ilTorinese

Inaugurato il centro vaccinale all’Allianz Stadium di Torino

Con le prime somministrazioni di vaccino al personale scolastico ha preso il via mercoledì mattina il nuovo punto vaccinale all’hotspot dell’Allianz Stadium, struttura voluta dalla Regione Piemonte, coordinata da Asl Città di Torino e Arpa Piemonte e realizzata in collaborazione con il Comune di Torino, Juventus Football Club e Csi Piemonte. 

Inaugurato lo scorso novembre per i tamponi naso-faringei in modalità drive through, l’hotspot è stato convertito in punto vaccinale in sole 48 ore con il prezioso aiuto delle Truppe Alpine dell’Esercito Italiano, che avevano già supportato l’allestimento in autunno, in particolare, gli alpini della Brigata “Taurinense”.

Il centro dispone di tre linee di vaccinazione nelle quali operano tre ufficiali medici e quattro sottufficiali infermieri dell’Esercito italiano.

“Abbiamo fatto una cosa importante per la cittadinanza – ha sottolineato l’assessore regionale alla ricerca applicata Covid, Matteo Marnati – L’obiettivo è quello di far crescere e ampliare i punti vaccinali sul territorio regionale. Questo hotspot lo mettiamo a disposizione anche dei medici che si vogliono aggregare nella somministrazione dei vaccini: c’è molto spazio e potremmo allungare l’orario utilizzando il punto vaccinale fino a sera in modo proporzionale alla disponibilità dei vaccini che riceveremo, dando così un importante aiuto, sia sotto il profilo amministrativo che logistico, alla Regione”.

“La riconversione dell’hotspot per tamponi rapidi all’’Allianz Stadium di Torino in centro vaccinale – commenta il direttore generale di Arpa Piemonte, Angelo Robotto – è stata una sfida che la Regione Piemonte ha chiesto ad Arpa di coordinare e che è stata realizzata, anche grazie all’Esercito e agli altri enti e organizzazioni coinvolti, in tempi ristrettissimi. Oltre alle 3 linee vaccinali sono presenti più linee di caricamento dati, affidato a personale dell’Agenzia, affinché non si presentino colli di bottiglia nel percorso vaccinale, efficientando al massimo la capacità operativa”.

“La Città di Torino ha contribuito alla trasformazione dell’hotspot tamponi dell’Allianz Stadium in un centro vaccinale con efficienza e senso di responsabilità, ringrazio i volontari e il personale della Protezione civile che avranno un ruolo fondamentale nell’attività di accoglienza dei cittadini – aggiunge Alberto Unia, assessore della Città di Torino con delega alla Protezione civile – Questo nuovo presidio darà un contributo importante nell’incremento della capacità di vaccinazione nella nostra città, in una fase fondamentale per superare l’emergenza Covid”.

“Il modello vaccinale messo in atto presso l’Allianz Stadium – dice Carlo Picco, direttore generale Asl Città di Torino – è particolarmente innovativo perché rappresenta una forma integrata di sinergie tra Enti e Istituzioni che hanno imparato a collaborare insieme per raggiungere un obiettivo comune, a favore della popolazione torinese”.

Il punto vaccinale si trova all’interno del Parcheggio 10 dello stadio (entrata da via Druento) e sarà operativo con orario in questa prima fase 8-14 dal lunedì al sabato. A regime garantirà la somministrazione di 200 vaccini al giorno.

Bollettino Covid: i dati di mercoledì 24 marzo a Torino e in Piemonte

CORONAVIRUS PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 16.00

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 2.223 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 386 dopo test antigenico), pari al 7,7% dei 28.731 tamponi eseguiti, di cui 12.700 antigenici. Dei 2.223 nuovi casi, gli asintomatici sono 774 (34,9%).

I casi sono così ripartiti: 258 screening, 1.346 contatti di caso, 619 con indagine in corso; per ambito: 31 RSA/Strutture Socio-Assistenziali, 166 scolastico, 2.026 popolazione generale.

