ilTorinese

Dissesto idrogeologico e cambiamenti climatici

Retorica e luoghi comuni, di fronte all’ennesimo disastro ambientale, non servono.

Cambiamenti climatici e abbandono dei territori montani sono cause primarie di quanto avvenuto – e purtroppo rischia di succedere nuovamente – in Piemonte, Liguria, Val d’Aosta. Un binomio pericoloso sul quale occorre una riflessione politica e istituzionale seria, sulla quale montare investimenti e processi duraturi di intervento. Come quello del Piemonte, che sin dal 1997 ha una piccola porzione di tariffa idrica pagata da tutti i piemontesi (4 euro l’anno a famiglia) destinata ai territori montani per interventi di prevenzione del dissesto. Venti milioni di euro l’anno. “Se non ci fossero – precisa Marco Bussone, Presidente Uncem – la situazione sarebbe ben peggiore, anche nelle città del fondovalle. Ecco perché occorre ripartire da qui, in tutte le Regioni italiane. Un sistema sussidiario, già presente anche in Emilia-Romagna e nelle Marche, oltre ad altri investimenti forti. A partire da 20 miliardi di euro del Recovery Fund. Il 10 per cento del Next generation UE da investire in prevenzione del dissesto”. E non solo. “Venti miliardi di euroDieci per cento dei fondi del Piano nazionale Ripresa e Resilienza – precisa Bussone – da investire in due anni per la prevenzione del dissesto che ha un asse fondamentale nell’attuazione della Strategia forestale nazionale. Abbiamo in Italia 11 milioni di ettari di boschi, un terzo della superficie complessiva del Paese, e non lo sappiamo. Un milione in Piemonte, in crescita. Il dissesto si origina da foreste non gestite, non pianificate, e che non drenano più. Versanti troppo carichi, foreste non certificate, boschi d’invasione. E ancora, proprietà troppo piccole, parcellizzazione dei fondi che poi sono abbandonati. Facciamo una seria analisi su questo fronte. Che è dovuto all’abbandono, allo spopolamento della montagna”.

Occorre intervenire, secondo Uncem, per facilitare il recupero di superfici agricole, per superare la frammentazione fondiaria con le “associazioni fondiarie”, per dare forza e attuazione alla Strategia forestale nazionale, per rigenerare muretti a secco, “Patrimonio dell’Umanità” ma oggi in abbandono, e ancor prima per agevolare chi vuole reinsediarsi recuperando attività agricole e zootecniche sui versanti. Sono loro, questi reinsediamento, il primo antidoto ad abbandono e fragilità. Garantiscono servizi ecosistemici-ambientali all’intero Paese. Alle Città. Il problema nei Comuni montani non è il consumo di suolo! Bensì l’abbandono e la parcellizzazione del suolo! Aver perso agricoltura e superficie agricola mostra oggi gli effetti. Anche su questo occorre potenziare una Strategia per le aree montane e interne che deve vedere al centro i Comuni che imparano a lavorare insieme, nelle valli alpine e appenniniche, a pianificare (anche la pianificazione forestale è imprescindibile, “di valle) e a investire insieme.

In questa direzione si spinge anche Giampiero Lupatelli, Economista territoriale, alla guida del Consorzio Caire di Reggio Emilia, uno dei centri più forti, lungimiranti e capaci nelle analisi delle dinamiche territoriali. Caire ha curato con Fondazione Montagne Italia tre edizioni del Rapporto Montagne Italia. “La indignazione superficiale e la ricerca di facili colpevoli per gli eventi di queste ultime ore – evidenzia Lupatelli – è la risposta degli sciocchi ad eventi che hanno radici complesse, a paritre dal cambiamento climatico indotto dal riscaldamento globale, e lontane, nello spazio e nel tempo, dagli eventi traumatici. Credo che di fronte a questi eventi il Paese si debba interrogare assai più che sulla cementificazione, sull’abbandono“. Lupatelli evidenzia che dal 1961, primo censimento della agricoltura italiano, conseguenza diretta dell’avvio di una politica comune dell’Europa che allora si chiamava CEE e raggruppava appeno sei Paesi, al censimento del 2010, l’ultimo condotto sin ora, la superficie territoriale direttamente riconducibile al controllo delle aziende agricole è diminuita di 93mila chilometri quadrati (dei 300mila che formano il territorio nazionale). Praticamente un terzo del territorio nazionale è uscito dal controllo dei contadini e meno del 10% di questo territorio agricolo e forestale sottratto all’occhio e alla mano dei contadini è stato occupato dalla città, cementificato come usa dire qualcuno. “Quasi 90mila chilometri quadrati sono invece usciti dai nostri radar – evidenzia Giampiero Lupatelli – confinati nella terra di nessuno dove l‘inselvatichimento riduce drammaticamente la funzionalità idraulica di un territorio che è stato largamente antropizzato negli ultimi millenni, riduce i tempi di corrivazione delle piene, aumenta il trasporto solido nelle acque. Produce i disastri che abbiamo visto”.

