È l’autobiografia del protagonista maschile del film, un giovane comico che di giorno a Chicago guida il suo taxi per conto di Uber e che la sera si fa conoscere nei piccoli club della città. La famiglia crede molto in lui, ritenendolo uno studente di successo e un ragazzo destinato al miglior partito pakistano che si possa immaginare. Sino al precipitare delle cose, l’amore che unisce Kumail e Emily, bianca e ancor più sposata, la malattia di lei, le due diverse famiglie che si ritrovano allo stesso capezzale. Durata 120 minuti. (Ambrosio sala 3, Centrale V.O.)

 

The Square – Drammatico. Regia di Ruben Östlund, con Elisabeth Moss, Dominic West, Claes Bang, Terry Notary e Linda Anborg. Palma d’oro all’ultimo Cannes. Protagonista del film è Christian, curatore di un importante museo di Stoccolma, divorziato e amorevole padre di due bambine, sempre all’inseguimento delle buone cause. Nel museo c’è grande fermento per il debutto di un’installazione, “The Square”, che invita all’altruismo e alla condivisione (“il quadrato è un santuario di fiducia e altruismo”): ma quando gli vengono rubati il cellulare e il portafoglio per strada, Christian reagisce in modo scomposto. Nel frattempo, l’agenzia che cura le pubbliche relazioni del museo crea un’inaspettata campagna pubblicitaria a promuovere l’installazione, ottenendo una risposta da parte del pubblico che manda in crisi sia Christian che il museo stesso. Strano e brillante, pieno di interrogativi, simpatico (si ride! si ride!), certo meno “chiarito” rispetto a quel “Forza maggiore” che ci aveva fatto conoscere il regista svedese all’interno del TFF, da guardare (e da ammirare) con occhio decisamente interessato non nella sua complessità ma nei grumi di scene che via via si susseguono e si solidificano, tra il filosofico e il divertito (eccezionale la scena della performance dell’uomo scimmia, costellata dalla curiosità e dallo scetticismo e dalla allegria attenta del pubblico, pronti a farsi terrore), nello sguardo ironico buttato sulla pochezza e sulle turlupinatura di certa arte contemporanea (i vari mucchietti di sabbia che danno vita ad una installazione recuperati in un sacco della spazzatura da un addetto alle pulizie). Durata 142 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Vittoria e Abdul – Drammatico (ma piuttosto commedia). Regia di Stephen Frears, con Judy Dench, Ali Fazal, Michael Gambon e Olivia Williams. Nel 1887 Abdul lascia l’India per Londra, per poter donare alla regina settantenne, sul trono da oltre cinquant’anni, una medaglia, proprio in occasione del suo Giubileo d’Oro. La sovrana è attratta dalla cultura che l’uomo porta con sé, dalla sua giovinezza e dalla prestanza, contro lo scandalo che il suo nuovo amico semina in tutta la corte, che non esita a bollarla come pazza. Più “storiucola” che Storia, a tratti imbarazzante per quell’aria di operetta senza pensieri che circola all’interno: naturalmente per il regista di “Philomena” (da ricordare) e di “Florence” (da dimenticare) il ventiquattrenne Abdul è senza macchia, la vecchia e inamidata corte inglese da mettere alla berlina e allo sberleffo, il piccolo entourage regale che grida “sommossa” se ne ritorna tranquillo a servire la vecchia sovrana. Ma ci voleva ben altro polso e visuale, e qui Frears ha tutta l’aria di voler andare in pensione. Durata 112 minuti. (Massimo sala 3 V.O.)

Percorsi interrotti

IN MOSTRA ALLA “BIBLIOTECA NAZIONALE” DI TORINO, I DIPINTI E I DISEGNI DI ELEONORA E GIORGIO, MADRE E FIGLIO, ENTRAMBI ARTISTI ENTRAMBI VITTIME DELLA SHOAH

