CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 240

Ex nihilo nihil fit, nulla si genera dal nulla

Raccolta di poesie di Alessia Savoini

Era maggio, giorno 16. Da qualche tempo il passo mi fu ostile, pochi metri si ridussero nella massima distanza di sopportazione, un’estorsione dalla colonna ripiegava nell’osso, come una lacerazione improvvisa. Non potevo stanziare sul fianco destro, ma fu l’unica legge dei ‘non’, quando qualcosa vuole ucciderti non si preannuncia, è un tuffo sordo. Ex nihilo nihil fit, nulla si genera dal nulla, per quel principio di conservazione e ostinata presenza, per la necessità inespugnabile di giustificarla, la presenza.
Depongo la mia parola al valico, oggi è il giorno in cui si fa materia, pietra bianca, e livida. Ho raccolto i semi e le scorie, umiliato la forma e rinnovata la grazia, con l’alba ho patteggiato una piccola zolla, imparando a dimenticare tutti i nomi con cui invocare il sole. Il 2022 è stato per me un anno che ne ha contenuti dieci, districati tra la cura e la spina, ricurva nell’incavo di una fessura contingente, malattia come rivelazione della misura.
Questa breve raccolta, che ha preso forma nei mesi di chemioterapia, vuole essere il riassunto di un processo ancora in fase di inseminazione, la parola che svela la parola e ne osserva il dispiegamento, la paura, l’accettazione, l’abbandono, il ritrovamento. È il resoconto finale di un piccolo parto, perché se tutti gli eventi sono neutri, allora questa piccola morte è stato il processo di una seconda incarnazione, certamente più consapevole, doloroso come ogni nascita.
Alessia Savoini
Da oggi è acquistabile al link https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/poesia/649521/ex-nihilo-nihil-fit/#commenti e nei vari punti Feltrinelli.
Illustrazione: Sara Buffoni
Fotografia: Alessia Savoini

San Sebastiano, un gioiello d’arte a Pecetto

Domenica 5 febbraio è un’occasione per visitarla perché è quasi sempre chiusa tranne la prima domenica di ogni mese grazie agli alpini di Pecetto che aprono le porte dell’edificio religioso ai turisti. È la chiesetta del cimitero di Pecetto Torinese, la chiesa di San Sebastiano, davanti al mercato delle ciliegie e dei prodotti agricoli, nella parte meridionale del paese, su un poggio da cui parte la strada per Revigliasco.
Si passa spesso in auto da quelle parti, lungo le colline tra Chieri e Moncalieri, un saliscendi continuo ma sono pochi quelli che si fermano, tranne che nel periodo delle ciliegie. Ai lati della chiesa due enormi cipressi sembrano proteggerla.
Vista dall’esterno non emoziona un granché ma lo spettacolo è tutto all’interno. Superato il portone ci si trova di fronte a un ciclo di affreschi del Quattrocento mozzafiato che ricopre gran parte delle pareti. Un gioiello dell’arte del ‘400, quasi una cappella Sistina in miniatura, tornata all’antico splendore dopo un accurato intervento di restauro degli affreschi finanziato dal Comune di Pecetto, proprietario della chiesa, situata nella parte meridionale del paese, a fianco del cimitero, su un poggio da cui parte la strada per Revigliasco.
La chiesa risale al Duecento ma fu totalmente ricostruita nella prima metà del Quattrocento. L’interno, a tre navate, è illuminato da due rosoni. Tra le molte scene affrescate spiccano sulla volta del presbiterio l’incoronazione della Vergine e il martirio di San Sebastiano trafitto dalle frecce (1440-1450), opere del pittore chierese Guglielmetto Fantini, seguace di Giacomo Jaquerio, l’imponente crocifissione dipinta sulla parete di fondo da Antonius de Manzaniis e l’affresco raffigurante la Natività, di Jacopino Longo, allievo della scuola di Macrino d’Alba.
Nella volta del presbiterio si ammirano anche alcuni episodi della Passione di Cristo e momenti della vita di San Sebastiano, di Sant’Antonio e degli Evangelisti. Per vedere la chiesa il primo appuntamento è domenica 5 febbraio dalle ore 10                                Filippo Re