Il totale dei casi positivi diventa quindi 298.767, così suddivisi su base provinciale: 24.537 Alessandria, 14.460 Asti, 9.475 Biella, 41.740 Cuneo, 23.166 Novara, 159.451 Torino, 11.321 Vercelli, 11.003 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.334 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 2.280 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 354 (+7 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 3.608 (+36 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 30.986

I tamponi diagnostici finora processati sono 3.566.467 (+28.731 rispetto a ieri), di cui 1.312.346 risultati negativi.

I DECESSI DIVENTANO 10.053

Sono 30 i decessi di persone positive al test del Covid-19 comunicati dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte, di cui 6 verificatisi oggi (si ricorda che il dato di aggiornamento cumulativo comunicato giornalmente comprende anche decessi avvenuti nei giorni precedenti e solo successivamente accertati come decessi Covid).

Il totale è ora di 10.053 deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia: 1.458 Alessandria, 625 Asti, 394 Biella, 1.200 Cuneo, 827 Novara, 4.676 Torino, 449 Vercelli, 336 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 88 residenti fuori regione, ma deceduti in Piemonte.

253.766 PAZIENTI GUARITI

I pazienti guariti sono complessivamente 253.766 (+2.128 rispetto a ieri) così suddivisi su base provinciale: 21.519 Alessandria, 12.682 Asti,8.447 Biella, 34.509 Cuneo, 19.744 Novara, 134.497 Torino, 9.482 Vercelli, 9.768 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.195 extraregione e 1.923 in fase di definizione.

L’Imbarco Perosino rischia di chiudere per sempre dopo 80 anni

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Ci scrivono i titolari dell’Imbarco Perosino, storico ristorante sul Po

 

Caro direttore, all’ Imbarco Perosino siamo in difficoltà e quel che è peggio, questa volta rischiamo di chiudere.