Ogni volta – ed è sempre più frequente – che le luci dei riflettori si accendono sui territori del nord ovest e della Liguria in particolare (di un Ponente ligure cui la mitezza del clima aveva assicurato un radioso decollo della frequentazione cosmopolita delle aristocrazie europee alla fine dell’Ottocento), “non posso fare a meno di rammentare che proprio qui, in questa Regione, l’abbandono della seconda metà del Ventesimo secolo ha conosciuto un picco: non il 30% della media nazionale ma l’80 (ottanta!) per cento”, spiega da Caire. “Non possiamo rivolgere gli strali del nostro rancore ai padri e ai nonni che hanno abbandonato terre ostili e ingrate – sottolinea ancora Giampiero Lupatelli – Dobbiamo rivolgerli a noi stessi che abbiamo assistito a questa trasformazione epocale, senza applicare un briciolo della nostra intelligenza a esplorarne le modalità e le conseguenze ed ancor meno affidando alla nostra determinazione la volontà di trovarvi rimedio. Questo è il momento delle scelte. Politiche ed economiche chiare“.

Torino che scrive: quando la poesia vince la pandemia

Pochi giorni fa ho avuto il piacere di partecipare alla premiazione del Concorso Nazionale per Poesia e Narrativa breve, unica edizione, intitolata “Epidemia di Parole”, iniziativa indetta dal Centro Studi Cultura e Società di Torino. 

Il riferimento alla pandemia è evidente e voluto: il difficile periodo di reclusione è ancora limpido nella nostra memoria, le restrizioni giustamente imposte ancora ci intimoriscono ed è inutile negare che tutti abbiamo paura di dover rivivere un altro “lockdown”.
Credo che ognuno abbia affrontato a modo suo questo particolare infelice momento, io, come molti altri “appassionati”, mi sono affidata all’arte e alla creatività per rielaborare quanto vissuto e provato. Nel “male” della reclusione, ho trovato di nuovo il tempo di leggere un po’ di più, di visitare qualche museo on line, di lavorare su alcune fotografie e, soprattutto, ho ritrovato la possibilità di dedicarmi alla “libera scrittura”.
Il Concorso “Epidemia di Parole” ha dato la possibilità a molti di “rielaborare se stessi” adattandosi alla nuova circostanza, e di fare il punto della situazione attraverso la parola scritta; l’iniziativa ha così fornito l’occasione ai partecipanti di mettere nero su bianco pensieri, sensazioni, stati d’animo assai complessi.
Nel corso della cerimonia, i premiati (me compresa), chiamati via via al microfono, hanno interpretato i propri scritti, ognuno differente, specchio delle molte sfaccettature della stesa realtà; i testi declamati erano più o meno brevi confessioni liberatrici, e, dopo la lettura, ci siamo tutti sentiti un po’ più sollevati, perché, come diceva Calvino, “Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto”. È stato come togliersi un peso dallo stomaco.
Ho molto gradito la ( più che benevola) motivazione della giuria riguardo al mio testo: “Non siamo parte del mondo”, stesa da Claudia Murabito: “La poesia rappresenta in modo sintetico ma preciso, lo stato dell’essere durante questa pandemia. I versi asciutti e intrisi di significato profondo, portano il lettore alla conoscenza interiore di ciò che si prova nella mancanza di libertà e di chiusura. È una speranza a godere dei momenti che ci vengono dati, anelando ad una vita fuori da sé, ma consapevoli”.
Le opere in concorso sono state riunite in un volumetto stampato a Torino, presso la Tipografia AGAT, nel settembre 2020; la raccolta riporta il titolo del bando e i loghi della Regione Piemonte, Torino Città Metropolitana e della Circoscrizione 3, Enti che hanno supportato l’iniziativa.
Lungi da me proclamarmi “scrittrice” o tantomeno “poeta”, termini che si addicono a personalità di ben altra levatura e che davvero rientrano nei canoni che Orazio aveva definito nella sua “Ars Poetica”; a mia discolpa dico che mi piace scrivere e che dopo averlo fatto sto meglio.


