Alle ore 16, presso la Sala della Regina di Montecitorio viene proiettato il film “La chiocciola”, regista Roberto Gasparro. Successivamente, si svolge una discussione sul tema del “ritiro sociale volontario”. Interviene il vicepresidente della Camera, Sergio Costa. Il dibattito viene trasmesso in diretta webtv.
Chi Inventa, Comanda: La Vera Partita tra USA e Cina
IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Gli Stati Uniti accusano la Cina di avere sfruttato una posizione di vantaggio nei suoi confronti e minacciano nuove pesanti tariffe. Sono fondate le accuse rivolte da Trump? Quale sarebbe la strategia più corretta da adottare?
Il libero mercato ha dimostrato di essere il motore della crescita (anche cinese) e continuerà ad esserlo anche nella sua versione 2.0 che passa attraverso la supremazia tecnologica: la tecnologia (come la conoscenza) è fluida e non si può certo contenere con le barriere doganali.
La Cina ha senza alcun dubbio beneficiato enormemente della globalizzazione ma potrà forse sorprendere come l’importanza degli Stati Uniti, sul totale dell’export cinese, si sia ridimensionata proprio negli anni successivi al 2001, l’anno della discussa ammissione della Cina al WTO, con il beneplacito statunitense.
Da un picco del 22% sul totale delle importazioni statunitensi, toccato nel 2002, è iniziata infatti una discesa costante fino al 13% toccato nello scorso dicembre: un calo del 41%.
Considerato che nel 2024 le importazioni USA erano pari al 12% del PIL, questo significa che la porzione cinese corrisponde a circa l’1.6% del PIL nazionale (al suo massimo era arrivata a superare di poco il 2.5%).
Il trade deficit con la Cina corrisponde, invece, all’1% del PIL USA, in calo del 50% rispetto ai massimi del 2% raggiunti nel 2018.
Anche in rapporto al PIL cinese l’export negli USA si è più fortemente ridimensionato passando dal 7% del 2005 al 2,6%.
Insomma, emerge chiaramente come non sarebbe corretto sostenere che sono stati gli Stati Uniti a trainare la crescita cinese né che il trade deficit abbia provocato significativi svantaggi a quella americana.
Per meglio comprendere come si è evoluta la situazione occorre però distinguere almeno tre fasi nella storia recente dei rapporti commerciali con la Cina.
1- La prima fase di espansione delle esportazioni (1978-1989):
Questo periodo fu avviato dalle riforme economiche e dalle privatizzazioni introdotte da Deng Xiaoping a partire dal 1978, sotto lo slogan a lui attribuito: “Arricchirsi è glorioso.” Le riforme agricole e industriali, insieme all’istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES) volte a liberalizzare l’economia cinese, stimolarono una rapida crescita delle esportazioni. Tra il 1978 e il 1989, le esportazioni passarono dal 4,5% al 14% del PIL.
L’espansione impetuosa delle esportazioni trascinò il PIL in una crescita a doppia cifra che, fatalmente, produsse squilibri provocando così diffusi disordini sociali che sfociarono nella dichiarazione della legge marziale, il 20 maggio 1989, e, qualche giorno dopo, nella violenta soppressione della protesta di piazza Tiananmen.
Il massacro che ne seguì non interruppe però le riforme economiche che, anzi accelerarono specie dopo il “Southern tour”, intrapreso dall’ ormai ottantottenne Deng Deng Xiaoping nel 1992 per spiegare l’importanza delle sue riforme, e la successiva ulteriore apertura agli investimenti stranieri. L’accelerazione del PIL fu ancora una volta trainata dalle esportazioni il cui peso sul Pil arrivò al 20% nel 2001.
2- Ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) e sua integrazione nel commercio internazionale (2001–2005):
Nel 2001 la Cina viene ammessa nel WTO, con il voto e l’approvazione decisivi degli Stati Uniti, ed inizia una nuova, breve ma fortissima, fase di crescita delle esportazioni, il cui valore raggiunge in soli quattro anni il 38% del PIL.
Si tratta del periodo più tumultuoso e che pose delle basi alle odierne criticità.
- Graduale Normalizzazione e Diversificazione (2006–2024):
A partire dalla metà del primo decennio di questo secolo il peso dell’export inizia rapidamente a scendere per ritornare al 20% nel 2024, la stessa traiettoria subita dalle esportazioni cinesi negli Stati Uniti.
Di fronte a quanto sopra descritto potrà apparire strano l’inasprirsi della guerra commerciale avvenuto nell’ultimo decennio.
La spiegazione non ha dunque a che fare solamente con la dimensione del deficit commerciale ma è strettamente legata con la qualità dell’export cinese.
Per meglio comprendere, possiamo ricorrere all’ Economic Complexity Index (ECI), elaborato dall’ Harvard Growth Lab’s Country Rankings, che si ripropone di “Valutare lo stato attuale delle conoscenze produttive di un Paese. I Paesi migliorano il loro Indice di Complessità Economica (ECI) aumentando il numero e la complessità dei prodotti che riescono a esportare con successo”.
