ilTorinese

La Fiat a Torino vista attraverso la cinepresa

TORINO CITTA’ DELLA RADIO, DEL CINEMA E DELLA TELEVISIONE

INTERVISTA AL PROFESSORE ALOVISIO

Fiat è Torino. Torino è Fiat. Dal 1899 il legame che unisce il capoluogo piemontese e la casa automobilistica è rimasto invariato. Nonostante il marchio Fiat abbia conquistato da anni il mercato internazionale è a Torino che la sua identità aziendale – e soprattutto quella umana – è nata.

Basta nominare qualche edificio torinese per ripercorrere le pietre miliari della storia Fiat: è nel Palazzo Cacherano di Bricherasio (Via Giuseppe Luigi Lagrange 20) che i soci fondatori firmarono la nascita dell’allora F.I.A.T., acronimo di Fabbrica Italiana Automobili Torino.
Il Lingotto (situato tra Via Nizza e Via Ermanno Fenoglietti) fu lo stabilimento scelto da Giovanni Agnelli per l’installazione della prima fabbrica, inaugurata nel maggio 1923. In seguito ad un incredibile aumento della produzione, la Fiat viene spostata nell’immenso stabilimento Mirafiori (in Corso Giovanni Agnelli 200, ora chiamato Stellantis Europa S.P.A. Automobilies), inaugurato nel 1939 durante il regime fascista.

Ad oggi, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, uno dei più antichi al mondo nel suo genere, ospita numerosissimi modelli, cimeli e materiale audiovisivo di case automobilistiche italiane ma anche internazionali. Si è conclusa da pochissimo la mostra temporanea 125 VOLTE FIAT. La modernità attraverso l’immaginario FIAT che ha ripercorso in modo completo ed innovativo la storia dell’iconico marchio italiano. Nel corso della mostra sono stati organizzati dei tal nei quali sono intervenuti esperti e docenti che hanno discusso il ruolo della Fiat in particolare nel mondo dell’audiovisivo e della comunicazione. Abbiamo avuto il piacere di parlare con Silvio Alovisio, docente di cinema e comunicazione audiovisiva dell’Università di Torino, ospite dell’incontro “La Fiat nel Cinema” (125 talks #4 – Fiat nel Cinema) insieme a Maurizio Cilli – architetto e artista, moderati da Giuliano Sergio – storico dell’arte e curatore della mostra.

B: Durante il suo intervento al MAUTO sono stati proiettati alcuni filmati d’archivio realizzati dalla Fiat nella seconda metà del ‘900 nei quali si possono osservare i processi produttivi della fabbrica e i soggetti che la vivono. A cosa servivano questi materiali e che Fiat ci raccontano oggi?

A: Sin da quando comincia a interessarsi al cinema in modo attivo, la Fiat adotta una strategia ad ampio spettro per quanto riguarda la funzione delle sue produzioni. Quasi mai i suoi filmati hanno un solo obiettivo. Si tratta di una strategia multifunzionale che punta a diversi tipi di target. Fatta questa premessa, possiamo identificare la celebrazione della fabbrica, anche dal punto di vista estetico, come obiettivo principale. Guardando i primi filmati della Fiat all’interno della fabbrica, notiamo una tendenza all’uso del movimento di macchina, della panoramica, del carrello, del montaggio. Tutto ciò si nota in particolare nel film di Mario Gromo su Mirafiori (I nuovi stabilimenti Fiat Mirafiori (Mario Gromo, 1941). Il regista e critico dimostra di conoscere molto bene il montaggio della scuola sovietica degli anni ‘20, quindi rapido e concettualmente produttivo. Si tratta di un uso dei codici specifici del linguaggio per creare una estetizzazione dei processi di produzione. C’era quindi anche un elemento di promozione pubblica.

Frame tratti da I nuovi stabilimenti Fiat Mirafiori

Uno dei film più importanti prodotto dalla Fiat è Terra Mare Cielo -Velocità (Fiat, 1937) volto a celebrare la potenza pervasiva della casa di automobili, che non si arresta di fronte a nessuna dimensione. Il cinema si mette al servizio di questa celebrazione, utilizzando anche tecniche di propaganda dei regimi totalitari.

Finora abbiamo parlato di estetizzazione. Passiamo al secondo obiettivo, la formazione.

Il cinema viene utilizzato dalla Fiat per insegnare ai nuovi arrivati come si sviluppa un processo produttivo. Non solo: a partire dagli anni ‘60/’70, l’attenzione della Fiat si allarga dal processo produttivo ai soggetti del processo, ossia i lavoratori. Gli operai non sono più solo le comparse nei film macchina-centrici. La Fiat allarga la prospettiva, anche in conseguenza a un crescente movimento di autocoscienza dei lavoratori, che iniziano a riorganizzarsi sul piano sindacale.