Sono dieci anni che siamo in giudizio contro il Comune di Torino per rivendicare,
convinti delle nostre ragioni, il diritto di poter continuare a vivere e lavorare
all’Imbarco, come facciamo da oltre 80 anni, con amore e dedizione.
Ma la legge, purtroppo, sembra non essere dalla nostra parte. In ogni momento
potremmo essere sfrattati dal luogo creato da nostro nonno Alberto Perosino
nel 1936 per costruire barche da fiume, dove Graziella Perosino è nata nel 1940
e vive tuttora insieme a Gianni, dove noi siamo cresciuti, dove la nonna Anna
iniziò negli anni ’60 l’attivitàdi solarium estivo e noleggio barche, e dove
Graziella dal 1987 avviò il ristorante ed il bar dove molti di voi avranno passato
giornate e serate di festa, svago o relax.
Tutto questo sta per finire, se non facciamo nulla. La cifra che il Comune ci chiede è molto alta e
l’unico modo per evitare lo sgombero (a cui noi ci stiamo opponendo da anni) è raggiungere con il Comune
un accordo che dal nostro punto di vista è totalmente ingiusto, ma è l’ unica possibilità che abbiamo per chiudere tutte le cause in corso.
La cifra è molto alta e la pagheremo con il nostro lavoro, come sappiamo fare.
La cifra che ci serve adesso con urgenza è € 138.000 che non abbiamo in
questo momento di grave crisi a causa della pandemia Covid-19 che perdura
da oltre un anno.
Da qui il motivo di questa iniziativa.
E’ tanto, lo sappiamo, ma è sono solo una piccola parte della somma totale che
dovremmo pagare in totale nel corso dei prossimi anni. Ma sappiamo anche
che siete tantissimi a volerci bene, ad avere a cuore l’Imbarco Perosino.
Perché è un posto storico per Torino e unico nel suo genere nel Valentino:l’
esistenza di un approdo fluviale sotto il castello Sabaudo del Valentino è
documentata su stampe antiche a partire dal 1700; qui è dove la Peota Reale di
Carlo Emanuele III approdava durante i matrimoni regi e i festeggiamenti
cittadini lungo il fiume sino dal 1730; la struttura dell’edificio ligneo attuale
venne realizzata durante Esposizione Universale del 1911 che si svolse al
Valentino; i nostri nonni lo acquistarono nel 1936 con regolare rogito notarile
regio vendendo le propria attività di maestro d’
ascia e di stireria/maglieria inSan Salvario e da allora esso è tenuto con cura dalla nostra famiglia.
Ma anche perché, forse, nei decenni scorsi siamo stati in grado di farvi passare
dei bei momenti sulle sponde del nostro amato fiume. Con i soldi che riusciremo a raccogliere avremo la possibilità
di continuare apreservare questo edificio storico, proteggerlo dalle ricorrenti piene del Po,
intraprendere nuove iniziative sportive e di svago sul fiume, proseguire l’attività
del ristorante e del bar, esattamente come abbiamo sempre fatto da
85 anni. Il resto dei debiti verso il Comune li pagheremo ovviamente noi, con i
redditi dell’attività.
Lo sgombero esporrà gli immobili all’evidente rischio di atti vandalici o peggio a
rischio di incendi (come avvenuto ai locali siti nella medesima zona) che per un
immobile storico totalmente in legno sarebbero irreparabili cui si aggiungerebbero, considerato l’ avvicinarsi dei mesi primaverili,
i danni catastrofici derivanti dalle inevitabili piene annuali del Po.
Pertanto, è indubbio che, in caso di sgombero, le sorti dell’Imbarco Perosino sarebbero del tutto incerte.
Ecco come funziona
Potete aiutarci donando su
https://salviamoimbarcoperosino.starteed.eu
e aprescindere dall’ importo che raccoglieremo, faremo tutto il possibile per raggiungere la soglia di € 138.000, coinvolgendo anche imprenditori della
ristorazione con cui siamo in contatto, in modo tale da avere tutto quello che serve per chiudere l’accordo con il Comune di Torino e salvare l’imbarcoPerosino.
Se non ce la dovessimo fare e verremo sfrattati, tutto l’importo raccolto sarà utilizzato per sgomberare i locali dell’Imbarco Perosino e trovare una nuova sistemazione per Graziella e Gianni.C

Premio Odisseo, il CDVM online per le aziende

Giovedì 25 marzo quarto webinar promosso dal Premio Odisseo del CDVM con le aziende finaliste

Parteciperanno Giorgio Proglio, creatore dell’App tabUi, e Edy Incoletti di Logic System

 

Quarto appuntamento giovedì 25 marzo prossimo con la serie dei webinar promossi dal Premio Odisseo con protagonisti, ogni volta, due responsabili delle imprese selezionate, che dialogano con gli organizzatori del Premio, in attesa della cerimonia di conferimento del Premio stesso, che avverrà quando le condizioni Covid lo consentiranno.

Il Premio Odisseo, nato per volere del CDVM ( Club Dirigenti Vendite & Marketing dell’Unione Industriale  di Torino), presieduto dal dottor Antonio De Carolis, in collaborazione con gli altri Club Dirigenti dell’Unione Industriale torinese, nella sua edizione 2020 si è posto come obiettivo quello di valorizzare e premiare realtà territoriali che si fossero distinte nella realizzazione di progetti creativi, abbinati  ad attività di marketing improntate all’innovazione, digitali e inclusive dell’obiettivo della sostenibilità ambientale.

Ideato a partire dal 2005, il Premio Odisseo ha l’obiettivo di promuovere le attività economiche e professionali del territorio che si siano contraddistinte quali esempi di eccellenza nell’ambito delle proprie competenze, con un’attenzione particolare rivolta alle start up innovative territoriali. Seguendo una lunga tradizione, anche l’edizione 2020 del Premio Odisseo vuole premiare la creatività imprenditoriale con opere d’arte contemporanee, facendo risaltare la stretta connessione presente tra le espressioni artistiche note a livello internazionale e gli esempi di eccellenza imprenditoriale del territorio.

