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Flibco: da Porta Nuova all’Aeroporto di Torino in soli 25 minuti senza fermate

Inaugurato oggi il collegamento bus diretto che permette di raggiungere l’aeroporto dalla stazione di Porta Nuova senza tappe intermedie.

Le corse sono in programma tutti i giorni nelle due direzioni,
dalle 3:45 alle 23:40, ogni mezz’ora.

Flibco, il servizio di shuttle aeroportuali scelto da migliaia di passeggeri torinesi, annuncia l’attivazione di una nuova fermata strategica nel cuore di Torino, in piazza Carlo Felice, angolo via Roma, a pochi passi dalla stazione di Porta Nuova. Grazie a questa novità, il collegamento diretto tra il centro cittadino e l’Aeroporto di Torino diventa ancora più comodo, veloce e accessibile.

I bus Flibco, conosciuti e apprezzati proprio perché non effettuano fermate intermedie, garantiscono un tragitto diretto per l’Aeroporto di Torino in soli 25 minuti. Le corse sono disponibili ogni 30 minuti, tutti i giorni dalle 3:45 alle 23:40.

L’arrivo a Porta Nuova rappresenta un passo importante per essere ancora più vicini ai nostri passeggeri. Con questa nuova tratta, rendiamo il nostro servizio accessibile direttamente dal cuore di Torino, rispondendo alle esigenze di chi cerca un’alternativa semplice, comoda ed economica per raggiungere l’aeroporto” – ha dichiarato Giuseppe Martino, Country Manager di Flibco.

Un supporto concreto per i viaggiatori, anche in occasione dei lavori ferroviari

Fino al 7 settembre il servizio ferroviario tra Torino e Caselle è sospeso per lavori: ecco quindi che Flibco rappresenta l’alternativa più comoda, diretta e affidabile per tutti i viaggiatori che necessitano di un collegamento con l’aeroporto senza stress. Infatti, grazie alla nuova fermata di Porta Nuova, il servizio diventa ancora più accessibile per chi parte dal cuore della città.