Si ricorda anche una forte migrazione dal Sud. È per questa ragione che la casa dell’automobile modifica la sua linea narrativa e realizza film come Quel primo giorno in fabbrica (Sivio Maestranzi, 1972), una sorta di vademecum per il neoassunto Fiat. Questo film fu considerato talmente autentico e verosimile che la Fiat decise di non usarlo più come strumento di formazione in quanto aveva un effetto opposto a quello desiderato, aumentando l’angoscia di chi, in fabbrica, non ci era ancora entrato.

Passiamo alla terza ultima funzione, quella pubblicitaria.

Le due grandi categorie dei film Fiat sono quelle di prodotto e di produzione. Nel primo caso, non devono essere necessariamente legati alla fabbrica. Il veicolo può essere il punto finale di un racconto che comincia dal processo produttivo, come si vede ad esempio in Sotto i tuoi occhi (1931). Nel filmato si vede una macchina che esce dalla fabbrica fresca di produzione pronta per essere guidata.

Ci sono invece dei film nei quali si pubblicizza solo ed esclusivamente il prodotto, ad esempio i film di spedizione. Per mostrare l’efficienza di un suo autoveicolo la Fiat finge che esso possa compiere imprese intercontinentali, che nella realtà non riuscirebbe mai ad affrontare.

Mano a mano che la società cambia, anche la Fiat cerca di stare al passo con questo spirito del tempo. Ad esempio, quando le donne diventano consumatrici autonome, la Fiat cerca di conquistarsi la sua fetta di mercato femminile.

B: A tal proposito, le donne iniziano a comparire sempre di più nei film e negli spot Fiat. Anche nel cinema aumentano donne al volante: basta pensare ad Anna Magnani in L’Automobile (1971, regia Alfredo Giannetti),alla guida di una Fiat. Tali prodotti audiovisivi riflettono una graduale emancipazione o sono mera strategia di vendita?


Frame da L’Automobile

A: La Fiat è sicuramente intelligente nell’intercettare i cambiamenti della società, che vengono negoziate e disciplinate in funzione di una promozione commerciale. Il cinema della Fiat rispecchia con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni i mutamenti di 100 anni di storia italiana.

Non c’è dubbio che l’emancipazione femminile sia un processo che ha offerto molti benefici al capitalismo, in quanto la donna inizia a comprare autonomamente e diventa forza lavoro. Un esempio di questa tendenza nella comunicazione pubblicitaria della Fiat si nota già nel film Sotto i tuoi occhi già citato nel quale l’attrice esclama “voglio guidare io!” mentre prende il posto al volante al fidanzato. Allo stesso tempo, però, vengono realizzati spot opposti, che frenano la tendenza di emancipazione e si appoggiano a un fine prettamente commerciale, proponendo l’identificazione oggettistica tra donna e macchina. Lo si può vedere esplicitamente in quello del 1961 con Vittorio Gassman e Ilaria Occhini. (https://www.youtube.com/watch?v=OYqPkJgfbkU)

B: Parliamo ora di CineFiat, la casa di produzione cinematografica e televisiva nata nel 1952 e finalizzata alla realizzazione di prodotti audiovisivi targati Fiat.

Torino è la città che ha dato alla luce la Fiat, ed è chiaramente onnipresente nei film realizzati dall’azienda. Che rappresentazione se ne evince osservando l’evoluzione del rapporto tra Fiat e Torino?

A: Innanzitutto è fondamentale sottolineare che CineFiat è una realtà multi produttiva, che comprende iniziative sia amatoriali che professionali. Sicuramente l’immagine che Fiat voleva trasmettere è l’equazione virtuosa tra l’azienda e la città, una sorta di company town. Immagine che, tuttavia, non era così perfetta. La Fiat stessa non la percepisce più verosimile, anche a fronte della crescente conflittualità tra le classi sociali. Per questo, da un lato, CineFiat sposta le sue riprese fuori dal torinese, dall’altro, gli operai iniziano a raccontare la vita nella fabbrica dal loro punto di vista, culminando con la protesta dei 35 giorni del 1980.

B: Le macchine Fiat sono state comparse silenziose di innumerevoli film italiani e internazionali, portando sul grande schermo l’italianità per eccellenza e diventando un marchio immediatamente riconoscibile. Quanto ha contribuito il cinema nel consolidare la Fiat come ambassador del made in Italy?

