CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 634

Oscar, proiezioni ed exit poll alla scuola Holden

4 marzo, General Store della Scuola Holden a partire dalle 21.30 (e fino alle 7.00 del mattino dopo)
 
Quest’anno la notte in cui si farà lo spoglio delle schede elettorali coinciderà con la 90a edizione della cerimonia degli Oscar al Dolby Theatre di Los Angeles.  Per seguire entrambi gli avvenimenti, la Holden organizza Tutto in una notte, una maratona che comincerà alle 21.30 del 4 marzo nel General Store della Scuola e andrà avanti fino alle 7.00 del mattino seguente, orario in cui presumibilmente si avranno i risultati delle elezioni politiche e sulla West Coast sarà terminata l’assegnazione degli Academy Award.
 
La serata seguirà inizialmente gli avvenimenti politici e sarà guidata da Sebastiano Pucciarelli, autore e co-conduttore di TV Talk. Nel corso della notte ci saranno collegamenti in diretta con vari ospiti, giornalisti e redazioni, tra cui Alessandro Frau di AGI, Chiara Albanese di Bloomberg News, il comico Saverio Raimondo, il vicedirettore de il Post Francesco CostaLuca Ferrua e la redazione de La Stampa di Torino. Eugenio Damasio, diplomato della Scuola che ultimamente ha curato alcuni interventi per la trasmissione M di Santoro, presenterà la rubrica “Il meglio del peggio della campagna elettorale”; sentiremo anche il direttore de l’Espresso Marco Damilano, in collegamento dalla maratona di Enrico Mentana; Hamilton Santhia (Linus, Linkiesta, Esquire, The Catcher) e Lorenzo Pregliasco, direttore e cofondatore di YouTrend e della startup di ricerche Quorum, che farà le proiezioni per SKY. Lorenzo Pregliasco è anche uno dei docenti del Training Camp della Holden dedicato allo “Storytelling Politico”, un percorso molto pratico e poco teorico per imparare a lavorare dietro le quinte della politica, là dove entrano in gioco “tutti gli uomini (e le donne) del Presidente”.  Interverranno poi gli studenti del College Brand New con una serie di interviste, analisi e approfondimenti sugli schieramenti e sui principali partiti in lizza realizzati nelle ultime settimane.
 
Più tardi, quando entrerà nel vivo anche la notte degli Oscar, gli studenti del College Cinema commenteranno l’assegnazione dei premi. Ci sarà, ovviamente, un grande tifo per Call Me by Your Name, il film di Luca Guadagnino che ha avuto quattro nomination ed è in gara per le categorie miglior film, miglior attore protagonista, miglior sceneggiatura non originale e miglior canzone.
 
Tutto in una notte finirà il 5 marzo, verso le 7 del mattino, quando si saprà a chi sono andate le statuette degli Academy Award e si dovrebbero avere dei risultati attendibili sui partiti che hanno avuto la maggioranza alle politiche.
 
La serata è a ingresso libero fino a esaurimento posti, ma la prenotazione è obbligatoria: scrivere a reception@scuolaholden.it o chiamare il numero 011 6632812.

“55 vasche”, una battaglia per la vita

mimmo_canditoVi riproponiamo l’intervista pubblicata dal “Torinese“ nel gennaio 2016 con il giornalista scomparso oggi a 77 anni. Nel libro l’autore parla con estrema lucidità dell’esperienza vissuta 10 anni fa a Miami, allorchè, in seguito ad alcuni accertamenti, il chirurgo Rogerio Lilembaum gli diagnosticò un tumore

Nel suo ultimo libro” 55 vasche” edito da Rizzoli, il noto giornalista e scrittore racconta la sua battaglia per la vita, nell’affrontare un tumore ai polmoni .Nel libro l’autore parla con estrema lucidità dell’esperienza vissuta 10 anni fa a Miami, allorchè, in seguito ad alcuni accertamenti, il chirurgo Rogerio Lilembaum gli diagnosticò un tumore, lasciandogli “zero virgola zero” speranze di vita ( dal titolo di uno dei capitoli del libro).

“Era l’estate del 2005, ed ero a Miami per raccontare della vita ribelle e dei sentimenti dei cubani esuli, più di un milione, scappati dall’isola di Castro e rifugiati in Florida. In quei giorni e da qualche tempo provavo un dolore intenso tra spalle e nuca. Mi decisi così ad andare da un medico presso il Mount Sinai Hospital, a Miami Beach. Il primo medico a visitarmi fu il dottor Levi, che mi fece una radiografia, che lo lasciò perplesso in quanto gli era sembrato si trattasse di un tumore. In seguito a ulteriori accertamenti, entrò in scena l’oncologo Lilembaum, che confermò la diagnosi iniziale, comunicandomi che non avevo speranza di sopravvivere.”

A quel punto quale fu il suo stato d’animo?

” Chi fa il reporter in guerra sa di viaggiare con la morte tra i propri passi . Ma il reporter sa anche che la morte guarda comunque altrove, sia tra i soldati o tra i miliziani, ma ancor più spesso tra la gente senza nome, però lui no, la morte lui, il reporter, non lo avrà mai. E anche se l’ha incontrata, stop, la storia finisce. Non come in quel momento, davanti a una cartellina azzurra mentre ti dicono: ehi, guarda che hai un tumore e non c’è niente da fare, stai per morire”.

Cosa accadde in seguito?

“Francesca, cardiochirurga dell’ospedale, amica mia e di mia moglie Marinella, mi comunicò la sua intenzione di parlare nuovamente all’oncologo per suggerirgli di tentare l’impossibile”.

Cosa disse Lilembaum?

” Disse che si poteva tentare un percorso assolutamente sperimentale, ma ribadì che era giusto che sapessi che le mia speranza era zero virgola zero. Mi bastò comunque sapere che si poteva provare ed ero più pronto a vedermela con il tumore, a questo punto. Iniziò così una serie di sedute, esattamente 46, di chemioterapia e di radioterapia, allo scopo di ridurre le dimensioni del tumore in vista dell’intervento per asportarlo, intervento che si mostrava particolarmente difficile, perchè si doveva operare in prossimità dell’aorta.”

Come trascorse quel lungo periodo di cure e preparazione?

” Il mio oncologo mi aveva raccomandato di mantenere il mio stile di vita, i miei impegni, la mia identità. Se pur avevo dovuto rinunciare alla “passeggiata” del mattino sul tapis roulant, perchè le gambe spesso non mi reggevano, avevo deciso di mantenere l’impegno preso con me stesso di far mezz’ora di nuoto in piscina, in tutto venticinque vasche. Una mattina, dopo essermi svegliato tardi, perchè la sessione di chemio del giorno precedente era stata molto pesante, decisi ugualmente di scendere in piscina. Feci una ventina di bracciate, ma con una fatica imprevista che mi rendeva pesanti braccia e gambe. E tuttavia non potevo mica fermarmi. Ma all’undicesima vasca,dovetti bloccarmi , non riuscivo più a respirare. Risalii a fatica i gradini, e andai a stendermi su un lettino. Rimasi coricato per un po’ e a un certo punto mi dissi : ma dopo tutti i rischi che hai corso in Afghanistan, in Somalia, in Iran, perchè cedi ora? Ridiscesi allora in acqua, e cominciai a nuotare con una energia che avevo dimenticato. Uno due, respiro, uno due, respiro, la bracciata lunga, il fiato rilassato, le gambe battevano il crowl come un piccolo motore, e via un’altra vasca e via una ancora. Ebbi appena un attimo di incertezza. Poi dissi a me stesso: ora fargli vedere tu, al tumore, chi sei. Lo dissi quasi parlando, come se non stessi nell’acqua, tanta era l’energia vitale che sentivo dentro di me. 26, 27, 28, ero una macchina furiosa che macina lo spazio e il tempo. Poi 40, poi 50, e non mi fermavo ancora, 51, 52, 53. Decisi che a 55 poteva bastare. Con un sospiro d’orgoglio, guardai in alto, il sole, e l’azzurro luminoso del cielo”.

