ilTorinese

La Juve vince ma viene eliminata dalla Champions League

La Juventus è stata eliminata agli ottavi di finale di Champions League in uno Stadium senza pubblico

Non è stato sufficiente vincere 2-1 nella gara di ritorno a Torino dopo che l’andata era stata vinta per 1-0 dai francesi. Il Lione è stato in vantaggio al 12′ pt con Depay,  su rigore. Poi al 43′ il pareggio bianconero con Cristiano Ronaldo, ancora  su rigore. CR7 ha segnato nuovamente al 15′ del secondo tempo.

Norme più rigide per chi entra in Piemonte dall’estero

Comunicazione obbligatoria per chi transita o arriva da Paesi a rischio e 14 giorni di isolamento fiduciario.

Tampone e autocertificazione per chi lavora in sanità e servizi di assistenza alla persona.

La Giunta regionale ha approvato  le indicazioni operative per chi arriva o rientra in Piemonte dall’estero

In particolare, chi rientra dai paesi per i quali è previsto l’obbligo di isolamento fiduciario per 14 giorni dovrà comunicarlo compilando un apposito modulo, scaricabile sul sito della Regione, da trasmettere al proprio medico di base o al Sisp (Servizio di Igiene e sanità pubblica), specificando anche se svolge una professione socio-sanitaria o di assistenza alla persona .

Il Presidente della Regione Alberto Cirio sottolinea che, rispetto alle disposizioni nazionali, il Piemonte ha voluto introdurre due irrobustimenti che riguardano in particolare gli operatori della sanità e dei servizi socio-sanitari e assistenziali, per la delicatezza di queste professioni che sono a contatto con le fasce più fragili ed esposte della popolazione. Chi lavora in questi settori verrà, quindi, sottoposto a un tampone di verifica prima della fine dell’isolamento.

Inoltre tutte le ASR e le strutture socio-assistenziali, pubbliche e private soggette ad autorizzazione all’esercizio dell’attività da parte delle ASL, dovranno far compilare una apposita autocertificazione a tutti i dipendenti assenti dal lavoro per più di 5 giorni (indipendentemente se abbiano soggiornato all’estero o in Italia).

La consegna al proprio datore di lavoro dell’ autocertificazione è raccomandata anche per chi, come nel caso di badanti, lavora nell’assistenza alla persona . Proprio per chi convive con le fasce più a rischio è stato previsto che l’isolamento fiduciario possa avvenire in un luogo alternativo al proprio normale domicilio, incluso (a proprio carico) strutture individuate dall’Asl in collaborazione con la Protezione civile.

L’Assessore alla Sanità sottolinea che si tratta di una misura prudenziale, ma necessaria perché sull’incremento dei nuovi contagi c’è un impatto rilevante dei casi importati, soprattutto dai paesi che in questo momento hanno una situazione epidemica particolarmente critica.

L’Assessore alla Cooperazione internazionale aggiunge che con le autodichiarazioni e certificazioni sull’isolamento fiduciario diamo ai lavoratori stranieri le certezze e garanzie che i consolati giustamente richiedevano, inoltre con i tamponi ad operatori della sanità e assistenza e i posti in residenze alternative, senza costi per il pubblico, garantiamo l’incolumità dal rischio contagio dei tanti anziani assistiti da badanti. Con questo nuovo metodo di collaborazione con le autorità diplomatiche diamo regole e sicurezza agli stranieri integrati che lavorano in Piemonte.

 

https://www.regione.piemonte.it/web/temi/coronavirus-piemonte/coronavirus-rientro-italia-dallestero-istruzioni-operative

Contagi in crescita: sono 37 in più, una nuova vittima. Scendono a tre le terapie intensive

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 16:30

26.229 PAZIENTI GUARITI E 642 IN VIA DI GUARIGIONE

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato che i pazienti virologicamente guariti, cioè risultati negativi ai due test di verifica al termine della malattia, sono 26.229 (+ 22 rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 3236 (+7) Alessandria, 1580 (+3) Asti, 845 (+0) Biella, 2463 (+2) Cuneo, 2364 (+1) Novara, 13.499 (+8) Torino, 1106 (+0) Vercelli, 964 (+1) Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 172 (+0) provenienti da altre regioni.

Altri 642 sono “in via di guarigione”, ossia negativi al primo tampone di verifica, dopo la malattia e in attesa dell’esito del secondo.