FINO AL 27 DICEMBRE

“Percorsi interrotti”: il titolo della mostra é brutalmente essenziale. Percorsi d’arte interrotti. Percorsi di vita interrotti. Sogni. Progetti. Affetti. Interrotti. La rassegna, ospitata fino a mercoledì 27 dicembre, nelle nuove sale espositive della “Biblioteca Nazionale” di Torino, si propone infatti di rendere nota al vasto pubblico l’attività artistica di Eleonora Levi e del figlio (terzogenito, dopo Roberto e Gino) Giorgio Tedeschi, tragicamente “interrotta” nel marzo del ’44 dalla deportazione ad Auschwitz, dove entrambi furono vittime della spietata macchina di sterminio nazista: la prima uccisa immediatamente all’arrivo, Giorgio durante la marcia di evacuazione dal campo di Sosnowitz nel gennaio del ’45. La mostra alla “Nazionale”, realizzata per iniziativa della figlia di Giorgio, Rossella Tedeschi e del marito, il musicologo Enrico Fubini, con la preziosa e attenta curatela di Giovanna Galante Garrone, già alla direzione della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Piemonte, intende dunque sottrarre ad anni di ingiusto oblio un ingente patrimonio artistico “praticamente sconosciuto” e gelosamente custodito fra le mura domestiche da Giuliana Fiorentino Tedeschi, moglie di Giorgio mancata nel 2010. In tal senso rappresenta un “dovuto risarcimento” alle figure di Eleonora (Nora, come amava firmare i suoi quadri) e di Giorgio, oltreché “un importante novità sul piano storico ed artistico”. I dipinti di Nora (nata a Torino nel 1884 e allieva prediletta di Carlo Follini, che a lei dedica il luminoso “Persone su una strada lungo il mare”, un olio del 1898 esposto in mostra) si presentano al pubblico per la prima volta, mentre una piccola parte dei disegni di Giorgio (nato a Torino nel 1913) era già stata esposta nel 1979 all’Unione Culturale di Torino per volontà della moglie Giuliana, sopravvissuta alla deportazione ad Auschwitz e che, al suo ritorno a Torino, ritrovò le figlie Rossella ed Erica, entrambe nascoste e salvate dalla barbarie nazi-fascista da una domestica. Giuliana, oltreché amorevole “custode” dell’ingegno artistico della suocera e del marito, fu anche autrice di testi fondamentali sull’esperienza del lager, come “Questo povero corpo” edito nel 1946 e “C’è un punto della terra…Una donna nel lager di Birkenau” pubblicato nel 1988. In tal senso, la mostra vuole essere un tributo anche a lei e alla sua ferrea volontà di tenere vivo il ricordo della Shoah. Nella scrittura, nell’educazione delle figlie, nello stile di vita e nei frequenti contatti con gli alunni delle scuole torinesi. Le opere da lei conservate mantengono in rassegna le stesse cornici usate per le pareti di casa. Pochissime quelle datate; ragion per cui vengono esposte in sequenza non cronologica, ma tematica. Di Giorgio, convinto dal padre Cesare – imprenditore laniero e presidente del “gruppo tessili” dell’Unione Industriale, morto nel ’31 in giovane età – a laurearsi in Architettura (lavorando dopo la laurea a Milano nello studio di Giò Ponti), troviamo anche in mostra alcune foto di edifici, progettati con spirito “razionalista”, per la Montecatini. “Femminista ante litteram” (dal memoriale del figlio Gino), Nora Levi si ribellò all’esclusione – impostale – dagli studi superiori per gettarsi anima e corpo nella pittura. E se Follini poté insegnarle “le teorie del colore, una pittura veloce ma precisa, l’allieva – scrive bene Giovanna Galante Garrone – si espresse nei suoi quadri con un tocco sensibile, uno spiccato gusto materico e una non comune energia”: così é in quel “sentiero” che fatica a farsi largo sotto l’incombere di una vorticosa vegetazione o “nella luce di un placido canale”, come “nella selvaggia resa di una spiaggia disseminata di cespugli” o nella suggestione de “La casa bianca”, olio su tavola di singolare minimalista narrazione, non fosse per quei pini in primo piano bruscamente “scossi dal vento”. In certi “audaci accostamenti di colori puri”, Galante Garrone parla anche di “vicinanza ad alcune prove giovanili di Carlo Levi”, così come – aggiungerei – nel fragoroso turbinio di inquieti scorci paesistici, alle arruffate marine di Enrico Paulucci. E’ del ’29 la prima mostra dei “Sei”, alla Galleria “Guglielmi” di Torino. Fra di loro “Nora non avrebbe sfigurato”. Una passione per l’arte, la sua, trasmessa in toto al figlio Giorgio, che già da bambino disegnava in continuazione. Daltonico, esplorò e approfondì, con risultati per davvero notevoli, le possibilità del bianco e nero (o della sanguigna), lasciando un ricchissimo patrimonio di disegni dal tratto veloce e istintivo, in cui spiccano gli svariati ritratti di anziani insieme ad altri di più intima famigliarità, agli autoritratti di grande rigorosa scrittura, alle ironiche “caricature” di professori e compagni di scuola e ad alcuni morbidi e delicati nudi femminili. Non mancano i paesaggi e i rustici di campagna e quelle “Barche nel porto” di ineccepibile freschezza e levatura tecnica. Ha visto bene Giovanna Galante Garrone: in questi ultimi pezzi, “in particolare nelle case appena accennate, si riconoscono l’attenzione e la mano dell’architetto”.