La sua esperienza come atleta l’ha aiutata a tirare fuori le energie per combattere la sua battaglia per la vita?

” Più volte mi sono chiesto dove stessero le radici di quel mio istinto quasi naturale a mettere in campo il peso d’una volontà che non intende cedere alla forza della realtà. Quando ero ragazzo,praticavo lo sport come esercizio di vita. Ero un quasi campione, non solo nell’atletica e nel basket, ma soprattutto nella scherma, dov’ero vicecampione italiano juniores nella sciabola. L’amore per lo sportè senz’altro stato molto importante e mi ha molto aiutato. Le mie due esperienze in guerra e come atleta mi hanno aiutato a guardarmi dentro per andare a scovare quelle energie nascoste che permettono di affrontare a testa alta la battaglia per la propria vita e per le persone che si amano.

55 vasche come una bella metafora ed anche un bel messaggio…

“Alla fine, so che il tempo cancella la memoria, e so che le storie degli uomini passano via. Ma quella scintilla vitale, quell’energia rinvenuta in un giorno difficile a Miami contando le vasche d’una piscina, restano il segno fuori dal tempo che la forza che abbiamo dentro di noi è una risorsa straordinaria per il contrasto alla minaccia potente della morte. Il futuro lo confermerà”.

Helen Alterio

Pierre Milza lo storico dimenticato

di Pier Franco Quaglieni 

 

Pierre Milza, al contrario dell’inglese Mack Smith, non ha mai avuto popolarità in Italia. La sua morte a 85 anni e ‘ passata quasi nell’indifferenza o in ricordi autobiografici come quello scritto da Sergio Romano, un ormai vecchissimo ambasciatore poverissimo di quel senso storico che seppe rivelare in passato. L’italo -francese Pierre Milza meritava molta più attenzione innanzi tutto per la monumentale storia d’Italia di cui è stato autore. Era figlio di un emigrato in Francia che fu soldato sul Piave durante la grande guerra e fu antifascista. Tanti italiani emigravano in Francia in cerca di nuove esperienze,di libertà e spesso di fortuna.

 
Milza ha tre grandi meriti storici che non sono stati adeguatamente messi in luce : e’ stato uno dei maggiori studiosi dei fascismi europei e la lettura delle sue pagine servirebbe a molti per capire anche i fenomeni preoccupanti legati all’oggi. Chi vede il fascismo come un fatto solo italiano rischia di non capire e anche di sottovalutare le cose. Il fascismo fu una malattia europea,non soltanto italiana,come vedeva Gobetti,riducendolo all’autobiografia di una singola nazione. Il secondo aspetto che lo avvicina naturaliter a Renzo de Felice,e’ che Milza studio ‘ Mussolini e il fascismo con il distacco storico indispensabile senza a priori antifascisti che impediscono un’analisi storica convincente e non propagandistica.

 
Il terzo elemento della sua opera che lo rende importante e’ l’aver visto la tendenza all’autoflagellazione,al sentirsi anti italiani, da parte di troppi italiani.L’esatto opposto dei francesi e della loro grandeur,magari esagerata ,ma piena di dignità .Prezzolini e Montanelli furono anti italiani ,Croce e Ciampi ,cito dei semplici esempi, furono invece tra i pochi italiani consapevoli della grandezza della nostra storia nazionale. In questo quadro Milza vide un errore storico nel denigrare il Risorgimento italiano che fu uno dei fatti più rilevanti della nostra storia. Milza non esito ‘ a criticare le vulgate gramsciane antirisorgimentali come in Italia fece Rosario Romeo con esiti rimasti insuperati. Questo francese che non aveva rinnegato le origini italiane, era davvero un animale molto raro, molto apprezzato in Francia per la sua imponente produzione storiografica ,poco noto in Italia perché non assimilabile alla storiografia militante che continua a dominare incontrastata ,malgrado la fine irreversibile delle ideologie.

 

 

Far leggere Milza ai nostri giovani sarebbe molto utile per avvicinarle ad una storia senza miti e senza demonizzazioni e servirebbe alle teste calde e rasate che provano nostalgia per Il Duce :servirebbe a far loro storicizzare il passato in modo adeguato,andando oltre i fanatismi e gli slogan inquietanti che urlano,inframmezzandoli di saluti romani .Molte nostalgie nascono paradossalmente da un antifascismo rancoroso incompatibile con la storia ,che si nutre di pugni chiusi e di canzoni partigiane, ma non di cultura storica capace di capire prima di giudicare le ragioni e i torti del passato. La denigrazione della parola Patria,ad esempio, può avere esiti imprevisti e imprevedibili che menti limitate non hanno affatto considerato . Solo la storia può consentirci di superare gli infantilismi stupidi,le mitizzazioni manichee,le semplificazioni propagandistiche. E Pierre Milza può aiutarci a capire molto di più che i Tranfaglia o i De Luna nostrani che continuano a celebrare le loro messe cantate della Resistenza, come se non fossero passati i decenni.

 

 

 

quaglieni@gmail.com

Reload Music Festival in versione green

Sabato 3 marzo 2018 al Lingotto Fiere di Torino, un Festival EDM in perfetta sintonia Millennials firma la sua quarta edizione nella versione Green dalle ore 12 alle ore 6:30 del mattino successivo. A partire dal video promo di presentazione dal sapore epico al logo Reload 2018 sviluppato in 3D Graphic si annuncia una line up di grande spessore artistico, espressione di tutte le diverse sfaccettature del mondo EDM.