Due grandi attrici, la eccellente e moderna regia di Livermore

Sino a domenica 5 febbraio, al Carignano, “Maria Stuarda” di Friedrich Schiller

C’è un angelo, due grandi ali bianche sulle spalle, al convergere delle due scale che monumentalizzano l’allestimento scenico della “Maria Stuarda” schilleriana proposta – in un ibrido persuasivo di classicismo e di rockettaro – da Davide Livermore, produzione Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale e Centro Teatrale Bresciano. Una macchina teatrale all’apparenza schematica e semplice, firmata da Lorenzo Russo Rainaldi, ma altresì poggiante su tre piani di rappresentazione, dura, coinvolgente, immersa in quel colore rosso che è simbolo del sangue e della violenza, come rosso è il sipario che scende dall’alto come la mannaia di un boia. Quell’angelo è la fatalità, è il Caos e il caso, è la Storia che ogni cosa mescola e ogni cosa decide, è la mente arbitraria degli uomini. È la occasione improvvisa e cieca che ogni sera, al cadere di una piuma sulla destra o sulla sinistra del palcoscenico, decide quale delle due attrici rivesta il ruolo della regina scozzese e quale quello di Elisabetta d’Inghilterra.

Due leonesse che si fanno la guerra e che tendono a sbranarsi, uno scontro frontale dove l’una è obbligata a soccombere e l’altra a prevalere, un rinfacciarsi assassinii e invidie, affrontare rivalità e supplizio, esprimere durezza e preghiere, due regine e due attrici di rango, si usa dire quando ti trovi davanti una simile bravura, Elisabetta Pozzi e Laura Marinoni. La mia serata al Carignano ha “previsto” Pozzi/Elisabetta e Marinoni/Maria, pronte a calarsi in un attimo nei gesti e nelle parole e nella psicologia del ruolo capitato; e in quel contesto rutilante, in quella impronta modernamente feroce impressa da un regista che sinora forse mai ti ha lasciato con l’amaro in bocca (anche negli allestimenti lirici scaligeri si è respirata un’aria di vitale rivoluzione) è stato necessario immediatamente e inevitabilmente dimenticare le austere coppie del passato, Ferrati/Zareschi, Brignone/Proclemer, Cortese/Falk, Lolliée/Bonaiuto e forse altre ancora che hanno abitato i palcoscenici e la vecchia tivù in bianco e nero. Siamo lontani secoli, le sonorità che invadono la scena (le musiche sono di Mario Conte, Giua con la voce bella ed efficace accompagna una chitarra elettrica che si pone a lato della scena ma che si fa anche personaggio in mezzo agli altri attori) tendono a quasi impoverire le parole forti del testo, a sovrastarle, ma poi sopraggiunge il peso delle due attrici a reimporsi e a rovesciare ogni attimo di incertezza.

Nell’avvicendarsi dei personaggi della corte elisabettiana, maschili e femminili, dentro gli abiti e le palandrane e le uniformi firmati da Anna Missaglia – mentre per le due sovrane si sono scomodati Dolce&Gabbana, ma per un gran bel vedere, visto che lamé e stoffe e colori, ed eleganza e ricchezza, la vincono alla grande -, Livermore come non ti aspetteresti mescola le carte, ogni cosa all’insegna ancora una volta del caso e del disordine (“in questo tempo così fluido a livello di gender, possiamo vedere con occhi diversi personaggi  che normalmente tenevamo sospesi in teche di vetro, dandoli per scontati”: ma è proprio soltanto una moderna fluidità a generare simili cambiamenti? Livermore è troppo intelligente per affidarsi alle scelte del momento), andando ad affidare a tre attrici ruoli maschili, del resto precisi, scavati, tesi e duramente resi, a partire da Linda Gennari che è un ottimo Mortimer e da Gaia Aprea che è Talbot conte di Shrewsbury (ma è pure una umanissima quanto attenta nutrice, con la bravura di sempre) e da Olivia Manescalchi che attraversa il Cavaliere Paulet e l’Ambasciatore di Francia e il Segretario di Stato, in una lodevolissima trasformazione. Forse rimangono più imprecisi nella loro unicità Giancarlo Judica Cordiglia e Max Nicosia, quest’ultimo dibattuto per pura ragion di stato, avventuriero e calcolatore, diviso tra i due cuori regali e artefice di un angolo erotico sfacciatamente buttato da Livermore in palcoscenico e che il vecchio Schiller, sin dalla prima rappresentazione a Weimar, nel gennaio del 1800, manco si sarebbe sognato.