Ma questo ovviamente non lo affermo solo io. Sono molti gli studi che utilizzano la scrittura come terapia, si pensi ad esempio alla “scrittura terapeutica”, alla “medicina narrativa” o alla tecnica dello “storytelling”. Un piccolo inciso: il termine “terapia” non ci deve far pensare alle situazioni più estreme come inguaribili malattie mentali, ma vorrei che qui fosse inteso nel senso di “prendersi cura”, meglio ancora “prendersi cura di sé”. È  appurato da varie indagini che scrivere è terapeutico, poiché tale azione scioglie i blocchi e le paure dell’animo e ci aiuta a essere consapevoli di noi stessi. E ditemi, c’è qualcuno che non ne ha davvero bisogno? Inoltre fateci caso, gli stessi grandi autori trattano la materia come qualcosa di fortemente organico, Hemingway e Nietzsche assimilano l’atto del narrare a quello del sanguinamento, Anna Frank redige i suoi pensieri per scrollarsi di dosso i dolori e le fatiche, per Isaac Asimov scrivere è vivere, perché se non lo facesse morirebbe. Ne conviene che “scrivere” è più che utile, ma per nulla facile. Non solo, chi decide di dedicarsi alla scrittura, decreta anche di lasciare un pezzetto di se stesso sulla carta stampata, azione assai coraggiosa, non credete?
D’altro canto, ricordando Croce, il punto d’inizio della storia umana è stato segnato nell’invenzione della scrittura, dell’atto, cioè,  di “tracciare con lo stilo”, ossia in latino “scribere”, appunto “scrivere”.
Gli studiosi concordano sul fatto che la scrittura comparve in maniera indipendente in due luoghi, in Mesopotamia, intorno al 3000 a.C., grazie soprattutto ai Sumeri, i quali dal basico sistema dei “ciotoli” passarono prima all’utilizzo della scrittura pittografica e poi a quella cuneiforme, e in Mesoamerica, territorio in cui furono ritrovati diversi manoscritti risalenti al 600 a.C., tra cui quelli della popolazione messicana degli Olmechi. Non è qui  il caso di affrontare l’interessantissimo tema della nascita dell’alfabeto nella civiltà greco-romana che più ci riguarda.
La scrittura ha una sua propria e complessa storia; la sua evoluzione segue lo sviluppo dei sistemi di rappresentazione del linguaggio attraverso i mezzi grafici delle diverse civiltà umane. Detta così sembrerebbe una mera questione meccanica e asettica, eppure l’uomo non ha imparato a scrivere solo per documentare e tenere i conti, bensì per esprimersi e per comunicare.
L’uomo scrive  per mettersi in contatto con gli altri, con il mondo esterno e con se stesso.
Quanto a me, scrivo perché mi piace dire il mio punto di vista e mettermi alla prova, e soprattutto perché amo rielaborare con cura e porre l’attenzione su ciò che è oggetto dei miei studi e delle mie ricerche. Ma amo anche “dilettarmi” di poesia, tanto che – se posso dire in tutta umiltà – alcuni miei componimenti sono stati pubblicati in tre antologie.
Difficile spiegare che cosa si prova durante la stesura di un racconto o di una poesia, di un saggio o di un articolo, e ancora più difficile è spiegare che cosa significhi avere l’ispirazione e la voglia di mettersi lì e incidere il foglio (o, meglio, mettersi al computer) con quello che si sta pensando in un determinato momento, così come è assai arduo descrivere il fastidio di quando si viene interrotti perché è tardi o si deve mangiare o bisogna uscire.
L’unico modo è provare: scrivete per credere.