Il cambiamento intervenuto negli ultimi decenni appare così in tutta la sua evidenza: la Cina ha migliorato la sua classifica ECI dalla 38a posizione, nel 1995, alla 16a mentre nel frattempo gli Stati Uniti sono scesi dalla 10a alla 15a (The Atlas of Economic Complexity ).
Per semplificare il concetto possiamo dire che oggi le merci che arrivano dalla Cina hanno una qualità e un livello tecnologico che è pressoché pari a quello statunitense e poco importa se le sue dimensioni relative (rispetto al PIL americano) si sono ridimensionate negli ultimi anni.
Il dominio esercitato oggi nei settori più importanti e strategici dalla Cina, sia in termini di produzione assoluta che di specializzazione della propria struttura industriale, è dimostrato anche dall’ “Hamilton Index” prodotto dall’ITIF (Information Technology & Innovation Foundation).
Per valutare la performance relativa delle nazioni in settori strategicamente importanti, l’ITIF utilizza una statistica analitica nota come “coefficiente di localizzazione” (LQ, Location Quotient, The Hamilton Index, 2023: Data Visualization for Industries | ITIF), che misura il livello di specializzazione industriale di una determinata nazione rispetto al resto del mondo.
Il LQ si calcola come la quota di un settore sull’economia nazionale divisa per la quota dello stesso settore sull’economia globale.
Un LQ maggiore di 1 indica che la quota del paese nella produzione globale di un determinato settore è superiore alla media mondiale.
L’indice dimostra come la Cina sia superata solo da una manciata di Paesi per specializzazione industriale (indice LQ) e sia al vertice in sette dei dieci più importanti settori strategici.
Un’ulteriore chiara conferma di questo è la forte crescita cinese della spesa in ricerca e sviluppo, che oggi eguaglia a parità di potere di acquisto quella americana, e della sua quota mondiale nella registrazione di nuovi brevetti (Was Made in China 2025 Successful? – Rhodium Group ).
La situazione rischia di essere ancora peggiore se si tiene conto di Taiwan, il cui futuro cinese è ritenuto pressoché ineluttabile (non sappiamo quando ma ci sono pochi dubbi sul se).
Le importazioni statunitensi da Taiwan sono, infatti, più che raddoppiate negli ultimi due decenni e si tratta per lo più di prodotti ad elevata complessità tecnologica (Taiwan è al quarto posto del ranking ECI).
Ma se la leadership tecnologica USA è chiaramente a rischio la risposta non possono certo essere i dazi che, al contrario, potrebbero spingere Paesi emergenti come il Vietnam a riorientare i propri commerci, e non solo, verso la Cina.
L’unico modo per rispondere alla crescita del gigante asiatico dovrebbe essere, invece, quello di puntare con forza su tutto ciò che ha consentito agli Stati Uniti di generare l’ambiente ideale per innovare, favorendo la nascita e lo sviluppo delle maggiori società tecnologiche al mondo: un’economia aperta e terra di grandi opportunità, grazie alla libertà di fare impresa, ed un sistema di istituzioni universitarie di assoluta eccellenza.
La fede nel libero mercato ha da sempre consentito lo sviluppo delle aziende migliori e con le maggiori capacità di competere al mondo ma questo non sarebbe stato certo sufficiente senza un sistema universitario in grado di attrarre professori e studenti eccellenti da tutto il mondo (secondo “Times Higher Education World University Rankings 2025”, World University Rankings 2025 | Times Higher Education (THE) sette delle migliori università mondiali sono statunitensi).
Nello scorso anno scolastico 2023/24 gli studenti stranieri negli USA hanno toccato il loro massimo, a 1,126 milioni con quasi 299.000 nuovi arrivati.
Una quota molto importante è rappresentata da cinesi, 25%, e indiani che, proprio l’anno scorso, sono diventati la comunità studentesca internazionale più importante con il 29% del totale.
Ma attrarre studenti può non essere più sufficiente.
Diventa, infatti, sempre più importante la capacità delle università americane di sfornare laureati STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), i più richiesti dal mercato, risorse umane indispensabili per supportare la crescita delle aziende tecnologiche.
Da questo punto di vista lo sforzo cinese sta iniziando a produrre i suoi effetti.
Dalle università del gigante asiatico escono annualmente più di 3,5 milioni di laureati STEM, dati 2020, contro gli 820.000 degli Stati Uniti.
E non è solo il numero assoluto che deve fare riflettere ma anche la percentuale STEM sul totale dei laureati: in Cina è superiore al 40% contro il “solo” 20% statunitense.
Se poi concentriamo l’attenzione sui dottorati STEM (Phd), con specializzazioni avanzate basate sui loro progetti di ricerca, la Cina è prevista produrne quasi 80.000 nel 2025 contro i 40,000 degli Stati Uniti.
Occorre inoltre considerare che il 40% del totale degli STEM Phd americani (16 su 39.000), saranno studenti stranieri, in buona parte cinesi, sempre più orientati a rientrare in patria al termine degli studi all’estero (privando le aziende USA di importante linfa vitale).
