CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 242

Campioni nella Memoria. Lo sport e le leggi razziali

Alla “Soms” di Racconigi, un recital per raccontare le storie degli atleti perseguitati e uccisi a causa delle leggi razziali

Sabato 28 gennaio, ore 20,45

Racconigi (Cuneo)

L’iniziativa, promossa dall’Associazione Culturale “Progetto Cantoregi” in collaborazione con il racconigese “IIS Arimondi Eula”, si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per il “Giorno della Memoria” e propone il recital, che andrà in scena a Racconigi  presso la “Soms” (ex Società Operaia di Mutuo Soccorso) di via Costa 23, dal titolo “Campioni della memoria. Lo sport e le leggi razziali”. Il testo è tratto da una puntata del podcast “Fuoriclasse” del “Salone Internazionale del Libro” di Torino, ideato e realizzato da Marco Pautasso (vicedirettore dello stesso “Salone”, nonché presidente di “Progetto Cantoregi”) e da Federico Vergari e disponibile sulle principali piattaforme di streaming gratuite. Sul palco lo stesso Pautasso, che darà voce alle storie di varie figure dello sport internazionale la cui vita venne stravolta, se non annullata, a causa della persecuzione antisemita, nazista e fascista. Ad affiancarlo alcune studentesse e alcuni studenti dell’“Istituto Arimondi Eula” di Racconigi.

“A seguito dell’approvazione delle leggi razziali – sottolinea Marco Pautasso – gli ebrei furono esclusi dalla società, da qualsiasi tipo di servizio o attività pubblica. Tra le tante limitazioni imposte, ci furono anche quelle riguardanti lo sport, dal quale vennero allontanati tutti gli atleti di razza ebraica, al fine di ‘bonificare’, come si disse, il mondo dello sport. Giovani promesse o stelle affermate, ex campioni, di tutte le età, allenatori, intere generazioni di uomini e di donne, che avevano dedicato la propria vita allo sport, portando anche lustro alla propria nazione di appartenenza, furono perseguitate e annientate dalle leggi razziali”.

A queste donne e a questi uomini, atleti ma prima di tutto esseri umani emarginati e sterminati dall’odio razziale, il recital renderà onore e memoria, attraverso riferimenti musicali, servizi di cronaca dell’epoca ed interviste di repertorio che serviranno a far emergere dal buio dell’oblio toccanti vicende umane e sportive. Orrori. Terribili, inaccettabili ingiustizie e crudeltà, cristallizzate in storie “particolari”, selezionate nell’indefinita moltitudine di tantissime altre che hanno segnato anni tremendi, da non “mai dimenticare” nella storia dell’umanità. Il palco diventa quindi pietoso “sudario” su cui scorrono e si svelano i volti e i corpi martoriati di Arpad Weisz, giocatore e allenatore del Bologna, morto ad Auschwitz a 47 anni o di Julius Hirsh, calciatore tedesco, primo ebreo in Nazionale, arrestato dallo Gestapo e anche lui ucciso ad Auschwitz o ancora di Carlo Castellani, calciatore simbolo dell'”Empoli”, morto a Mauthausen o di Eddie Hamel, calciatore dell’Ajax, internato ad Auschwitz dove morì nel 1940. Tante storie, tanti nomi: da Ernst Egri Erbstein, che, scampato alle persecuzioni e ai campi di sterminio, morì con la squadra del “Grande Torino” nella tragedia di Superga del 1949 a Jeno KonradWilmas WilhemEmerich Hermann e Gyula Feldmann, soprannominati gli allenatori “danubiani”, fino a Renato Sacerdoti, presidente della “Roma”, a Renato Jaffe, presidente del “Casale” e a Giorgio Ascarelli, presidente del “Napoli”. Senza dimenticare Leone Efrati, pugile, Ferdinando Valletti, calciatore del “Milan”, i fratelli Cervellati, ciclisti e contadini, la schermitrice tedesca Helene Mayer, la squadra calcistica austriaca “Sport Klub Hakoah” e le Ginnaste ebree olandesi, medaglia d’oro all’ Olimpiade del 1928.

L’ingresso alla “Soms” è gratuito. Info: tel. 349/2459042 o info@progettocantoregi.it

g. m.