Alessia Cagnotto

 

Zangrillo nomina il nuovo coordinatore dei giovani azzurri

Il nuovo responsabile  regionale è Ludovico Seppilli

Riceviamo e pubblichiamo / “Ieri ho provveduto insieme con il coordinatore nazionale dei Giovani di Forza Italia Bestetti a presentare il nuovo coordinatore regionale dei Giovani del Piemonte ai vertici locali del partito. La scelta è ricaduta su Ludovico Seppilli che in questi anni ha saputo maturare un’importante esperienza sia amministrativa che politica avendo rivestito ruoli sia a livello parlamentare, all’interno della segreteria di un ministro, sia a livello di amministrazioni locali. Questa nomina va nella direzione del rinnovamento da più parti auspicato di Forza Italia per un rilancio capace di premiare le competenze e la lealtà verso i valori e gli ideali azzurri, rifuggendo qualsiasi forma di personalismo autoreferenziale. Sia Bestetti che io siamo certi che Seppilli si impegnerà con passione per riuscire ad attrarre nuove risorse all’interno del nostro partito che mai come ora devono costruire la classe dirigente ed elettiva non di domani ma di oggi. Forza Italia ha bisogno di idee giovani e della sana incoscienza e abnegazione che solo una giovane età ha come plus. Da parte mia, di tutti i coordinatori provinciali del partito, di militanti e simpatizzanti va a Ludovico il migliore augurio di buon lavoro. E come dico sempre Forza Piemonte, Forza Italia!”. Ad affermarlo in una nota il deputato di Forza Italia Paolo Zangrillo, coordinatore regionale degli azzurri del Piemonte.

L’assessore: “Preoccupano i conti della Sanità”

«Vedo che sulla rendicontazione approvata  in Consiglio regionale, il Centrosinistra non si rassegna ad ammettere le proprie gravi responsabilità nella passata gestione della Sanità.

I numeri certificati dalla Corte dei Conti non fanno che confermare quanto si è sempre sostenuto fin dall’insediamento della nostra Amministrazione e cioè che i bilanci approvati e certificati delle Aziende sanitarie locali del Piemonte vanno male, tanto che non è per nulla scongiurato un nuovo piano di rientro. I conti della Sanità regionale del 2019 si sono pareggiati grazie alle risorse straordinarie “una tantum” (144 milioni) delle Aziende sanitarie locali, ma lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze ha definito “strutturalmente debole” l’equilibrio economico della nostra Sanità, rilevando l’anno scorso un disavanzo strutturale di ben 150 milioni di euro. Nel corso dei sei mesi della nostra Amministrazione del 2019, siamo riusciti a raddrizzare la situazione contabile con vigorose manovre di efficientamento e riduzione della crescita dei costi, ma l’eredità strutturale del passato continua a pesare come un macigno sul futuro dei nostri conti sanitari. Rimaniamo sotto stretto monitoraggio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, consapevoli che l’emergenza covid non giocherà certamente a favore dei bilanci futuri».

Cosi l’assessore regionale alla Sanità del Piemonte, Luigi Genesio Icardi, sul dibattito in Consiglio regionale relativo all’approvazione del rendiconto 2019.

«Sul fronte dell’edilizia sanitaria – continua l’assessore Icardi -, sempre nel 2019 abbiamo ottenuto risultati storici, sbloccando progetti di primaria importanza come la Città della Salute di Torino e la Città della Salute e della Scienza di Novara. Così come sta per risolversi l’avvio del progetto dell’ospedale dell’Asl To5, in attesa solo della perizia definitiva per l’individuazione della sede, mentre sono già state attivate le richieste di finanziamento per le nuove strutture ospedaliere di Alessandria e Cuneo. Una programmazione in piena attività, alla quale abbiamo appena affiancato l’investimento di 35 milioni di euro per la realizzazione di un software unico di amministrazione, con l’obiettivo di efficientare al massimo la gestione dei flussi contabili delle Aziende sanitarie locali del Piemonte».