I DECESSI SONO 4136

Sono 1 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati nel pomeriggio dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 0 nella giornata di oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è di 4136 deceduti risultati positivi al virus: 680 Alessandria, 256 Asti, 208 Biella, 398 Cuneo, 373 Novara, 1827 Torino, 222 Vercelli, 132 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 40 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI 

Sono 31.799 (+37 rispetto a ieri, di cui 25 asintomatici. Dei 37 casi, 3 screening, 30 contatti di caso, 4 con indagine in corso. I casi importati sono 7 su 37) i casi di persone                                                         finora risultate positive al Covid-19 in Piemonte, così suddivise su base provinciale: 4117 Alessandria, 1887 Asti, 1056 Biella, 2951 Cuneo, 2828 Novara, 16.014 Torino, 1383 Vercelli, 1157 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 271 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 135 casi sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 3 (-1 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 88 (- 2 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 701

I tamponi diagnostici finora processati sono 516.586, di cui 283.368 risultati negativi.

A proposito di Enrico Berlinguer

A proposito di Enrico Berlinguer. Sicuramente uno dei più bravi e capaci politici del novecento
italiano. Uno dei più bravi politici italiani in un contesto di bravi politici italiani. Enrico Berlinguer
ora tirato per la giacchetta per giustificare l’attuale insipienza. Ovviamente con la domanda:

come mai siamo caduti così in basso? Qualità dell’attuale classe politica decisamente
scarsa ed ignorante. Non tutta la classe politica, ma nella sua stragrande maggioranza,
decisamente sì. Viceversa, per l’appunto, l’ intera classe politica di allora faceva del sapere un
argomento irrinunciabile del proprio agire politico.

In particolare, in quegli anni si faceva la gavetta studiando, studiando, studiando. Altro contesto,
indubbiamente. Una classe politica che sceglieva i propri successori. Almeno nel Partito
Comunista. La famosa formazione dei quadri. Non era solo orientamento ideologico o
indottrinamento, ma anche, se non soprattutto formazione e studio.

Enrico Berlinguer fece pure la galera in Sardegna perché sobillatore, e nel mentre studiava e si
laureava. Con la solita ironia Giancarlo Pajetta raccontava che, sia in galera come al confino agli
antifascisti come ai comunisti non gli rimaneva altro di studiare e leggere tutto quello che era
possibile leggere.

Berlinguer vedeva il giovane Massimo D’Alema un suo possibile successore. Sapere fa rima con
intelligenza. Enrico Berlinguer che ha avuto le palle di dire ai sovietici a Mosca: è esaurita la spinta
propulsiva della rivoluzione d’Ottobre. Letta in un altro modo, cari compagni del Pcus non la fate
più da padrone, ed io mi sento più sicuro sotto l’ombrello della Nato.

Altro che strappo, era proprio una rottura, che comunque Berlinguer non riuscì a portare a
termine, e non solo per la sua prematura morte.

Qualcosa nel suo intimo doveva essere successo dopo il 3 ottobre del 1973 sulla strada
per l’aeroporto di Sofia. I comunisti bulgari lo volevano morto ed i mandanti erano i russi. Non
ci sono dubbi. Il primo ad esserne convinto era proprio lui. Volle immediatamente rientrare.

In Bulgaria non si sentiva sicuro. Lo stato (borghese) italiano mandò un aereo salvandolo dai
comunisti. Pazzesco, no? La conseguenza è che si sentiva più al sicuro da questa parte del
mondo che non da quell’altra. Ci mise una decina di anni a compiere lo strappo finale. Il 50 % della Lunga marcia verso
la democrazia era un fatto compiuto. Portava a compimento la via italiana al socialismo di
togliattiana memoria. Altro grande comunista e grande antisovietico. Ma non si poteva e
soprattutto non si  doveva dire. Il popolo non doveva sapere. Grande contraddizione, indubbiamente.

Nilde Jotti con i suoi garbatissimi modi raccontò di questo episodio. Palmiro Togliatti era reduce
da un incontro con i sovietici a Mosca. Avevano animatamente discusso delle conseguenze
internazionali dell’invasione dell’Ungheria. Pubblicamente Togliatti l’ aveva appoggiata.
Viceversa nelle riunioni riservate decisamente condannata. A Botteghe Oscure qualcuno aveva
osato criticare il Migliore (Togliatti). Dovevi essere più esplicito e radicale nelle critiche.
Dopo un po’ Togliatti, spazientito replicò: è già tanto che ci hanno fatto ripartire.
Lapidario, non ammetteva repliche.