cs

Le grange dei marchesi Cavour e Gozzani

Le grange vercellesi costituivano già nei tempi antichi un vasto territorio compreso tra Crescentino, Livorno Ferraris, Trino e 
Fontanetto Po, rappresentando fonte di ricchezza per la presenza di abbondante acqua.
Continuamente contese dalle comunità e abbazie di San Genuario e Lucedio, erano considerate le fattorie dei monasteri. L’abbazia di Santa Maria di
Lucedio fu costruita nel 1109 al tempo di Guglielmo I° di Monferrato, passata ai monaci cistercensi provenienti dalla Francia con atto del 1123 redatto dal marchese Rainero. La tenuta di Lucedio era costituita dalle attuali grange di Castel Merlino, Montarolo (Montis Auriolo), Montarucco, Ramezzana, Darola ovvero la Versailles delle risaie (Corte Auriola), Leri (Alerii) e con altri appezzamenti del Canavese e Monferrato rappresentò la massima espansione della risicoltura.
Leri, una delle grange più antiche, comprendeva una fortificazione oggi inesistente e fu bonificata dai monaci per la coltivazione del riso, acquisita dal monastero di San Genuario nel 1179. Lucedio era una posizione strategica lungo la via Francigena, motivo di scontro tra le dinastie Gonzaga, Savoia e Napoleone, rappresentando un centro di potere economico, politico e religioso. Con l’occupazione francese del Piemonte, la tenuta di Lucedio venne divisa con Decreto della Commissione Esecutiva del 1801 in seimila azioni del valore di 500 lire ciascuna, obbligandone l’acquisto ai cittadini più facoltosi, ma nel 1804 ritornò al demanio. Nel 1807 Napoleone cedeva Lucedio e le sei grange al cognato Camillo Borghese, governatore generale del Piemonte prima della restaurazione, per tre milioni di lire quale quarta parte del prezzo delle 322 opere formanti la galleria d’arte romana del valore di dodici milioni di lire, da lui venduta al governo francese.
Caduto Napoleone, Borghese voleva vendere le sette grange ai privati, ma i Savoia ne sequestrarono i beni dalla Magistratura. Ritenuto illegale il sequestro dal protocollo di Parigi del 1816, le grange furono vendute  dal Borghese nel 1818 al marchese Michele Benso di Cavour, al marchese Carlo Giovanni Gozzani di San Giorgio (figlio di Carlo
Antonio e Sofia D’Oria) e a Luigi Festa, direttore di una società immobiliare di affitti proprietà di Giuseppina Gattinara e Marco Antonio Olivero, già tenutaria delle grange concessa dal demanio nel 1807. La spartizione della tenuta avvenne nella misura di 24/24: 6/24 al Festa con Darola, Montarolo e 1/2 Ramezzana, 6/24 al Cavour con Leri e Montarucco, 12/24 al Gozzani con Lucedio, Castel Merlino, 1/2 Ramezzana e la tenuta S. Bernardino di Trino. La spartizione effettiva avvenne solo nel 1822. All’Ordine Mauriziano furono restituite prima le tenute di Montonero nel 1818, quindi Gazzo e Pobietto nel 1827, già passate al demanio e poi vendute alle Regie Finanze dello Stato nel 1854.
La comunità di Lucedio fu così soppressa e aggregata al comune di Trino nel 1818 e ancora oggi ne forma una frazione. Michele Benso era in effetti l’amministratore di Lucedio, ma il Borghese voleva inserire al suo posto Evasio Gozzani di San Giorgio, già amministratore, con il figlio Giuseppe, del Borghese e della moglie Paolina Bonaparte nelle segreterie di Roma. Non trovando accordo economico, Evasio (definito il marchese pazzo) propose l’acquisto di Lucedio al nipote Carlo Giovanni, il quale era già in affari con il Benso per la creazione della prima società di navigazione del lago Maggiore con una società di Locarno. Evasio riuscì ad inserire in casa Borghese il nostro architetto Luigi Canina, dove ebbe inizio la propria fortuna. Carlo Giovanni nel 1827 lasciò in eredità il suo enorme patrimonio, costituito in sette milioni di lire, al cugino d’Austria Felice Carlo Gozani.
Con il proprio fallimento dichiarato dal tribunale di Casale nel 1861, in parte dovuto al gioco d’azzardo, Felice Carlo fu costretto a vendere le grange di Lucedio a Raffaele de Ferrari duca di Galliera, insignito nel 1875 del titolo principe di Lucedio per i servizi resi alla patria dai Savoia con Regio Decreto. Le stazioni ferroviarie genovesi furono intitolate ai coniugi de Ferrari, Genova Principe di Lucedio de Ferrari e Genova Brignole dal nome della moglie Maria Brignole Sale. Tramite l’acquisto del conte Paolo Cavalli d’Olivola nel 1937, oggi Lucedio è proprietà della figlia contessa Rosetta, pronipote della contessa Paolina Gozani sepolta a Casale nella tomba gentilizia del marito Alessandro Cavalli d’Olivola, legale del padre Felice Carlo sepolto a San Giorgio nella tomba gentilizia del conte Umberto Cavalli d’Olivola. Il marchese Carlo Giovanni e i suoi genitori sono sepolti nel sotterraneo, da loro acquistato, della chiesa parrocchiale di San Giorgio edificata dal nonno di Carlo Giovanni, marchese Giovanni Battista Gozzani.
Titus Gozani, ultimo marchese di San Giorgio vivente della linea austriaca e la moglie Eva Maria Friese, abitanti in Germania, nel 1998 fecero visita alla cugina Rosetta nella tenuta di Lucedio e nel 2019 ritornarono, su nostro invito, nelle proprietà dei loro antenati, i palazzi Treville e San Giorgio Gozzani di Casale e il castello Gozzani di San Giorgio. Il padre di Titus, marchese Leo Ferdinando III°, incontrò nel 1937 il cugino conte Paolo Cavalli d’Olivola nel castello Gozzani di San Giorgio. La grangia di Leri proprietà di Michele Benso, vicario e sovraintendente generale di polizia e politica di Torino, venne affidata nel 1835 al secondogenito Camillo e alla contessa di Clermont-Tonnerre, società che si sciolse con la morte del marito.
La nuova società formata dal conte Camillo Benso di Cavour, dal fratello primogenito marchese Gustavo e dall’agricoltore Giacinto Corio portò una forte innovazione all’azienda applicando i nuovi principi dell’agronomia, confermando quanto Camillo aveva manifestato nella valorizzazione delle
Langhe. Da pochi anni è in corso un progetto di recupero per tutelare e valorizzare il Borgo Leri Cavour, luogo di riposo dello statista, promosso dall’associazione L.E.R.I. Cavour ODV presieduta da Roberto Amadè. Il Borgo ha organizzato domenica 11-12-2022 il primo concerto di Natale sul piazzale della chiesa, ospitando il Casale Coro diretto dal maestro Giulio Castagnoli.
Armano Luigi Gozzano 