Della bravura delle due protagoniste s’è detto, Marinoni nei toni sofferti di Maria e Pozzi in quelli regalmente feroci di Elisabetta: su di lei e sulla sua solitudine e forse anche sulla sua sconfitta si chiude la vicenda. E quei lamenti che si fanno rantoli belluini sono l’ultimo lampo di un’attrice che ammiriamo da sempre. Tutto è un attimo, mi pare voglia dirci Livermore con quella sarabanda finale, con quel finale con tanto di passerella e di ammiccamenti al pubblico caricatissimo d’applausi, con quell’allegria obbediente che ci riporta a Poli o a Trionfo: anche quella vicenda è un grumo ormai dissolto nel fluido della Storia, e noi oggi siamo qui a guardare in faccia altre malvagità.

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Alberto Terrile

“Il tempo sospeso” di Martellotta e Granchi, seconda edizione

A poco più di un anno dalla sua pubblicazione, la giornalista e scrittrice Mara Martellotta presenterà la seconda edizione della sua opera, scritta a quattro mani con l’artista fiorentino e già docente presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze Andrea Granchi, “Il tempo sospeso”(Gian Giacomo Della Porta Editore, 2021).

La presentazione avverrà venerdì 10 febbraio prossimo, presso la sede del Centro Servizi Vol.To, in Via Giolitti 21, in occasione di un DF Talk organizzato dall’associazione stessa, nell’ambito di un dialogo con il giornalista Eugenio Giannetta.

La scrittura di Mara Martellotta, semplice e incisiva, vera nel condurre con estrema sincerità tutte quelle analisi sociali e sensazioni che hanno coinvolto tutti noi durante l’emergenza Covid, dialoga e trova armonia con le opere dell’artista fiorentino Andrea Granchi, autore di tutti i lavori presenti all’interno del libro, collegati visivamente e tematicamente agli scritti della giornalista, creando nel lettore una sorta di realtà emotiva aumentata dall’intensità che la parola acquisisce attraverso l’immagine, e viceversa.

Un libro che, oggi, assume la funzione storica della memoria, della testimonianza che aiuta una società a metabolizzare meglio eventi del passato, soprattutto se traumatici come quello appena trascorso.

Un’opera attuale, proprio perché attuale è la Storia.

Il vero contributo di queste pagine risiede nell’utilità che la buona letteratura, e l’arte in generale, devono assumere nei confronti di una società: quello di elevarne la consapevolezza attraverso la parola scritta e la rappresentazione, attraverso la condivisione, anche emotiva, di aspetti soggettivi che devono diventare oggettivi nell’universalità dei sentimenti e di ciò che più ci accomuna.

 

I libri più letti e commentati del mese

La rassegna letteraria de il Passaparola dei Libri

Libri dei quali è bello discutere, come ogni mese sul gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri; primo in classifica, per letture e critiche, Spare – Il Minore (Mondadori), il libro che Henry di Windsor, il principe Harry, ha scritto per raccontare i retroscena di una vita non sempre “da favola”.