Alluvione, il capo della protezione civile ha incontrato i sindaci

I danni quantificati sono importanti, ma credibili. Saremo tempestivi”

Sopralluogo ieri in Piemonte del capo Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, che ha sorvolato in elicottero i luoghi del Piemonte colpiti dall’alluvione del 2-3 ottobre e incontrato i sindaci del territorio.

“La Regione Piemonte ha dimostrato in una situazione in cui era gravemente colpita di riuscire con le proprie forze a reagire e intervenire – ha sottolineato Borrelli – I danni che avete quantificato sono importanti, ma sono credibili”.

Prima tappa ad Omegna (Vco) accompagnato dall’assessore alla Protezione civile, Infrastrutture e Trasporti Marco Gabusi, poi sorvolo in elicottero di Varallo (Vc) e Romagnano Sesia (No), altro sopralluogo in Valle Cervo (Bi) insieme al ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, incontro con i sindaci delle province di Biella, Vercelli, Novara e Verbano-Cusio-Ossola presso l’aeroporto di Biella, riunione a Limone Piemonte (Cn) con le amministrazioni locali ed infine, con il ministro alla Pubblica amministrazione Fabiana Dadone, sorvolo dell’Alta Val Tanaro (Garessio e Ceva) per concludere ad Alba con il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, il vicepresidente della Regione Fabio Carosso, il presidente della Provincia di Cuneo Federico Borgna, i commissari dell’Unità di Crisi Vincenzo Coccolo e Antonio Rinaudo e i sindaci del Basso Piemonte e della provincia di Torino.

La prossima settimana i tecnici del Dipartimento nazionale di Protezione civile saranno in Piemonte per verificare con gli enti locali le diverse esigenze.

Borrelli ha anche annunciato che, dopo la prima fase emergenziale relativa alle spese sostenute per i soccorsi, l’assistenza alla popolazione e le prime urgenze, il presidente della Regione Cirio – che sarà commissario delegato – provvederà con la sua struttura a realizzare in 90 giorni una ricognizione dei fabbisogni della fase 2.

“Vi posso assicurare – ha concluso Borrelli – che saremo il più tempestivi possibile in accordo con la Regione. Se riusciremo porteremo in Consiglio dei Ministri la dichiarazione di stato di emergenza già la settimana prossima, altrimenti andremo a quella dopo. Di questo vi chiedo già scusa preventivamente, ma abbiamo iniziato dal Piemonte e adesso andremo in Liguria e Valle d’Aosta e la vastità del territorio richiede verifiche puntuali”.

“Quando ho chiesto un miliardo di euro qualcuno a Roma ha sorriso, ma non si sorride di fronte ai danni che reclama il Piemonte – ha sottolineato il presidente Cirio – Il Piemonte oggi ha bisogno dello Stato e se scriviamo un miliardo è perché siamo certi dell’entità dei danni, perché facciamo le cose seriamente. Sono soldi dei piemontesi che devono ritornare sul territorio”.

Nel corso di questa due giorni di incontri in Piemonte, ieri il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia si è detto disposto a valutare la nomina del commissario per il ripristino del Tenda, mentre il ministro per la Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone ha annunciato di aver chiesto che nella prossima manovra finanziaria vengano introdotte semplificazioni burocratiche per la pulizia degli alvei dei fiumi e per le opere contro il dissesto idrogeologico, essendo importante la velocità con la quale si riescono a fare gli atti necessari per realizzare gli interventi.

La prossima settimana invece la Regione porterà la ricostruzione del Piemonte alluvionato anche all’attenzione dell’Unione Europea: lunedì e martedì il presidente Cirio sarà a Bruxelles per incontrare i commissari al Bilancio, Johannes Hahn, e all’Economia, Paolo Gentiloni, ai quali chiederà l’attivazione del Fondo di Solidarietà Europeo, per accedere al quale farà da capofila anche per la Liguria e le francesi Rodano Alpi e Provenza-Alpi-Costa Azzurra, in modo da mettere insieme le aree confinanti colpite.