Gianni Milani

“Percorsi interrotti. Eleonora Levi e Giorgio Tedeschi”

Biblioteca Nazionale Universitaria, piazza Carlo Alberto 3, Torino; tel. 011/8101111

Fino al 27 dicembre

Orari: lun. – ven. 10/18; sab. 10/13

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Nelle immagini:

– Giorgio Tedeschi: “Autoritratto”, matita e penna a inchiostro nero acquerellato

– Nora Levi: “Sentiero nella vegetazione”, olio su tavola

– Nora Levi: “La casa bianca”, olio su tavola

– Giorgio Tedeschi: “Testa di vecchio”, matita grassa su carta

– Giorgio Tedeschi: “Giovane donna che dorme”, matita e matita grassa su carta

– Giorgio Tedeschi: Barche nel porto”, penna a inchiostro nero acquerellato su carta

 

Un viaggio nel classicismo viennese

Andando verso il Natale, chi non vorrebbe fare un viaggio in Austria? Ed è proprio lì che ci condurranno I Concerti del Lingotto, con un itinerario musicale d’eccezione attraverso il classicismo viennese con il famoso violinista Pinchas Zukerman, nella doppia veste di solista e direttore dell’altrettanto celebre Camerata Salzburg, che lunedì 11 dicembre 2017 alle 20.30 presso l’Auditorium Giovanni Agnelli (via Nizza 280, Torino) daranno vita alla terza tappa dei Concerti del Lingotto 2017-2018. Pinchas Zukerman, nato a Tel Aviv e scoperto da Isaac Stern, è considerato un fenomeno nel mondo della musica classica ormai da più di quattro decenni. Il suo genio musicale, la tecnica prodigiosa e l’incrollabile livello artistico sono una meraviglia continua per pubblico e critica; la sua passione e il suo entusiasmo per l’insegnamento hanno portato a programmazioni innovative a Londra, New York, Ottawa, in Cina e Israele. Il nome di Pinchas Zukerman viene ugualmente rispettato come violinista, violista, direttore d’orchestra, pedagogo e musicista da camera. Anche la Camerata Salzburg esercita un’attrattiva particolare, non solo perché il suo nome evoca il luogo natale del grande musicista ma in quanto depositaria di una tradizione non tanto antica – l’orchestra è nata nel 1952 – ma che ha nel suo patrimonio genetico il pensiero e l’insegnamento di alcuni dei più autorevoli “mozartiani” del Novecento, da Bernhard Paumgartner che l’ha fondata a Sándor Végh e tanti altri grandi direttori e solisti fino ai giorni nostri. La Camerata Salzburg ha sperimentato un nuovo stile di esibizioni fin dai primi anni Sessanta: durante una tournée in Germania, Géza Anda decise di dirigere l’orchestra dal pianoforte, una mossa alquanto coraggiosa a quei tempi. Il programma della serata è tutto squisitamente “viennese”, con i tre grandi protagonisti della stagione classicista. Si apre con la Romanza per violino e orchestra n. 1 in sol maggiore op. 40 di Ludwig van Beethoven, databile all’incirca ai primi anni dell’Ottocento, nella quale il virtuosismo cede il passo alla cantabilità e all’espressività. Con il Concerto per violino e orchestra n. 5 in la maggiore KV 219 di Wolfgang Amadeus Mozart torniamo al 1775, quando Mozart adempie ai suoi doveri come Konzertmeister nella Salisburgo dell’Arcivescovo Colloredo componendo musica da camera e da chiesa, compresi i cinque Concerti per violino e orchestra, dei quali il KV 219 è l’ultimo e forse il più conosciuto, grazie anche al suo Finale con il famoso episodio centrale in stile “alla turca”. Si chiude con la Sinfonia n. 83 in sol minore “La poule” di Franz Joseph Haydn, unica in minore tra le sei sinfonie cosiddette “parigine”, così chiamata per la  nota puntata e ribattuta degli oboi nel primo tempo che ricorda il verso della gallina. Il titolo non deve però trarre in inganno, “La poule” è uno dei lavori più impegnativi del “padre della sinfonia”.

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La biglietteria è aperta nei giorni 6, 7 e 11 dicembre 2017 in via Nizza 280 interno 41, dalle 14.30 alle 19, e un’ora prima del concerto, dalle 19.30. Poltrone numerata da 27 a 54 euro, ingresso non numerato 20 euro e ingressi numerati giovani 13 euro (ridotto per i giovani con meno di trent’anni) in vendita un quarto d’ora prima del concerto secondo disponibilità. Vendite on line su www.anyticket.it. Informazioni: 011.63.13.721.