Dunque, qualcosa di simile accadde a Berlinguer. Mi sono sempre chiesto con quale animo i
segretari del Pci rientravano in ITALIA dai loro compagni. In Fondo la verità è pur sempre la verità.

Ed in fondo, pur per nobili motivi la occultarono. Addirittura, oggi, Emanuele Macaluso
precisa: nel raccontarmi i fatti in Bulgaria mi chiese di non dire niente alla famiglia. Un dramma
nel dramma. La componente filosovietica era sempre presente nel PCI.

Quella ufficiale di Armando Cossutta e quella strisciante dei compagni che tenevano ancora
le foto di Stalin appese ai muri della Sezione. Stalin (erroneamente) era considerato il capo
della Rivoluzione d’ Ottobre. Oramai è noto ai più che dopo la morte Lenin divulgò il suo
testamento in cui non voleva Stalin  Segretario del partito.

I comunisti, direi quasi tutti i comunisti furono divisi tra verità ed opportunità  politica. Il più
delle volte in buona fede, ma sta di fatto che verità ed opportunita’ prendevano strade opposte.

Non arrivo a dire che comunismo e democrazia sono un ossimoro. I comunisti furono una
componente fondamentale e maggioritaria nella Resistenza contribuendo alla formazione della
Repubblica Italiana e democratica. Nessuna retorica se si sottolinea che morirono per tutto
questo. Non a caso  in Italia ci fu il più forte partito comunista occidentale. Forte elettoralmente
ed organizzativamente. L’ Italia ha (probabilmente) più comuni di tutto il mondo. Orbene in ogni
comune c’era una sezione del PCI. Ha governato, generalmente bene, almeno 2 terzi della
popolazione. Questo lo si deve anche ad uno straordinario e per certi versi mitico uomo politico
come Enrico Berlinguer.

Arrivò alle soglie del potere statuale dopo le elezioni del 1976. Il governo delle astensioni e delle
larghe intese.

Esperienza che durò poco. Nel 1979 si rivotò. Tutti i ministri furono democristiani ed i comunisti
non entrarono nella stanza dei bottoni. Sempre Enrico Berlinguer ci tentò in tutti i modi di dare
un futuro governativo al PCI. Assolutamente non per brama di potere. Per realizzare quella
via italiana al socialismo realizzando le riforme di struttura, come si diceva allora. In altre
parole una via rivoluzionaria pacifica al socialismo. Non più la presa del Palazzo d’Inverno con
i fucili dati al popolo, ma con il voto del popolo. Come hanno fatto i Laburisti in Inghilterra o i
socialdemocratici in Germania. Il Pci arrivo anche al 33% superando per la prima ed unica volta la
Dc per le elezioni europee, proprio quando Enrico Berlinguer morì nel 1984. Una via democratica
al socialismo presupponeva un Pci ” un po’ meno comunista ed un po’ più socialdemocratico.

Fantastico? Forse, quasi sicuramente nell’intima convinzione che la Storia non si fa con i se
ed i ma. C’ era un problema di credibilità del comunismo in quanto tale  che (direi) neanche Enrico
Berlinguer avrebbe potuto risolvere. Anni dopo ci fu la prova provata di queste asserzioni.
La caduta del Muro di Berlino e la volontà Occhettiana di voler fare la cosa.
Poca cosa fu Rifondazione Comunista, sciogliendosi come neve al sole.

Sono passati trent’anni da quel tentativo di rinnovare la sinistra italiana. Anche questo
un nobile tentativo non riuscito. La grandezza di Enrico Berlinguer sta anche nell’averci tentato.
I limiti (forse) non erano in lui ma nella situazione oggettiva e per l’appunto nel totale fallimento
del sistema sovietico. Fallimento che forse affondava nella stessa rivoluzione d’ ottobre.

Rimangono sicuramente i valori di quella cultura politica come eguaglianza e ridistribuzione delle
ricchezze del pianeta. Enrico Berlinguer fu un politico che rappresentò ed incarnò quei nobili
valori. Questa, comunque, è un’altra storia.

Patrizio Tosetto

La Mole illuminata celebra Torino città covidless

Questa sera la Mole celebra Torino, Città Covidless, con la proiezione del marchio Covidless Approach & Trust.

La città di Torino, infatti, ha ricevuto l’attestazione CovidlessApproach&Trust. Un riconoscimento frutto del progetto di ricerca dell’Università di Torino, Dipartimento di Management, finanziato dalla Camera di commercio di Torino, che ha analizzato le risposte che la Città ha messo in campo per far fronte all’emergenza sanitaria legata al Covid-19 dal punto di vista della fruibilità turistica.