Garessio, la Torre dei Saraceni narra antiche leggende

Dall’alto osserva la devastazione di Garessio e di Ormea, il fango che ai primi di ottobre ha invaso i centri storici lasciando garessini e ormeaschi senza luce, acqua e gas, i ponti travolti dalla furia del fiume, i cimiteri spazzati via dall’esondazione del Tanaro, le bare aperte tra alberi sradicati e detriti, dolori e lamenti in valle.
Qualcuno guarda lassù, in cima al monte, e la vede forte e intatta come quando resistette alle violente scorrerie dei Mori giunti sulle nostre montagne a portare sofferenze e disgrazie. È la Torre dei Saraceni che illumina il paesaggio autunnale, oggi devastato dall’alluvione, nella piccola frazione Barchi tra Garessio e Ormea. Su uno sperone pietroso, a 900 metri di altezza, come uno sparviero pronto a lanciarsi sulla preda, resiste da mille anni a invasioni e intemperie e continua a raccontare leggende di un tempo assai lontano. Oggi è uno dei simboli del territorio della Valle Tanaro e testimonia una storia molto antica. Quando i Saraceni invasero l’entroterra ligure e piemontese giungendo da Frassineto, l’attuale Saint Tropez, per saccheggiare il territorio, per fare bottino, uccidere gli infedeli e rapire ragazzi e giovani fanciulle gli abitanti del luogo innalzarono una torre cilindrica, appunto la torre di Barchi o torre dei Saraceni, nel territorio di Garessio a breve distanza da Barchi, frazione di Ormea in Alta Val Tanaro. In realtà la torre sarebbe stata eretta lungo il Tanaro già dai Bizantini nel secolo VIII come torre di avvistamento per controllare le mosse dei Longobardi in valle mentre per altri studiosi fu costruita dai garessini intorno al Mille per scorgere in tempo le bande saracene. Queste ultime, tra il IX e il X secolo, la utilizzarono cone torre di vedetta e ne fecero una base per le incursioni nella zona. Anche il grano saraceno, prodotto tipico della Val Tanaro, sembra che sia stato portato in zona proprio dai saraceni.
Filippo Re

Fi, Ruffino: “Niente posto ai meriti, solo fedeltà ai capi”

”La nomina del coordinatore regionale piemontese dei giovani di Forza Italia nulla aggiunge e nulla toglie alla triste parabola del partito

Si è premiata la fedeltà ai capi, non essendoci più posto in Forza Italia per il merito e la competenza. Il risultato della scelta di Ludovico Seppilli a coordinatore piemontese dei giovani di Forza Italia è sotto i nostri occhi: si è autosospeso dal partito il coordinatore torinese dei giovani e con lui un altro centinaio di iscritti.

     Al coordinatore regionale Zangrillo che muove accuse generiche contro qualcuno che vorrebbe destabilizzare il partito, faccio notare che la destabilizzazione di Forza Italia è in atto da qualche anno ad opera di quei milioni di elettori che ci hanno abbandonato facendo altre scelte. Come ben sappiamo in Piemonte dove il partito solo nell’ultimo anno ha registrato decine e decine di defezioni: consiglieri comunali, assessori, sindaci e semplici iscritti. È il risultato inevitabile e  atteso di un partito in cui a prevalere è la logica dell’appartenenza al “cerchio magico” del momento: le nomine diventano così un premio fedeltà e non il riconoscimento del merito e della competenza come sarebbe da attendersi in un partito a corto di ossigeno. Quando si riconosce, dopo averla negata per anni, la necessità di celebrare un congresso o di convocare gli Stati generali di Forza Italia mi chiedo con sorpresa e rabbia dove mai fossero questi amici quando chi chiedeva il congresso veniva tacitato con la gentile accusa di essere un traditore o un voltagabbana o ancora di voler scalare il partito. Si è scelto di foderarsi gli occhi per non vedere il declino elettorale, provocato da chi predicava il rinnovamento a patto che fosse lui a rinnovare e gli altri a “farsi rinnovare“.

On. Daniela Ruffino, deputata  di Forza Italia

Le Sardine e Volt in piazza Castello “per la libertà delle donne”

Riceviamo e pubblichiamo / Volt e le Sardine Torino domenica 11 ottobre  alle 15 saranno in Piazza Castello per manifestare contro la stretta sull’aborto farmacologico decisa dalla Regione

Domenica il partito pan-europeo e progressista Volt e le Sardine di Torino si mobilitano per protestare contro la circolare della Regione a firma Fratelli d’Italia che, senza dibattito in Consiglio, annulla le maggiori libertà in tema di aborto farmacologico previste dalla delibera di agosto del Ministero della Salute. 