Gli Stati Uniti hanno dunque una forte necessità di riorientare i propri studenti verso i percorsi di studio STEM, fondamentali per mantenere la propria leadership nei settori strategici, e di continuare ad essere una destinazione privilegiata per i migliori studenti (e professori) internazionali.
Naturalmente il presupposto per una buona riuscita deve essere costituito da un sistema universitario eccellente, con una naturale vocazione all’innovazione ed una crescente attenzione agli investimenti in ricerca e sviluppo.
Gli ultimi segnali provenienti dalla Casa Bianca non sembrano andare in questa direzione e potrebbero rendere vani gli sforzi tesi a perseguire l’obiettivo, del tutto condivisibile anche da parte dei Paesi europei, di respingere la sfida all’ultimo chip proveniente da oriente.
La versione originale di questo elaborato è stata pubblicata, in due articoli separati, ai seguenti indirizzi: How China went from low-cost exporter to tech rival and why tariffs won’t save the day – IREF Europe EN e The Chinese educational system has been the key to China’s technological rise. Tariffs will not change the picture – IREF Europe EN dall’Institute for Research in Economic and Fiscal Issues (IREF)
Il Piemonte torna protagonista all’International Paris Air Show di Le Bourget, in programma dal 16 al 22 giugno. All’interno del Padiglione 1, nell’area ufficiale italiana (AIAD – MoD), è presente una “isola Piemonte” di 250 mq che ospita 22 imprese, tra cui i due principali attori del territorio: Mecaer Aviation Group e Microtecnica Actuation Systems. La delegazione piemontese, guidata dall’Assessore all’Internazionalizzazione Andrea Tronzano, ha già in agenda incontri con nomi di rilievo del panorama aerospaziale internazionale.
La partecipazione è curata da Ceipiemonte nell’ambito del Progetto Integrato di Filiera “Aerospazio” della Regione Piemonte, finanziato dal PR FESR 2021-2027, e del Progetto di Promozione Internazionale e Valorizzazione dei Beni Industriali sostenuto da Regione Piemonte e Camera di commercio di Torino.
“La presenza del Piemonte al Paris Air Show rappresenta un’occasione importante per rafforzare il posizionamento internazionale del nostro sistema produttivo e mettere in evidenza le eccellenze tecnologiche e industriali del comparto aerospaziale regionale. Questa partecipazione – dichiarano il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’Assessore alle Attività Produttive e all’Internazionalizzazione Andrea Tronzano – è frutto di un lavoro di squadra che unisce istituzioni, imprese e territori con l’obiettivo di attrarre investimenti, promuovere competenze e costruire nuove opportunità di sviluppo per il Piemonte”.
“Da anni si rinnova la nostra presenza a Le Bourget con aziende eccellenti che anno dopo anno hanno conquistato prestigio internazionale, commesse e contatti, grazie ai grandi player del settore, ma anche grazie al qualificato e competitivo tessuto di oltre 450 pmi – ricorda Guido Bolatto, Segretario Generale della Camera di commercio di Torino. – Approfittiamo di questa manifestazione anche per incontrare potenziali partner esteri e presentare il Piemonte come un territorio attrattivo e catalizzatore di investimenti, per la sua filiera aerospaziale ma non solo. Ulteriore obiettivo di questa missione, infine, ricordare l’appuntamento dei prossimi Aerospace & Defense Meetings, in programma a dicembre a Torino”.
“Sono numeri in crescita quelli del Piemonte in questa edizione del Salone di Parigi – dichiara Dario Peirone, Presidente di Ceipiemonte. – Con 22 aziende riunite in un’ampia area centrale, la più grande mai allestita, questa delegazione è la più numerosa che Ceipiemonte abbia mai organizzato al Paris Air Show. Un segnale importante anche in vista della decima edizione degli Aerospace & Defense Meetings di Torino, in programma a dicembre. A testimoniare la solidità e l’attrattività del nostro ecosistema anche gli 80 dossier di aziende estere del settore aerospazio che stanno valutando di investire nel nostro territorio. Insieme ai Soci, Ceipiemonte coglie l’occasione del Salone non solo per promuovere l’eccellenza della filiera piemontese, ma anche per rafforzare il dialogo con potenziali investitori. È in quest’ottica che portiamo a Parigi il roadshow ‘Invest in Piemonte’, realizzato in collaborazione con CastaldiPartners e rivolto al mercato francese. Un’iniziativa che valorizza il nostro network internazionale come leva strategica per attrarre investimenti qualificati sul territorio”.
Il calendario degli eventi in programma è ricco di appuntamenti strategici. Tra questi, il 18 giugno lo stand del Piemonte ospiterà il workshop “Unleashing the Sky’s Potential: Aerospace Excellence, Innovative Trends, and Investment Opportunities in Piemonte”, occasione per presentare a partner internazionali le competenze e il potenziale della filiera regionale. Interverranno, tra gli altri, l’Assessore Andrea Tronzano, Guido Cerrato (Camera di commercio di Torino), Dario Peirone (Ceipiemonte), oltre ai rappresentanti di player internazionali presenti in Piemonte come Leonardo, Avio Aero, Thales Alenia Space, Altec, Microtecnica Actuation Systems, Mecaer Aviation Group e Lockheed Martin. Il focus sarà incentrato sul ruolo strategico del Piemonte nell’aerospazio, sulle competenze del territorio, le prospettive di investimento, e l’adozione di tecnologie all’avanguardia nei campi di manifattura, ingegneria, automazione, propulsione, unmanned systems, additive manufacturing e lunar economy.