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Lunedì 11 dicembre 2017 ore 20.30
Auditorium Giovanni Agnelli, Via Nizza 280, Torino

Camerata Salzburg
Pinchas Zukerman, direttore e violino

Ludwig van Beethoven
Romanza per violino e orchestra n. 1
in sol maggiore op. 40

Wolfgang Amadeus Mozart
Concerto per violino n. 5 in la maggiore KV 219

Franz Joseph Haydn
Sinfonia n. 83 in sol minore Hob. I:83 “La poule”

UN VIAGGIO NEL CLASSICISMO VIENNESE
lunedì 11 dicembre 2017 ore 20.30 • Auditorium Giovanni Agnelli, Via
Nizza 280, Torino

Weekend’Arte per le famiglie

Giovedì 14 dicembre ore 15 Reali Sensi 

Nell’ambito del Calendario di eventi per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, coordinata da CPD partner “storico” del Dipartimento Educazione, al Castello di Rivoli avrà luogo una speciale visita aperta a tutti, vedenti e non, a cura dei Dipartimenti Educazione e Valorizzazione della Residenza Sabauda, nell’ambito del progetto Reali Sensi coordinato da Turismo Torino. 

Un’occasione per scoprire l’architettura del Castello di Rivoli, le decorazioni e la storia dell’edificio attraverso il senso del tatto. Chi lo desidera, potrà svolgere il percorso a occhi bendati per amplificare ancora di più le sensazioni che emergono dal “vedere” in punta di dita. Ingresso gratuito, indispensabile la prenotazione. Info b.manzardo@castellodirivoli.org  

Sabato 16 dicembre ore 15.30, domenica 17 dicembre ore 15

cof

Weekend’Arte per le famiglie al Castello di Rivoli La forma delle stelle
In relazione alla mostra di Gilberto Zorio

Le famiglie sono ormai di casa al Castello di Rivoli, che è kids & family friendly grazie ai Weekend’Arte del Dipartimento Educazione, sempre molto amati da bambini e ragazzi, occasioni per incontrare l’arte contemporanea in modo divertente e coinvolgente. L’attività è pensata per bambini dai 3 anni in su, i genitori possono scegliere se accompagnare i figli nell’attività oppure proseguire la visita. Costo 4 Euro a persona.  
NOVITA’ 2017: Progetto 0-3 
Sabato 16 dicembre, ore 10-12  

Grande successo per la nuova proposta introdotta nell’anno 2017: il Dipartimento Educazione ha istituito speciali appuntamenti il sabato mattina, pensati per le famiglie con bimbi da 0 a 3 anni alle ore 10. Ingresso gratuito.

Ninja e Samurai al Mao

La mostra realizzata dall’Associazione Culturale Yoshin Ryu in collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino si addentra nella storia dei guerrieri giapponesi più conosciuti, i samurai, e nel mistero che circonda la figura dei leggendari guerrieri ombra, i ninja.

NINJA E SAMURAI. Magia ed estetica presenterà circa 200 opere databili tra il XVI e XX secolo provenienti da collezioni private, manufatti mai esposti prima d’ora, e opere concesse straordinariamente dal Museo d’Arte Orientale di Venezia.

 

Magia ed Estetica, due sostantivi che costituiscono i più diffusi stereotipi riguardo le figure storiche di ninja e samurai, sono termini scelti con l’intenzione di suggerire una dimensione fantastica per poter giungere, attraverso il percorso espositivo, ad una più attendibile conoscenza di queste figure che, esaurito il loro compito nella storia passata, hanno esercitato sulle generazioni che si sono susseguite – e continuano tutt’ora a esercitare – un innegabile fascino. L’allestimento, che si svilupperà nella grande area mostre oltre i giardini giapponesi, si connoterà come emozionale e suggestivo. Il percorso si apre con un video-documentario realizzato per essere d’aiuto a esplorare con occhio preparato le tante scoperte e suggestioni che l’esposizione offre. La visione della vita dei samurai è ancorata agli strati più profondi dell’inconscio collettivo del Giappone. Questa visione del mondo, il Bushido – la via del guerriero come arte della guerra ma anche come percorso di conoscenza interiore – ha avuto una grande importanza nella produzione artistica, nella cultura e nella costruzione delle relazioni sociali. Si penetra quindi in un mondo perduto, attraverso le magnifiche rappresentazioni artistiche dell’equipaggiamento guerriero dei samurai. Tra i tanti pregevoli oggetti in mostra, spiccano per rarità e bellezza un’armatura del periodo Edo appena restaurata, un corredo guerresco da viaggio e una lama da combattimento forgiata nel 1540. Dal bagliore delle lame e degli armamenti, dalla delicatezza delle laccature e delle stoffe del mondo dei samurai, si entra nel mondo dei guerrieri dell’ombra, i ninja, con armi – come le famose lame a stella shaken – attrezzi, costumi, strumenti e oggetti esoterici, passando a un diverso concetto di uso del corpo e delle risorse attinte dalla natura e dalla sua osservazione. Per la prima volta in Europa si potrà apprezzare un’esposizione dedicata al repertorio di armi dei ninja così completa per quantità e varietà.