Cambiando argomento, per non dimenticare, vi proponiamo un articolo in collaborazione con il sito Novità in libreria, che nella settimana del Giorno della Memoria mette a confronto due uscite recenti, sul tema dei Giusti: Il Campione E La Bambina (Raffaello, 2022), di Paolo Mirti e Il Nazista Che Salvò Gli Ebrei. Storie di coraggio e solidarietà in Danimarca (Le Lettere, 2022) di Andrea Vitello.

Incontri Con Gli Autori

Abbiamo intervistato alcuni scrittori e scrittrici, emergenti o affermati, per dare voce alle nuove leve della narrativa e offrire ai nostri lettori un più ampio panorama di proposte di letture fuori dal coro o comunque lontane dai consueti canali di promozione e distribuzione.

Questo mese abbiamo incontrato: Cristiana Vigliaron è l’esordiente autrice di Non Chiamarmi Sorellina (Pathos Edizioni, 2022), una drammatica storia ambientata negli anni Settanta, che racconta le tensioni all’interno di una famiglia e offre uno spaccato di un complicato periodo storico; Giovanni Sacchitelli, il creatore di un progetto di meta-narrativa che potete trovare sul sito https://www.direaesthetica.com/ ; Luigi Antonio Greco, autore de La Promessa A San Francesco, nel quale riesamina, con gli occhi del presente, una delle pratiche di devozione più antiche e universali, il pellegrinaggio ex voto; Martina Carbutti autrice de Un Filo Invisibile (Auto-produzione, 2022) che, sull’onda emotiva nata dalla perdita del padre, racconta momenti di vita quotidiana e fornisce spunti di riflessione sul tema del lutto; Sylvia Zanotto è una delle voci più interessanti della poesia contemporanea e torna in libreria con Tatuaggi E Farfalle (Kanaga Edizioni, 2021) libro vincitore del Premio Internazionale di poesia L. S. Senghor per la sezione inediti.

Per questo mese è tutto, vi invitiamo a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Spektre in Afghanistan. Il cuore e la corazza di “fantasmi” senza nome

Il cammino in Afghanistan di un uomo che, nel 2010, ha salvato la vita a centinaia di bambini. Sentimenti di paura, rabbia, amore che si celano dietro la maschera dei combattenti, dei “cattivi giusti” che, con ferocia, proteggono gli innocenti.

E’ una storia di fratellanza, di colpi di scena sorprendenti, il romanzo “Spektre. Fantasmi in Afghanistan”, scritto da William Marras Nash, nato a Ivrea (in provincia di Torino), nel 1988, ma che, attualmente, vive ad Azeglio, un paesino dell’Alto Canavese in Piemonte. Il titolo dell’opera – pubblicata nella collana “I Diamanti della Narrativa”, edita da Aletti – nasce durante la stesura del romanzo che parla, appunto, della squadra Spektre, guerrieri ma, soprattutto, uomini che provano emozioni, fatica e anche amore verso le loro famiglie e le loro donne a casa. «Descrivendo questi uomini – spiega l’autore – ed informandomi su quelli come loro, ho compreso che sono realmente come dei fantasmi. Operano in teatri di guerra e in nazioni nelle quali non dovrebbero essere, se “cadono” vengono archiviati come turisti scomparsi o mai esistiti, fanno cadere governi e lasciano i meriti ad altri, da loro può dipendere lo scoppio o meno di una guerra ma nessuno sa chi siano e, in questo caso, la Spektre era una squadra di fantasmi in Afghanistan».