 

Un’iniziativa innovativa per rilanciare il turismo con l’obiettivo di attestare la fruibilità dei servizi delle città in sicurezza.

 

È la prima esperienza a livello europeo che valuta i territori in modo sistematico e dettagliato, per garantire a turisti e cittadini una piena esperienza del territorio, senza timori per la salute

A Roma un incontro per affrontare tutti i guai del trasporto pubblico

Potrebbe concretizzarsi a breve l’incontro sul tema del trasporto pubblico chiesto dalle Regioni ai Ministri delle Infrastrutture, della Salute e degli Affari regionali. È quanto è emerso  dalla Conferenza delle Regioni a Roma, cui ha partecipato l’Assessore regionale ai Trasporti Gabusi, dopo l’incontro tecnico con i colleghi.

Tutte le Regioni concordano sulla necessità di un chiarimento urgente sulle norme di utilizzo del trasporto pubblico locale: l’ordinanza del Ministro della Salute che ripristina il distanziamento a bordo ha infatti gettato nel caos i trasporti degli ultimi giorni lasciando a terra moltissimi passeggeri. Le successive dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti circa la libertà delle Regioni di stabilire autonomamente il pieno carico o il carico parziale o il distanziamento a bordo sono giudicate prive di senso.

L’Assessore ai Trasporti della Regione Piemonte sottolinea come non si possano cambiare le regole ogni giorno e come sia inaccettabile lasciare le Regioni allo sbando in una decisione così cruciale per la sicurezza di tutti. Una situazione così incerta crea danno sia ai cittadini, che alla sera non sanno se il mattino successivo riusciranno a prendere il treno o il bus e viceversa, sia alle Istituzioni, che si sentono investite di una responsabilità non loro, sia la filiera del trasporto pubblico, che riversa ormai in grave sofferenza.

In attesa di conoscere le linee guida del Comitato Tecnico Scientifico e dell’incontro con i Ministri la Regione Piemonte mantiene il carico dei mezzi al 50%, come indicato nell’ordinanza del Ministro della Salute.

Torino sarà grata a Chiara Appendino

FRECCIATE  C’è anche Chiara Appendino, la sindaca di Torino che dal 2021 ospiterà le Atp Finals, tra i candidati al Consiglio della Federtennis.  Sarebbe il riconoscimento per l’impegno profuso e di cui la Città di Torino le sarà grata. Ma resterebbe forse l’unico motivo di gratitudine.

L’arciere

Fiorita Viglietti e il Palma di Alassio

Lo storico locale meta di tanti torinesi / Negli anni 50 il Paese si riprende dal secondo conflitto mondiale e si assiste a una rinascita della cultura gastronomica italiana, con la costituzione dell’Accademia Italiana della Cucina il 28 luglio del 1953 e la rivalorizzazione di un patrimonio per noi inestimabile, costituito anche dai tanti luoghi di ristoro che lo punteggiavano in ogni suo angolo.

Erano gli anni del Muretto di Alassio, del bel turismo, della Riviera Ligure percorsa da tanti viaggiatori colti e curiosi, delle Vespe Piaggio bianche, delle Fiat 500 Giardinetta come quella del famoso pittore alassino Mario Berrino creatore del Muretto e patron del caffè Roma. Il Palma era lì, a pochi passi dal mare, dal Muretto e dalla Via Aurelia. Numerosi cartelli nella Via Cavour invitavano i gastronomi suggerendo che il loro era il miglior pesto della riviera. Silvio e Fiorita erano lì, avendo preso le redini del locale fondato dalla famiglia nel 1922 con la volontà di rinnovarne la cucina nel solco della unione tra Liguria e Provenza. Fiorita da perfetta padrona di casa, con garbo e buon gusto aiutava il marito avvocato Silvio a portare avanti questo percorso, che li ha condotti nel corso degli anni a diventare uno dei ristoranti più blasonati d’Italia e forse il migliore che la Liguria abbia mai avuto. I grandi esperti di gastronomia sono passati dal Palma, contribuendo a crearne una fama che rimane nella storia della cucina italiana. Ora Fiorita non c’è più, ma lascia un ricordo indelebile che grazie a Silvio Viglietti e a suo figlio Massimo , anche lui cuoco di grande fama, si rinnova ad ogni piatto che porta ancora la Sua firma

Roberto Pirino

delegato dell’Accademia italiana della cucina del ponente ligure

Lo “spirito” di Woodstock, l’evento che segnò una generazione

Nell’agosto del 1969, in una piccola località dello Stato di New York, si svolse il più grande raduno nella storia della musica rock: il festival di Woodstock, mezzo milione di persone raccolte sotto l’insegna di “tre giorni di pace, amore e musica“,convenute da ogni parte d’America per celebrare con la musica le idee,i suoni e i colori della generazione cresciuta nella contestazione alla guerra del Vietnam.