Nelle foto:

–       Sul palco della “Soms”

–       Marco Pautasso e Federico Vergari

“I dimenticati dalla Storia”: testimoni di Geova vittime della persecuzione nazista

Riceviamo e pubblichiamo

Il 27 gennaio in tutto il mondo si celebrerà il Giorno della Memoria, una data simbolica per ricordare le vittime del nazismo. Il brutale terrore nazista prese di mira milioni di persone a motivo della loro razza, nazionalità o ideologia politica. Ma pochi sanno che tra le vittime dei nazisti ci furono migliaia di testimoni di Geova, che furono perseguitati per la loro fede cristiana.

I Testimoni di Geova, allora conosciuti come Studenti Biblici, furono “gli unici sotto il Terzo Reich a essere perseguitati unicamente sulla base delle loro convinzioni religiose”, dice il professor Robert Gerwarth. Per motivi religiosi i Testimoni, che erano politicamente neutrali, si rifiutavano di fare il saluto “Heil Hitler”, di prendere parte ad azioni razziste e violente o di arruolarsi nell’esercito tedesco. Emma Bauer, sopravvissuta alla persecuzione nazista contro i Testimoni di Geova e tra le protagoniste del documentario di Giorgio Treves “La Croce e la Svastica”, presentato alla scorsa edizione della Festa del Cinema di Roma, ha detto a proposito di questa immane tragedia: “Ricordare queste vittime è un dovere. I Testimoni di Geova con una sola firma potevano essere liberati”. Sottolineando il valore di questo sacrificio, ha aggiunto: “La dignità vale più della vita”.

I nazisti cercarono di infrangere le convinzioni religiose dei Testimoni offrendo loro la libertà in cambio di una promessa di obbedienza. A nessun altro fu data questa possibilità. La dichiarazione di abiura (offerta loro a partire dal 1938) richiedeva di rinunciare alla propria fede, denunciare altri Testimoni alla polizia, sottomettersi completamente al governo nazista e difendere la “Patria” con le armi in mano. I funzionari delle prigioni e dei campi spesso usavano la tortura e le privazioni per indurre i Testimoni a firmare. Secondo Garbe, “un numero estremamente basso” di Testimoni abiurò la propria fede.

I Testimoni furono tra i primi ad essere mandati nei campi di concentramento, dove portavano un simbolo sull’uniforme: il triangolo viola. Dei circa 35.000 Testimoni presenti nell’Europa occupata dai nazisti, più di un terzo subì una persecuzione diretta. La maggior parte fu arrestata e imprigionata. Centinaia dei loro figli furono affidati a famiglie naziste o mandati nei riformatori. Circa 4.200 Testimoni finirono nei campi di concentramento nazisti. Uno dei massimi esperti dell’Olocausto, lo storico Detlef Garbe, ha scritto: “L’intenzione dichiarata delle autorità NS [naziste] era di eliminare completamente gli Studenti Biblici dalla storia tedesca”. Si stima che morirono 1.600 Testimoni, di cui 370 per esecuzione.

Nel campo di Buchenwald fu internata con il falso nome di Frau von Weber anche Mafalda di Savoia, figlia del re Vittorio Emanuele III, arrestata a Roma il 23 settembre 1943. Come scrive Cristina Siccardi, nel suo libro Mafalda di Savoia. Dalla reggia al lager di Buchenwald, le SS assegnarono alla principessa un’aiutante, Maria Ruhnau, una testimone di Geova imprigionata a motivo della sua fede. Sapendo che la donna era guidata da elevati princìpi morali e che per questo diceva sempre la verità, le SS speravano di raccogliere informazioni confidenziali sulla famiglia reale. Maria Ruhnau si dimostrò per Mafalda più che una badante. Fu la sarta che le adattò i vestiti recuperati nel campo e che le cedette le sue scarpe. La principessa le si affezionò così tanto che prima di morire, il 28 agosto 1944, lasciò in dono all’amica Testimone l’orologio che aveva al polso.

In questo periodo critico della storia per i diritti umani, la resistenza nonviolenta di gente comune di fronte al razzismo, al nazionalismo estremo e alla violenza merita una profonda riflessione in occasione del Giorno della Memoria.