Un Main Stage Green, a impatto zero con effetti scenici a realtà immersiva, firmato AMoi, creati da specialisti del settore e usati per la prima volta in un Festival nazionale sarà il cuore pulsante della lunga maratona musicale. Artisti della scena nazionale ed internazionale che si avvicenderanno in un crescendo di musicalità e BPM, del calibro di Timmy Trumpet, dalla bounce alla big room/psy trance; Alan Walker e le sue hit diffuse in tutte le radio del mondo; NERVO, australiane che da anni rappresentano l’immagine femminile del mondo EDM; PARTY FAVOR, uno dei primi artisti ad aver proposto i nuovi sound trap che stanno avanzando in questi anni; Zatox, punto di riferimento per la hardstyle mondiale; Michael Feiner, produttore delle tracce più suonate nell’estate 2017(BaBaBa); Angerfist, eletto per il terzo anno di seguito come top artist del panorama hard music e del genere hardcore; SAY MY NAME, uno dei pochi che sta già modificando la contaminazione trap proponendo un genere che sta iniziando a definirsi come hardtrap; Eptic, anche se giovane, uno punta di diamante del genere dubstep; Danko, uno dei più giovani produttori del panorama italiano; DROP, duo che negli anni ha scalato le posizioni come migliori artisti emergenti italiani, e per finire un’ altra super esclusiva TATANKA e Zatox che torneranno ad esibirsi in questa forma, dopo qualche apparizione negli anni precedenti in Olanda, Belgio e Italia. Sul main stage saranno inoltre previsti tre stacchi da 10 minuti ciascuno in orari diversi per presentare l’etichetta Reload Music powered by Sony con le esibizioni live di Angry Lion, Ema Olly e il duo Fusko. Confermato lo storico Live Stage nella Sala Blu “The Experience Room” con contaminazioni d’avanguardia che partono dalla classica su base elettronica, al rap fino al funk con artisti unici come Ema Olly, compositore con il suo progetto solista di violoncello e musica elettronica in collaborazione con “Yndako Productions”; HeadKube, producer e live performer che controlla in tempo reale audio e video; Amos Dj produttore e compositore eclettico. Altri gruppi come Ämbro, set fidget con un forte comparto visivo; Beatkoinz, con un live set deep tech, il duo Masa & Afterouge (rapper e beatmaker) che dimostrano che sperimentare non significa forzatamente copiare le tendenze d’oltre oceano; Simona Meda, artista Eletctro Pop già protagonista del Festival di Castrocaro nel 2015 e il duo Middle Hight Size con le loro atmosfere DUB sono rappresentati dalle edizioni torinesi WB Productions, studio di registrazione, produzione musicale, gestione etichette discografiche in collaborazione con l’agenzia di booking Band Management. Saranno accolti su questo palco live anche i due vincitori del concorso della migliore canzone rap rivolta agli studenti delle medie e superiori del Piemonte legata all’evento annuale de “La Partita del cuore“ all’Allianz Stadium: Andrex (17anni) e Maximizer (14 anni)Il corridoio delle esperienze firmato come sempre dall’Associazione culturale EloVir92, sarà costruito come una piccola Hub di startup social green legate ai poli universitari del territorio quali SITPolito, UnitoGO, GreenTO, AEGEE Torino; realtà del mondo delle startup come Comunicare la Ricerca, EvilMozart, Fambress, Orangogo e Helpmearound, Jodel (BERLINO); alle charity quali Pin, Croce Rossa Giovani Provinciale, SISM, Arcobaleno AIDS, Vol.TO, Torino Giovani; al fitness e benessere come OPES ITALIA, ente di promozione sportiva riconosciuto CONI che aprirà il mainstage alle 12.00 con attività sportive e fitness di cultura, come da indicazioni della Consulta Giovani per gli Stati generali dello Sport e del Benessere, e CUS Torino; alle collaborazioni con le scuole superiori per alternanza scuola-lavoro come Bodoni Paravia, e green mobility partner come O-Bike, Flixbus, BlaBlaCar e Wetaxi.

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Importante la collaborazione con Yeswetrust, piattaforma svizzera nata per cambiare se stessi in una concezione più green e di condivisione. Yeswetrust crea community in cui le persone possono ricevere conoscenze e servizi e Al Reload Music Festival 2018 presenteranno il loro progetto e doneranno una bottiglietta d’acqua ai primi 2000 utenti che si faranno un selfie nel punto foto del Reload e la pubblicheranno con l’#yeswetrust Inoltre, per ogni download dell’app eseguito Yeswetrust si impegnerà a piantare un nuovo albero per la creazione di nuovi boschi.

 

Partner esclusivi dell’evento sono Discoradio, emittente leader d’ascolti nel Nord Italia, e Torinoggi.it quotidiano on-line del Gruppo More News presente in tutte le province del Piemonte, della Liguria e a Montecarlo e Costa Azzurra.

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BIGLIETTERIA:

–    Xceed

–    Ticket.it

–    TicketOne

–    Booking Piemonte (pacchetti accomodations)

–    Libra Concerti: Via San Quintino 38, Torino

–    The Tips

 

PER INFO:

Mail: info@reloadmusicfestival.com

Tel: 011 591709

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A casa tutti bene – Commedia. regia di Gabriele Muccino, con Stefano Accorsi, Massimo Ghini, Stefania Sandrelli, Valeria Solarino e Gianmarco Tognazzi. Una ricorrenza da festeggiare, le nozze d’oro dei nonni, una permanenza forzata, il traghetto bloccato e l’isola di Ischia a fare da sfondo: gli antichi ristoratori, i tre figli che hanno preso strade diverse, le mogli attuali e quelle di un tempo, il cugino solo e poveraccio con debiti e un figlio in arrivo, i rancori, le confessioni e le urla, il ritratto di una famiglia italiana in perfetto stile Muccino, figliuol prodigo tornato a casa dopo i (quasi totali) successi d’oltreoceano. Ma Muccino rimane Muccino, con le tante tessere di una storia, con il suo nervoso montaggio, con una sceneggiatura che non brilla, con certi attori presi nel vortice del dramma ad ogni costo, con altri che continuano a ripetere i loro soliti personaggi. Però un palmarès alle prove di Massimo Ghini e Valeria Solarino, all’invasione altissima del mai così bravo Gianmarco Tognazzi. Durata 105 minuti. (Massaua, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Chico, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Black Panther – Fantasy. Regia di Ryan Coogler, con Chadwick Boseman, Lupita Nyong’o, Martin Freeman e Angela Bassett. Il protagonista è il nuovo re di Wakanda dopo la morte del padre: ma se sulla sua strada trova dei nemici pronti a detronizzarlo, lui sarà pronta a unirsi alla CIA e alle forze speciali del proprio paese. Durata 135 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Belle & Sebastien – Amici per sempre – Avventura. Regia di Clovis Cornillac, con Félix Bossuet e Tchéky Karyo. Terzo capitolo della saga, Sebastien ha 12 anni e Belle gli ha regalato tre splendidi cuccioli. Senonché la tranquillità familiare è scalfitta dall’intenzione di Pierre, il padre del ragazzo, di trasferirsi in Canada e dall’arrivo di un presunto proprietario di Belle che vorrebbe portarsela via. Sebastien farà di tutto per non dover abbandonare la sua amica a quattro zampe. Durata 90 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Ideal, The Space, Uci)

 

C’est la vie – Prendila come viene – Commedia. Regia di Eric Toledano e Olivier Nakache, con Jean-Pierre Bacri, Jean-Paul Rouve, Hélène Vincent e Suzanne Clément. Gli artefici del fenomeno “Quasi amici” promettono risate a valanga e il successone in patria dovrebbe calamitare anche il pubblico di casa nostra. I due sposini Pierre ed Hélène hanno deciso di sposarsi e quel giorno deve davvero essere il più bello della loro vita. Nella cornice di un castello del XVII secolo, poco lontano da Parigi, si sono affidati a Max e al suo team, ad un uomo che ha fatto della sua professione di wedding planner una missione, che organizza e pianifica, che sa gestire i suoi uomini, che sa mettere ordine nel caos più supremo, che per ogni problema sa trovare la giusta risoluzione… Più o meno: perché quella giornata sarà molto ma molto lunga, ricca di sorpresa e di colpi di scena. Ma soprattutto di enormi, fragorose risate! Durata 115 minuti. (Romano sala 1)

 