A: Il cinema sicuramente ha avuto un ruolo di rilievo, soprattutto nei film in cui le macchine compaiono in vari contesti narrativi, in una sequenza o in paesaggio importante. C’è una presenza incredibilmente elevata non soltanto nel cinema italiano ma anche in quello internazionale, e questo vale soprattutto per la 500, ossia il modello che ha consentito maggiormente alla Fiat di diffondere il suo marchio. Italia e automobile è sempre stato un collegamento immediato nell’immaginario collettivo, anche del lusso, basta pensare a quante volte nei film compaiono una Lamborghini o una Ferrari. Una curiosità interessante è che le prime macchine Fiat non compaiono in film italiani, bensì in pellicole americane, già negli anni ‘10. Questo la dice lunga su come la Fiat puntasse fin da subito a mercati esteri, ad esempi quello americano, nonostante avessero una concezione di macchina molto diversa rispetto ad una Fiat 500.

B: Il passato non lascia dubbi sulla riuscita della collaborazione tra Fiat e cinema. Questo legame è ancora così forte oggi? O forse si presta una maggiore attenzione all’aspetto prettamente pubblicitario?

A: Sicuramente c’è una minore presenza della Fiat del cinema contemporaneo. Se negli anni ‘70 la Fiat non aveva neanche bisogno di pubblicizzarsi in quanto bastava inquadrare una via per notare l’iconico marchio su un’automobile, ora il mercato in Italia è molto più complesso. Anche per questo motivo Stellantis si concentra su strategie di marketing di livello internazionale, con un target obiettivo più mirato e video promozionali al passo con i tempi. Si ricordano ad esempio gli spot che vedono al volante celebrità come Leonardo Di Caprio e Jennifer Lopez.

B: L’ultima domanda non riguarda la Fiat, bensì un progetto da lei seguito volto alla riscoperta delle location del cinema muto. Nel corso di questa ricerca avete riconosciuto luoghi e spazi torinesi o comunque piemontesi?

A: Certo, abbiamo riscoperto tante zone di Torino che non si sapeva fossero state delle location, così come si è riscoperta una Torino che non c’è più e che il cinema muto ha invece documentato. Anche fuori città abbiamo fatto scoperte interessanti: ad esempio, Maciste in vacanza (1921, regia di Luigi Romano Borgnetto) – il cui protagonista si innamora della macchina, che chiama moglie – è girato in un castello che si è rivelato essere quello di Montaldo, mostrandolo com’era prima del restauro.

Poi abbiamo scoperto che a Trana sono stati girati moltissimi film, così come a Lanzo Torinese. La ricerca sta rivelando un Piemonte che non ci attendevamo e che continueremo a scoprire nei prossimi mesi di analisi.

Per chiunque fosse interessato a riscoprire la storia della Fiat attraverso il cinema e la televisione vi consigliamo due canali principali: il primo è Il Centro di Documentazione visitabile al MAUTO su appuntamento o online in seguito alla registrazione; il secondo è il canale Youtube Centro Storico Fiat, disponibile per tutti.

Beatrice Pezzella

L’Associazione Narconon promuove il “Torneo Calcistico ‘Io Dico No’”

Una partita tra ex Glorie del Calcio, personaggio radiotelevisivi e Amministratori Locali

Mercoledì 28 maggio, alle 11.30, presso il Consiglio Regionale di via Alfieri 15, a Torino, si è svolto nella sala delle Bandiere l’incontro di presentazione dell’iniziativa benefica “Torneo calcistico ‘Io Dico No’”, il cui incasso verrà devoluto alla Fondazione Tumori MSR Muscolo Scheletrici. Il torneo coinvolgerà 16 società calcistiche del torinese annata 2017. L’evento, promosso e curato da Forza Italia e Associazione Narconon Piemonte APS, prevede una partita di calcio presso il campo sportivo del Pozzomaina, in via Monte Ortigara 78, tra ex Glorie del Calcio e alcuni personaggi radiotelevisivi contro una rappresentanza di Amministratori Locali.

Nella giornata di sabato sarà presente anche l’ex calciatore della Juventus Michele Padovano, che testimonierà la sua esperienza riguardante la sua nota vicenda giudiziaria, raccontata anche nel libro di recente uscita intitolato “Tra la Champions e la Libertà”, edito da Cairo.

“L’Associazione Narconon si occupa della gestione e del recupero, in modo naturale, di persone vittime di dipendenza da alcool e droghe – ha dichiarato Natasha Benincasa, in rappresentanza dell’Associazione Narconon, che ha sede a Villafranca d’Asti, dove si trova anche la comunità omonima – Penso sia importante il ruolo della prevenzione a partire dalle scuole e dalle società sportive che lavorano con i ragazzi. Il nostro ruolo è quello di creare consapevolezza attorno a ciò che circonda l’uso delle sostanze e contrastare la falsa informazione a riguardo. Le persone devono avere una seconda opportunità, e per aiutarle a rialzarsi è doveroso approfondire la conoscenza di questi argomenti. Promuoveremo molti eventi come questo per sensibilizzare la società”.