Giovedì 25 marzo durante il webinar sarà possibile incontrare Giorgio Proglio, creatore dell’App tabUi, che sfrutta la realtà aumentata e la geolocalizzazione,  consentendo a tutti di caricare contenuti, raccogliendo tutte le informazioni utili ai visitatori in ununico sistema. Questa applicazione risulta di grande praticità in quanto contiene tutte le informazioni utili al turista o a chi viva sul territorio, grazie a un’esperienza  semplice e innovativa resa possibile dalla geolocalizzazione, dala categorizzazione delle attività, dalla realtà aumentata e dalle audio guide. Si tratta di contenuti che crescono ogni giorno grazie alla Community di utenti e di follower, capaci di contribuire quotidianamente all’inserimento e ottimizzazione dei contenuti stessi.

Secondo ospite, responsabile di una delle aziende finaliste, sarà  Edy Incoletti di Logic System, creatore del sistema gestionaleAimSafe per la salute e la sicurezza dei lavoratori, ma ancheaperto, condiviso e alimentato da una social community.

Mara Martellotta 

La digital transformation in radio a Parlaconme

La digital transformation e le sue implicazioni future saranno al centro della trasmissione PARLACONME in onda giovedì 25 marzo prossimo su Radio Vidanetwork e condotta da Simona Riccio

 

La digital  transformation sarà l’argomento portante della trasmissione PARLACONME in onda giovedì 25 marzo prossimo dalle 18 sulla Radio web Radiovidanetwork  e condotta da Simona Riccio, Agrifood & Organic Specialist, oltre che digital Strategist.

Ospiti della puntata, che verterà sui temi della fondazione, trasformazione e evoluzione digitali, saranno Alessio Frugoni, Web & E-Commerce, e Simone Stricelli, Co-Founder e Creative Director della Kaos Communication, che rappresenta anche laweb agency della trasmissione PARLACONME.

Con Alessio Frugoni verrà trattato l’argomento dell’ e commerce, inteso al giorno d’oggi come processo creativo, e verranno formulati esempi concreti, presentando anche due case history, ilprimo dei quali riferito ad un’università, che ha progettato il suo sito per le persone ipovedenti, iniziativa che consentirà di parlare di inclusione, tema che rappresenta il core business della trasmissione PARLACONME. Verrà inoltre analizzato il sito di uno studio legale e verranno spiegate l’importanza di avere un sito web e le modalità necessarie da seguire per rendere l’azienda il più trasparente possibile  di fronte al consumatore che sia alla ricerca di informazioni  sul web.

Grazie all’intervento di Simone Stricelli verrà analizzato il processo vero e proprio di trasformazione digitale e ipotizzato un vero e proprio manuale di sopravvivenza digitale per l’impresa di oggi e l’imprenditore del futuro.

Per seguire la trasmissione i si può collegare al sito www.vidanetwork.it oppure scaricare la app ufficiale Radio Vida Network scaricabile per Ios e Android, o seguirla Su speaker Alexa e Google

Replica il giorno successivo venerdì alle ore 9

Replica il sabato della settimana successiva alle ore 11.30

Mara Martellotta 

Quando la passione diventa mestiere

Seminar Web  su come trasformare la propria passione (arte a tutti gli effetti) nel proprio mestiere. Consigli e indicazioni
– il seminario è rivolto a tutti coloro che hanno una passione (pittura, musica, cucina, teatro, grafica, moda…) e vogliano provare a farne diventare il loro mestiere.
– E’ a numero chiuso: tre date possibili sulle quali posizionarsi (massimo 8 persone a data)
– piattaforma Zoom
– durata di ogni incontro circa un’ora e mezza
– costo del seminario € 30. Verrà applicato uno sconto a chi si presenta come lettore del “Torinese”