Ulteriori informazioni sui Testimoni di Geova nel periodo dell’Olocausto si trovano sul sito jw.org

 

Musica e immagini: Seeyousound nona edizione

Torna dal 24 febbraio al 2 marzo al cinema Massimo Seeyousound. Il festival in cui si fondono musica e immagini, giunge alla nona edizione.

https://www.seeyousound.org/

I numeri prevedono 79 film con cinque sezioni in concorso,  tra documentari, lungometraggi, videoclip e corti. Due sezioni fuori concorso( Into the Groove e Rising Sound). Il film che inaugurerà la rassegna venerdì 24 febbraio sarà “Tchaikovsky’Wife” del dissidente russo Kirill Serebrennikov sulla moglie del compositore russo. Da segnalare sabato 25 “Cesària Evora” di Ana Sofia Fonseca sulla grande cantante portoghese. Lunedì 27 “Il mondo è troppo per me” di Vania Cauzillo. Domenica 25 “Miucha, The voice of Bossa Nova” regina della bossa nova brasiliana.

 

Giovedì 2 marzo “In The Court Of The Crimson King: King Crimson at 50” sulla mitica band progressive. Vi sarà anche parecchia musica dal vivo con Gnu Quartet, The Wends, Rodrigo D’Erasmo e Roberto Angelini. Festa finale allo Spazio Musa giovedì 2 marzo.

Pier Luigi Fuggetta

Per il Giorno della Memoria “8 passi tra il fumo dei campi“

Venerdì 27 gennaio alle ore 21:00 va in scena al Teatro Le Serre di Grugliasco lo spettacolo 8 passi tra il fumo dei campi, il lavoro teatrale tratto dal delicato e intenso testo di Alfonso Cipolla, realizzato per la Giornata della Memoria e che unisce sullo stesso palco le maestranze di Viartisti 2.0 Camaleonte, Associazione Musica Insieme, Compagnia Mixit e Istituto per i beni marionettistici e il teatro popolare. L’evento è a ingresso gratuito.

Nasce a Torino la prima rassegna di “OFF TOPIC” dedicata a libri e “podcast”

“Senti chi parla”

Da giovedì 26 gennaio

“Ideare, valorizzare, educare, diffondere e connettere”: questi i principi, non pochi, su cui si fonda “OFF TOPIC”, l’“hub culturale”(progetto del “Torino Youth Centre”), riconosciuto dal Comune di Torino come “Centro di Protagonismo Giovanile” e sede di attività formative (corsi, workshop, conferenze) e co-working, nonché di residenze artistiche, musica live, teatro, proiezioni, attività sociali e di promozione del territorio e quant’altro. Tanta progettazione e intenso impegno. Su questa linea nasce e si muove, da giovedì 26 gennaio (ore 19,30), anche “Senti chi parla”, la prima rassegna dedicata interamente alle presentazioni di libri e podcast, nata con il patrocinio del “Salone OFF” del “Salone del Libro”, che ogni giovedì porterà un nuovo ospite sul palco del “Bistrò” di via Giorgio Pallavicino 35, a Torino.

Il primo appuntamento è con Martino Gozzi per la presentazione de Il libro della Pioggia, edito da “Bompiani”. Nato a Ferrara nel 1981, scrittore e traduttore nonché amministratore delegato della “Scuola Holden” di Torino, Gozzi scrive un “memoir” che racconta il congedo lento ed eroico di Simone, “un giovane uomo con il dono di saper e farsi amare”. La carriera di Martino Gozzi inizia nel 2004, con la pubblicazione del suo primo romanzo, “Una volta Mia” edito da “PeQuod”. Con “Feltrinelli” ha in seguito pubblicato “Giovani promesse” (2009) e “Mille volte mi ha portato sulle spalle” (2013).

“Il libro della Pioggia” racconta di Martino e Simone. Un’amicizia epica la loro, tenuta insieme dalla musica e dalla giovinezza. Simone suona il basso mancino come Paul McCartney, ha una band e scrive musica. Se ne va troppo presto. Martino, voce di questo romanzo-mémoir, racconta la loro storia e la traccia che Simone ha lasciato nella vita di chi lo ha amato. “Simone – sottolinea Gozzi – è la pietra di paragone, il punto di riferimento, l’irrinunciabile metro rispetto a cui misurare col passo pacato della maturità le tappe di una vita: Ferrara, Torino, la scrittura, il matrimonio, la paternit- à, la musica, i cambiamenti”.