I guerrieri-ombra con la propria creatività hanno saputo realizzare strumenti da celarsi nelle vesti, armi che tutti hanno visto in Agente 007 – Si vive solo due volte, dove James Bond studia combattimento in una scuola ninja, e altre che ancora oggi potremmo vedere in film di spionaggio, come il sonaglio shakujo  con lama nascosta, che da strumento rituale del buddhismo esoterico diventa oggetto di difesa e attacco, o la lampada con giroscopio che illumina il cammino e che lascia che il ninja scompaia avvolto dalle tenebre una volta appoggiata al terreno. La mostra si chiude con l’esposizione di oggetti legati alla nascita dei primi corpi di polizia feudale del Giappone unificato, i torimono, espressione di una nuova visone del mondo dove il guerriero non è più addestrato a uccidere per non essere ucciso, ma addestrato a catturare – utilizzando armi e tecniche nuove che traggono origine proprio dagli antichi guerrieri – per portare ordine nella società. Armi, strumenti e armature non saranno i soli protagonisti della mostra, verranno esposte anche opere d’arte legate ai guerrieri giapponesi: documenti strategici e tecnici d’epoca, opere calligrafiche, una coppia di grandi paraventi, strumenti legati alla cerimonia del tè, maschere e ornamenti teatrali. A corredo e complemento anche xilografie dei maestri Utagawa Kuniyoshi, Utagawa Kunisada Toyokuni III e Katsushika Hokusai.

 

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NINJA E SAMURAI. Magia ed estetica

BUSHI parte seconda

 

TARIFFE

Mostra:

intero €8; ridotto €6 fino a 14 anni, studenti fino a 25 anni, disabili, gruppi; gratuito fino a 6 anni, accompagnatori disabili, Abbonamento Torino Piemonte Musei, Torino+Piemonte card, partecipanti attività didattiche.

Museo + Mostra:

intero €12; ridotto €10 fino a 14 anni, studenti fino a 25 anni, disabili, gruppi; gratuito fino a 6 anni, accompagnatori disabili, Abbonamento Torino Piemonte Musei, Torino+Piemonte card e partecipanti attività didattiche.

 

ORARI

da martedì a venerdì 10 – 18; sabato e domenica 11 – 19 (la biglietteria chiude un’ora prima)

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Associazione Yoshin Ryu Lungo Dora Colletta 51, Torino

L’Associazione Yoshin Ryu, presente sul territorio piemontese dal 1978, nasce e si sviluppa nell’ambito di proposte motorie, sportive, formative, ricreative e sociali. Il piano culturale gradualmente si arricchisce, organizzando conferenze, dimostrazioni, convegni, ricerche e stesura di testi. Dal 2002 la Yoshin Ryu ha ideato e curato, in collaborazione con importanti partner nazionali e internazionali, diversi cicli di mostre espositive: “Origami”, “Ningyo”, “Giappone, lo spirito nella forma” (Omote, Shodo, Ceramica e Bonsai) e “Kagemusha, l’ombra del guerriero”. La scommessa culturale che Yoshin Ryu ha voluto giocare sin dall’inizio è stata di puntare sulla capacità dell’uomo di colloquiare con sè stesso e, grazie alla condivisione di esperienze artistiche e corporee, con l’altro fuori di sé per scoprire autentici stimoli di conoscenza, comprensione e reciproco rispetto. Nel 2016 il Ministero degli Esteri giapponese ha insignito l’Associazione, unica in Italia per quell’anno, di una onorificenza “per l’impegno volto alla promozione della comprensione reciproca tra Italia e Giappone e per il notevole contributo atto a consolidare l’amicizia nei rapporti tra il Giappone e gli altri Paesi.”

Info t. 011.2485659 – e-mail info@yoshinryu.org – sito www.yoshinryu.org Facebook Centro Giappone Yoshin Ryu

 

E’ Natale, famiglia Sala in concerto

Protagoniste del Concerto di Natale che si terrà lunedì 11 dicembre alle 21 presso l’Accademia di Musica di Pinerolo (viale Giolitti, 7), sono quest’anno canzoni tradizionali tratte da repertori geografici diversi e lontani tra di loro, da Silent night al Laudate Dominus di Mozart. A dare loro voce è un complesso vocale che costituisce un caso unico nel panorama della polifonia vocale italiana, la Famiglia Sala. A comporlo sono infatti padre, madre e cinque figli, di età che varia dai 28 ai 17 anni. Apprezzato per la vastità del repertorio e per l’impasto vocale di eccezionale equilibrio e omogeneità, il Gruppo Vocale Famiglia Sala si è distinto in importanti concorsi vocali e ha vinto la medaglia d’oro per la sezione Musica Sacra al Concorso Internazionale Città di Rimini. La Stagione concertistica è stata realizzata con il contributo di Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore), Regione Piemonte, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il contributo e il patrocinio di Città di Pinerolo. Il nostro grazie va anche alla sempre preziosa sponsorizzazione di Galup e a quella tecnica di Piatino Pianoforti, Yamaha Musica Italia e Albergian.