La circolare infatti elimina la possibilità di ricevere la pillola abortiva RU486 nei consultori e la rende disponibile solo in sede di ricovero ospedaliero, aumentando così il numero di ospedalizzati e pertanto i rischi di esposizione al coronavirus, in un periodo di aumento dei contagi. In più, prevede di inserire associazioni religiose private antiabortiste negli ospedali pubblici (e laici) sotto le mentite spoglie di sportelli informativi. 

Volt e le Sardine vedono in questo provvedimento la volontà di rendere il delicato percorso abortivo ancora più lungo, contorto e lesivo del diritto di autonomia delle donne piemontesi. Casi del genere, in cui una giunta di 9 uomini su 12 componenti si arroga la facoltà di scegliere sul corpo delle donne, uniti alle notizie recenti dei cimiteri di feti, ci ricordano quanto sia necessario un cambio radicale sia di pratiche sia di mentalità, in Piemonte come in tutta Italia. Al sit-in davanti alla sede della regione quindi non si manifesterà solo per il ritiro della circolare: a gran voce, si chiederà una vera laicità dello Stato, sensibilizzazione ed educazione sessuale nelle scuole, il superamento e aggiornamento della legge 194 sull’aborto, che risale ormai al ’78. 

L’appuntamento  è alle 15 in piazza Castello davanti alla sede della Regione, per ribadire con forza che #lasceltaèmia.

La vignetta di Mellana

Non ci era bastato un Celentano filosofo da angiporto, ora ci tocca anche un Roberto Mancini sociologo da osteria a spigarci come lo sport rivaleggi in importanza con la scuola.

L’improvvido ciarliero è riuscito a dire la sua un attimo prima che la Francia sospendesse la Parigi- Roubaix ma non chiudesse le scuole.
Forse i cugini d’oltre alpe non hanno avuto la fortuna di poter ascoltare l’illuminato pensiero del CT azzurro il quale, sia detto senza invidia, guadagna 2 milioni di euro netti all’anno, e forse la sua incauta esternazione era solo motivata dal desiderio di poterseli guadagnare essendogli doloroso il dolce far niente.
Ma si sa che il mondo dei pedatori, per dirla alla Brera, è bizzarro. Fatto di metafore, allegorie e translati che affascinano e rapiscono anche le menti più sublimi.
Per dirne una, quella che da sempre mi ha profondamente avvinto e convinto che, in fondo, la matematica sia solo un’opinione.
Dice il telecronista (o radiocronista a scelta): “Il primo tempo si è concluso in perfetta parità!”
Se esiste una perfetta parità ne dovrà obbligatoriamente esistere anche una imperfetta, tipo 1 e un quarto a 1, o 2 a due e un pezzettino.
Lo so, non è ancora stata scoperta. Ma se lo dicono loro deve essere vero. Parola di Mancini.
Claudio Mellana

Un tasto italiano. Remington e Cesare Verona all’Officina della Scrittura

Fino al 31 dicembre 2020, presso Officina della Scrittura, una mostra che ripercorre la storia delle macchine da scrivere

 

Officina della Scrittura Strada Comunale da Bertolla all’Abbadia di Stura 200 Torino. Lunedì, martedì, giovedì, venerdì dalle 9 alle 18, l’ultimo weekend del mese dalle 10 alle 19. Biglietto 8 Euro

 

Testo alternativo
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UN TASTO ITALIANORemington e Cesare Verona a Torino è una mostra che raccoglie oggetti e documenti legati alla storia delle macchine da scrivere Remington, di cui Cesare Verona Sr è stato concessionario unico per l’Italia. Si tratta del primo vero avvicinamento della famiglia Verona nei confronti della scrittura.

 

La mostra resterà allestita fino al 31 dicembre 2020 ed è aperta al pubblico nei giorni lunedì, martedì, giovedì e venerdì dalle 9 alle 18 (ultimo ingresso alle 17) e l’ultimo weekend di ogni mese dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso alle 18).