Il torinese Silvio Fasano Patron del concorso di bellezza maschile ad Alassio

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Silvio Fasano è uno dei personaggi più conosciuti e stimati di Alassio  ormai da tanti anni. E’ il fotografo e giornalista principe del Ponente, corrispondente storico del Secolo XIX, testimone della storia di Alassio e del suo territorio con un  archivio preziosissimo  di fotografie che dovrebbero essere esposte e conservate in qualche museo perché testimoniano la vita del Ponente nei momenti lieti e tristi , importanti e quotidiani. Il sindaco Canepa lo ha insignito dell’Alassino d’oro, la più alta onorificenza alassina. Fasano per tanti turisti e residenti è famoso  almeno come il bacio di Alassio. Da tanti anni egli organizza il concorso nazionale   “Il più bello d’Italia“, raccogliendo ad Alassio  la meglio gioventù italiana. La manifestazione che riempie di pubblico la grande piazza partigiani, ieri sera è stata aperta dal suono dell’inno di Mameli di fronte a cui il pubblico non si  è subito alzato in piedi, seguendo il generale Odello e chi scrive: un brutto segno dei tempi che viviamo: “patriai tempore iniquo”, avrebbe detto il poeta Lucrezio. Ma  il colto e patriota Fasano aveva scelto di iniziare con il suono di un Inno, scritto da un giovane e cantato da tanti giovani nel Risorgimento  imparato da Fasano alla scuola dei Salesiani di Torino che abbiamo frequentato insieme. Ho visto sfilare una gioventù diversa, quasi nessun cappellone  e pochi tatuaggi, una gioventù sportiva che fa ben sperare per il futuro d’Italia. La presentatrice ha detto più volte giovani “ belli dentro e fuori “. Ed aveva ragione. Giovani anche in giacca e cravatta, oggi una rarità.
Avrei dovuto dire quattro parole al pubblico su invito di Fasano. Mi ero preparato in mente un discorsetto in cui avrei voluto dire semplicemente che auguravo a questi giovani di avere una vita di pace come ha avuto la mia generazione e non ha avuto quella di mio padre che ha servito l’Italia in guerra. Poi, attorniato da tre splendide ragazze che erano insieme con me sul palco, mi sono un po’ perso e mi sono  limitato a dire che a me piacciono solo le donne. Bene i baldi e pettoruti ragazzi concorrenti, ma le  belle donne restano per me l’unico oggetto di desiderio, come anche a Silvio Fasano che con il suo concorso sfida il politicamente corretto e altri luoghi comuni d’oggi che lascio immaginare. Ci vorrebbe tanta gente come Fasano che sa premiare una gioventù non afflosciata su se’ stessa che non ha già perso il piacere della vita  come tanti smidollati “fragili” ed ama la natura e l’amore come Dio comanda, anche se non  credenti.

“Torino non riesce a svoltare, troppe occasioni perse” Giachino: “no a chi ci ha fatto perdere le Olimpiadi 2026 e voleva farci perdere la TAV”