SCHEDA DEL CONCERTO
lunedì 11 dicembre 2017 – h 21 – Accademia di musica
Sala Singers
Z. Kodaly – Veni Emmanuel | Trad. Monti Appalachi – I wonder as I wonder | J. Lennon – Imagine | B. De Marzi – La neve | G. F. Ghedini – Maria lavava | Trad. Catalano Arr. K Jenkins – El noi de la mare | Trad. Arr. K. Jenkins – In dulci jubilo | Trad. Arr. K. Jenkins – Lully | B. Britten – Wolcum Yole! | B. Britten – There is no rose | J. P. Rameau – Hymne à la nuit | Trad. Tedesco – Silent Night | G. Faure – Cantique de Jean Racine | W. A. Mozart – Laudate Dominum | Trad. Americano – Amazing grace
I canti popolari rappresentano un patrimonio culturale importante e da salvaguardare. L’interesse critico rispetto a questo repertorio è fatto abbastanza recente: solo all’inizio del secolo scorso, infatti, etnomusicologi e compositori, Bartòk e Kodàly su tutti, hanno raccolto scientificamente melodie tradizionali popolari e le hanno trattate come materiale sonoro da plasmare e da riconsegnare alla contemporaneità. Questi canti servivano originariamente alle vicende quotidiane, erano occasioni per stare insieme e venivano intonati durante i periodi di festa. Stasera ascolteremo diverse canzoni tradizionali, restituite alla loro ragion d’essere, tratte da repertori geografici diversi e lontani tra di loro, ma accumunate dal comune tema del Natale, eseguite da un complesso vocale tutto italiano. Il Gruppo Vocale Famiglia Sala costituisce un caso unico nel panorama della polifonia vocale italiana. La particolarità di questo gruppo, infatti, è di essere costituito dai sette membri di una sola famiglia: padre, madre e cinque figli (di età che varia dai 28 ai 17 anni). Apprezzato per la vastità del repertorio e per l’impasto vocale di eccezionale equilibrio e omogeneità, il Gruppo Vocale Famiglia Sala si è distinto in importanti concorsi vocali e ha vinto la medaglia d’oro per la sezione Musica Sacra al Concorso Internazionale Città di Rimini. Il gruppo, che svolge un’intensa e apprezzata attività concertistica in Italia e all’estero, ha un repertorio molto vasto e vario che va dalla musica medievale e rinascimentale allo Spiritual, dall’Evergreen alla Musica Sacra e popolare.
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SALA SINGER
Il gruppo vocale Famiglia Sala costituisce un caso unico nel panorama della polifonia vocale italiana.
La particolarità di tale gruppo, infatti, è di essere costituito dai sette membri di una sola famiglia: padre, madre e cinque figli(di età che varia dai 28 ai 17 anni). Apprezzato per la vastità del repertorio e per l’impasto vocale di eccezionale equilibrio e omogeneità il Gruppo Vocale Famiglia Sala ha avuto come riconoscimento la vincita di importanti concorsi vocali e la medaglia d’oro per la sezione Musica Sacra al Concorso Internazionale Città di Rimini. Il gruppo, che svolge un’intensa e apprezzata attività concertistica in Italia e all’estero, ha inciso quattro CD con brani di generi ed epoche diverse che vanno dalla musica medievale e rinascimentale allo Spiritual, dall’Evergreen alla Musica Sacra e popolare.
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Accademia di Musica di Pinerolo
STAGIONE CONCERTISTICA 2017/18
12 ottobre 2017 – 26 maggio 2018
Accademia di Musica di Pinerolo

Quando l’arte incontra natura e musica

SABATO 9 DICEMBRE San Secondo di Pinerolo (Torino)

Nell’ambito del progetto “Pinerolo si racconta”, la Fondazione Cosso, in collaborazione con la pinerolese Galleria “Losano – Associazione Arte e Cultura”, propone, il prossimo sabato 9 dicembre, l’itinerario di visita “Quando l’arte incontra natura e musica”