Nessuno sa i loro nomi; nessuno sa chi sia l’uomo protagonista del romanzo, ma tutti dovrebbero conoscerne la storia ed esserne grati. Un turbine di emozioni apparentemente contrastanti, dalla guerra all’amore, dalla rabbia alla fratellanza incondizionata, trattate con un linguaggio semplice e alla portata di qualunque età se non fosse per il limite portato dagli argomenti trattati. Questo consente anche al lettore più “frettoloso” di poter comprendere la storia, anche se dura, e coglierne anche le più intime sfaccettature. «Passaggi – afferma lo scrittore – che devono essere come sfumature per lasciare alla mente del lettore il tempo per cambiare mood emozionale ma senza che se ne accorga, così anche la singola emozione si rivela una piccola sorpresa che renderà difficile interrompere volontariamente la lettura». Il segreto per l’autore è immedesimarsi il più possibile nel personaggio che si racconta, avendo la storia impressa nella mente sin dall’inizio. «Ho descritto passo dopo passo tutto ciò che mi è stato riportato. Ci ho messo quattro anni per scriverlo e mi sono immedesimato nel protagonista al punto che ho iniziato a vivere come lui. Quando riuscivo ad addormentarmi facevo i suoi incubi, avevo le sue paure. Ero stanco, stremato verso la fine del romanzo. Ero diventato freddo, inespressivo molte volte. Per scrivere e sciogliermi sorseggiavo liquore e alcuni passaggi li ho scritti piangendo, così bevevo ancora, proprio come lui. Mi sembrava di aver vissuto la sua storia e in parte è come se l’avessi provata sulla mia pelle, un po’ credo, come un attore entra nel suo personaggio». Un rapporto empatico che, alla fine, quasi manca, quando il libro è terminato, lasciando un senso di nostalgia e solitudine. «Voglio trasmettere – conclude lo scrittore – la coscienza e la testimonianza che quei guerrieri fuori dal comune, abituati ad affrontare inferni inimmaginabili, sono allo stesso tempo uomini comuni, con emozioni e sentimenti come tutti gli altri».

Federica Grisolia

La Baìo di Sampeyre, al via il 5 febbraio

Sulle montagne cuneesi della Val Varaita i saraceni invasori accendono i fuochi e affilano le scimitarre. A valle cavalieri e ussari incrociano le spade, pronti ad affrontare i Mori e a difendere donne e figli terrorizzati dai musulmani. I tamburini chiamano a raccolta i montanari armati, riuniti in milizie popolari, e ne scandiscono il ritmo di marcia e i boscaioli fortificano gli accessi ai paesi.
A Sampeyre-Piasso, Rore, Calchesio e Villar è tutto pronto per dare il via alla Baìo di Sampeyre, l’antica festa occitana che ogni cinque anni, a febbraio, rievoca la cacciata dei Mori dalle vallate alpine e la libertà riconquistata. Un evento storico che si ripete da dieci secoli. Al grido baìo..baìo…libertà, libertà, gli uomini delle borgate di Sampeyre e frazioni si armano con fucili, sciabole, asce, mannaie e fiaschetti di vino, pronti a respingere i maomettani arrivati dalle coste della Provenza per incendiare, distruggere e uccidere. Domenica 5 febbraio il primo atto della rievocazione storica. Le origini della festa sono molto antiche e risalgono alla fine del decimo secolo quando i saraceni raggiunsero i paesi della valle per saccheggiarli e incendiarli ma vennero respinti e messi in fuga dai valligiani. È una delle più importanti feste delle Alpi che unisce storia, cultura, musica e folklore di tutta la valle. È in pratica il carnevale della Val Varaita, senza maschere e coriandoli. Anticamente la Baìo era una cerimonia primaverile propiziatoria dei nuovi raccolti ma con il passar del tempo si è trasformata nella rievocazione, tra storia e leggenda, delle incursioni dei saraceni avvenute nel X secolo e la loro cacciata da queste montagne. Baìo è un termine occitano che tra le sue origini da “Badia” che significa abbadia, non però in senso religioso ma nel senso di associazione popolare di tipo paramilitare molto diffusa nelle valli nei secoli lontani. Oggi con la parola Baìo si intende pertanto una festa di libertà e di unione nel mese di carnevale che quest’anno animerà la Val Varaita nelle prime due domeniche di febbraio, il 5 e il 12 per concludersi nel giorno di giovedì grasso, il 16 febbraio. Oltre 400 sono i personaggi che danno vita alla grande festa alpina e quattro le brigate popolari che si riuniscono per fronteggiare il pericolo saraceno. Alla sfilata in costume che attraversa le vie di Sampeyre accompagnata da gruppi di suonatori non possono partecipare le donne, come vuole la tradizione da secoli, anche se il loro contributo all’organizzazione dell’evento è determinante. I protagonisti sono gli uomini di ogni borgata che si esibiscono con i costumi preparati dalle donne e impersonano anche i ruoli femminili. Danze, musica, cibo e vino concludono la Baio mentre i saraceni prigionieri sfilano in catene con i costumi orientali. Nella prima domenica, il 5 febbraio, la Baìo di Calchesio va in visita a quella di Sampeyre con gli Abà, i capi milizia, nella seconda domenica le quattro Baìe si riuniscono a Sampeyre mentre il giovedì grasso si celebra un singolare processo durante il quale le Baìe mettono sotto processo i propri Tesorieri accusati di furto ai danni della comunità.
Filippo Re