Una mamma dona il proprio fegato e salva la figlia di 3 anni

All’ospedale Molinette di Torino

Una storia a lieto fine fatta di generosità e di amore materno. Un trapianto di fegato da donatore vivente. Una mamma dona il proprio fegato e salva la figlia di 3 anni e mezzo. Nei giorni scorsi una bambina sarda é stata sottoposta a trapianto di fegato utilizzando la parte sinistra dell’organo stesso della madre medico, donatrice vivente, presso l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino.

Affetta da una rara malattia congenita del fegato che determina ittero irreversibile (l’atresia delle vie biliari), la bambina era già stata sottoposta ad un’operazione con intento riparativo (intervento di Kasai) a 6 settimane di vita. Tale intervento, pur ristabilendo il flusso biliare verso l’intestino e risolvendo l’ittero, non era tuttavia riuscito a scongiurare l’evoluzione del fegato verso la cirrosi epatica. Ai primi segni di scompenso funzionale della malattia cirrotica, la bambina era stata presa in carico dalla Gastroenterologia pediatrica (diretta dal dottor Pierluigi Calvo) dell’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino. Dopo un’approfondita valutazione multidisciplinare, la bambina era stata inserita nella lista d’attesa nazionale per trapianto di fegato pediatrico già nel maggio dell’anno scorso. Tuttavia, complice anche il periodo pandemico, non si sono presentate per la bimba offerte d’organo da donatore deceduto con le dimensioni e le caratteristiche più idonee per lei. Anzi, le condizioni della bambina sono progressivamente peggiorate a causa di fenomeni infettivi che ne hanno condizionato uno stato di malnutrizione e scarsa crescita (a più di tre anni e mezzo pesava appena 11 kg). Da gennaio di quest’anno, la bambina si trovava ininterrottamente ricoverata a Torino senza prospettive di dimissione.

Di fronte a questa non più sostenibile situazione di attesa, la madre della bambina (43 anni, di professione medico specialista) si è fermamente proposta quale potenziale donatrice di fegato per far “rinascere” da lei sua figlia per la seconda volta. Dopo un’attenta valutazione da parte di tutta l’équipe trapianti ed il giudizio favorevole della Commissione ‘terza parte’ attivata dalla Direzione sanitaria, la donna è stata considerata pienamente idonea per la donazione.

Il duplice delicato intervento di prelievo della parte sinistra del fegato della mamma e di trapianto dell’organo al posto del fegato malato nella bambina è durato circa 12 ore ed è tecnicamente riuscito ed è stato eseguito dal professor Renato Romagnoli (direttore del Centro Trapianto di fegato delle Molinette) e dalla sua équipe, in collaborazione con il dottor Fabrizio Gennari (direttore della Chirurgia pediatrica del Regina Margherita) e con l’équipe dell’Anestesia e rianimazione 2 delle Molinette, diretta dal dottor Roberto Balagna. Ora la piccola porzione di fegato trapiantata crescerà rapidamente all’interno del corpo della bimba.

La mamma donatrice, dopo un decorso postoperatorio privo di complicanze, ha già pienamente recuperato e sta seguendo in prima persona i progressi della sua bambina (estubata e sveglia dal giorno dopo il trapianto) presso l’Area Intensiva del Centro Trapianto di fegato delle Molinette.

Dopo più di 10 anni dall’esecuzione dell’ultimo trapianto di fegato da donatore vivente nel Centro di Torino, questo caso segna la ripresa di questo tipo di programma nel capoluogo subalpino, ampliando così le possibilità di trapianto per i pazienti in lista d’attesa.