Chiamami col tuo nome – Drammatico. Regia di Luca Guadagnino, con Timothée Chalamet, Armie Hammer e Amira Casar. Nei dintorni di Crema, il 1983: come ogni anno il padre del diciassettenne Elio, professore universitario, ospita nella propria casa un borsista per l’intera estate. L’arrivo del disinvolto Oliver non lascia insensibile il ragazzo, che scopre il sesso con una coetanea ma che poco a poco ricambiato approfondisce la propria relazione con l’ospite. Un’educazione sentimentale, i libri e la musica, Eraclito e Heidegger, Bach e Busoni, l’ambiente pieno di libertà della sinistra, i discorsi insperati di un padre, il tempo scandito dalle cene e dalle discussioni su Craxi e Grillo, il vecchio factotum che di nome fa virgilianamente Anchise, passeggiate e discussioni, corse in bicicletta, ritrovamenti di statue in fondo al lago, nuotate in piccoli spazi d’acqua, felici intimità, in una delicatezza cinematografica (la macchina da presa pronta ad allontanarsi velocemente da qualsiasi eccessivo imbarazzo) che assorbe nei temi (“Io ballo da sola”) e nei luoghi (i paesini, i casali, la calura di “Novecento”) il passato di Bertolucci o guarda al “Teorema” pasoliniano. L’ultima opera di un regista (“Io sono l’amore”, “A bigger splash”) che con la critica di casa nostra non ha mai avuto rapporti troppo cordiali, osannato all’estero, in corsa verso l’Oscar con quattro candidature. La sceneggiatura è firmata da James Ivory dal romanzo di André Aciman. Durata130 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Cinquanta sfumature di rosso – Drammatico. Regia di James Foley, con Dakota Johnson e Jamie Dornan. Si cambia colore (ed è la terza e ultima volta), impaginazione dello stesso regista di “Cinquanta sfumature di nero”. L’ultimo dei romanzi di E.L. James in versione “oggi sposi”, con cerimonia nuziale, bella casa e viaggio di nozze in Europa, con qualche addolcimento per quel che riguarda la “padronanza” del bel tenebroso Christian verso la bella Anastasia, comunque – gli appassionati non disperino – nei dintorni del “bondage soft”. Uscendo un po’ di più dalla camera da letto e imboccando la via del thrilling, rapimenti e inseguimenti in auto si ricollegano ad un passato di gente che non molla, dall’ex datore di lavoro dell’ormai sposina fresca fresca alla Elena della sempre appetitosa e combattiva Kim Basinger, ancora una volta pronta a riconquistarsi il ragazzone che lei stessa ha avviato alle pratiche amorose tutte frustini in bella vista. Durata 104 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Ella & John – The Leisure Seeker – Drammatico. Regia di Paolo Virzì, con Donald Sutherland e Helen Mirren. Tratto dal romanzo americano di Michael Zadoorian, con alcune varianti apportate dalla sceneggiatura scritta dallo stesso regista in compagnia di Francesco Piccolo, Francesca Archibugi e Stephen Amidon (a lui già Virzì si rivolse per “Il capitale umano”), è la storia della coppia del titolo, svanito e smemorato ma forte John, fragile ma lucidissima Ella, è il racconto del loro viaggio, dai grattacieli di Boston ai climi di Key West, lungo la Old Route 1, anche per rivisitare con la (poca e povera) memoria il vecchio Hemingway – John è stato un professore di letteratura di successo che ha coltivato con passione lo scrittore del “Vecchio e il mare” -, un viaggio che ha la forma di una conclusiva ribellione ad una famiglia e soprattutto a un destino che ha riservato per lei il cancro all’ultimo stadio e a lui l’abisso dell’Alzheimer. Momenti di felicità e anche di paura in un’America che sembrano non riconoscere più, una storia attuale e un tuffo nella nostalgia (quella che guarda agli anni Settanta), a bordo del loro vecchio camper, mentre corpo e mente se ne vanno. Un’occasione, per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, regalando rivelazioni fino all’ultimo istante. Un film di emozioni per coppie vecchio stampo, due formidabili interpretazioni, due doppiaggi – Ludovica Modugno e Giannini – da ascoltare con attenzione: ma a me è sembrato di essere lontano anni luce dalla stratosferica follia e umanità della “Pazza gioia”. Durata 112 minuti. (Romano sala 3)

 

Figlia mia – Drammatico. Regia di Laura Bispuri, con Valeria Golino, Alba Rohrwacher e Sara Casu. Unico film a rappresentare il nostro cinema a Berlino, vigorosa opera seconda dopo l’esordio della regista romana con “Vergine giurata”, è ambientato in terra di Sardegna, vicenda di due madri, l’una che con ogni protezione e amore ha dato sostegno all’adozione, l’altra, quella naturale, legata ad un mondo di piena libertà, perciò inaffidabile e votata all’insicurezza. Al centro la figura di una ragazzina, che reclama l’affetto di entrambe. Durata 90 minuti. (Massimo sala 2)

 

Il filo nascosto – Drammatico. Regia di Paul Thomas Anderson, con Daniel Day-Lewis, Vicky Krieps e Lesley Manville. Nella Londra degli anni Cinquanta, il famoso sarto Reynolds Woodcock è la figura centrale dell’alta moda britannica, eccellentemente coadiuvato dalla sorella Cyril: realizzano gli abiti per la famiglia reale (qualcuno ha visto il ritratto del celebre Norman Hartnell), per le stelle del cinema, per ereditiere, debuttanti e dame sempre con lo stile distinto della casa di Woodcock. Il grande sarto è anche un incallito e incredibile dongiovanni, nella cui vita le donne, fonte d’ispirazione e occasione di compagnia, entrano ed escono: fino a che non sopraggiunge la presenza della semplice quanto volitiva, a modo suo spregiudicata, Alma, una giovane cameriera di origini tedesche, pronta a diventare parte troppo importante della vita dell’uomo, musa e amante. L’ordine e la meticolosità, doti che si rispecchiano meravigliosamente nella fattura degli abiti e nella condotta di vita, un tempo così ben controllata e pianificata, vengono sovvertiti, in una lotta quotidiana tra uomo e donna. Sei candidature ai prossimi Oscar, tra cui miglior film, miglior regista, migliori costumi e miglior attore protagonista, prova che forse potrebbe essere il canto del cigno per l’interprete del “Mio piede sinistro” e di “Lincoln” , convinto da oggi in poi ad abbandonare lo schermo. Durata 130 minuti. (Centrale in V.O., Due Giardini sala Nirvana, Reposi, Romano sala 2, Uci)

 

La forma dell’acqua – The shape of water – Fantasy. Regia di Guillermo del Toro, con Sally Hawkins, Doug Jones, Octavia Spencer, Michael Stulhbarg e Michael Shannon. Leone d’oro a Venezia, tredici candidature agli Oscar, arriva l’attesissima storia del mostro richiuso in una gabbia di vetro all’interno di un laboratorio governativo ad alta sicurezza (siamo negli States, in piena guerra fredda, il 1962) e del suo incontro con una giovane donna delle pulizie, Elisa, orfana e muta, dei tentativi di questa di salvarlo dalla cupidigia dei cattivi. Avrà l’aiuto degli amici (il disegnatore gay, lo scienziato russo pieno di ideali, la collega di colore), cancellando la solitudine e alimentando i sogni, in un’atmosfera che si culla sulle musiche di Alexandre Desplat, contaminate da quelle dei grandi del jazz degli anni Sessanta. Durata 123 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Blu, Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, The Space, Uci)

 

Lady Bird – Drammatico. Regia di Greta Gerwig, con Saoirse Ronan, Lucas Hedges, Timothée Chalamet e Laurie Metcalf. Una storia che pesca nell’autobiografia, l’autrice come il personaggio femminile del film è nata a Sacramento, in California, sin da giovane smaniosa di raggiungere la costa orientale. Anche Christine sogna di iscriversi ad una università nella parte opposta degli States, sottrarsi alla madre autoritaria, alla figura del padre senza lavoro, ai fratelli, a quel piccolo mondo che la circonda. S’inventa storie, fa fronte alle prime prove d’amore, dal risultato negativo, fa di tutto per mettersi in buona luce agli occhi dei compagni di scuola che sembrano valere più di lei, ricavandone delusioni, s’appiccica quel nome del titolo: quale sarà il suo futuro? La Ronan candidata all’Oscar. Durata 94 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1, Uci)

 