Il programma prevede, alle ore 11, la visita del Parco storico del Castello di Miradolo, con la guida dell’audio racconto stagionale e della mappa del giardino, in una coinvolgente passeggiata fra alberi monumentali, boschetti e angoli naturali particolarmente suggestivi per colori, profumi e integrità dei luoghi. A seguire, visita al Mercatino di Natale, allestito nella Serra Neogotica del Castello che si colorerà, per l’occasione, di piante, addobbi natalizi, dolci e prodotti artigianali, dando spazio in primis ad artigiani e a organizzazioni operanti sul territorio senza scopo di lucro, con finalità assistenziali a vocazione sociale. Per chi lo desidera sarà possibile pranzare all’interno degli eleganti spazi della storica dimora. Alle ore 14,30, visita guidata alla mostra “Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura”, attualmente ospitata nelle sale del Castello. Artista poliedrico, insieme scultore, pittore, ceramista, scrittore nonché grande appassionato ed esperto di musica, Melotti è da considerarsi fra i principali protagonisti dell’arte del Novecento. Alle ore 16, l’itinerario prevede lo spostamento a Pinerolo per la visita della mostra “Il giardino fragile” di Tino Aime, ospitata presso la Galleria “Losano”: una retrospettiva che vuole ricordare il celebre artista (cuneese di origini, ma valsusino d’adozione), recentemente scomparso, con una selezione delle sue suggestive rappresentazioni floreali ispirate a rose canine, alchechengi, lunarie e ortensie.

Per info e prenotazioni: tel. 0121/502761prenotazione@fondazionecosso.it

 

g. m.

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Foto
– Castello di Miradolo
– Fausto Melotti:”Le sculture”
– Tino Aime: “Fiori stremati”, acquaforte, 2015

 

“A mia madre”

“A mia madre”  lirica di Chicca Morone

 

“Eri bellissima”

mi hai sussurrato

con gli occhi dolci

persi nei ricordi.

“Colore di una pesca,

le guance rosa”

e non contava più

dolore e pianto

di donna a donna

marchio tramandato.

Sei sola nel tuo mondo

fatto di nuvole

domande e sogni:

chi ti raggiunge

ride con te del nulla

che popola il tuo vuoto.

“Dove mi trovo?”

è un canto senza fine

ripetersi di ombre

sonnambule la notte

che è l’alba del nuovo giorno.

“Ho freddo”

lamenti dal tuo letto

avvolta nel piumone.

Riscaldo le tue mani,

incendi la mia vita

fatta di inutili bisogni.

Vorrei girarmi indietro

e correre sull’erba

trovarti ancora

al limitare del bosco

e tenderti le braccia

ridarti vita

portarti via

dal buio di quell’antro

da cui saluti inerme

la madre di tua figlia

guardandomi negli occhi.

Soprattutto i problemi chiudono il festival: qualcuno non ci crede più?

DAL NOSTRO INVIATO AL TFF

Elio Rabbione

È il regista israeliano Ram Nehari a stravincere con il suo Al Tishkechi Oti / Don’t forget me il premio per il miglior film del TFF 35 che si è chiuso ieri. La giuria, capitanata da Pablo Larrain, ha scelto questa storia dove ad un sottofondo di amarezza s’intrecciano messaggi e momenti d’amore, di disperata esistenza, di rappresentazione vera della instabile condizione psichica con cui convivono i due giovani protagonisti, una ragazza anoressica lei, un suonatore di tuba lui, entrambi nella speranza di una vita normale, eccezionali attori, lui, Nitai Gvirtz, si porta a casa il premio per la migliore interpretazione maschile, lei, Moon Shavit, lo condivide con Emily Beecham, sconquassata eroina di Daphne dell’inglese Peter Mackie Burns. Eccezionale ritratto di ragazza disinibita e dolorante, giri nei bar alla ricerca di alcol e sesso, qualche tiro di cocaina per tenersi a galla, l’aspirazione ad una promozione a secondo chef nel ristorante in cui lavora. Il film, pur con una bella scrittura, approfondita, capace di scavare in ogni piega, è tutto dell’attrice, capace di nascondersi e di mettersi sfacciatamente in gioco dietro quel visino cui tutti regalano i vent’anni, mentre ha già superato il decennio successivo.