“Ancora una volta, in una situazione di grande emergenza quale quella legata al Covid-19 – commenta il dottor Giovanni La Valle, Direttore generale della Città della Salute – il Sistema sanitario regionale e la Città della Salute di Torino hanno dato una prova di capacità davvero straordinarie, ovvero di saper non solo arginare l’infezione da coronavirus, ma anche di saper affrontare tutte le altre quotidiane malattie non-Covid, a cominciare da quelle più complesse che richiedono trapianti d’organo salvavita”.

Questa storia dimostra come, di fronte a situazioni cliniche estreme, l’amore dei genitori verso i figli sia capace di andare oltre ogni ostacolo, consentendo di raggiungere traguardi che possono sembrare a prima vista inarrivabili.

 

 

Poliambulatorio Rivoli: Valle (pd) chiede chiarezza

DA PALAZZO LASCARIS

“Ho presentato un’interrogazione per fare chiarezza sul destino del Poliambulatorio di via Piave a Rivoli.

Nel 2016, infatti, il Direttore Generale dell’Asl To3 Boraso e l’allora Sindaco di rivoli Dessì avevano sottoscritto un Protocollo di intesa per la riorganizzazione dei servizi sanitari del territorio che prevedeva lo spostamento dei Servizi di Salute mentale e del SERD in un nuovo immobile, il ricongiungimento e l’integrazione dell’attività specialistica ambulatoriale e della riabilitazione (definiti come “frammentati in locali non idonei in Via Piave”) con i servizi specialistici presenti in Ospedale, lo spostamento dei servizi distrettuali collocati in Via Piave (punto prelievi, sportelli di prenotazione, consultorio) e l’individuazione di una sede per la Medicina di Gruppo/Casa della salute presso i locali del primo piano della sede comunale. Le risorse necessarie per questi interventi, superiori a 3 milioni di euro per la sola parte dell’Asl To3, sarebbero state reperite grazie alla cessione dell’immobile di via Piave da parte dell’Asl” spiega il Consigliere regionale del Partito Democratico Daniele Valle.

“Il 20 gennaio 2021 l’Asl To3 – precisa Daniele Valle – ha comunicato interventi edili per rendere più accoglienti e accessibili gli spazi del Poliambulatorio di via Piave e il trasferimento temporaneo dell’attività sanitaria, fino al 7 marzo presso le altre sedi territoriali dell’Asl, fatto che crea confusione sul futuro di questo stabile”.

“Di fronte a queste decisioni penso sia importante capire se si intenda procedere alla riorganizzazione dei servizi sanitari nel territorio rivolese così come esplicitato negli ultimi 2 protocolli e, quindi, anche alla dismissione della sede di Via Piave. Oltre a questo sarebbe importante sapere quali siano le tempistiche per la conclusione dei trasferimenti e del riadeguamento dei servizi sanitari previsti dall’ultimo protocollo” conclude Valle.

A Chieri il “Welcome” è un mega-cartellone sull’emergenza climatica

“Come fai a non vederlo?”

“Come fai a non vederlo? Il cambiamento climatico è davanti ai nostri occhi e non possiamo ignorarlo!”. Chi mai l’avesse fatto e si trovasse a passar per Chieri, sarà in tal senso ammonito a pensarci bene e a non ignorare l’emergenza prima dei nostri tempi (quella climatica, per l’appunto), da un maxi-telone di trenta metri per sei, posto all’ingresso della città (area Tabasso) in sostituzione del tradizionale cartello “Welcome Chieri” e recante l’ammonitoria scritta “COME FAI A NON VEDERLO?”.