“Grazie all’Associazione Narconon sono uscito da un periodo difficile – ha raccontato l’ex portiere del Torino Lys Gomis, intervenuto alla conferenza stampa – Sono stato dipendente da sostanze e l’Associazione mi ha aiutato a uscirne in modo naturale, facendo sì che io riprendessi in mano la mia vita. Credo che la comunicazione tramite lo sport sia diretta ed efficace, e per questo ho voluto mettermi in gioco personalmente. È drammatico pensare che l’84% dei giovani consumi alcool o droghe. Ci tengo a ringraziare Forza Italia per la sensibilità e l’organizzazione di questo importante evento mediatico, un’occasione per divertirsi, contribuire all’educazione, alle conoscenze dei giovani e fare della beneficenza in favore della Fondazione Tumori MSR Muscolo Scheletrici”.

Gian Giacomo Della Porta

Evelina Christillin nel Consiglio Generale di “Fondazione Passadore 1888”

A seguito delle nomine proposte dalla Banca, Socio Fondatore, si è insediato il nuovo Consiglio Generale della “Fondazione Passadore 1888” ente filantropico volto a sostenere, promuovere e svolgere iniziative nella tutela ambientale e del territorio, nella valorizzazione degli aspetti artistico-culturali, nell’utilità sociale e nel sostegno alla sanità e la solidarietà.

A seguito dell’ingresso dei due nuovi consiglieri Francesco Berti Riboli (imprenditore nell’ambito della sanità) ed Evelina Christillin (dirigente culturale, aziendale e sportiva), il Consiglio generale risulta così composto: Andreina Boero (Presidente), Federica Passadore (Vice Presidente), Francesco Berti Riboli, Matteo Bonelli, Evelina Christillin, Franco Lizza, Agostino Passadore, Marco Risso, Danco Singer, Alberto Sobrero. Il Segretario è Lucio Siboldi.

Il Comitato di gestione è stato confermato nella seguente composizione: Augusto Passadore, Francesco Passadore, Edoardo Fantino.

Confermato inoltre l’Avv. Francesco Illuzzi, Organo di Controllo.

La Fondazione è nata nel 2022 su iniziativa della Banca Passadore & C. come parte del più ampio percorso della Banca verso una sempre maggiore responsabilità sociale e rappresenta anche un punto di riferimento per tutti coloro che vogliano effettuare beneficenza rivolgendosi a una realtà affidabile e trasparente.

Nei primi tre anni di attività, la Fondazione ha sostenuto 121 progetti, deliberando interventi per circa 1.100.000 euro.

L’area che ha ricevuto il maggior stanziamento di risorse è stata quella del sostegno alla sanità e alla solidarietà con il 60% delle risorse destinate.

Antonio Filosa, un italiano Chief Executive Officer di Stellantis

Stellantis ha nominato Antonio Filosa  Chief Executive Officer del gruppo industriale. E’ stato votato all’unanimità, e sarà operativo dalla fine del mese di giugno. A Torino si spera che l’arrivo di un manager italiano alla guida del gruppo possa portare ricadute positive sull’automotive subalpino.  Carlos Tavares si era dimesso lo scorso 1° dicembre e oggi  Filosa è il nuovo  CEO, ufficialmente dal 23 giugno. Presto si terrà un’assemblea straordinaria degli azionisti per ratificare la nomina e inserire Filosa nel cda in veste di amministratore esecutivo.

LE REAZIONI

«La scelta di un manager italiano di grande esperienza alla guida del gruppo Stellantis rappresenta senz’altro una buona notizia, in un momento cruciale per il futuro dell’intero comparto e in particolare per la produzione in Italia.
La sua esperienza, competenza e profonda conoscenza del prodotto auto e del settore rappresentano una garanzia, e siamo fiduciosi che saprà interpretare con attenzione le sfide del mercato, valorizzando le eccellenze del nostro Paese.
L’auspicio è che questa nomina consolidi quel cambio di passo nella strategia industriale di Stellantis in Italia, e in particolare in Piemonte, con il rispetto degli impegni assunti dai vertici dell’azienda negli ultimi mesi e il rilancio della produzione a Mirafiori, e negli altri stabilimenti italiani, che per noi è l’assoluta priorità. Il Piemonte ha competenze, storia e professionalità uniche: chiediamo che vengano ascoltate e tradotte in scelte concrete a favore dell’occupazione, dell’innovazione e della competitività del nostro territorio. Su tutto ciò siamo disponibili ad aprire un confronto franco e serio con il nuovo ceo». Lo dichiarano il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, il vicepresidente, Elena Chiorino, e l’assessore alle Attività Produttive, Andrea Tronzano, sulla nomina di Antonio Filosa nuovo amministratore delegato di Stellantis.