Quando abbiamo pensato di creare ad ‘OFF TOPIC’ una rassegna di presentazione di libri e podcast – dichiara da parte sua il Direttivo dell’‘Hub culturale’ – non potevamo non includere il ‘Salone del Libro’ con la sua rassegna ‘OFF’. Come sempre il nostro Hub tende reti alla città e alle sue eccellenze nella ferma convinzione che la Cultura debba essere ponte per unire teste e contenuti, per moltiplicare, per creare il senso di ‘civitas’ imprescindibile all’identità di una comunità sempre più multiforme. Non è del resto questo il significato più denso della parola ‘città’ ?”.

Prenotazione per cena consigliata, scrivendo a: #Bistrò di OFF TOPIC, su WhatsApp al 338/4463855

g.m.

 

Nelle foto:

–       Cover “Il libro della pioggia”

–       Martino Gozzi, Photo credits Paolo Properzi

La banalità del male. Arte e memoria per non dimenticare

Conferenza con Giovanni Carlo Federico Villa

 

per la Giornata Mondiale in Memoria delle Vittime dell’Olocausto

 

venerdì 27 gennaio 2023 ore 17

 

Palazzo Madama – Sala Feste

Piazza Castello, Torino

In occasione della Giornata Mondiale in Memoria delle Vittime dell’Olocausto,Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica propone, venerdì 27 gennaio alle ore 17, la conferenza di Giovanni Carlo Federico Villa dal titolo La banalità del male. Arte e memoria per non dimenticare.

“È possibile far poesia dopo Auschwitz?”: insieme all’ineludibile domanda di Theodor Adorno ci si può chiedere se l’arte sia lo strumento adatto a descrivere la realtà della Shoah, a rappresentare l’irrappresentabile per il tramite della pietasgrafica, pittorica, architettonica e anche così giungere a una coscienza collettiva di quanto l’uomo è stato capace di compiere contro ogni logica.

In un racconto per immagini si narrerà “la banalità del male”, il passaggio dalla normalità della quotidianità ai pogrom e alle deportazioni, avendo a guida le incisioni di Isaac Celnikier e gli acquerelli di Felix Nussbaum, i disegni di Theresienstadt di Leo Haas e i lavori di Walter Spitzer e David Olère. Artisti che con le loro opere mostrano lo strenuo impegno nel trasmettere la memoria delle deportazioni naziste degli ebrei, di cui sono stati testimoni, loro stessi sopravvissuti o assassinati nei campi di concentramento, per giungere al lavoro di Christian Boltanski e a Maus, la graphic novel di Art Spiegelman, che diviene memoria privata e collettiva, alternando tragedia e divertimento, brutalità e tenerezza in uno struggente romanzo visivo.

Un’arte, come strumento di memoria figurativa, che raramente è esposta nei musei. Così che i temi che riguardano l’Olocausto sono poi stati espressi in monumenti e memoriali – dal Padiglione italiano di Auschwitz di Primo Levi, Luigi Nono, Mario Samonà e Ludovico di Belgiojoso al Binario 21 della Stazione Centrale di Milano, al Museo Ebraico di Berlino – capaci di divenire depositari di una memoria dal forte potere emotivo, rendendo storie personali la storia di tutti.

Un incontro non solo per mostrare quanto è stato – la riduzione dell’essere umano a pura quantità e la cancellazione della sua individualità – ma per far comprendere la gravità di quanto è avvenuto tramite una lettura emozionale ed etica.

Al mattino la conferenza si terrà in due scuole secondarie di II grado della città di Torino: il liceo artistico Renato Cottini e il Liceo Regina Margherita, proseguendo così l’intensa attività, che Palazzo Madama, in collaborazione con i dirigenti scolastici, sta portando avanti con le scuole del territorio.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili

 

Un affresco delirante, una tragedia per molti il passaggio dal muto al cinema sonoro