Era ferragosto quando salì per primo sul palco Richie Havens e l’aria diventò elettrica. Lo straordinario cantante folk afroamericano suonò tra gli applausi e concluse la sua performance con un finale memorabile , improvvisando su un brano gospel, Motherless child, che parlava dei figli degli schiavi . Ripeté all’infinito, suonando la chitarra con ritmo ossessivo, la parola Freedom, libertà. Nasceva in quegli istanti uno degli   inni di quella generazione pacifista.

L’elenco di cantanti, gruppi e musicisti è lunghissimo:Country Joe McDonald and the Fish ,The Incredible String Band, l’indiano Ravi Shankar con il suo Sitar, Santana e Janis Joplin, Grateful Dead, Creedence Clearwater Revival, Jefferson Airplane, Crosby, Stills, Nash & Young . Gli Who con le straordinarie See MeFeel MePinball Wizard e My Generation;

Joan Baez che concluse i suoi pezzi con We Shall Overcome, l’inno del movimento per i diritti civili. Chi non ha ascoltato e visto almeno una volta un grande e giovane Joe Cocker cantare con voce graffiante su quell’immenso palco la cover dei Beatles With a Little from My Friends?E infine Jimi Hendrix, il talento puro che rivoluzionò il modo di suonare la sei corde. E’ sua l’immagine forse più simbolica di quel concerto dove salì sul palco per ultimo, in giacca bianca ornata di frange e perline, blue jeans, una fascia rossa in testa: un chitarrista mancino che suona l’inno americano con la sua Fender Stratocaster.

In una intervista ricordò così quei giovani:“Se un genitore ha a cuore i propri figli dovrebbe conoscere la musica che ascoltano. Il ruolo della musica è fondamentale in quest’epoca.. .è necessario prenderne coscienza. La musica è più forte della politica. Agli occhi dei ragazzi noi musicisti diventiamo un punto di riferimento, molto più in fretta di quanto faccia il presidente coi suoi discorsi. Ecco perché a Woodstock erano tantissimi”. Questo è stato lo “spirito di Woodstock”, simbolo di un’epoca, di un pezzo di storia degli Stati Uniti e della musica.

Marco Travaglini

Carlo Casalegno. Quando nel golf si uniscono passione e talento

Piemontese, classe 1993. Sport praticato: il golf. Golf Club di appartenenza: i Roveri Royal Park. Attività lavorativa: Professionista di golf. Nome: Carlo Casalegno, per gli amici Charlie.

 

Carlo inizia a giocare a golf all’età di dieci anni, un’età che, per i non addetti ai lavori, può sembrare giovane ma che, in realtà, per questa tipologia di sport è già  abbastanza avanzata. Per rendere l’idea Tiger Woods iniziò a giocare a golf praticamente da quandò iniziò a camminare. 

 

Siamo a fine luglio e l’appuntamento è di domenica mattina, rigorosamente presso un Circolo di golf, rigorosamente per un early flight. Il Circolo è il Golf Margara, in occasione di una tappa del Circuito estivo Tonic’up, ideato da un suo caro amico, Alberto Pavone, nel mese di maggio, quando vi era la certezza della riapertura dei Circoli di golf, ma non si sapeva ancora se e quando sarebbero potute riprendere le gare. Con il loro riavvio, per gli Amateur il Circuito Tonic’up è diventato una “gara nella gara” che, vista l’ampia partecipazione, avrà sicuramente una sua edizione autunnale.

Non capita tutte le domenica di poter fare un giro di campo ed essere marcati da un Pro. L’emozione c’è, non la si può nascondere, ma Carlo sa subito come mettere a proprio agio i suoi compagni di squadra: ci promette che si impegnerà al massimo per giocare bene oggi e chissà, magari, anche riuscire a prendere finalmente l’handicap.

Lo starter ci indica l’ordine di partenza, si dichiarano le palle che si giocano, e ci si augura buon gioco reciprocamente.