“Esprimo le più vive congratulazioni ad Antonio Filosa per la sua nomina a nuovo CEO di Stellantis. Un alto profilo, con una conoscenza profonda del settore, che auspichiamo possa contribuire a rilanciare stabilmente l’azienda affrontando con visione le prossime sfide dell’automotive” è il commento del presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Davide Nicco.

Stellantis – continua Nicco – non può non mantenere il proprio cuore operativo a Torino. Qui si sono scritte pagine fondamentali della storia dell’industria automobilistica mondiale. Qui si trovano competenze uniche, una filiera d’eccellenza e una cultura industriale che non possono in alcun modo essere disperse. Torino e il Piemonte sono parte integrante di questa storia e devono continuare ad esserlo”, conclude il presidente Nicco.

 “Auguro buon lavoro al nuovo CEO di Stellantis Antonio Filosa. Mi auguro che l’attenzione promessa per il Piemonte e per il torinese nei piani di rilancio dell’azienda siano al centro della sua attività e sia prioritario un confronto con i territori che da sempre sono orientati all’automotive e raccolgono eccellenze nel settore. In un momento di grande sofferenza, per le decisioni sui dazi, in un periodo di profonda sfida nella trasformazione sostenibile di tutto il comparto, come sempre poniamo al centro anche il futuro di tutta la filiera. Esistono eccellenze e sofferenze del territorio che sono prioritarie per noi e sulle quali vogliamo che il nuovo vertice aziendale si concentri in modo particolare” dichiara la Presidente del Gruppo Pd del Consiglio regionale Gianna Pentenero.

Bagni a Porta Nuova: “Così non va!”

Caro direttore, 

msento troppo frustrato della situazione dei bagni della stazione di Torino porta Nuova, è impossibile che tutti i locali della stazione sono tutti chiusi e ti invitano di andare al binario 19 dove per andare al bagno devi pagare €1,20: una cosa vergognosa. Ma la cosa peggiore: è possibile che tra tutti i passeggeri nessuno fa un reclamo, che siamo costretti ad andare solo a quei bagni lì, costretti a pagare salato.  C’è chi aspetta il treno un’ora e ha necessità di andare più volte in bagno ma così ci si mangia  mezzo stipendio!
Giuseppe Pignola

Resistere al tempo, conservare la memoria

SABATO 24 MAGGIO 2025, ORE 10

POLO DEL ‘900 – Auditorium

Piazzetta Franco Antonicelli – Torino

80 anni dopo – Verso un Museo regionale

Voci e luoghi della Resistenza piemontese

Con un intervento di Valentino CASTELLANI

 

I luoghi della Memoria e della Resistenza del Piemonte si raccontano al pubblico e offrono un contributo di idee e di proposte verso la realizzazione del Museo “regionale” della Resistenza.

Sabato 24 maggio, alle ore 10, l’Auditorium del Polo del ‘900 (piazzetta Franco Antonicelli), a Torino, ospiterà l’incontro «80 anni dopo – Verso un Museo regionale. RESISTERE AL TEMPO, CONSERVARE LA MEMORIA. Voci e luoghi della Resistenza piemontese», organizzato dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, dal Polo del ‘900 e dalla Rete tematica regionale della Guerra e della Resistenza.

Introdurrà i lavori Domenico Ravetti, vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte e presidente del Comitato Resistenza e Costituzione.

Seguirà la proiezione del cortometraggio vincitore della 43° edizione del “progetto Storia contemporanea” realizzato dagli studenti del Liceo Cavalieri di Verbania e dedicato alla figura della partigiana musicista e ministra della libera Repubblica dell’Ossola Gisella Floreanini.

Interverranno i rappresentanti di Alpette (Torino), Benedicta (Alessandria), Borgo San Dalmazzo (Cuneo), Colle del Lys (Torino), Cumiana (Torino), Ornavasso (Vco), Paraloup (Cuneo) Pozzol Groppo (Alessandria), Rocchetta Ligure (Alessandria), Verbania Fondotoce (Vco), Vesime e Vinchio (Asti).

È previsto un intervento di Valentino Castellani.