Sugli schermi “Babylon” di Damien Chazelle

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

O lo si ama o lo si detesta. O lo accettiamo o lo rigettiamo pressoché in blocco. O lo vogliamo considerare un affresco dove le luci e le zone d’ombra possono coabitare o non ci rimane altro che un assordante quanto disordinato intrico di colori. A chi scrive queste note, note di certo non buttate giù non appena digeriti i lunghi titoli di coda ma a giudizio lasciato depositare con tranquillità, “Babylon” è sembrato un film più di pancia che di cervello, uno spettacolo eccessivamente ambizioso e pronto ad annusare l’aria dell’arroganza, straripante e bulimico, dedito all’eccitazione e alla sfrenatezza delle immagini, delirante oltre ogni ragionevolezza, dove ci piacerebbe salvare almeno quell’atmosfera di disperata sopravvivenza che vi circola per gli interi 188’: non riuscendo a comprendere tuttavia in concreto se proprio quell’atmosfera sia il frutto del lavoro – guardato in filigrana – di Damien Chazelle o se ci arrivi da una visione tutta nostra della fabbrica hollywoodiana dei sogni, della Mecca del cinema che, in un tempo lontano come in questo nostro quotidiano, tutto promette e pochissimo concede.


Chazelle crede nelle sfide, ne è il cantore, tutto il suo cinema è lo specchio dell’essere umano che si batte per afferrare la vittoria, nei campi più diversi, è tutto un’aspirazione al successo, da “Whiplash” (il sogno di Andrew di diventare il migliore batterista jazz) a “La La Land” (grazie al quale vinse l’Oscar come miglior regista, il più giovane nella storia del cinema) a “First Man – Il primo uomo”, narratore dell’avventura di Neil Armstrong, primo uomo sulla luna con l’Apollo 11. Qui sembra ripetere ho tante cose da dire e le devo dire tutte, e dirle furiosamente (quant’era più lucido narrativamente e psicologicamente John Schlesinger nel “Giorno della locusta”, è il primo titolo che mi viene in mente, su quegli anni, su quel mondo, su quella disperazione), quasi con rabbia, una rabbia cinematografica, espressa nelle continue spigolosità del racconto, nel nervosismo del montaggio (non certo un capolavoro) di Tom Cross, nella colonna sonora (questa sì eccezionale, s’è già portata via un Golden Globe) dell’abituale collaboratore Justin Hurwitz, devo mostrare senza mezzi termini quel che è stata Hollywood, i successi del muto e il passaggio al sonoro, al di là dell’esplosione del “Cantante di jazz” nel ’27, la tragedia di molti: per gli idoli maschili che avevano costruito la propria fortuna a suon di bei visi e gagliardi portamenti, per quelli femminili, che oltre a sfoderare un bel faccino dovettero metterci una voce che con le nuove tecniche risultarono inudibili.

Qui tutto inizia con quell’elefante spinto, quasi issato su per le strade polverose dei deserti del sud della California, capace di riversare nel bel mezzo di quel pandemonio quanto di più schifoso ha sinora trattenuto in pancia, destinato ad una festa che nelle sembianze crude dell’orgia allinea amplessi in bella vista, un nano a cavalcare un membro alto quanto lui, montagnole candide di cocaina offerte nei vassoi, nudi in ogni angolo, una ragazza che ha abusato una volta per tutte delle droghe circolanti e che adesso è necessario far sparire su due piedi. Una festa, definiamola così, in cui s’aggira Jack Conrad (Brad Pitt), immaginate una sorta di John Gilbert, droga e alcol e donne, divo osannato ma non certo pronto a reggere negli anni il peso dei nuovi cambiamenti per cui preferirà mettere fine ad una carriera e ad una vita sempre più in discesa; si aggira Nellie LaRoy (Margot Robbie, brava se la si accetta nella visione del regista), già una diva, ne è convinta lei mentre cerca di convincere il gran mondo, ma ancora a corto di una grande occasione, ambiziosa e pronta a ogni esperienza, sfrenata, decisa a tutto pur di scalare i gradini della Mecca; si aggira il povero e sprovveduto Manuel Torres (Diego Calva, forse il più credibile), uomo tuttofare degli studios nascenti, ma anche baciato da un colpo di fortuna per imboccare la strada del produttore esecutivo.