Parallelamente, il 17 giugno si svolgerà presso la sede parigina dello Studio Legale CastaldiPartners il panel “Piemonte’s Ecosystem and its Investment Opportunities”, riservato a una selezione di potenziali investitori internazionali. Interverranno l’Assessore Tronzano, il Segretario della Camera di commercio Guido Bolatto e il Presidente di Ceipiemonte Dario Peirone, che illustreranno le opportunità offerte dal Piemonte e gli strumenti a disposizione per agevolare nuovi investimenti.
Il Salone di Parigi rappresenta per il Piemonte una vetrina internazionale per valorizzare eccellenze produttive e capacità di innovazione. Nell’ampia area espositiva, la delegazione piemontese presenta un’offerta integrata e tecnologicamente avanzata per i settori Aeronautica, Spazio e Difesa: sistemi e sottoinsiemi, componentistica strutturale e propulsiva, apparecchiature elettroniche, idrauliche e carburante, interni, sistemi di attuazione e controllo del volo, sistemi di atterraggio, MRO e customizzazione missioni, macchinari a 5 assi, trattamenti chimici, soluzioni per lo spazio, robotica, propulsione, controllo termico e ambientale.
In evidenza anche un’esperienza interattiva, già presentata allo IAC, che sottolinea il contributo strategico delle aziende piemontesi – in primis Thales Alenia Space – nei grandi progetti internazionali. Un monitor touch di ultima generazione con tecnologie CGI consente di esplorare, in 3D e in modo immersivo, progetti come la ISS, il programma Artemis e la missione Euclid, realizzati con il contributo della NASA e delle imprese del territorio. L’esperienza è arricchita da contenuti video e fotografici che mettono in risalto l’eccellenza tecnica piemontese.
Il Paris Air Show è anche l’occasione per promuovere la decima edizione degli Aerospace & Defense Meetings Torino, in programma dal 2 al 4 dicembre 2025, unica convention in Italia dedicata esclusivamente all’aerospazio. Sostenibilità, Big Data, Advanced Air Mobility e Space Economy saranno tra i temi chiave dei panel e delle conferenze. A chiudere l’evento sarà la seconda edizione del Lunar Economy Summit, focalizzata su investimenti, partnership e competenze per lo sviluppo sostenibile della presenza umana sulla Luna.
Il Piemonte si conferma attore di primo piano nello scenario aerospaziale internazionale grazie alla presenza di grandi player come Leonardo, Avio Aero, Thales Alenia Space, Altec, Microtecnica Actuation Systems e Mecaer Aviation Group, oltre a un ecosistema di oltre 450 PMI, 35.000 addetti e un fatturato di 8 miliardi di euro (fonte: Ceipiemonte e Distretto Aerospaziale Piemontese, 2023 su dati 2022). Una filiera completa, altamente specializzata e riconosciuta a livello globale.
Giunto alla 55ª edizione, il Salone di Le Bourget è da sempre un punto di riferimento per le collaborazioni internazionali in ambito civile, difesa e spazio. L’edizione 2023 ha contato oltre 2.500 espositori da 48 Paesi, 300 startup, 300.000 visitatori (130.000 professionisti da 184 Paesi), 322 delegazioni ufficiali da 97 nazioni, 1900 giornalisti e 210 velivoli esposti, per un totale di ordini registrati pari a 150 miliardi di dollari.
Anche per le imprese piemontesi, il Salone rappresenta un momento cruciale nella strategia di promozione internazionale, in continuità con altri eventi chiave del 2024 come Aeromart Toulouse, Aircraft Interior Expo, WTCE, Farnborough International Air Show, IAC – International Astronautical Congress, fino al ritorno a Torino per gli Aerospace & Defense Meetings di dicembre.
The essence of water
È in corso a Casale Monferrato la bella mostra, curata dall’associazione ArtMoleto, incentrata sul rapporto inscindibile tra arte e natura, attraverso affascinanti opere di artisti che si confrontano, ognuno con il proprio stile, su questa importante tematica.

Si è svolto ieri presso il Comune di Tortona, individuato per la sua collocazione baricentrica sulla direttrice ferroviaria, un tavolo di lavoro congiunto tra gli assessori ai Trasporti delle Regioni Piemonte, Marco Gabusi, Liguria, Marco Scajola, e Lombardia, Franco Lucente, l’Agenzia della Mobilità Piemontese e i rappresentanti di Trenitalia, Rfi e Trenord.
Obiettivo dell’incontro studiare una programmazione ferroviaria condivisa che miri a potenziare i collegamenti e unisca al meglio le tre regioni, cuore del Nord-ovest del Paese, e i propri capoluoghi.