Note di Classica Bruce Liu e Hèlène Grimaud le “stelle” di febbraio

Mercoledì primo febbraio alle 20.30 al Conservatorio, per l’Unione Musicale, i Singer Pur eseguiranno musiche di Sting, van Dijk, Monteverdi, Silcher, Hassler, Corea, Gershwin, Joel. Giovedì 2 alle 20.30 e venerdì 3 alle 20, all’auditorium Toscanini , l’Orchestra Rai diretta da Fabio Luisi e con Alessandro Taverna al pianoforte, eseguirà musiche di Richard Strauss. Sabato 4 alle 18 al Teatro Vittoria, il quinto episodio de “I Bemolli Sono Blu con il Quintetto Aulos (fiati e pianoforte) e con Antonio Valentino. Martedì 7 alle 20.30 per LingottoMusica, all’auditorium Agnelli Il Pomo d’Oro diretto da Maxim Emelyanychev e con Ivan Podymov all’oboe, eseguirà musiche di Mozart. Mercoledì 8 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, il pianista Bruce Liu eseguirà musiche di Chopin, Ravel e Liszt.

Sabato 11 alle 20 al teatro Vittoria, Santiago Canon-Valencia al violoncello e Naoko Sonoda al pianoforte, eseguiranno musiche di Ravel, Farr, Ginastera, Gershwin. Mercoledì 15 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, Alena Baeva violino e Vadym Kholodenko pianoforte, eseguiranno musiche di Schubert, Mendelssohn, Lutoslawski, Faurè. Giovedì 16 alle 20.30 e venerdì 17 alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Petr Popelka e con Marie-Ange Nguci al pianoforte, eseguirà musiche di Dallapiccola, Mozart, Strauss. Sabato 18 alle 20 al teatro Vittoria va in scena Ozmotic con Simone Bosco e Riccardo Giovinetto all’elettronica con il progetto Elusive Balance Visual -concert. Domenica 19 alle 16.30 al Teatro Vittoria, Francesco Dillon al violoncello e Emanuele Torquati pianoforte, eseguiranno musiche di Villa-Lobos, Debussy, Janacek, Prokofev. Mercoledì 22 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale Vivian Hagner e Stephen Waarts violino, Karolina Errera e Anna Maria Wunsch viola, Mika Haknnazaryan e Eckart Runge violoncello, eseguiranno musiche di Strauss, Schonberg, Cajkovskij. Sabato 25 alle 20 al Teatro Regio, inaugurazione di Aida di Giuseppe Verdi. Opera in quattro atti. L’Orchestra del teatro Regio sarà diretta da Michele Gamba. Repliche fino all’8 marzo. Lunedì 27 alle 20 al teatro Vittoria per l’Unione Musicale, Armoniosa presenta un programma tutto dedicato a Bach. Martedì 28 alle 20.30 per LingottoMusica all’auditorium Agnelli, la Camerata Salzburg con Hèlène Grimaud al pianoforte, eseguirà musiche di Mozart e Schumann.