 

Bentrovato Carlo in questa che rappresenta una delle ultime tappe della Tonic’up. Abbiamo già avuto modo di parlare di golf in generale, ma di te mi hai sempre raccontato poco: quando e perchè hai iniziato a giocare a golf?

Bentrovato a te, finalmente riusciamo a giocare insieme! Hai ragione: di golf abbiamo sempre parlato tanto, tra l’altro ti ho visto tirare driver migliori di questo, ma il motivo che mi abbia spinto ad iniziare a giocare e il momento in cui ciò sia avvenuto non te l’ho mai raccontato. Può sembrar brutto da dire, ma è la pura verità, per me il golf è stato un ripiego e adesso ti rendo partecipe del motivo.

Fino all’età di nove anni il golf non è mai stato preso in considerazione dai miei genitori, che continuano a non essere golfisti, o da me. Ho sempre preferito i classici sport di un bambino, che sta per entrare in fase adolescenziale: calcio e sci, in particolar modo. Poi un inverno ho avuto un enorme infortunio sugli sci, che ha coinvolto la testa del femore, e che mi ha portato ad una riabilitazione lunghissima con una complicazione che mi sono portato avanti per anni: non poter praticare sport che prevedevano carico sulle articolazioni, sci e calcio in primis. La scelta di abbandonarli tutti e due diventò quindi obbligata, con mio enorme dispiacere e tristezza.

Quando i sogni di vittorie sui campi da calcio e le piste da sci di un bambino sembrano tutti infranti, arrivarono, invece, i campi da golf, ovvero arrivarno i miei zii, grandi golfisti che mi proposero di iniziare a praticare questo sport, che non prevede, appunto, un eccessivo carico sulle articolazioni. Grazie a loro è stato amore a prima vista e continua ad esserlo, allo stesso modo di quando ho iniziato.

Riuscire a comprendere cosa avrebbe potuto rappresentare per me il golf non è stata cosa di immediata comprensione. Ci sono voluti diversi anni, anni in cui anche io sono cresciuto e maturato.

 

Nonostante tu abbia iniziato a giocare a golf “in età avanzata” mi sembra che la tua bacheca personale sia già ricca di prestigiosi titoli e trofei o sbaglio ?

Sotto questo punto di vista non mi posso per nulla lamentare, ma bisogna differenziare tra la carriera giovanile e e quella da professionista.

Per quanto riguarda la prima le vittorie che ritengo essere state maggiormente significative e propedeutiche al mio passaggio a professionista sono state:

il Trofeo Citta di Milano nel 2014;

il Campionato Nazionale Assoluto a squadre per il mio Circolo i Roveri Royal Park nel 2015;

la partecipazione, sempre nel 2015, alle XXVIII° Universiadi di Gwangju in Corea del Sud.

Poi nel 2017 c’è stato il grande salto con il passaggio da Amateur a Pro. Non avevo neanche ventiquattro anni.

Ho subito iniziato con nove presenze sull’Alps Tour e con dodici presenze nello stesso Circuito nel 2018.

Nel 2019 ho confermato la presenza sul medesimo Circuito e sono entrato a far parte della Squadra Nazionale, sempre nello stesso anno ho concluso il Campionato Nazionale Open 3° classificato.

I primi sei mesi del 2020, invece, sono stati difficili per tutti sotto tutti i punti di vista. Questa pandemia ha fermato tutto il Paese, in blocco. L’attività golfistica che mi riguarda sta iniziando ora a ripartire. Questo mese sono stato solo di passaggio a Torino. Per fortuna ho avuto un periodo intenso di appuntamenti, tra i quali, ad inizio mese, mi sono ritrovato, insieme ad altri undici “colleghi” professionisti della Nazionale, a Villa Paradiso per un allenamento, non di Federazione, mentre sono appena tornato da Roma, dove sono andato per difendere il 3° posto dello scorso anno nel Campionato Nazionale Open presso il Golf Nazionale.

 

 

Se tu non avessi avuto quell’infortunio saresti potuto diventare un campione nel calcio o nello sci. Adesso, però, sei un campione di golf e questa è una certezza.

In un precedente articolo a riguardo ho definito “l’essenza del golf” come la continua ricerca di quell’intimo equilibrio tra mente e corpo, tra il gesto atletico, diverso per ogni giocatore, e strategia di gioco, che continuamente mette alla prova il giocatore stesso. Il golf è uno sport che aiuta a conoscere se stessi nella parte più intima e profonda, il proprio carattere, la propria capacità di sopportare insuccessi e sconfitte, ma anche a migliorare il proprio autocontrollo e la gestione delle proprie emozioni ed emotività. Condividi questo mio pensiero?