“Per la Regione Piemonte si tratta di un passaggio fondamentale, anche perché collegare in modo più semplice e diretto i nostri territori, dal cuore del Monferrato fino a Torino al capoluogo Lombardo, significa rafforzare l’identità regionale e garantire pari opportunità di accesso ai servizi”, sottolinea l’assessore ai Trasporti della Regione Piemonte Marco Gabusi, che aggiunge: “Abbiamo lavorato con tutte le Regioni coinvolte per trovare una soluzione immediatamente attuabile. L’obiettivo è mettere i cittadini al centro, offrendo strumenti concreti per vivere meglio il proprio territorio e sentirsi parte di un sistema sempre più connesso ed efficiente”.
“Un tavolo di confronto strategico, insieme ai colleghi di Piemonte e Lombardia, iniziato già da alcuni mesi con l’obiettivo di potenziare i collegamenti ferrovari tra queste tre regioni, storicamente ed economicamente legate tra loro, a favore di lavoratori, studenti e turisti – spiega l’assessore della Regione Liguria Marco Scajola -. Come Liguria vogliamo sia implementare i nostri servizi Genova-Milano, sia permettere ai tanti lombardi e piemontesi che frequentano la nostra regione di arrivare con maggiore facilità e comodità. Lavoriamo dunque sulla possibilità, concreta, di avere un potenziamento significativo già a partire dal prossimo inverno”.
“Un risultato importante, raggiunto grazie alla sinergia tra Lombardia, Liguria e Piemonte e l’impegno degli operatori coinvolti, RFI, Trenitalia e Trenord – dice Franco Lucente, assessore ai Trasporti e Mobilità sostenibile di Regione Lombardia – L’obiettivo di Regione Lombardia è rafforzare i collegamenti di Milano con Genova ed il basso Piemonte. Un lavoro congiunto per offrire un servizio sempre più efficiente e moderno in linea con le esigenze e le necessità degli utenti, nell’ottica di un potenziamento ulteriore del trasporto ferroviario, sempre più centrale e strategico non solo per il Nord Italia ma per tutto il Paese”.
“È un piacere mettersi a disposizione delle tre Regioni per un patto così importante per la mobilità del Nord-Ovest. La posizione strategica di Tortona si conferma, ancora una volta, ideale per affrontare temi di questa rilevanza. La nostra città si dimostra sempre più un punto di interconnessione fondamentale tra le tre realtà regionali”, conclude il sindaco di Tortona Federico Chiodi.
Le tre Regioni, al termine dei lavori, hanno deciso di sottoscrivere entro il mese di luglio un protocollo d’intesa che suggelli quanto concordato e dia la possibilità alle strutture tecniche di pianificare il quadro orario ferroviario futuro.
TORINO TRA LE RIGHE


Un nuovo polo formativo dedicato a innovazione, sostenibilità e didattica esperienziale nel cuore di Lucento, intitolato al Cav. Flavio Repetto
Si è svolta ieri, con ampia partecipazione di pubblico e autorità, l’inaugurazione ufficiale della nuova sede dell’ITS Academy Agroalimentare Piemonte, in via Pianezza 110 a Torino, in occasione del decennale della Fondazione. La nuova struttura, realizzata grazie ai finanziamenti del PNRR, si configura come un moderno polo di formazione tecnica superiore dedicato al settore agroalimentare. Situata nel quartiere Lucento, storico quartiere della periferia torinese che negli ultimi anni sta avviando un vivace processo di rigenerazione urbana, anche grazie all’insediamento di diverse realtà che operano nei settori della formazione e dell’inclusione sociale, la sede si propone come punto di riferimento per l’innovazione e la sostenibilità e intende diventare un fulcro per il tessuto imprenditoriale piemontese, valorizzando la vocazione agroalimentare del territorio.
La nuova struttura offre spazi didattici e laboratori all’avanguardia, pensati per un apprendimento pratico e direttamente collegato alle esigenze delle imprese. Tra le dotazioni più innovative, spiccano i laboratori di trasformazione alimentare avanzata, serre automatizzate di acquaponica e aeroponica, packaging, wine & mixology e analisi sensoriale, un birrificio, laboratorio di chimica e di microbiologia, dotazione informatiche con un simulatore di guida per trattori 4.0 e droni per la gestione delle analisi e delle rilevazioni dati sui campi, oltre a software dedicati alla rilevazione e all’analisi dati. Qui gli studenti seguono un percorso che integra teoria e pratica, con un approccio fortemente orientato al lavoro e alle sfide future. L’offerta formativa, gratuita e finanziata da Regione Piemonte – FSE+, Ministero dell’Istruzione e del Merito e dall’Unione Europea – NextGenerationEU (PNRR), include corsi biennali post-diploma ad alta specializzazione tecnologica, che spaziano dall’innovazione alla produzione e al marketing, tra cui Gastronomo, Wine Marketing Manager, Enofood Experience Manager, Sostenibilità nella Filiera Food, Agricoltura di Precisione, La Fabbrica del Cioccolato, Pastry Chef, Mastro Birraio 4.0 e LIDL Assistant Store Manager. Buona parte dei docenti proviene dal mondo produttivo, assicurando una formazione costantemente aggiornata e in linea con le reali esigenze delle aziende. Il piano di studi prevede inoltre 680 ore di stage, che rappresentano un’occasione concreta di ingresso nel mercato del lavoro, con possibilità di esperienze all’estero grazie al programma Erasmus+.