Tre destini che s’incontrano e s’incrociano, che più o meno violentemente scivolano verso i gradini più bassi. Nei grandi ingranaggi, nel meccanismo che stritola senza guardare in faccia nessuno, ci sono le ubriacature e la mancanza di credibilità di Jack, tenta di vivere Nellie costretta a difendersi dalle critiche sempre più negative, dando infelicemente spettacolo di sé mentre nel deserto, davanti a quelli che contano nello showbiz, combatte con un serpente o, all’ennesimo ricevimento, non riesce a far altro che vomitare vistosamente sulla faccia del padrone di casa; c’è Manuel che si aggira davanti all’ingresso degli studios, un mondo che altre troppo fantasiose giravolte del destino l’hanno costretto a lasciare, riducendosi ad un malinconico ingresso in un cinema a bearsi di Gene Kelly in “Cantando sotto la pioggia”, in un estremo finale che pare tanto un nuovo “cinema paradiso”.

Non ci si riesce a innamorarsi delle avventure dei tre protagonisti, di tanto in tanto qualche spruzzo di verità e di autentica passione (la cattura dell’ultimo sole per poter girare una scena, la sceneggiatrice che pone Jack davanti alla cruda realtà della sua esistenza). Purtroppo prevale nella scrittura di Chazelle, piena all’orlo di quei fuochi d’artificio più scalcagnati che sorprendenti, quella volontà di infarcire d’episodi, alcuni a rasentare il ridicolo – quello del serpente ne è una prova, un altro a ripararsi dalle grinfie di un coccodrillo fa il paio in stupidità. “Babylon” finisce con l’essere uno scivolone non da poco nella filmografia di questo autore trentottenne ed è di certo un rammarico per chi aveva considerato “La La Land” uno dei più perfetti film dei primi decenni di questo nuovo millennio.

Scienza e creatività in musica

2022 PROGRAMMA 2023XXXI edizione  

I CONCERTI DEL POLITECNICO

POLINCONTRI MUSICA  

 

POLITECNICO DI TORINO    

Aula Magna “Giovanni Agnelli”

corso Duca degli Abruzzi 24  

inizio concerti ore 18,00  

Secondo appuntamento per la programmazione del ciclo Scienza e Creatività in coproduzione con Rivolimusica, Scene dal vivo, Istituto Musicale Città di Rivoli, lunedì 30 gennaio ore 18 presso l’Aula Magna del Politecnico di Torino.

“Negli iconismi di Kircher la pretesa dell’esattezza scientifica produce il più dissennato delirio della fantasia, così che diventa veramente impossibile, più che nell’opera scritta, discernere il vero dal falso. In fondo quello che dobbiamo a Kircher è l’idea che sulla scienza e sulla tecnica si possa sognare”. (Umberto Eco)

Giorgio Strano, responsabile delle Collezioni del Museo Galileo di Firenze, ci racconta misteri e bellezze del geniale e discusso Organum Mathematicum di Kircher, in dialogo con l’arpa celtica di Elisa Petruccelli e il flauto traverso di Claudia Fassina.
Athanasius Kircher fu gesuita, filosofo, storico e museologo tedesco che ebbe, tra le tantissime, l’intuizione di creare una macchina “omnia in omnibus”, un’enciclopedia all’avanguardia, depositaria del sapere: dall’Aritmetica e Geometria a Fortificatoria, Cronologia, Horografia, Astronomia, Astrologia, Steganografia, Musica.

L’unico esemplare originale di Organum Mathematicum (XVII secolo) è conservato in ottimo stato proprio presso il Museo Galileo.

per il ciclo Scienza e Creatività 

in coproduzione con l’Istituto Musicale Città di Rivoli 

Lunedì 30 gennaio 2023       L’organum mathematicum di Kircher

Giorgio Strano responsabile delle Collezioni del Museo Galileo di Firenze

Elisa Petruccelli arpa celtica  

Claudia Fassina flauto traverso

Giorgio Strano
Responsabile delle collezioni presso l’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, svolge attività di ricerca e di divulgazione soprattutto nel campo della storia dell’astronomia. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste di storia della scienza italiana e straniere. Ha collaborato alla realizzazione di mostre sulla storia della scienza e dell’astronomia: Scienziati a Corte (2001), Machina Mundi (2004), La relatività da Galileo a Einstein (2005), Il Telescopio di Galileo (2008-2009), Astrum2009. Astronomia e strumenti da Galileo ad oggi (2010). È membro della Scientific Instrument Society e della ScientificInstrument Commission della IUHPST. Dal 2007 al 2020 è stato general editor della collana Scientific Instrument and Collections, edita da Brill.