 

Dichiara Domenico Ravetti: «Per conoscere il Piemonte basta recarsi a visitare i tanti luoghi in cui si custodisce la memoria della lotta di Liberazione e dove si sono forgiati i principi della nostra Costituzione. Per questo crediamo nella necessità che il Museo Diffuso della Resistenza di Torino si trasformi in un “Museo del Piemonte”, venendo così a svolgere un ruolo di regia e di coordinamento. Un museo “regionale”, con protagonisti gli Istituti storici della Resistenza ma anche le Province e i Comuni, cosicché i nostri luoghi della Memoria possano essere potenziati dal punto di vista culturale e turistico (pensiamo ai sentieri partigiani e agli ecomusei), trovando anche il modo per meglio conservare e valorizzare archivi e raccolte private che in taluni casi rischiano di andare disperse. Abbinando l’anima multimediale e immateriale dell’attuale Museo Diffuso di Torino, con tutte le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, indispensabili per coinvolgere le generazioni più giovani, con l’anima materiale, che è quella che troviamo nei vari musei, case della Resistenza, memoriali e sacrali».

“Henri Cartier-Bresson e l’Italia”. La mostra sul pioniere del fotogiornalismo

The Password, UniTo oltre gli asterischi

Con questo primo articolo si apre la collaborazione tra Il Torinese e The Password. Ma cos’è The Password? Siamo il giornale degli studenti di Torino. Ci trovate su Instagram come thepasswordunito, dove ci impegniamo a pubblicizzare i nostri articoli, riguardanti i temi più vari. La nostra associazione è organizzata al suo interno in diversi team, che cooperano, occupandosi di ogni aspetto del lavoro che si svolge dietro le quinte di un giornale: dalla redazione alla correzione, dai social fino al nostro podcast Oltre lInchiostro. La collaborazione consisterà in una rubrica settimanale dal titolo The Password: Torino oltre gli asterischi”, che parlerà di giovani e cultura a Torino. In questo articolo di apertura parliamo della mostra fotografica su Cartier-Bresson.

A Torino, dal 14 febbraio al 2 giugno, si tiene presso CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia una mostra fotografica che indaga il rapporto tra il fotografo francese Henri Cartier-Bresson e lItalia.

Bresson nasce nel 1908 a Chanteloup, vicino a Parigi. Cresce nellambiente dellalta borghesia e ha accesso a studi di livello elevato. In particolare, segue le orme dello zio pittore, approfondendo con lui il surrealismo francese.

I suoi scatti erediteranno molto dallestetica surrealista, benché sia un fotoreporter. Considerato pioniere del fotogiornalismo, verrà chiamato locchio del secolo”.

Dichiara di amare le strade, le piazze, le vie. Scatta foto di persone in contesti ordinari, cogliendo dettagli della vita quotidiana nella loro spontaneità, motivo per cui si impegna a mantenere il proprio volto sconosciuto. Nonostante la fama che si guadagnerà come fotografo, necessita di poter camminare per le strade nellanonimato; infatti, affinché i suoi scatti conservino la naturalezza, che è limpronta artistica della sua fotografia, deve poter non essere riconosciuto.

Proprio per questa ragione il suo celebre autoritratto scattato in Italia non lo riprende in volto.

I suoi viaggi in Italia cominciano negli anni ’30. Il primo è in compagnia di amici e non è a scopo professionale. Durante questo viaggio scatta una foto di nudo, che a primo impatto può sembrare un momento di goliardia, ma che diventerà uno scatto simbolico, nel quale ritrae un concetto di coppia e di amore: vediamo una testa, due braccia e due gambe, la fusione di due corpi che diventano uno solo.

Negli anni ’50 gli vengono commissionati degli scatti che rappresentino la società italiana; dunque, si reca a Roma e scende nelle strade. In particolare, ritrae la giornata dell’Epifania, festa molto sentita a Roma, durante la quale tradizionalmente venivano portati doni ai vigili urbani.

Tra le altre, scatta due foto con la stessa ripresa, ma con una prospettiva diversa: un vigile urbano, in strada, su un piedistallo con ai piedi i doni ricevuti. Una riprende la classicità della statua italiana, laltra, che ritrae il vigile col bracco alzato, è un chiaro richiamo al fascismo.

Oltre a Roma, si reca anche in Abruzzo, dove le piazze che i giornali internazionali ritraggono come cartoline di luoghi da vacanza in realtà sono ben diverse. Al posto di scintillanti calici di vino, Bresson trova una realtà contadina che arranca negli anni del dopoguerra.

Similmente accade a Ischia, in cui giunge su richiesta di una rivista americana con lo scopo di pubblicizzare la zona come meta turistica; eppure quello che trova è unisola di pescatori, che fotografa nella loro genuinità.