Il Presidente della Fondazione ITS Academy Agroalimentare Piemonte, Silvio Barbero, ha commentato: «L’inaugurazione della nuova sede rappresenta una tappa strategica nel percorso dell’ITS Academy Agroalimentare Piemonte. Un ambiente progettato per accogliere laboratori all’avanguardia e dotazioni tecnologiche, in linea con le esigenze di un settore in continua evoluzione.
Ma la tecnologia non è mai fine a sé stessa: è uno strumento al servizio della qualità della formazione, pensato per offrire agli studenti esperienze concrete, professionalizzanti e fortemente connesse al mondo del lavoro. L’obiettivo è prepararli a diventare innovatori e protagonisti qualificati del sistema agroalimentare, rafforzando il legame tra formazione, imprese e territorio. In questo contesto, la sostenibilità è un elemento chiave: non solo come competenza tecnica, ma come valore culturale trasversale, fondamentale per affrontare le sfide della transizione ecologica.»
«L’ITS Academy Agroalimentare Piemonte rappresenta una delle punte più avanzate e virtuose del nostro sistema di alta formazione tecnico-professionale. La nuova sede non è solo un traguardo strutturale, ma un simbolo concreto di come la formazione di qualità, se ben progettata e radicata nei territori, possa diventare leva di sviluppo economico, sociale e occupazionale. Investire in istituti come questo significa offrire ai nostri giovani percorsi formativi altamente specializzati, in grado di trasformare il talento in competenza e la competenza in lavoro. Ma significa anche dare alle imprese risposte reali e tempestive, colmando il disallineamento tra domanda e offerta di professionalità» ha affermato il Vicepresidente e assessore alla Formazione della Regione Piemonte Elena Chiorino. «Gli ITS sono una vera opportunità per i ragazzi: rappresentano una scelta concreta, efficace, da prendere in seria considerazione quando si decide quale direzione dare al proprio futuro. Non sono un’alternativa di serie B, ma una strada di eccellenza. La Regione Piemonte – ha concluso Chiorino – crede profondamente negli ITS: li consideriamo strumenti strategici per valorizzare le eccellenze produttive del nostro territorio, generare occupazione qualificata e affrontare con consapevolezza e visione le grandi sfide della contemporaneità. Questo è il Piemonte che vogliamo costruire: una Regione capace di investire sui giovani, sul merito, e su una formazione che crea futuro».
La nuova sede è stata intitolata al Cavaliere del Lavoro Flavio Repetto, fondatore del Gruppo Elah Dufour Novi, in riconoscimento del suo importante contributo al settore agroalimentare e al territorio, cui ha dedicato la sua intera vita imprenditoriale. All’ingresso dell’ITS è stata collocata un’illustrazione del Cavaliere, realizzata dall’illustratore monferrino Max Ramezzana, mentre nei corridoi sono esposti pannelli con alcune sue frasi celebri, pensate per ispirare gli studenti. Un ulteriore pannello, arricchito da un’immagine ideata da Nicolò Taverna, allievo ITS del corso Gastronomo, racconta le tappe professionali più significative della vita del Cavaliere.
Guido Repetto, Presidente del Gruppo Elah Dufour Novi, ha dichiarato: «L’intitolazione della sede dell’Agroalimentare Innovation Hub di Torino a mio padre è un riconoscimento che onora il profondo legame che la nostra famiglia ha sempre sviluppato tra impresa, formazione e territorio. Per la nostra famiglia e il nostro Gruppo è motivo di orgoglio e sentita gratitudine vedere associato il suo nome a
un luogo dedicato alla crescita delle nuove generazioni. Flavio Repetto ha sempre creduto nel valore della conoscenza come strumento di sviluppo personale e collettivo: questa scuola rappresenta oggi un’eredità viva di quei principi, un ambiente dove i giovani possono e potranno coltivare competenze, visione e senso di responsabilità.»
Alla cerimonia di inaugurazione sono intervenuti, oltre a Silvio Barbero, Guido Repetto ed Elena Chiorino, anche Stefano Lo Russo, Sindaco di Torino; Francesco Manfredi, Presidente INDIRE; Elisa Meineri, docente dell’ITS Academy; e l’alunna Aurora Granzotto. A chiudere la giornata è stato Fabrizio Berta, Direttore Generale dell’ITS Academy Agroalimentare Piemonte, con uno sguardo rivolto alle prossime sfide del settore e ai futuri sviluppi dell’offerta formativa.
La giornata si è conclusa con il tradizionale taglio del nastro, seguito da una visita guidata ai laboratori e da un momento conviviale aperto ai partecipanti.