In questo modo il Comune di Chieri si schiera per e con l’Ambiente.  “Facciamo nostro il grido di chi ci ricorda che siamo su un limite, sulla soglia di un baratro, e che non possiamo non vedere l’emergenza climatica, ognuno di noi è chiamato all’azione, a dare il proprio contributo, trasformando le cattive abitudini in buone pratiche ambientali” commenta l’assessore chierese alla Comunicazione Antonella Giordano, che prosegue: “ La dichiarazione dell’emergenza climatica è stata il primo atto della nostra amministrazione dopo l’insediamento. Abbiamo voluto sostituire il vecchio benvenuto che celebra i monumenti e le ricchezze del nostro patrimonio culturale, storico ed artistico, con questo messaggio concreto e di forte impatto, richiamando così l’attenzione di tutti sulla crisi climatica che non si può più far finta di non vedere”. Una campagna comunicativa moderna ed innovativa, “frutto di un percorso partecipato che ha visto il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni giovanili più impegnate sul versante ambientale, da ‘Fridays for Future’ a ‘Open Chieri’ a ‘Don’t Plastic, Be Fantastic’, in modo tale che si tratti di un messaggio orizzontale che vede il cittadino parlare al cittadino”. “Una campagna di comunicazione che non si limiterà al telone di via Vittorio Emanuele. Sul sito del Comune e sui canali social istituzionali Facebook e Instagram, verranno infatti sviluppati – prosegue l’assessore – i vari aspetti della crisi climatica (cibo, agricoltura, mobilità, giustizia climatica, energia, lavoro, industria, buone pratiche locali). In questo modo prendiamo come Comune una chiara posizione sull’emergenza climatica a favore di una società green, sensibilizziamo i cittadini, e diamo l’opportunità ai giovani di dire la loro su temi dai quali dipende il loro futuro, sperando che altre città possano seguire il nostro esempio”.
Nelle intenzioni dell’Amministrazione chierese, non si tratta dunque di un’azione di solo “Greenwashing”, ma di una campagna di comunicazione destinata a durare nel tempo. “Gli obiettivi- conclude Antonella Giordano – sono inanzi tutto informare sul come la crisi ambientale stia già colpendo molte persone in tutto il mondo, anche a seguito dei disastri naturali e dei fenomeni meteorologici estremi; in secondo luogo, riportare testimonianze importanti che aiutino i cittadini a vivere in modo sostenibile e raccontare le buone pratiche che il nostro territorio mette in atto a tutela dell’Ambiente”.

g. m.

Le mani e la terra

Il viaggio a ritroso nel tempo di Clara Cipollina tra le colline di Gavi

 

Gli guardo le mani, ora ritirate sulle ginocchia una nell’altra, le ha lanciate in alto, lateralmente, mentre narrava, in quel suo gesticolare che costituisce quasi una scenografia ai suoi racconti, ora sono piene di vene rigonfie e violacee, le ricordo grandi, callose e un po’ ingiallite, queste mani stanche, le rivedo arpionate ai manici di un aratro, alle spranghe di un carro e, quasi timide, appoggiate sul tavolo della cucina, nell’attesa che la minestra venga versata. Le rivedo appoggiate ad un bastone ricavato dal ramo di un albero, le rivedo strette nella presa delle zampe di un povero coniglio..”.

In questo passaggio c’è molto dell’essenza narrativa che si trova tra le pagine di Le mani e la terra, il libro di Clara Cipollina recentemente ristampato dalla torinese Impremix Edizioni Visual Grafika dodici anni dopo la prima edizione, da tempo esaurita.