Elisa Petruccelli
Dopo aver studiato canto moderno si avvicina al mondo dell’arpa con Silvia Bonino. Si specializza nella tecnica e nel repertorio irlandese e scozzese con Enrico Euron e Gráinne Hambly. Partecipa a masterclass con: Laoise Kelly, Gráinne Hambly, Rachel Hair, Seana Davey Enrico Euron e Anne Gaelle Cuif. Laureata in Lettere Antiche segue i corsi della SIEM e i seminari del Centro Goitre per la formazione e la didattica. Nel 2019 ottiene la qualifica di Operatore Sistema Goitre dopo il percorso triennale di Didattica Musicale “Insegnare musica ai bambini”.
È tra i soci fondatori della Celtic Harp International Academy per promuovere la conoscenza e la ricerca sui diversi aspetti storicoculturali, artistici e stilistici dell’arpa celtica attraverso masterclass, festival, concerti e conferenze. Dal 2020 organizza il Festival internazionale di Arpa Celtica di Pamparato in cui partecipa come docente e concertista. Insegna arpa celtica e svolge laboratori di propedeutica musicale in scuole primarie e dell’infanzia. Suona come arpista e cantante nel gruppo folk CelticStrings e studia danza irlandese presso l’Accademia di Danze Irlandesi Gens d’Ys.

Claudia Fassina

Si avvicina al mondo musicale giovanissima e inizia a studiare flauto traverso sotto la guida di Marco Giaccaria. Nel 2006 consegue la licenza triennale per compositori e strumentisti di teoria e solfeggio presso il conservatorio “G. Verdi” di Torino e nel 2008 si approccia allo studio di batteria e percussioni etniche. Negli anni entra a far parte di formazioni musicali di vario genere come polistrumentista e questo la porterà a suonare in numerose situazioni concertistiche, in Italia e all’estero, a pubblicare album e a incidere parti strumentali come ospite in diverse produzioni. 

Dal 2016 si avvicina alla formazione ABRSM (The AssociatedBoard of the Royal Schools of Music) da cui conseguono nel 2018 il diploma di performance in flauto traverso ARSM e nel 2021 il DipABRSM, diploma in flauto traverso, with distinction

Attualmente è docente di batteria e flauto traverso e si sta dedicando alla composizione di brani 

per uno spettacolo teatral-musicale.

POLINCONTRI Orario: 9.30 – 12.45 Tel. +39 011.090.7926/7806 – fax +39 011.090.7989e-mail: Polincontri@polito.it  – www.polincontri.polito.it/musica/

A teatro “Vaduccia: l’importante è che ci sia qualcuno”

Prosegue a partire dal 24 gennaio, la stagione 2022/2023 del teatro Marcidofilm!, con in calendario, fino al 29 gennaio, la pièce dal titolo “Vaduccia: l’importante è che ci sia qualcuno”

 

Riprende il 24 gennaio la stagione 2022/2023 del teatro Marcidofilm!, che propone quattro titoli tra le produzioni più recenti della Compagnia, oltre all’appuntamento annuale con le serate di poesia, in collaborazione col Salone del Libro di Torino.

Dal 24 al 29 gennaio prossimi sarà in scena la pièce “Vaduccia: l’importante è che ci sia qualcuno”, adattamento di Marco Isidoridel testo originale di Abraham B. Yehoshua, dal titolo “L’amante”.

Dal 28 febbraio al 5 marzo prossimi saranno in scena le “Memorie del sottosuolo” di Fedor Dostoevskij.

Dal 9 al 14 maggio prossimi si potrà assistere allo spettacolo “Happy Days in Marcido’s Field 2022”

Il 21 maggio sarà di scena la pièce “Nadotti/Marcido/Berger.

La programmazione si apre con “Vaduccia: l’importante è che ci sia qualcuno”, per la trasposizione e regia di Marco Isidori,produzione di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa 2021, con l’autorevole interpretazione di Maria Luisa Abate, che mette in scena vaneggiamenti e senilità, a metà tra i sentimenti di una israeliana e di un giovane arabo integrato. La pièce racconta la storia di una novantasettenne ebrea che, nell’ultimo scorcio della sua vita, risvegliatasi da una malattia che le aveva tolto ogni consapevolezza vitale, rendendola un minerale (una pietra, afferma lei di sé medesima), si trova a dover condividere la vita quotidiana con un ragazzo arabo piovuto quasi dal cielo. La vecchia, di nome Vaduccia, stravagante, piena di pregiudizi, carica delle eredità emotive della sua esistenza, non solo riesce a relazionarsi col suo giovane nemico, ma a giungere a provare per esso un sentimento amoroso.