Omicidio al Cairo – Giallo. Regia di Tarik Saleh, con Fares Fares. La morte di una cantante di successo nelle stanze del Nile Hilton Hotel, la sua relazione con un politico, un caso che si vorrebbe chiudere al più presto. La capitale egiziana del 2011, le rivolte e la corruzione senza limiti, la criminalità che invade il paese, un commissario che pur tra le proprie zone d’ombra eccelle senza dubbio sui suoi superiori e che vuole andare fino in fondo pur di scoprire i colpevoli. Durata 106 minuti. (Classico)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito e sul re che lo tollera, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è già visto per il ruolo assegnare un Globe, sta sopravanzando sugli altri papabili per quanto riguarda gli Oscar, un’interpretazione che colpisce per la concretezza, per gli scatti d’ira e per quel tanto di cocciutaggine e lungimiranza britannica che in quell’occasione s’impose. Uno sguardo al trucco dell’interprete: gorse un altro Oscar assicurato. Durata 125 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 3)

 

Ore 15:17 assalto al treno – Drammatico. Regia di Clint Eastwood, con Spencer Stone, Alek Skarlatos e Anthony Sadler. Era il 21 agosto 2015 quando il mondo ricevette la notizia di un attentato, ad opera di un terrorista islamico, sventato sul treno che proveniva da Amsterdam ed era diretto a Parigi da tre ragazzoni californiani che già s’erano fatte le ossa sui vari fronti di guerra. Il film è il racconto delle loro vite sino a quel momento, del loro viaggio attraverso l’Europa, del loro atto di coraggio, di quell’essere in un momento preciso coraggiosi eroi per caso. Eastwood ha voluto che sullo schermo raccontassero la loro vicenda i diretti protagonisti, con i sogni, la realtà, lo spirito d’avventura e l’amicizia della loro età. Il film è il racconto di come quel giorno hanno salvato 500 vite, i buoni contro i cattivi o le avversità, come già avevano combattuto Bradley Cooper cecchino implacabile in “American Sniper” o Tom Hanks in “Sully” ammarando sull’Hudson. Questa la storia: con l’aggravante che questa volta l’autore di “Mistic river” ha perso completamente l’asse attorno al quale costruire la vicenda, scentrando l’episodio dell’attentato (lo ha relegato dentro l’ultimo quarto d’ora) e dando eccessiva importanza (in maniera quantomai folkloristica e banale al soggiorno italiano) a quanto lo ha preceduto. Se è vero che “quandoque bonus dormitat Homerus”, ebbene questo treno è il sonno completo del grande Eastwood. Durata 94 minuti. (The Space)

 

Puoi baciare lo sposo – Commedia. Regia di Alessandro Genovesi, con Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Salvatore Esposito e Cristiano Caccamo. Si sono fidanzati a Berlino (“dove è facile fare i gay…”) Antonio e Paolo e sperano che la loro unione venga benedetta dal padre di Antonio, sindaco di Civita di Bagnoregio e uomo fautore di ogni accoglienza. Ma il “suocero”, colpito nell’ambito familiare, non gradisce. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Quello che non so di lei – Drammatico. Regia di Roman Polanski, con Emmanuelle Seigner, Eva Green e Vincent Perez. Delphine ha conosciuto l’importante successo editoriale dando alle stampe un romanzo che racconta il suicidio della madre. Ora deve combattere contro una crisi creativa che la blocca davanti al foglio bianco. L’incontro con Leila che poco a poco, in tante differenti occasioni, si insinua nella sua vita e quasi se ne appropria, la metterà di fronte ad un mondo di ambiguità, dove anche l’aspetto morboso (basta ripercorrere la filmografia di Polanski per ritrovarne ampi esempi) trova eccellente spazio. Tratto dal romanzo “D’après une histoire vraie” di Delphine Vigan, con uno sguardo anche alla lotta incrociata di “Eva contro Eva”. Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 1, F.lli Marx sala Groucho, Lux sala 1, Uci)

 

Red Sparrow – Azione. Regia di Francis Lawrence, con Jennifer Lawrence, Joel Edgerton, Charlotte Rampling, Jeremy Irons e Matthias Schoenaerts. Con tutta probabilità il primo capitolo di una adrenalinica trilogia, dal momento che lo scrittore Jason Matthews, un ex agente della Cia che ha parecchie cose da raccontare dovute a una più che trentennale lotta sul campo, ha oltre a questo primo pubblicato romanzo “Il palazzo degli inganni” e “The Kremlin’s Candidate”. Con il visino, la carica erotica e l’escalation senza freni della bella Jennifer già pluripremiata e oscarizzata nonostante i suoi “soli” ventisette anni, la ballerina del Bolshoi Dominika, in una guerra fredda che sembra affatto terminata, dovrà vedersela con un intrepido agente della Cia sotto copertura al di là della Cortina, ma si sa che in questi incontri/scontri possono farsi strada crocevia amorosi. Dirige il regista di “Hunher Games”, intriganti i panorami chesi inseguono tra Atene e Mosca, tra Helsinki e Washington. Durata 139 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Sconnessi – Regia di Christian Marazziti, con Fabrizio Bentivoglio, Carolina Crescentini, Stefano Fresi e Ricky Memphis. Le riunioni di famiglia (per carità, non scomodiamo Eliot) nel cinema di questi giorni vanno di moda, vuoi Muccino adesso Marazziti alla sua opera prima. Il padre, vecchie idee e soprattutto scrittore in prosciugata vena creativa, ha la bella idea di riunire la famiglia in montagna, del tipo facciamoci insieme ‘sta bella vacanza. Una valanga di no ma dobbiamo riunirci per forza. Nuova moglie incinta, nuovi cognati, vecchi figli, domestica importata dall’Est. La tragedia, propria dei nostri tempi, arriva quando si scopre che in casa non esiste connessione. Potremo vivere? E il fattaccio non scoprirà certi vasi di Pandora che sarebbe molto meglio se rimanessero chiusi? Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

The disaster artist – Commedia. Regia di James Franco, con James e Dave Franco. La lavorazione e lo sfacelo del più brutto film mai girato, “The Room”. La storia, ora diventata film, è stata raccontata in un libro dall’attore Greg Sestero, lo interpreta qui il fratello meno famoso del regista. È il ritratto di Tommy Wiseau, attore decisamente squinternato, autore e produttore e quant’altro, la sua voglia di credere in un sogno in maniera assoluta, la montagna di quattrini impiegati per vedere la parola fine, la prima disastrosa, il passaparola e la consapevolezza che il disastro poteva essere rigirato in successo. Negli States, grazie alle proiezioni di mezzanotte, “The Room” divenne un successo, i fischi sonori e i commenti pieni di umorismo e di compatimento divennero un cult. Da vedere per un totale divertimento cinematografico, grande successo al TFF. E non alzatevi dalla poltrona prima dell’ultimo fotogramma, ci scoprirete gli spezzoni originali e il vero Wiseau. Davvero un incanto. Durata 104 minuti. (Reposi)

 

The Party – Drammatico. Regia di Sally Potter, con Timothy Spall, Kristin Scott Thomas, Emily Mortimer, Cillian Murphy e Bruno Ganz. Metti una sera a cena, una tavolata di amici, ambiente di sinistra, di quelli ci diciamo tutto in faccia e ancora di più, noi siamo per la schiettezza a qualunque costo, con una padrona di casa (siamo a Londra) che è appena stata nominata ministro ombra della sanità, un marito che sta a guardare e che fatto di tutto per appoggiare la carriera della moglie, anche a scapito della sua, due lesbiche che aspettano un figlio e altro ancora. Uno stile, l’amicizia, la cordialità. l’ideologia, che cosa rimarrà in piedi dopo che il paziente consorte avrà buttato lì sul tavolo un paio di rivelazione che porteranno lo sconquasso tra gli ospiti? Un po’ dalle parti di “Chi ha paura di Virginia Woolf”, un po’ “Carnage”, un po’ anche del nostro Paolo Genovese con il suo “Perfetti sconosciuti”. Durata 71 minuti. (Nazionale sala 2)