In questo periodo, tuttavia, vediamo pian piano gli sfondi cambiare nelle sue fotografie. Si intravede la trasformazione sociale di un Paese che si rialza. Le strade delle città italiane che Bresson ritrae mutano, e con loro i cittadini e i mestieri. I contadini scalzi e affamati cominciano a essere rimpiazzati da insegne di barbieri e donne col cappello.

Bresson con la sua fotografia toccherà tutta lItalia, da nord a sud, catturando attimi di vita di strade e piazze, sempre in maniera naturale, e conservando un gusto estetico, figlio della sua formazione di pittore immerso nel surrealismo.

Molte delle sue fotografie risentono del gusto pittorico del fotografo, tant’è che alcune foto di Napoli, risalenti agli anni ’60, appaiono come dei veri e propri quadri, con chiaroscuri quasi caravaggeschi.

Anche nelle foto di Venezia, degli anni ’70, che ritraggono manifestazioni e movimenti sociali, è ricercato un senso estetico attraverso i volti dei manifestanti coperti dagli ombrelli nelle piazze.

A causa di questo profondo sentimento artistico, non sorprenderà lappassionato scoprire che a fine carriera il fotografo francese si dedicherà nuovamente al suo primo amore: il disegno.

Alice Aschieri – redattrice di The Password www.thepasswordunito.com

Facebook: The Password UniTo

Instagram: @thepasswordunito

E-mail: thepasswordunito@outlook.it

La Compagnia Scimone Sframeli porta in scena il genere umano con “Fratellina” al Teatro Gobetti

Da martedì 27 maggio a domenica 1 giugno prossimi, andrà in scena al Teatro Gobetti la pièce teatrale “Fratellina” di Spiro Scimone, per la regia di Francesco Sframeli, entrambi in scema con Gianluca Cesale  Giulia Weber. Le scene sono di Lino Fiorito, i costumi di Sandra Cardini, i disegni luci di Gianni Staropoli. Lo spettacolo, vincitore del Premio Le Maschere di Teatro Italiano 2023 come miglior novità italiana, è prodotto dall’associazione culturale Scimone Frameli e dal teatro Metastasio di Prato.

“Fratellina” racconta di un mondo che ha scordato e perso i propri valori. Protagonisti della giocosa vicenda sono Nic e Nac, che una mattina a sperano di essersi risvegliati in unnuovo tempo, in cui ogni cosa dimenticata possa essere ritrovata. Il loro desiderio diventa reale all’apparizione di Fratellino e Sorellina, due buffi personaggi che esprimono sconforto e denuncia, ilarità e paradosso. La sofferenza e lo stato d’ansia dei 4 protagonisti, interpretati da Spirò Scimone, autore, Francesco Strameli, Gianluca Cesale e Giulia Weber lasciano spazio al sorriso e all’ironia.

“Come al solito – dichiara nelle note dello spettacolo Jean Paul Manganaro – la scena appare scarna: due letti a castello, il che in ogni caso moltiplica per due la consistenza scenica, dai quali osservare e commentare il mondo. Il titolo, Fratellina, al femminile, lascia perplessi e lancia diversi interrogativi. Deve essere pura percezione qui, e la confusione del genere pare esser voluta. I 4 personaggi non indicano attitudini o condizioni di genere, ma stati d’animo e reazioni. Nic e Nac, maschile e femminile misto, e Fratellino e Sorellina, indicano semplici entità teatranti in grado di muoversi come marionette, come pupi, in un mondo rarefatto in cui non contano le trame del reale quali esse siano, ma il divenire delle cose. Come dire che il mondo è pieno di niente, di impressioni vaghe vissute come in un trasognamento. I nomi, insomma, non denominano più grandi o piccole certezze, ma delle potenzialità che prendono forma solo a parole, come si deve, del resto, a teatro. Per esempio la parola ‘cognato’ può indicare il fratello della moglie, ma anche il marito della sorella, in funzione della reale situazione specifica. In questo lavoro è presente l’accorata denuncia di un mondo sempre più vuoto e crudele, dove il senso comune ha perso ogni riferimento e lascia isolati e perduti i loro personaggi, costretti a rifare il ‘mondo’ a parole su dei lettini che mimano più i giacigli delle prigioni che i tappeti volanti su cui sognarsi in viaggio. La grande potenza dell’opera di Scimone è rappresentata dal saper testare e interrogar ancora pienezza e significati delle parole, che ci sembra essere una delle costanti della sua vena siciliana, riportando alla memoria Pirandello. Emerge anche la capacità da parte dell’autore di tenersi alla larga da ogni forma che, anche criticamente, prenda le distanze da atteggiamenti realistici, contando sulla grande forza del convincimento che è il non senso”.