Certo che lo condivido, condivido tutto dall’inizio alla fine.

Mi permetto di fare una specifica ed una aggiunta.

La specifica è la seguente: la tua è la visione di un Amateur che pratica il golf e che è riuscito a cogliere appieno la sua reale essenza, che non è quella del vincere la gara della domenica, ma di trovare un equilibrio e riuscire a divertirsi.

L’aggiunta, invece, è rappresentata dalla mia opinione personale: per me il golf è la rappresentazione in scala di quella che è la vita di ogni persona.

Il golf in diciotto buche ti dà la rappresentazione in sintesi di un individuo, e non solo.

Un giro in campo lo ritengo paragonabile alla vita media di un individuo, con le sue scelte, le decisione, giuste o sbagliate che siano, con il loro margine di variabilità, le incertezze e gli imprevisti. Ed io di imprevisti nella vita ne so qualcosa.

In diciotto buche si provano i sentimenti più estremi, proprio come nella vita. Rabbia e felicità, dolore e gioia, delusione e soddisfazione, rammarico e allegria.

La soddisfazione che ti dà fare un giro sotto par non te la dà nessun altra cosa. Un giro sopra il par ad un professionista sega le gambe. Lo piega in due.

Durante una delle tappe della Tonic’up mi è capitato di non giocare particolarmente bene, ma quando gioco con voi gioco tra amici, non ho quella pressione psicologica e la continua ansia da prestazione che ho durante le altre gare e circuiti.

 

Hai parlato di emozioni e sensazioni, quanto influisce la componente emotiva dopo una gara che non è andata bene e su cui, magari, si avevano delle aspettative di poter consegnare un buono score sotto par a fine gara?

Inizio a rispondere alla tua domanda facendo riferimento alla definizione da te fatta di essenza del golf. Hai ragione nel dire che il golf è uno sport che aiuta a conoscere se stessi nella parte più intima e profonda, il proprio carattere, la propria capacità di sopportare insuccessi e sconfitte, ma anche a migliorare il proprio autocontrollo e la gestione delle proprie emozioni ed emotività.

Questo è uno sport in cui sopravvive e va avanti chi riesce a elaborare e metabolizzare le brutte figure il prima possibile, vince chi riesce ad andare oltre le “brutte figure”, se così si possono definire, il prima possibile. Il successo lo si può iniziare ad ottenere trovando la chiave che ti dà la consapevolezza, in questo caso si aprono tutte le porte. Nel golf non bisogna mai smettere di fare tentativi, se continui a fare le stesse cose avrai sempre gli stessi risultati, il golf ti porta a cambiare i punti di vista. Tanto a partire dal campo pratica quanto a livello mentale.

Questo sport mette estremamente alla prova a livello emotivo perche ci sono Up and Down di continuo.

Se nel periodo immediatamente successivo alla sconfitta non ci si dà la colpa subito a caldo può servire, aiuta perchè ti scarica, ma dopo non aiuta più. Bisogna accettare le proprio mancanze e carenze. Bisogno imparare a fare autocritica. Fa crescere ed inevitabilmente ci porta a migliorare.

 

Si dice che l’acronimo del golf sia Gentlemen Only Ladies Forbidden lo sapevi?

Si lo so e non mi è mai piaciuto. Ritengo sia uno stereotipo da cancellare. Sicuramente i paramentri sono diversi, la potenza maschile non è paragonabile a quella femminile e, per questo motivo, le donne sono svantaggiate, i campi sono disegnati da uomini per uomini. Farle partire da davanti significa dare loro un contentino.

Oggi, in particolar modo, come stai notando, viste le condizioni con le quali stiamo giocando, tra cui il vento, e le modalità con cui si presenta il campo, con i green che spinnano e alcune posizioni delle aste, si è avvantaggiati con un gioco prevalentemente maschile, con più forza fisica.

Mi piacerebbe vedere un architetto donna che disegni un campo da donna. Chissà se mai succederà!

 

Ti ringrazio molto Carlo per la tua fiducia nei miei confronti ma io sto ancora cercando di tirare un driver decorosamente! Scherzi a parte la tua attività professionale non è certo paragonabile ad una attività da ufficio, come si articola la giornata di un golfista professionista?