Con il premio di 7000 euro della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo vivaddio la giuria si è ricordata di A fabbrica de nada del portoghese Pedro Pinho, il racconto della lotta di un gruppo di operai cui viene “rubato” il posto di lavoro, un caso singolo che drammaticamente, con grande incisività, ci rende il quadro della situazione del paese lusitano. Paiono al contrario a chi scrive sopravvalutati (forse) quel Kiss and cry delle francesi Chloè Mahieu e Lila Pinell, ad inseguire un gruppo di giovani pattinatrici, emblematiche nella loro instabilità di gesti e movimenti, tra bullismo e malate amicizie, l’amore per lo sport e le insicurezze, che si guadagnano il premio per la miglior sceneggiatura e la menzione speciale della giuria; e (decisamente) Lorello e Brunello di Jacopo Quadri (ancora qui una menzione della giuria), chiacchierate quotidiane su quanto è dura la campagna, la lotta contro l’industrializzazione, i commenti dei vecchi saggi, il ripetersi delle azioni, le solitudini, il lavoro. Dimenticando più alti esempi, come À voix haute del francese Stéphane De Freitas, intorno al concorso che ogni anno all’interno dell’Università di Saint-Denis, alle porte di Parigi, intende premiare il miglior oratore, un traguardo che arriva tra divertimento e ricordi dolorosi, tra tecniche precise ed emissioni di fiato perfette, tra gestualità mai gratuita, inneggiando alla bellezza e alla importanza della parola in un’epoca che ormai ne è priva. Un premio a questo titolo è arrivato dal pubblico, e questo dovrebbe dirla lunga: ma, al di là della nota di entusiasmo, ci pare davvero poco. O il clima di amori e sospetti soprattutto che è alla base di Beast di Machael Pearce o The death of Stalin di Armando Iannucci, scozzese di padre napoletano, dove si ride con rabbia davanti alle trame e ai comportamenti dei dirigenti sovietici all’indomani della morte del dittatore.

Fuori dal concorso, rimangono titoli che anche si sono amati, di cui speriamo poter riparlare ad una auspicabile uscita italiana. Quasi tutti di area angloamericana, da Darkest Hour di Joe Wright, con un eccezionale Gary Oldman nelle vesti di Churchill in un maggio del ’40 in cui dover decidere, ancora privi dell’appoggio statunitense, l’entrata in guerra contro un nemico nazista pronto a impadronirsi dell’intera Europa (in uscita a gennaio), a The disaster artist dove un altrettanto efficace, ed istrionico, James Franco, si cala nel personaggio di Tommy Wiseau, colpevole di essere entrato nella storia del cinema con quello che fu definito “il più brutto film che sia mai stato girato”; da L’uomo che inventò il Natale, ovvero l’occasione per Dickens a corto di quattrini e con una affollata famiglia da sfamare di trovare l’idea letterariamente giusta, a Final portrait, firmato da Stanley Tucci, dove Geoffrey Rush impersona Alberto Giacometti o Mary Shelley con Elle Fanning. Come per puro divertimento, nella sua semplice onestà, aspettiamo il film inaugurale, Ricomincio da me, non fosse altro per la recitazione di tre glorie britanniche, o il film che ha chiuso il festival, The Florida Project, già in odore di Oscar, o la riserva indiana che nasconde delitti in The wind river di Taylor Sheridan. O ancora Cargo di Gilles Coulier, che non avrebbe sfigurato in concorso, tre fratelli pescatori, differentemente coinvolti con la vendita del peschereccio di famiglia, al momento in cui il padre è in coma.

Restano i premi e i titoli che vedremo, restano assai più pressanti i tanti problemi del festival che all’indomani della sua chiusura lascia un conto negativo di sale a disposizione in meno (e la mancanza s’è sentita), di quattrini tagliati, di titoli eliminati. Certo, rimangono le file interminabili e compatte del pubblico (ma le cifre ufficiali non sono ancora comparse), le discussioni, la certezza che questo festival può e deve vivere senza tappeti rossi, senza il gossip del momento o senza le presenze di gente di cinema che hanno la faccia di essere riempitivi o pubblicità al lavoro fatto e presto in uscita; e poi la vivacità, la disponibilità dei tanti volontari e, uscendo dalle sale, i bar e i ristorantini dove fare un boccone veloce che negli otto giorni di festa e programmazione credo non se la siano poi tolta tanto male. Ma si è avvertito che la macchina non era ben oliata, che i sorrisi erano stretti, che l’inverno del nostro scontento aveva ormai bussato alle porte (per ripetere un film poco amato, quello di Roberta Torre). Emanuela Martini è giunta alla fine del suo mandato, vicedirettrice prima e piena responsabile negli ultimi quattro anni, continua a ripetere che ripartirebbe volentieri, che ha imparato ma che ha anche dato molto, che il pubblico torinese è impagabile: “Ma ogni decisione spetta al Museo”. Un Museo che, tra le tante e pericolose mareggiate, ha un direttore pro-tempore e ne attende uno stabile. Insomma, è necessario pensare già al futuro e il futuro, su cui stanno scritte per ora soltanto le date del 2018 (23 novembre – 1 dicembre), è troppo vicino. È necessario avere il tempo per lavorare, per mantenere la cifra di sempre e inventarsi cose nuove, per combattere contro i soldi che hanno tutta l’aria di voler scendere ancora, per svegliare una giunta che pare credere sempre meno nell’operazione (non soltanto culturale). Tutto per evitare che un grosso bagaglio torinese prenda altre strade, tutto per scongiurare che quello che si è costruito negli anni di scoperte, di piacere visivo, di intelligenza ci venga a mancare.