Associazione Scimone Sframeli – Teatro Metastasio di Prato – in collaborazione con il Teatro Comunale di Cagli

Info: teatro Gobetti, via Rossini 8

Orari: Martedì, giovedì e sabato alle ore 19.30 – mercoledì e venerdì ore 20.45 – domenica ore 16

Biglietteria: Teatro Carignano, piazza Carignano 6, Torino. Tel. 011 5169555

Mara Martellotta

Ostana, il premio delle lingue madri dal mondo

Sono stati annunciati i premiati e il programma completo della diciassettesima edizione 

Il premio “Ostana, scritture in lingua madre” è l’evento internazionale dedicato alle lingue madri che ogni anno riunisce Ostana, in provincia di Cuneo, borgo occitano ai piedi del Monviso, autori di lingua madre in tutto il mondo, per celebrare la biodiversità linguistica attraverso parole, musica, cinema. Il premio torna nella nuova edizione da venerdì 27 a domenica 29 giugno nel centro polifunzionale della borgata Miribrart. Nella sua storia il Festival ha dato voce a 96 autori di 50 lingue da tutti e cinque i continenti, consolidando una vera e propria rete internazionale di autori appassionati e sostenitori della diversità linguistica, che fanno di Ostana un appuntamento di riferimento in tutto il mondo, riconosciuto anche dall’Unesco, che ha proclamato il decennio per le lingue indigene 2022-2032.

Sensa raitz pas de flors”, senza radici non ci sono fiori, è il motto che guida lo spirito degli incontri di questa edizione. Si tratta di un verso antico della poesia dell’Occitania medievale, un’immagine semplice e potente. Le lingue madri sono radici profonde che nutrono le identità, che alimentano visioni del mondo irripetibili; preservare una lingua significa non lasciare appassire quel fiore unico che essa rappresenta. La missione del premio Ostana nasce con questa missione: celebrare le lingue come semi per il futuro. Il premio è letterario, dedicato alle lingue madri, senza distinzioni nel numero dei parlanti o ampiezza del territorio, che vuole riconoscere autori e autrici che con la loro opera artistica hanno contribuito a rafforzare le radici delle loro lingue, diventando promotori di un vero risveglio della coscienza linguistica dei luoghi che abitano. Per l’edizione 2025 i premiati che arriveranno a Ostana dal mondo rappresentano forme diverse di perseguire questa missione. La giovane poetessa di lingua galiziana Berta Dàvil, che incarna la lingua come istinto naturale del mondo, il traduttore Eamon Ociosaìn, che ha creato un ponte tra il gaelico irlandese e il bretone, ed esprime la lingua come condivisione, lo scrittore e traduttore bretone Kristian Braz, che porta la sua testimonianza di lingua come autodeterminazione, avendo vissuto un tempo in cui la lingua materna non poteva essere la lingua madre; il regista curdo Mano Khalil, costretto a lasciare la Siria, ha dimostrato con tutta la sua opera il valore della lingua come “casa”, anche se lontano; la compositrice e traduttrice del Burkina Fasu Soulama Matenéé Martine, che racconta come la sua lingua madre, il cerma, possa diventare uno strumento di difesa; la giovane autrice attivista Francesca Sammartino, punto di riferimento della comunità di lingua croata molisana, dimostra il ruolo della lingua nel preservare la memoria storica di un popolo; Marie Olga Sohantenaina, ina arte Olga del Madagascar, canta in lingua malagasy tsimihety, per ricordare l’importanza della difesa ambientale, a dimostrazione di come la lingua madre possa farsi portavoce del senso di responsabilità; la scrittrice occitana Estelle Ceccarini usa la lingua madre per descrivere i suoi luoghi, e diventa il simbolo della lingua come paesaggio.

Tutti gli artisti invitati – dichiara la direttrice artistica Ines Cavalcanti – sono caratterizzati da una poliedrica personalità, che li porta ad agire in un campo specifico, ma nel contempo a essere riferimenti importanti per la loro comunità, promotori di un risveglio della coscienza linguistica dei luoghi che abitano. Abbiamo voluto portare la loro forza linguistica legando i loro nomi a caratteristiche specifiche che ben rappresentano. Ecco che la lingua può essere vista come istinto, condivisione, autodeterminazione, casa, difesa, memoria storica, responsabilità e paesaggio. Testimonianza autentica di un pensiero che ha fiducia nella ricchezza della diversità umana e che si oppone all’omologazione culturale oggi imperante”.

 

Gian Giacomo Della Porta