Effetivamente la scrivania la vedo poco, ma ciò non vuol dire che non la veda più. Anche a me ogni tocca studiare.

Innanzitutto bisogna subito iniziare a fare una serie di considerazioni: dipende dal periodo dell’anno se caldo o freddo, se è periodo di gare o meno e, in ultimo, distinguere tra preparazione tecnica o preparazione atletica.

Se sono in periodo di gara passo la maggior parte della mia giornata in campo pratica tutti i giorni e mi alleno, andando a toccare tutte le tipologie di gioco: lungo, medio, corto e putter. Quando, invece, arriva la stagione calda passo molto più tempo sul putting green, mezz’ora in campo pratica e poi in campo a giocare direttamente.

Poi la preparazione atletica che si fa a settembre è diversa da quella di marzo, a settembre lavoriamo sulla forza perchè, trasformata, diventa esplosività, invece a marzo si lavora sulla esplosività e su attività cardio.

 

Di tutti i bastoni che hai nella sacca quale useresti sempre e quale, potendo scegliere, non useresti mai?

Il ferro che mi piace giocare di più è il ferro 8 e quello che mi piace usare meno il sand. Come nella vita è tutta una questione di aspettative.

Il ferro 8 perchè statisticamente è quello che metto più vicino e, quindi, mi dà più sicurezza.

Il sand, invece, è quello che tiro con più aspettative, ma è anche quello con il quale devo mettere la palla attaccata alla buca.

Per i bastoni lunghi, invece, ultimamente sto giocando molto bene il legno tre.

Parlando, invece, di palline preferite prima, cercando un paio delle tue in rough, ho visto che tu usi le Wilson Staff FG Tour, buona palla nulla da dire, io invece utilizzo le Pro V1. Una palla molto stabile con molto controllo e che agevola  molto la mia tipologia di gioco lungo e facilita la mia tipologia di gioco corto.

 

Adesso che sei professionista continui ad andare a lezione di golf?

Non solo continuo ad andare a lezione, ma è proprio quando si passa da Amateur a Pro che bisogna avere a fianco una squadra di preparatori che si occupino del giocatore a 360 gradi.

Ho tutto un team che mi segue: il mio Head Coach Giorgio Grillo per il gioco lungo, allenatore Matteo Delpodio, Putter Coach Giovanni Gaudioso, preparatore atletico Giorgio de Pieri, e last but not least, come ti ho anticipato prima l’importanza della componente emotiva, Mental Coach Alessandra Averna.

 

Sono certo che nel tempo libero ed in vacanza tu non vada a giocare a golf, ma qual’è il campo in cui torni a giocare sempre con piacere e quello invece in cui non torni mai volentieri?

Hai detto bene, la vacanza è vacanza! Quindi lunghe passeggiate in montagna con il mio pastore tedesco. La montagna la amo fin da bambino come ben ricordi.

Golf club Geneve perchè è posizionato in un contesto fuori Ginevra con un campo tenuto a regola d’arte, in aggiunta ciò che mi lega a questo campo sono dei bellissimi ricordi passati e degli score notevoli consegnati in segreteria.

Il campo, invece, in cui ho sempre difficoltà a tornare è Carnoustie, perchè ogni volta mette a dura prova tutti i settori del gioco ed in una occasione, in particolare, in cui ho giocato, più del disegno del campo ricordo i quattro maglioni di lana che avevo addosso!

 

Qual è il tuo livello di scaramanzia? 

Tiger Woods, da quando ha iniziato a giocare a golf, la domenica si veste sempre con pantalone nero e polo rossa. Questo rito rappresenta una delle poche certezze del golf mondiale.

Io, invece, nel mio piccolo l’ultimo giorno mi vesto tutto nero, come calimero. A me il nero piace e rappresenta il mio rituale, questo colore, che pochi osano vestire, mi infonde quella carica in più che mi fa sentire pronto.

A proposito di scaramanzia e ritualità non dimentichiamo di farci offrire la birra dal nostro amico Luca che alla buca 4 non ha superato i battitori delle donne!

Grazie Emanuele è stato un piacere giocare con te.

 

Chi gioca a golf da anni sa che il più bel complimento che si possa ricevere dopo diciotto buche non è come si è giocato bene, ma la frase “è stato un piacere giocare con te”.

 

Carlo ha chiuso il giro con diversi colpi sotto il par, io avrei preso l’ennesima virgola.

 

Buon gioco a tutti.

 

Emanuele Farina Sansone