Il linguaggio con il quale la storia viene portata in scena, risulta vorticosamente ritmico, puntualmente oggettivo e diabolicamente simbolico. La performance dell’interprete, la straordinaria Maria Luisa Abate, si avvita con fatale inesorabilità in un parossismo non solo interpretativo ma anche fonico, approdando quella compiutezza teatrale che rappresenta uno dei cardini della ricerca scenica dei Marcido. Qui per “compiutezza” si intende non soltanto l’immersione totale, vale a dire senza scampo o via di fuga, nell’estremo dolore del confronto con la propria inadeguatezza, ma anche la necessità di riuscire a superarsi per donare al pubblico un forte momento di comunione sentimentale.

MARA MARTELLOTTA

 

Teatro Marcidofilm!

Torino, Corso Brescia 4/bis interno 2

Orari recite da martedì a sabato ore 20.45, domenica ore 16.00

Informazioni e prenotazioni: 011 8193522 – 3393926887 -3287023604

info.marcido@gmail.com

“Ricorderesti il mio nome se ti vedessi in paradiso?”

Music Tales, la rubrica musicale 

Ricorderesti il mio nome

se ti vedessi in paradiso?

avresti le stesse sensazioni

se ti vedessi in paradiso?”

Siamo nel 1992, avevo vent’anni.

Eric Clapton scriveva e dedicava a suo figlio Conor, scomparso nello stesso anno, a soli 4 anni, cadendo dal 53º piano di un palazzo a New York, la ballata “tears in heaven” (lacrime in paradiso).

La canzone è stata dapprima incisa nella colonna sonora del film Effetto allucinante del 1991, e poi nell’album Unplugged (vincitore del Grammy come Album dell’anno) l’anno successivo. È tra le canzoni di maggior successo interpretate da Clapton e conquistò nel 1993, tre Grammy Awards: “Registrazione dell’anno”, “Canzone dell’anno” e “Miglior interpretazione vocale maschile”. Inoltre, Tears in Heaven, si trova al 362º posto della lista dei 500 migliori brani musicali secondo Rolling Stone.

Anni dopo, la canzone è stata dedicata anche alle vittime dello tsunami del 2004, cantata da diverse celebrità come Ozzy e Kelly Osbourne, Phil Collins, Elton John, Mary J. Blige, Rod Stewart, Gwen Stefani, Scott Weiland, Robbie Williams, Josh Groban, Ringo Starr, Steven Tyler, Andrea Bocelli, Katie Melua, Slash alla chitarra e Duff McKagan al basso elettrico.

Ma di questo molto poco mi importa, ci è dato a sapere da wikipedia e tanto di cappello, ma…quel che veramente mi regala emozionaalmente questo brano è sofferenza, speranza, amarezza e arresa. Tutto allo stesso tempo.

Oggi, nel giorno del funerale di una persona a me molto vicina, ve la voglio regalare questa canzone, dedicandola a chi non possiamo respirare più; senza spendere altre parole se non queste:” non aspettate, se potete, a cambiare vita, a cambiare voi stessi, a sorridere, a mettere una camicia che non volete sciupare, a mangiare la cosa che vi piace di più senza pensare ai chili di troppo; non rimandate un appuntamento, non privatevi di un abbraccio, non lasciate che ci siano cose non dette. Cercatevi, non risparmiatevi, non mandatevi un whatsapp ma andate a bere una cosa insieme…suonate e cantate insieme, accarezzate chi avete di fianco e diteglielo quanto lo amate o quanto vi fa incazzare.

Questo meccanismo delle dodici ore di lavoro ogni giorno, del “domani poi lo farò”, produce da sempre tensioni sociali, nevrosi, depressioni, malattie e soprattutto la sensazione precisa di perdere per sempre l’occasione della vita.

Fosse anche solo l’occasione per star bene.

La vita è solo ed esclusivamente adesso.

Ciò che non abbiamo osato, abbiamo certamente perduto.”

Buon ascolto

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=0lOBE7IwUOY&ab_channel=MusicTravelLove

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