Pier Luigi Fuggetta

“Incipit offresi” a Bardonecchia

Giovedì 2 febbraio, ore 18

 

Una sfida a colpi di incipit per l’ottava edizione del primo talent letterario itinerante per aspiranti scrittori

 

 

Il Palazzo delle Feste di Bardonecchia ospita giovedì 2 febbraio, dal vivo, l’ottava edizione di Incipit Offresi, il primo talent letterario itinerante dedicato agli aspiranti scrittori, ideato e promosso dalla Fondazione ECM – Biblioteca Archimede di Settimo Torinese, in sinergia con Regione Piemonte.

Incipit Offresi è un format a tappe: la sfida si giocherà a colpi di incipit all’interno delle biblioteche e dei luoghi di cultura, ma anche attraverso gare di scrittura e letture animate nei mercati, dal 27 ottobre 2022 al 4 maggio 2023. L’obiettivo non è premiare il romanzo inedito migliore, ma scovare nuovi talenti. In 7 anni Incipit Offresi ha scoperto più di 60 nuovi autori, pubblicato 70 libri e coinvolto più di 10mila persone, 30 case editrici e più di 50 biblioteche e centri culturali.

Gli aspiranti scrittori, in una sfida uno contro uno, avranno 60 secondi di tempo per leggere il proprio incipit o raccontare il proprio libro. Il/la concorrente che, secondo il giudizio del pubblico in sala, avrà ottenuto più voti, passerà alla fase successiva, dove avrà ancora 30 secondi di tempo per la lettura del proprio incipit prima del giudizio della giuria tecnica che assegnerà un voto da 0 a 10. Una volta designato il/la vincitore/trice di tappa, si aprirà il voto del pubblico per il secondo classificato. Chi otterrà più voti potrà partecipare alla gara di ballottaggio. I primi classificati di ogni tappa e gli eventuali ripescaggi potranno accedere alle semifinali per giocarsi la possibilità di approdare alla finale, in programma a giugno 2023.

I concorrenti primo e secondo classificato riceveranno rispettivamente un premio in denaro di 1.500 e 750 euro; saranno inoltre messi in palio, fra tutti i partecipanti alla finale, il Premio Italo Calvino, Indice dei Libri del Mese, Golem, Leone Verde, Circolo dei Lettori ed eventuali altri premi assegnati dagli editori.

La partecipazione a Incipit Offresi è gratuita e aperta agli scrittori, esordienti e non, maggiorenni, di tutte le nazionalità. I candidati dovranno presentare le prime righe della propria opera: l’incipit, appunto, un massimo di 1.000 battute con le quali catturare l’attenzione dei lettori e una descrizione dei contenuti dell’opera (max 1.800 battute). L’incipit deve essere inedito (le opere autopubblicate sono parificate alle inedite poiché prive di regolare distribuzione). La gara si svolgerà in lingua italiana. La possibilità di partecipare alle tappe è garantita fino ad esaurimento dei posti disponibili.

 

La gara di Incipit Offresi sarà trasmessa sulla rete 7WEB.TV e disponibile sulle pagine Facebook e Youtube di Incipit Offresi e sulle pagine delle biblioteche partner e altri canali collegati.

A condurre gli incontri, veri e propri spettacoli di intrattenimento, gli attori di B-Teatro, con le incursioni musicali di Enrico Messina e Mao.

 

Incipit Offresi è un’iniziativa ideata e promossa dalla Fondazione ECM – Biblioteca Archimede di Settimo Torinese e Regione Piemonte, con la collaborazione di Emons Edizioni e il FUIS – Federazione Unitario Italiana Scrittori.

Il Premio Incipit e il campionato sono dedicati a Eugenio Pintore per la passione e la professionalità con cui ha fatto nascere e curato Incipit Offresi.