L’intervento di Mino Giachino*

Caro Direttore,
Dopo alcuni giorni di vacanza tra la Liguria e Bardonecchia, corroborato dal grande esempio di S. Bartolomeo che per non rinunciare alle proprie idee di lasciò scorticare vivo, riprendo a parlare di Torino che sembra proprio non aver voglia di rilanciare economia e lavoro serio perché i lavoretti sono poveri e non danno nessuna garanzia di futuro. Oggi viviamo ancora in una Città e in un Paese dove la quota dei pensionati aumenta e una buona parte di questi con una pensione discreta ma Tu te la immagini Torino tra trent’anni con meno giovani e una quota di pensionati con pensioni più povere ? Perché il lavoro a tempo parziale di oggi purtroppo dara pensioni povere . Ci sono due dati che ci debbono preoccupare. Essere la capitale dei cassaintegrati vuol dire che quasi centomila famiglia stanno vivendo da tempo e ancora così per qualche anno con uno stipendio falciato del  40% ; secondo siamo la prima Città in Italia per numero di auto che viaggiano senza assicurazione perché il proprietario non è in condizione di pagarla.
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La metà della Città che non se la passa bene secondo la famosa frase dell’Arcivescovo Nosiglia, oggi sta peggio rispetto a 4 anni fa, quando venne eletto Lorusso, e non gli cambieranno la vita gli alberi e i disegni immaginati dall’Architetto Carlo Ratti, che sta lavorando al progetto di rinnovo urbano dell’area di corso Palermo sino al centro di Barriera. Ascolto sempre con interesse Carlo Ratti ma questa volta mi pare che il suo lavoro sul nuovo Piano Regolatore manchi di una Visione strategica di Torino. Lui che prima aveva immaginato di unire Torino a Milano , col che Torino sarebbe diventata la periferia più bella e storicamente interessante della Città del panettone ora, dalla intervista a La Stampa di sabato scorso, vede la stazione di Porta Susa come il semplice collegamento all’Alta Velocità e non vede come Torino con il collegamento con Lione e Parigi potrà diventare una nuova Capitale internazionale con una Storia industriale, sociale e culturale unica?  Torino dopo la vendita della Iveco che segue alla perdita di altre decine di sedi aziendali e di marchi prestigiosi degli ultimi venticinque anni, inizia a mordersi le mani per la occasione persa delle Olimpiadi 2026 di Milano Cortina . Le Olimpiadi avrebbero potuto vederci primattori perché mentre di là alcuni impianti non saranno pronti qui noi avevamo impianti pronti e collaudati. A Febbraio per tre settimane Milano, la Valtellina , Cortina e le Dolomiti oscureranno le nostre montagne grazie alla cultura della decrescita dei cinque stelle.
Ma Lorusso si preoccupa già della alleanza con cui vincere tra diciotto mesi alle prossime elezioni comunali. Quelli che volevano farci perdere la TAV e che ci hanno fatto perdere le Olimpiadi del 2026 saranno determinanti per la nuova coalizione di Lorusso. Siamo matti? Una Città di ristoranti come l’ha definita la Signora Tiziana, italiana che vive a New York da venticinque anni e qui per alcuni giorni di vacanza.
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La Torino che produce, la Torino che dà servizi di qualità alla nostra Città, la Torino cattolica che aiuta le tante Istituzioni di carità non può star ferme di fronte a un campo largo pericolosissimo per il futuro della Città di Cavour, di Don Bosco, della Fiat e della Lancia, del Cottolengo e dello Juvarra .
Certo la politica ha bisogno di un anima ma ha anche bisogno del grande valore aggiunto dei cattolici impegnati nel sociale. Partendo dai grossi problemi di oggi e riprendendo là lezione dei grandi Sindaci DC del dopoguerra come Peyron e Grosso , utilizzando la esperienza e la alta preparazione di Docenti e imprenditori di centro ,  dobbiamo preparare un programma che dia una speranza alla metà della Città che sta male e una certezza di futuro alla metà della Città più fortunata. Ne parleremo a settembre in un bel convegno che terremo a Bardonecchia perché alla montagna dei torinesi ci teniamo.
* già Sottosegretario alle Infrastrutture
leader SITAV SILAVORO 

Treni, in Piemonte settembre inizia con un altro sciopero

A settembre 2025 in Piemonte è previsto un importante sciopero ferroviario che si svolgerà dalle 21 del 4 settembre alle 18 del 5 settembre, coinvolgendo sia i treni passeggeri come regionali, Intercity e Frecce sia il trasporto merci e il trasporto pubblico locale. Saranno garantite solo alcune fasce orarie, dalle 6 alle 9 e dalle 18 alle 21, mentre il resto del servizio potrà subire cancellazioni e ritardi con conseguenti disagi per i pendolari e chi viaggia per lavoro o studio. Le ripercussioni si estenderanno anche in ambito urbano, dato che il TPL sarà fermo per l’intera giornata del 5 settembre, e la riduzione dei convogli merci potrà incidere sulla logistica. Negli ultimi dodici mesi i piemontesi hanno già affrontato diversi scioperi ferroviari: a settembre 2024 un blocco nazionale ha creato rallentamenti diffusi, a gennaio 2025 un’altra agitazione ha interessato tutto il weekend, in aprile e maggio ci sono state due interruzioni di quasi 24 ore che hanno colpito direttamente Piemonte e Valle d’Aosta, mentre il 23 maggio si è svolto uno sciopero nazionale che ha fermato l’intero gruppo FS. A questo si aggiungono proteste minori, talvolta revocate all’ultimo momento, che però hanno contribuito a rendere incerta la mobilità. Le testimonianze dei pendolari raccontano viaggi saltati, autobus sostitutivi arrivati dopo ore e una crescente frustrazione, segno che la frequenza di queste agitazioni ha un impatto diretto e pesante sulla vita quotidiana di studenti e lavoratori.

Si barrica in casa armato, 28enne si toglie la vita

Quando i carabinieri sono entrati in casa il giovane di 28 anni che  si era barricato nella sua abitazione al civico 40 di via Farinelli, a Torino, si era tolto la vita. Ieri pomeriggio i vicini di casa lo hanno sentito urlare e hanno chiamato i carabinieri, giunti sul posto con un negoziatore. Sono intervenuti anche il 118 e i vigili del fuoco. Nonostante i tentativi di salvarlo il giovane si è tolto la vita.