 

The Post – Drammatico. Regia di Steven Spielberg, con Meryl Streep e Tom Hanks. Ancora l’America descritta da Spielberg con gran senso dello spettacolo, segue candidatura a due Oscar, miglior film e migliore attrice protagonista. L’argomento è ormai noto, il New York Times aveva tra le mani nel 1971 un bel pacco di documenti comprovanti con estremo imbarazzo la cattiva politica di ben cinque presidenti per quel che riguardava il coinvolgimento degli States nella sporca guerra nel sud-est asiatico. Il governo proibì che fossero dati alle stampe. Se ne fece carico il direttore del Washington Post (Tom Hanks), sfidando comandi dall’alto e un non improbabile carcere: ma a nulla sarebbe valsa quella voce pure autorevole, se la voce ancora più forte non fosse venuta dall’editrice Katharine Graham, all’improvviso ritrovatasi a doversi porre in prima linea in un mondo esclusivamente maschile, buona amica di qualche rappresentante dello staff presidenziale (in primo luogo del segretario alla difesa McNamara) e pur tuttavia decisa a far conoscere a tutti quel mai chiarito pezzo di storia. L’autore del “Soldato Ryan” e di “Lincoln” si avvale di una sceneggiatura che porta la firma prestigiosa di Josh Singer (“Il caso Spotlight”), della fotografia di Janusz Kaminski (“Schindler’s list”), dei costumi di Ann Roth; con questo ultimo ritratto Meryl Streep si conquista la sua ventunesima nomination agli Oscar. Riuscirà la fantastica Frances McDormand di “Tre manifesti” a sbarrarle la strada? Durata 118 minuti. (Ambrosio sala 3, Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 3, Reposi)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Da parte di molti “Tre manifesti” è già stato giudicato come il miglior film dell’anno, i quattro recenti Golden Globe spianano la strada verso gli Oscar. Durata 132 minuti. (Greenwich sala 2, Massimo sala 2 in V.O.)

 

La vedova Winchester – Horror. Regia di Michael e Peter Spierig, con Helen Mirren e Jason Clarke. Della famiglia che spese una vita a costruire fucili, morto il marito pioniere e una figlia, rimase soltanto lei, Sarah, che “vide” la sua grande casa, più di cinquecento stanze disseminate su sette piani, costruita nel 1884, ampliata per 38 anni e oggi attrazione turistica, infestata dai fantasmi, dalle vittime cioè di quanti caddero sotto quei fuochi e quelle pallottole famigerati. Uno psichiatra, inviato a controllare la salute mentale della donna e all’inizio scettico, scopre che quella ossessione ha in sé un fondo di verità. Durata 99 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

Arte per bambini

INNERKIDS: “LE MELE” – INNERSPACE17, via Battisti 17, Torino

 

Sarà inaugurata giovedì 8 marzo alle ore 17 la mostra del collettivo Le Mele, la nuova esposizione allestita da InnerKids negli spazi dell’InnerSpace17 dopo il successo di “Le mani guardano”, ispirata alla figura di Bruno Munari. InnerKids è la prima galleria d’arte per bambini: l’intera programmazione, infatti, ha lo scopo di sviluppare nei più piccoli l’attenzione e la passione per l’arte. La mostra sarà aperta fino a venerdì 16 marzo, dalle 17 alle 19 (esclusi lunedì e martedì) con ingresso gratuito.

Il collettivo Le Mele è un gruppo di illustratori (Beatrice Costamagna, Elisa Patrissi, Gabriele Tafuni, Mattia Cerato, Valentina Belloni) che nel 2011 ha deciso di unirsi proponendo mostre, iniziative e eventi legati al mondo dell’illustrazione. L’attività è rivolta a un target che parte dalla prima infanzia fino a un pubblico più adulto e si propone di interpretare e sviluppare una tematica comune lasciando libertà ai singoli componenti nella realizzazione delle opere, così da mantenere forte la personalità espressiva del singolo, ma dando al progetto una visione unitaria. Le loro strade si sono intrecciate nel 2005, quando ha avuto inizio quella che non può essere definita in altro modo che “amicizia creativa”. Le loro opere – come le loro esperienze – sono veri e propri incontri di traiettorie dissimili. Intrecci di colori e di fantasie oniriche, che richiamano mondi fluidi, scostanti. Sogni nei quali si annidano incubi ma, anche, incubi nei quali non è mai persa la speranza del sogno, attraverso una realtà in cui tutto si spezza e degenera (o sublima) in fantasia assoluta.

Durante il periodo della mostra, InnerKids ospiterà anche “Tutte le bestiacce dell’universo”, laboratorio di Zoologia immaginaria di Pino Pace (sabato 10 marzo, ore 15.30). Lo scrittore ha ripreso e interpretato in maniera scanzonata e umoristica gli antichi bestiari e le zoologie fantastiche e ne ha tratto, con Giorgio Sommacal, due libri illustrati – “Bestiacce!” e “UniverZoo” (Edizoni Giralangolo) – che mescolano tra di loro animali piccoli e grandi, d’acqua e di terra, che saltano e strisciano, sulla Terra o nelle galassie più sperdute… Pino Pace introduce il laboratorio: guida i presenti alla scoperta delle bestiacce e gli alieni raccontati fin nei dettagli nei due libri. Poi li conduce alla scoperta di altri animali per trovare le coppie più stupefacenti, ridicole, improbabili e dare loro un nome, una storia. Infine, attraverso il disegno, li invita a corredarli di tutte le opportune (o inopportune) scaglie, piume, pinne, corna, zampe e ali… Il costo del laboratorio è di 12 euro. Per iscrizioni e ulteriori informazioni si può chiamare il 3485550937 (Alessandra) o scrivere a galleria@innerkids.it.

Ma quant’è strampalata (e bravissima) questa compagnia alle prese con un giallo

Riuscite a immaginare una commedia gialla in cui a ben vedere non vi interessa poi granché di scoprire chi sia il colpevole? Assolutamente no, inconcepibile. Eppure, ricredetevi. Può succedere. Per esempio, se andate al Gioiello – repliche fino all’11, non perdetevelo – a ridere e divertirvi intorno agli intrighi che popolano Che disastro di commedia. Un testo inglese dal titolo The play that goes wrong, scritto a sei mani, gli autori si chiamano Henry Lewis, Jonathan Sayer e Henry Shields, un testo che ha esordito nel 2012 in un piccolo teatro all’interno di un pub londinese, “The old red lion”, con una sessantina di spettatori a sera per trasferirsi un paio d’anni dopo al Duchess Theatre di Londra dove è ancora in scena. Uno spettacolo che successo dopo successo ne ha fatta di strada, continuamente in salita, manco a dirlo, con doverosa esportazione, dalla Nuova Zelanda all’Australia agli States dove, con la produzione di JJ Abrams, è approdata a Broadway. Per quanto riguarda il vecchio continente, s’è aggiudicata nel 2015 gli Oliver Awards inglesi come miglior commedia dell’anno e in Francia l’anno successivo il Premio Molière, in questi ultimi mesi ha debuttato pure a Budapest e Atene. Come da noi. All’interno la storia strampalatissima, surreale, a tratti feroce nella propria nullità, di una compagnia amatoriale che tenta di mettere in scena un giallo che definiremmo di serie B, un omicidio all’interno di una villa XY, gli otto personaggi – un morto che non è poi tanto morto, un addetto alla consolle cui interessa soltanto ritrovare un cd dei Duran Duran, un domestico che si dimentica le battute e se le scrive sulla mano o sul polsino bianco, salvo poi avere le idee poco chiare per quanto riguarda l’accentazione delle stesse parole, un commissario con qualche scheletro nell’armadio, una fidanzata del morto che se la intende con un futuro cognato sempre alla ricerca degli applausi del pubblico, e che naviga in mezzo a crisi isteriche ad ogni pie’ sospinto, una scenografa che smania dal sostituirla nel ruolo, il focoso e irruente biondone che riuscirà ad attaccare il proprio parrucchino alla mensola dell’infuocato caminetto.