A ridosso del 7 ottobre, a un anno dal pogrom del 2023, esce per Guerini e Associati, con prefazione del Rettore Lucio d’Alessandro, un libro importante e necessario, della sociologa Clelia Castellano: La società fra memoria e speranza. Sottotitolo Hatikvah. Per un Umanesimo possibile. “Hatikvah” significa, in ebraico, “la speranza”, ma è anche il titolo dell’inno nazionale ebraico, costruito attorno ad una melodia antica che è emozionante ascoltare, oggi, mentre c’è chi nega ad Israele il diritto di esistere sulle carte geografiche.
«Il sottotitolo del mio libro, HaTikvah, non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza, un’istigazione pungolante come il tafano di socratica memoria a cercare la luce al di là delle cose. Questa parola ebraica vuol dire “speranza” ed allude, in un canto meraviglioso che oggi è l’inno nazionale, al ritorno alla terra promessa, dopo schiavitù e sofferenze, per vivere in pace. Il canto dell’ebreo errante è una lezione di speranza per tutti i popoli, accoglierlo non significa odiare i palestinesi, ma ricordare una verità semplice: ogni popolo, come ogni uomo, è in cerca di una terra, di un orizzonte, di un luogo da poter chiamare casa e a nessun uomo, come a nessun popolo, dovrebbe essere negato questo diritto». Infatti questo libro, scritto con eleganza e profondità semantica, è dedicato dall’autrice “A tutti coloro che sono sulla via del ritorno”, perché non vuole semplicemente essere un segno di speranza e una presa di posizione nei confronti dell’antisemitismo vergognosamente dilagante, ancora una volta, nel mondo. È anche una celebrazione della memoria intesa come patrimonio dei popoli tutti, in una stagione di crisi dell’Occidente nella quale il recupero della cultura della memoria può essere la risposta all’urgenza di un nichilismo esistenziale che sta privando le nuove generazioni di consapevolezza storica e civile, al di là di spettacolari protagonismi “politici” sui social, talvolta frutto di pregiudizi e disinformazione. Nel dilagare dell’ideologia e della mercificazione di corpi e identità, la memoria è in grado di ridare vigore alla meraviglia della differenza, intesa non come inciampo conflittuale e presupposto di sopraffazione dell’altro, bensì in quanto ideale postura esistenziale per accostarsi all’alterità rispettosamente, proprio perché in dialogo consapevole con le proprie radici. Scrive l’autrice : «La contingenza storica degli avvenimenti recenti […] è stata il motore che ha avviato la riflessione, ma questa è stata sostenuta e temperata dalla volontà di cercare equilibrio e pace. Per lungo tempo si è rinfacciato al popolo ebraico l’ergersi a unico attore della sofferenza nella storia, come se il lavoro sul ricordo degli eventi della Shoah, la cui portata educativa è immensa, fosse colpevole di mettere in ombra altre storie di sofferenza: nulla di più ingiusto, sia perché l’unicità della Shoah come fenomeno storico è innegabile, sia per la vicinanza di una parte del mondo culturale ebraico, nonostante le posizioni della politica ufficiale, ad altre tragedie, come quella armena. Gli ebrei non hanno chiesto di essere deportati, torturati, odiati, dispersi: sulla loro pelle, hanno imparato la lezione della memoria e della resilienza, e queste sono lezioni di umanesimo alle quali tutte le culture debbono attingere».
Il libro della Castellano è un auspicio a considerare la memoria come categoria umana foriera di pace e civiltà, quando il suo uso non è indiscriminato, rimettendo in gioco le categorie che il dilagare del pensiero unico relega ai margini della riflessione collettiva. « L’umile sforzo di questo piccolo libro, che, ripeto, vuole essere un punto di domanda e di partenza, è ribadire l’imprescindibile necessità della memoria per restare umani. Ed è un libro che condanna l’antisemitismo non per tutelare una minoranza etnica o culturale[…], ma per tutelare, attraverso un popolo che è stato reso dalle sferzate della storia Maestro di memoria nell’erranza e nella sofferenza, l’umanità tutta, ed ogni memoria. Dire no all’antisemitismo significa dire sì alla vita, alla tolleranza, al rispetto di ogni essere umano e di ogni popolo. Dire no all’antisemitismo è il primo mattone per costruire un umanesimo globale, cominciando dall’Occidente, che dopo il tramonto preconizzato da Spengler cerca la promessa di una nuova alba. Lungo la strada della memoria si incontrano dittatori, criminali, assassini, bugiardi: ma i popoli meritano che la loro memoria venga accolta! Cercando la verità storica nella consapevolezza della parzialità dei nostri sguardi, della finitudine dei nostri metodi, ma sempre servendo la vittoria della vita sull’omicidio, del rispetto sull’insulto, dell’empatia sull’indifferenza, dell’umiltà sulla certezza del pregiudizio, della pazienza del tempo sulla violenza dell’istante che cristallizza arbitri e ingiustizie – storture che invece la consapevolezza del fluire storico rivela nella loro parzialità. Al servizio del bisogno di poesia e di consolazione dell’umano e contro ogni forma di schiavitù fisica e mentale, cercando la Sapienza con perseveranza e con amore. Ripensare il desiderio di Sapienza, Memoria, Storia, significa rivivificare l’identità offuscata dalla confusione del mondo e bandita dai discorsi politicamente corretti per la sua portata polemica e conflittuale. Identità e nazione sembrano le erbacce da estirpare dall’aiuola del multiculturalismo tollerante, indistinto, fluido. La memoria svela che radici identitarie salde sono invece ciò che permette di accogliere l’altro: perché conosciamo noi stessi ed amiamo le nostre case, i nostri cari, i nostri luoghi possiamo comprendere l’altrui bisogno d’amore e non prevaricare l’altro, ma cercare un punto di equilibrio. C’è sete di memoria, in una stagione in cui si accetta di piangere l’ebreo storico, sbiadito ottant’anni fa nei campi di concentramento, e si esulta per lo sterminio dell’ebreo di oggi: un assurdo generato dall’amnesia generale di una società schiacciata nell’istante e plagiata da oblio e menzogne.»