L’autrice, nata a Gavi nel 1949 e laureatasi in lettere al Magistero di Genova nel 1971 con una tesi sull’attività del cartografo Matteo Vinzoni, ha preferito dedicarsi tutta la vita all’insegnamento piuttosto che al lavoro di ricerca negli archivi. Ha sempre scritto testi autobiografici e fiabe, inventandosi anche lo pseudonimo di Titolina (e Il segreto di Titolina, fiaba a otto mani scritta con i figli Nicola e Francesca e il marito Bruno, è l’appendice del volume). Il luogo dell’anima di Clara Cipollina si trova a Gavi, nel cuore della valle del Lemme “dove la campagna è ancora capace del silenzio dominato dai filari e da quell’impercettibile presenza del mare che  il vento porta con sé e le colline accolgono con tutti i suoi benefici influssi”. E’ in quello spazio di tempo e memoria che si snoda il suo lungo dialogo con il padre che rappresenta l’ossatura del racconto. I ricordi, i valori di una civiltà contadina fatta di poche e povere cose materiali e di insegnamenti profondi che restano per sempre, che in tempo non può usurare. I ricordi della sua infanzia vengono rievocati tra la cascina del Merlo, dove è nata, e  l’altra cascina, la Zerba di Alice, una delle frazioni di Gavi. E’ in quel contesto che si snodano e riannodano i ricordi, le immagini di un mondo semplice e povero nella sua materialità ed al tempo stesso ricco di valori e insegnamenti.  Ricordi che dall’infanzia agli anni della maturità di donna sembrano  “accompagnati dai movimenti lenti delle mani del padre di Clara. Lenti e profondi come quelli di chi ha imparato a rispettare quella terra , dura e gonfia di fatica, che gli ha dato da vivere”. “La mani e la terra non è una saga familiare”, ha scritto nella sua introduzione Nadia Gallarotti, l’amica più cara di Clara, prematuramente scomparsa. “Non è solo un pezzo di quel mondo dei vinti che si racconta attraverso le vicissitudini di chi  scelse di compiere tremendi sacrifici per far studiare la figlia brava, per riscattare attraverso di lei tutta una vita di lavoro tanto dignitoso quanto amaro. E’ il ritratto, la foto virata in seppia di una storia come tante e proprio per questo speciale, preziosa. E’ la storia di Clara, dei valori che ha avuto in eredità e che hanno orientato – come una bussola – la sua vita. Una storia troppo preziosa perché – una volta scritta, quasi graffiata con l’inchiostro sui fogli – finisse dimenticata in un cassetto”. Per fortuna quella storia non è finita in un cassetto, trasformandosi in un libro che trasmette sensazioni importanti. Clara Cipollina ha raccontato i pomeriggi passati a Gavi, nella casa dei sui genitori, negli anni che vanno dal 1997 al 2004. Vi arrivava nel fine settimana da Novara, dove vive tutt’ora, e registrava i racconti di suo padre: i conflitti, la vita nei campi, l’incontro con la madre di Clara, i ricordi della giovinezza. Così è andata “a ritroso nel tempo”, riportando alla luce narrazioni di fatti accaduti a cavallo tra le due guerre. Dopo la morte del padre quei ricordi sono riaffiorati  e, riordinando il suo passato, Clara Cipollina ha ritrovato  le persone che più mi hanno amata e ha ridato voce a Mario, suo padre. Tra le pagine ci sono i paesaggi dei vigneti di Gavi, il “terrazzino sul Lemme” tra quelle colline dove, come canta Ivano Fossati in una sua celebre canzone, “si sente il mare”. Ma anche i luoghi come Omegna, sul lago d’Orta, dove è stata giovane insegnante, sposa e madre; e Novara, terra di nebbie e risaie, dove risiede con la sua famiglia. La lettura di Le mani e la terra riporta alla mente le parole di Ermanno Olmi quando sosteneva caparbiamente che “la civiltà contadina è l’unica civiltà che ho conosciuto” .Era un mondo in cui fra marito e moglie ci si dava del voi; un mondo dove i valori erano imposti da una vita dura, faticosa. Dove il riscatto sociale era il desiderio di molti padri per i figli. Una dimensione dove i ritmi erano dettati dalle stagioni, dalle lune e dalla terra. Una civiltà in gran parte scomparsa, divorata dai tempi dove si vive sottomessi allo scandire dell’orologio, dove si è convinti di possedere il proprio tempo quando in realtà è il tempo che possiede noi. Il libro di Clara Cipollina si apprezza come una boccata d’aria fresca e pulita. E’ come il vento a primavera che porta con se i primi profumi del risveglio della natura dopo l’inverno. E in tempi come quelli in cui viviamo c’è bisogno di quest’aria.

Marco Travaglini