Già, il caminetto. Lui anche “personaggio”, come lo sono tutti gli altri angoli della scenografia. Malconci, disastrati, introvabili al momento giusto, cadenti, porte che non si aprono e finestre e tendaggi che se ne vengono giù, cornette del telefono raggiunte a fatica e a fatica tenute in equilibrio, dal momento che qualcuno le ha mal posizionate, i fogli del copione che si sparpagliano a terra, se una colonna è lì a mostrare il proprio compito di sorreggere, potete star tranquilli che al primo spintone cadrà giù e allora quel pavimento un tempo sorretto saldamente si tramuterà, al di là di ogni legge fisica, in un impraticabile piano inclinato. E poi un mare di gag, battute sbagliate, anticipate o posticipate, un sincrono di suoni e movimenti che fa quel che può, una neve che dovrebbe essere copiosa e si riduce a un paio di coriandoli o poco più lanciati con nessuna convinzione in aria. Un gran divertimento, solidissimo alla prima, con a tratti le voci degli attori a perdersi, coperte dalle risate e dagli applausi. Mark Bell è il regista deus ex machina di ogni allestimento, colui che controlla ed esige e spreme da ogni virgola ogni effetto possibile, con un rigore perfetto, con un meccanismo comico come raramente se ne vede su un palcoscenico. Certi meccanismi e un senso comico, il mantenimento di un ritmo che non ammette soste, la padronanza del luogo teatrale, il rispetto del millimetro che ogni prova attoriale impone, tutto questo attribuiamolo alla compagine che abbiamo applaudito ieri sera, superlativa, a dimostrazione che, se mai ce ne fosse bisogno – e anche in questa stagione teatrale i nomi credetemi non mancherebbero -, troppe volte i nomi di richiamo non portano con sé una professionalità e una bravura di eguale peso. È difficile recitare “male” e per avventura quando si è così bravi, così l’uno complementare all’atro, così dentro ad un ingranaggio incredibile che non fa una piega. Mai. Gabriele Pignotta, lo pseudomorto, ha ormai il suo posto nei cartelloni di Torino Spettacoli; da citare tutti gli altri, Luca Basile, Stefania Autuori, Marco Zordan, Viviana Colais, Alessandro Marverti, Yaser Mohamed e Valerio Di Benedetto, sotterrati tutti dalla catena d’incidenti che invade il palcoscenico ma che sudando le sette camicie concludono con rarissima bellezza. Da vedere, assolutamente. Per una serata in cui la politica, le ferrovie inguaiate per la neve, le imprecazioni contro il capufficio, l’ultimo bisticcio con la suocera che avete a carico non trovano davvero posto.

 

Elio Rabbione

 

Oltre il viaggio… Giulia e Tancredi alla scoperta dell’Europa

OPERA BAROLO / FINO AL 3 GIUGNO

“Al poverel tua mano pietosa stendi, ch’in sollevare le affamate squadre simile al Creator Te stessa rendi”: versetti profetici, parte di un sonetto datato 1807 dedicato da “La madre dello sposo alla sposa” e affiancato ad un altro indirizzato “Al padre dello sposo”, con tanto di congratulazioni del Sacerdote Giandomenico Data. Accanto il “Contratto di matrimonio”, manoscritto originale datato “Saint Cloud, 16 agosto 1806”; testimone di nozze nientemeno che Napoleone Bonaparte, incoronato “Empereur” a Notre-Dame nel

dicembre di due anni prima da Papa Pio VII. Si apre con questi storici documenti, riferiti alle nozze di Giulia (Juliette) Colbert di Maulévrier e di Carlo Tancredi Falletti di Barolo (conosciutisi proprio alla corte di Napoleone, dove Carlo Tancredi esercitava la funzione di Ciambellano), la suggestiva mostra dedicata, in Palazzo Barolo a Torino, a due personaggi straordinari, vissuti in totale simbiosi di principi ed affetti, cavalcando, con una “visione illuminata di autentici innovatori sociali”, i principali fermenti culturali e politici dell’Ottocento. Al di qua e al di là delle Alpi. In odore di “Santità” – per entrambi è stato da tempo avviato il processo di beatificazione – degli ultimi Marchesi di Barolo si vuole raccontare nella mostra, ospitata nei sotterranei e al piano terra di quella che fu la loro dimora (aperta a nobili, politici e intellettuali, non meno che ai poveri e ai più bisognosi della città), uno spaccato di vita assai diverso da quello solitamente narrato nelle pagine di storia ufficiale: quell’amore per i viaggi, anch’esso condiviso in toto, che fin dai primi tempi del loro matrimonio li portò a trascorrere molti periodi all’estero, girovagando fra Italia ed Europa dal 1805 al 1834. Frequentissimi quelli alla volta di Parigi, ma anche in Svizzera, in Inghilterra e su e giù per l’Italia. Un peregrinare attento e curioso: in certo senso anche “didattico” poiché utile a trasferire nella consuetudine della loro quotidianità quanto visto e appreso in terre per allora lontane, spostandosi non di rado con difficoltà a dorso di cavallo o di mulo. A darne fedele testimonianza sono dieci preziosi diari manoscritti, tuttora inediti, conservati nel riordinato Archivio Storico dell’Opera Barolo e che, insieme ad alcuni volumi della Biblioteca, a disegni e a piccoli “souvenirs”, documenti e oggetti vari fra i più curiosi e imprevedibili, oggi conservati nelle raccolte di Palazzo Madama a seguito dei lasciti testamentari, costituiscono il fulcro della rassegna in corso. Curata con puntigliosa verve scientifica da Edoardo Accattino con Giovanni Scorpaniti, la mostra é introdotta da due “corposi” ritratti a pastello su cartone di Giulia e Carlo Tancredi realizzati dal “regio pittore” Luigi Bernero accompagnati dall’opera di sentore manieristico del saviglianese Pietro Ayres: qui i due coniugi sono raffigurati insieme, le mani su un poderoso testo letterario, in mezzo a loro l’immagine di una minuta crocifissione. A seguire, troviamo poi i pregevoli disegni di paesaggio e figure realizzati preferibilmente a matita su carta da Carlo Tancredi e ad acquerello da Giulia. E ancora, la copiosa serie di oggetti “da viaggio” raccolti o utilizzati durante gli spostamenti: dagli occhiali da sole, al libro di preghiere e al prezioso orologio, fino al nécessaire per pretenziosi viaggiatori (in verità non molto dissimile per fattura dal beauty odierno) e al servizio completo di bicchieri da viaggio. E il percorso continua con selle da amazzoni, binocoli, corde da scalata, via via fino alle racchette da neve in legno e ferro, agli scarponi con brocche antiscivolo e alla coppia di ghette. “Nei suoi diari – racconta AccattinoTancredi descrive in maniera oggettiva tutto ciò che vede, come in una sorta di ‘guida turistica’, dove però non mancano anche riferimenti ad innovazioni sociali messe poi in pratica sia come amministratore pubblico (fu sindaco di Torino nel 1826-’27) sia come privato cittadino”. Per Giulia invece, donna profondamente buona e colta, il viaggio appare sempre e soprattutto come “viaggio dell’anima”, intrapreso “per ispirarsi nella ricerca di nuove soluzioni ai drammatici problemi generati dalla nascente industrializzazione e dalla cultura borghese del profitto”. Nata nella cattolica Vandea (“ricordati che io sarò sempre vandeana” intimava al troppo anticlericale conte di Cavour, quel “petit terrible Camille”, con cui – rampolli di buona famiglia – “aveva giocato da bambina a palle di neve fra l’uno e l’altro confine”) fu proprio la sua incrollabile fede a trasfondere l’esperienza dei molti viaggi in quelle opere di carità sociale che ancora oggi proseguono nell’Opera Barolo, nata nel 1864 per suo stesso volere testamentario.