Ripartendo dalla memoria del popolo ebraico in quanto emblematica, il libro, come scrive l’autrice, si pone come una “istigazione alla lettura e alla riflessione” e lascia spazio, in un lungo capitolo, alla memoria, berbera, armena, curda, palestinese, augurandosi di essere solo il primo tassello di una catena di riflessioni ulteriori, al servizio di tutti i popoli. «Tutte le memorie umane hanno pari dignità, quindi il filo conduttore del libro saldamente rimane, pur nel grande spazio dato legittimamente a Israele, quello della memoria del genere umano. Questo non vuole essere un testo di politica, né una puntuale ricostruzione storica: vuole essere invece un invito, rivolto soprattutto ai giovani studenti, a ripensare il valore della memoria […]Dalla storia, e dalla storia sociale ancor di più, impariamo gli scontri fra campi di forza e gruppi, esigenze materialistiche e aneliti individuali; ma possiamo anche imparare, educandoci reciprocamente alla ricchezza della memoria, che l’altro da sé ha il diritto di essere nella storia non meno di noi, e le nostre libertà e volontà devono contemperarsi. Inutile schierarsi come ad una partita di calcio, com’è avvenuto nelle nostre piazze e persino nelle aule delle nostre università. Fare memoria, condannare l’antisemitismo, criticare decisamente, ma civilmente, le politiche che non riusciamo a condividere, e soprattutto non lasciare che l’odio possa attecchire, fare spazio al sapere storico, invitare gli studenti alla riflessione e allo studio fornendo indicazioni bibliografiche e suggerimenti di approfondimento: questi gli umili obiettivi che questo piccolo libro cerca di realizzare. Soprattutto, e in ciò ha forse davvero qualcosa di ebraico, questo libro spera di scatenare letture ulteriori. Amos Oz scrisse una volta che essere ebrei non era questione di sangue, di cromosomi, di tribù e che per addentrarsi nel continuum ebraico bastava essere dei lettori. Per amor di sapienza, almeno nei luoghi di studio, potrebbe diventare questo il filo che unisce tutti i popoli, con la loro fantasia, le loro aspirazioni, le loro diversità; una matassa intricata, un gomitolo lontano, pochissimi operai disposti a sedersi all’arcolaio… ma vale la pena comunque cominciare ad intessere il filo della memoria».
Un libro scritto come umile atto di Umanesimo, le cui pagine scorrono come una lunga lezione sulla gentilezza e su come l’umano si faccia strada, attraverso gli orrori della Storia: « Mi perplime la tendenza a considerare sempre gli agguati dell’odio che si fa strada nella storia, dimenticando che anche l’amore percorre il mondo, come una forza invisibile, caparbia, spesso silente e non documentata, ma presente nelle traiettorie delle società e degli individui. Una forza che le violenze sembrano voler negare, ma che puntualmente si riaffaccia sull’orlo del baratro. Umanesimo, oggi, vuol dire credere in questa forza positiva, lavorare per essa, forse cercare di scriverne, per quanto ingenuo possa sembrare, proprio quando il baratro sembra più vicino e ineluttabile. Umanesimo significa, oltre i sangui versati e le devastazioni del male, dire no a un presente che opprime, cercare in esso spiragli di luce. E quand’anche fosse il buio, ad avere la meglio, continuare a cercare, e porsi al servizio della storia seguente».
Clelia Castellano, dice « La fiducia nel futuro non è semplice da coltivare, in questo tempo di odio, ma non sono certa che fare a meno di tentare sia la postura più auspicabile per il nostro spirito…Alla nausea sartriana dinanzi alle celebri radici incastrate nel suolo, preferisco i rami protesi verso il cielo, spogli dopo il gelo dell’inverno, ma pronti per le prossime gemme; alla radice esistenzialista, foriera di spaesamento e di nausea, preferisco l’epica radica tolkieniana, tanto profondamente incarnata nella terra da non gelare mai. Alla rassegnazione perplessa, alla constatazione intellettuale dotta, preferisco la saggezza dell’innocenza che vuole credere in un mondo salvato dagli alberi e dai bambini, e si rifiuta di reggere la falce agli orchi con la propria rassegnazione».
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