Manifesti abusivi e strappati, pugno in un occhio in via Roma

SU 👍 E  GIÙ 👎
Cosa va e cosa non va a Torino 

GIÙ 👎 Sulle colonne in granito dei portici di via Roma campeggiano manifesti abusivi e strappati. Un’immagine indecorosa per la via più prestigiosa della città, che dovrebbe accogliere turisti ed eventi internazionali come la Vuelta. Possibile che nessuno intervenga?
Basterebbe poco: un raschietto, una bacinella d’acqua e sapone e qualche ora di lavoro da parte degli operatori Amiat. Invece il centro resta imbrattato, lasciando ai visitatori un’impressione di incuria che Torino non merita.

 

Phubbing, stare al cellulare può essere antisocial

Di recente creazione, il termine inglese phubbing è la fusione tra phone (cellulare) e snubbing (snobbare).

Nella sostanza, invece, questo neologismo corrisponde alla poco gradevole attività, e in alcuni casi anche nociva, che molti compiono stando ininterrottamente al cellulare, ignorando gli altri in loro compagnia e sminuendo di fatto il valore delle relazioni concrete e tangibili.

Non si tratta di guardare ogni tanto il telefono o di rispondere alle chiamate di lavoro, ma di una attenzione permanente nei confronti dello strumento più usato del secolo che promette una vita social in costante aggiornamento, ma che spesso ci fa trascurare le persone vicine che con noi condividono spazi e tempo; con questa condotta si attua una vera e propria mancanza di considerazione nei confronti di coloro che ci vorrebbero vivere, ascoltare e parlare ed è molto probabile che si perda il contatto col mondo reale.

Al bar con un amico, a casa con i figli o anche durante un incontro di lavoro a chi non è capitato di stare con persone che dovrebbero rivolgerci l’attenzione ma che invece fissano ipnotizzati il cellulare, consultano i vari profili social, controllano ossessivamente le email o fanno shopping online? E’ molto frustrante essere in competizione con un mini aggeggio che ha il potere di annullare una conversazione, lo scambio tra individui e persino una sana discussione, ma purtroppo questa abitudine disfunzionale è sempre più frequente. Io per conto mio se capisco che la situazione sta prendendo una piega non tollerabile comincio con l’emettere piccoli sospiri, proseguo con manifestare facce seccate e, infine, con una scusa mi congedo sperando che il messaggio “ci sono anche io” arrivi diretto.

Questo non saper fare a meno di attenzionare il cellulare di continuo è a tutti gli effetti una dipendenza causata dall’ansia di essere tagliati fuori dalle notizie, dagli aggiornamenti e in generale dal circuito di internet e dei social network; si tratta di una vera e propria paura, la Fomo, in inglese “fear of missing out”. Ci sono anche altre cause per cui si ignora il mondo circostante dedicandosi quasi esclusivamente allo smartphone, per esempio la noia e, in alcuni casi più gravi, alcuni tratti della personalità che rimandano al neuroticismo che provoca instabilità emotiva e disadattamento.

“La buona notizia è che l’intelligenza sociale si può imparare, attraverso l’esperienza, l’ascolto attivo o una riflessione sugli errori compiuti o osservati negli altri”. E’ importante, facendo un passo per volta, riabilitare quella fondamentale capacità che ci rimette in sintonia con gli altri, quella attitudine sociale che ci fa connettere realmente con gli altri ponendoci in modalità di ascolto e di empatia. Un telefono per quanto smart sia non può sostituire le persone, la rete con tutti i suoi ammalianti contenuti è un luogo fittizio e limitante. Senza voler togliere i meriti a sistemi che hanno rivoluzionato la nostra vita in maniera decisamente positiva facilitando molte delle nostre attività, nulla può prendere il posto delle conversazioni in presenza, niente può sostituire lo stare insieme condividendo sensazioni, emozioni ma anche

gli scenari e l’ ambiente circostante. Qualsiasi macchina per quanto potente non può sostituire l’essere umano.

MARIA LA BARBERA

 

Fonte: Focus

Torino, un triste anniversario per l’Ucraina

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IL TORINESE WEB TV

Manifestazione CUT (Comunità Ucraini Torino) in piazza Carignano in occasione del 34 anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina.

Ai nostri microfoni, la vicepresidente dell’Associazione CUT commenta in modo molto addolorato l’attuale situazione nel suo paese.

Francesco Valente

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