Gianni Milani

“Oltre il viaggio…Giulia e Tancredi alla scoperta dell’Europa”

Palazzo Barolo, via Corte d’Appello 20, Torino; tel. 011/2636111 – www.operabarolo.it

Fino al 3 giugno Orari: mart. – ven. 10/12,30 – 15/18,30; sab. 15/18,30; dom. 10/12,30 – 15/18,30

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Foto
– Pietro Ayres: “Giulia e Tancredi di Barolo”
– Tancredi  di Barolo: Orologio da viaggio
– Giulia di Barolo: Occhiali da sole
– Giulia di Barolo: Lettere a Silvio Pellico
– Luigi Bernero: “Ritratto della marchesa Giulia”
– Tancredi di Barolo: “Paesaggio”

Karl-Heinz Steffens sul podio del Regio

In programma l’“Eroica” di Beethoven e una prima italiana di Glanert

 

L’ottavo concerto della Stagione sinfonica del Regio, mercoledì 28 febbraio alle 20.30, unisce il classico con il contemporaneo. In programma una delle partiture di Beethoven più amate dal pubblico, nonché simbolo stesso del Classicismo musicale, la Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore op. 55, detta “Eroica” e una prima assoluta italiana, il Concerto doppio per due pianoforti e orchestra di Detlev Glanert. Sul podio dell’Orchestra del Teatro Regio c’è Karl-Heinz Steffens, direttore tedesco di assoluto prestigio, recentemente nominato Direttore musicale della Norske Opera & Ballett di Oslo e della Deutsche Staatsphilharmonie Rheinland-Pfalz, invitato dalle più prestigiose orchestre tra le quali i Berliner e i Münchner Philharmoniker, la Philharmonia Orchestra e l’Orchestre Philharmonique de Radio France. Accanto a lui, per il Concerto di Glanert, due eccelsi pianisti: Enrico Pace, già primo premio al Concorso Internazionale Liszt di Utrecht, con una intensa attività concertistica e cameristica, eGianluca Cascioli, torinese, classe 1979, non solo pianista ma anche compositore e direttore, con all’attivoimportanti collaborazioni artistiche, per esempio con Abbado, Muti, Gergiev e Mehta. I biglietti per il concerto sono in vendita alla Biglietteria del Teatro Regio (da martedì a venerdì ore 10.30-18, sabato 10.30-16 e un’ora prima del concerto – Tel. 011.8815.241/242). Primo settore € 29, secondo settore € 25, terzo settore € 22. Ridotti: € 25, € 23, € 20 (riservati agli over 65 e agli abbonati alla Stagione d’Opera e di Balletto 2017-2018); un’ora prima del concerto, eventuali posti disponibili saranno messi in vendita al prezzo di € 15. Per gli under 18 è possibile acquistare i biglietti, in ogni settore, a € 10, un vero e proprio invito al concerto per avvicinare i più giovani al grande patrimonio concertistico. Biglietti in vendita anche on line suwww.vivaticket.it, presso Infopiemonte-Torinocultura, punti vendita Vivaticket o call center: tel. 892.234, e telefonicamente al n. 011.8815.270 (da lunedì a venerdì ore 9-12). Ulteriori informazioni su www.teatroregio.torino.it.

A Giuvazza il premio di Musicultura

Audizioni live a Macerata. Ospite Mirkoeilcane vincitore di Musicultura 2017 reduce dai successi di Sanremo

Il produttore autore e cantautore torinese Giuvazza conquista la giuria e si aggiudica il Premio Antonello Ieffi Energie Rinnovabili per la migliore esibizione nel secondo week end di Audizioni live del celebre Festival della Canzone Popolare d’Autore Musicultura.
Musicultura che ha avuto tra i primi giurati del concorso Fabrizio De Andre e Giorgio Caproni e che ad oggi annovera in giuria il gotha della canzone e della letteratura italiana, tra cui Claudio Baglioni, Vasco Rossi, Antonello Venditti, Enzo Avitabile, Luca Carboni, Ennio Cavalli, Carmen Consoli, Simone Cristicchi, Gaetano Curreri, Teresa De Sio, Niccolò Fabi, Giorgia, Dacia Maraini, Mariella Nava, Alessandro Mannarino, Paolo Benvegnù, Brunori Sas, Alessandro Carrera, Giovanni Veronesi, Gino Paoli, Ron, Enrico Ruggeri, Paola Turci, Roberto Vecchioni, Sandro Veronesi, Federico Zampaglione ha selezionato per l’edizione 2018 su oltre 800 scritti, sessanta proposte artistiche, per la fase delle audizioni live.

 

Tra i protagonisti del secondo week end di audizioni live Giovanni Maggiore, in arte Giuvazza, negli ultimi anni ha lavorato come produttore, autore e chitarrista con Eugenio Finardi ed ha collaborato con molti artisti del panorama musicale italiano, tra cui Levante, Bianco, Manuel Agnelli, Paola Turci, Faso, Morgan, Alberto Fortis, Perturbazione. Il 13 ottobre 2017 è uscito il suo primo album solista dal titolo Nudisti al sole, edito da Ef Sounds/Cardio. Di sé dice: “Sono nato a Carmagnola ma odio i peperoni. Sono sempre stato pessimo in matematica ma bravo a disegnare. Sogno di suonare con una giacca da chef, prima o poi”. Ha proposto a Musicultura Aspirina, un’ode al paracetamolo, spiritosa e audace, Nudisti al sole, la canzone che porta il titolo del suo LP e chiuso l’esibizione con Ti lascio tutto. Una grande serata di Musica d’autore che ha visto la partecipazione di Mirkoeilcane vincitore di Musicultura 2017, reduce dai successi della 68° edizione del Festival di Sanremo dove oltre ad un secondo posto nella categoria Nuove Proposte ha vinto tantissimi riconoscimenti come il prestigioso Premio della Critica Mia Martini, il Premio Sergio Bardotti per il migliore testo, il Premio Enzo Iannacci di NuovoImaie per la migliore interpretazione e la Targa Pmi.

 

L’ultimo tra i numerosi artista scoperti e portati alla ribalta dal Festival Musicultura, tra cui ricordiamo anche Renzo Rubino, Maldestro, Chiara Dello Iacovo, Simone Cristicchi, Mannarino, Pacifico, Patrizia Laquidara, Artù, Gianmaria Testa, Braschi, Flo, l’Orage, I Gatti Mezzi, Roberta Giallo, Erica Mou, Giua, Margherita Vicario, Pier Cortese, Momo, Giuseppe Anastasi, Oliviero Malaspina, Fabio Ilacqua…
Sedici saranno i finalisti le cui canzoni andranno a comporre il CD compilation della XXIX edizione del concorso. Radio1 Rai, partner ufficiale di Musicultura, farà conoscere al grande pubblico le canzoni dei giovani talenti del Festival che saranno poi affidate al giudizio del prestigioso Comitato Artistico di Garanzia.
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Musicultura 2018 terminerà con gli otto vincitori finali che saliranno sul palco dell’Arena Sferisterio di Macerata dove vincitore assoluto decretato dal pubblico andrà il Premio UBI – Banca del valore di 20.000 euro