 

 

INFO E ISCRIZIONI

Giovedì 2 febbraio 2023, ore 18

Incipit Offresi

Palazzo delle Feste, piazza Valle Stretta 1, Bardonecchia (TO)

www.incipitoffresi.it – info@incipitoffresi.it

 

 

 

Federico Montesano espone alla Galleria Malinpensa by La Telaccia

Prima esposizione del 2023, dal 31 gennaio all’11 febbraio prossimi, sarà quella dedicata al paesaggista lombardo

 

È dedicata al paesaggista lombardo Federico Montesano la prima mostra che apre l’anno 2023 alla Galleria Malinpensa by La Telaccia, dal 31 gennaio all’11 febbraio prossimi. In una moderna e singolare rappresentazione paesaggistica l’artista trasforma il dipinto in una ricerca contemporanea dal sicuro impatto visivo, servendosi di varie tecniche quali l’acrilico e la carta su tela, la pittura digitale su fotografia d’epoca e raggiungendo risultati di notevole resa stilistica e di sicura manualità. Le tematiche da lui affrontate lo portano a descrivere la natura in un clima a metà tra realtà e sogno, conferendo alle proprie opere un profondo significato contenutistico.

Vi emergono colori, segni e forme di originale rappresentazione e di una forza vitale ricca di poetica. Lo spazio ambientale indagato da Federico Montesano trova espressione in un soggetto di straordinaria libertà interpretativa e in una profondità di immagine ricca di emozioni, che dialogano con uno sfondo molto suggestivo. La natura da lui rappresentata è animata da uno slancio vitale di luci che risultano sapientemente dosate, capaci di conferire un’intensità creativa di notevole effetto e di attento simbolismo. Il paesaggio vive all’interno dell’opera grazie a un’armonia compositiva movimentata da efficaci giochi di chiaroscuro e da ricorrenti tratti scenici, che si richiamano a simboli evocativi, a memorie e momenti unici. L’infinito azzurro del cielo e i toni caldi della terra risultano perfettamente bilanciati nelle loro campiture cromatiche, conferendo valore sia estetico sia tecnico alle sue creazioni. La luce penetra e si evolve magistralmente nelle sue opere in uno spazio-tempo senza confini,attraversando il soggetto con intensi stati d’animo. Nel percorso artistico di Montesano si coglie un’atmosfera sognante, capace di alimentarsi di energia e di continue sensazioni, in cui si fondono lo studio appassionato della tecnica e il rapporto tra segni e colore, in grado di dirigersi verso una dimensione testimone di una personalità capace di attrarre lo sguardo dell’osservatore.

Federico Montesano, appena iniziò a frequentare il liceo artistico, capì subito che il mondo delle arti visive lo avrebbe appassionato per tutta la vita. Innamorato del mondo dell’arte, è stato molto legato al suo Professore di Visiva, che lo ha introdotto non solo nell’universo del disegno e della pittura tradizionale, ma anche ai nuovi strumenti del digitale. Nato a Monza il 10 ottobre 1990, dopo aver frequentato il liceo artistico, si è laureato con lode in Scenografia e specializzato con lode in Scenografia per il teatro presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano. Nel 2017 veniva ammesso al corso di Scenografia Teatrale dell’Accademia Teatro alla Scala. Nel 2019 ha lavorato alla realizzazione delle scenografie dell’opera “Elisir d’amore per i bambini”, in scena al Teatro alla Scala, per la regia di Grischa Asagaroff, per le scene e costumi di Luigi Perego. Nello stesso anno ha partecipato alle realizzazioni sceniche per l’ottava edizione de “La Prima Diffusa”, la manifestazione promossa dal Comune di Milano e da Edison per riunire tutta la cittadinanza attorno alla “Prima” della Scala, che quell’anno coincideva con la messa in scena del capolavoro verdiano di “Attila”, affidato alla direzione di Riccardo Chailly, per la regia firmata da Davide Livermore.

MARA MARTELLOTTA