 

L’esposizione si snoda nel percorso espositivo di Officina della Scrittura e dialoga con la collezione permanente, in uno scambio continuo che ha come filo conduttore il segno.

 

Si possono ammirare macchine da scrivere che hanno segnato un’epoca, dalla Sholes che ha inventato la macchina da scrivere come la conosciamo oggi, introducendo il layout QWERTY e Glidden, la prima macchina industriale al mondo, che aveva caratteristiche ancora oggi in uso su ogni singola tastiera di computer, la Remington 1, fino ad arrivare alle più moderne portatili passando per la N.5, la prima venduta da Cesare Verona.

 

La Remington ha il primato di essere la società che ha creato la prima macchina da scrivere industriale nel 1873. Uno dei primi utenti delle macchine da scrivere prodotte dalla società era nientemeno che Mark Twain il primo scrittore a produrre un manoscritto dattiloscritto. Su molte macchine troviamo la cosiddetta chiocciola “di internet” e l’invito al visitatore è quello di riconoscerla fra le tante Remington esposte.

 

In mostra si possono ammirare le macchine della collezione Verona e della collezione di Domenico Scarzello, fondatore del Museo della Scrittura Meccanica di Bra e Presidente di CompuItalia, Collezionisti Macchine per Ufficio.

 

“Un tasto Italiano è un tributo alla fantasia, alla perseveranza, alla determinazione e alla tenacia di mio bisnonno Cesare” commenta Cesare Verona Jr.

 

La prima sala, di introduzione all’esposizione, raccoglie esempi di altri oggetti commercializzati da Cesare Verona, come le macchine da scrivere MonroeCoronaSmith PremierMonarch, i mimeografi Edison, i calcolatori KuhrtFacitMonroeGardnerAlfa-InzadiFriden… e tanto ancora, allargando la propria attività in tutte le direzioni attinenti agli strumenti di scrittura, aprendo più di cento filiali e laboratori in tutte le maggiori città italiane.

 

“La mostra rende omaggio ad un personaggio fondamentale per la scrittura a macchina in Italia, che merita di essere ricordato e valorizzato” aggiunge Valentina Lombardo, curatrice della mostra.

 

All’interno del percorso, il visitatore è accompagnato in un viaggio nel tempo, alla scoperta, non solo delle macchine da scrivere, ma anche di tutti gli oggetti ad essa collegati, come i nastri dell’inchiostro, i manuali di funzionamento e soprattutto pubblicità, cartoline d’epoca e documenti commerciali strettamente legati alla Remington e alla figura di Cesare Verona Sr.

 

La mostra è realizzata con il patrocinio della Regione Piemonte, Città Metropolitana di Torino, Città di Torino, Circoscrizione 6, Camera di commercio industria artigianato e agricoltura di Torino.

 

Officina della scrittura. E’ il primo Museo al mondo dedicato al Segno e alla Scrittura.

 

Inaugurato nel 2016 grazie all’associazione Aurea Signa e con il sostegno della Comunità Europea e di numerosi contributi privati è oggi una vera e propria “Cittadella della conoscenza” un luogo in cui viene raccontato e valorizzato tutto ciò che è legato alla cultura della scrittura e al segno dell’uomo.

 

Un museo unico nel suo genere che presenta un perfetto equilibrio fra tecnologia e tradizione attraverso un percorso organico che, con le sue diverse anime, racconta, emoziona ed informa il pubblico di ogni età.

 

Officina della Scrittura, che si trova all’interno della Manifattura Aurora e si sviluppa su una superficie di oltre 2.500 metri quadrati, propone un percorso che parte dalle origini del segno alla prima macchina da scrivere Remington, dagli strumenti di scrittura antichi alla selezione dedicata alla storia delle penne stilografiche che include una selezione di penne iconiche del XX secolo di differenti marche e designer tra cui la celebre Hastil di Aurora, esposta al MoMA di New York.

 

Officina della Scrittura, oltre all’esposizione permanente, ospita mostre temporanee, promuove numerose attività tra cui corsi di calligrafia, grafologia e psicologia, attività per le famiglie e workshop.

 

Per le scuole propone alternanza scuola/lavoro, visite a tema e laboratori quali: “Segui il segno”; “Segui la storia del segno”; “Laboratori del fare segno”.