ilTorinese

Garage rock USA 1966. Discografia minore / 7

CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60

Eccoci ad un’ulteriore tappa del viaggio nella discografia garage rock USA “minore” del 1966.

Sempre di più si noterà come il 1966 sia stato un anno di incredibili trasformazioni e “connivenze musicali” parallele, dove era possibile trovare epigoni della “British Invasion”, gruppi dallo stile “retro” ancora debitori dell’eredità del rockabilly, altri già sostenitori della corrente “protopunk”, altri ancora già orientati alle sperimentazioni dei primordi del movimento psichedelico (con il risultato di incredibili forme ibride di “garage psichedelico” dai suoni del tutto nuovi e pionieristici). Interessante notare come sovente le sperimentazioni più significative ed audaci fossero riscontrabili in “etichette minori”, meno ancorate rispetto a quelle “di prima fascia” alla necessità di dare peso importante al gusto dominante e alle ragioni del mercato.

 

– The Decades “I’m Lovin’ You / Thinking Of You” (Sully Records S-45-121);
– The Golden Cabaleers “Come Back To Me / All Alone” (IGL Records 45-123);
– The Moguls “Try Me / Ski Bum” (Panorama 27);
– Peter and The Prophets “Johnny Of Dreams / Don’t Need Your Lovin’” (Fenton Records 2050);
– Little Willie and The Adolescents “Get Out Of My Life / Stop It” (Tener #T-1009);
– The Sheffields “Do You Still Love Me / Nothing I Can Do” (Destination Records 621);
– The Beau Havens “Elizabeth / Feel So Good” (Gama Record 45-705);
– The Bootmen “Wherever You Hide / Ain’t It The Truth Babe” (Riverton 104);
– The Trips “There Was A Girl / At Least She’s Happy” (It’s A Score T-069);
– Defiant 4 “My Time Is Now / Away From Home” (Delta R-2195);
– The Souldiers “Would You Kiss Me / Lemon Sun” (Boss BOS 007);
– The Humans “Warning / Take A Taxi” (Audition Recording 6109);
– The Emeralds “Like Father Like Son / Emerald City” (Honey Records 45-1103);
– Mott’s Men “Comin’ Or Goin’ / She Is So Mean” (Loren Records NO. 1005);
– The Hustlers “My Minds[’] Made Up / If You Try” (‘Chelle Records PH-145);
– The Drones “Why Must The World / I’m Down Today” (Mod Records K-49);
– The Keyes “Can’t Win For Losing / She’s The One” (Top Dog 2314);
– The Cindermen “Don’t Do It Some More (‘Cause It Hurts So Good) / True Love” (Moonglow M-5012);
– Chy Guys “You’ll Never Believe Me / Say Mama” (Mobie 3423);
– The Jerms “That Word / Love Light” (Casino 1321-22);
– The Tribe “Fickle Little Girl / Try, Try” (Fenton Records 2088);
– Mr. Lucky and The Gamblers “Take A Look At Me / I Told You Once Before” (Panorama 37);
– The Combenashuns “What’cha Gonna Do? / Hey! Uncle Sam” (Leo Records 3801-02);
– The By Fives “I Saw You Walking / That’s How Strong My Love Is” (Tomi Records T-106).

(… to be continued…)

Gian Marchisio

Proseguono i lavori di pavimentazione della Statale dei Laghi di Avigliana

Prosegue il ripristino della pavimentazione avviato da Anas lungo la strada statale 589 “dei Laghi di Avigliana”.

Per consentire l’esecuzione dei lavori, a partire da lunedì 23 e fino a giovedì 26 agosto sarà in vigore il senso unico alternato all’altezza del km 49,350, nel comune di Barge (CN), in prossimità della rotatoria Crocera di Barge. Venerdì 27 agosto la limitazione sarà attiva nella sola fascia oraria 6:00 – 14:00.

Programmati anche i ripristini nel comune di Cavour (TO), per un tratto di circa 400 metri all’altezza del km 44. In questo caso il senso unico alternato sarà in vigore mercoledì 25 e giovedì 26 agosto mentre venerdì 27 agosto la limitazione sarà attiva dalle 6:00 alle 14:00. Sospesi i lavori per il fine settimana, gli interventi proseguiranno la settimana successiva da lunedì 30 agosto fino a venerdì 3 settembre con le medesime modalità di cantiere.

La statale 589 “dei Laghi di Avigliana” è rientrata nel perimetro di gestione Anas a maggio. Gli interventi in programma sono finalizzati a elevare il livello di servizio dell’infrastruttura.

Il bollettino Covid di sabato 21 agosto

COVID PIEMONTE: IL BOLLETTINO DELLE ORE 16,30

LA SITUAZIONE DEI CONTAGI

Oggi l’Unità di Crisi della Regione Piemonte ha comunicato 225 nuovi casi di persone risultate positive al Covid-19 (di cui 20 dopo test antigenico), pari all’1,0 % di 22.008 tamponi eseguiti, di cui 17.969 antigenici. Dei 225 nuovi casi, gli asintomatici sono 90 (40,0 %).

I casi sono così ripartiti: 37 screening, 125 contatti di caso, 63 con indagine in corso; 2 Rsa/Strutture Socio-Assistenziali; 6 importati ( 4 dall’estero, 2 da altre regioni italiane).

Il totale dei casi positivi diventa quindi 374.409 così suddivisi su base provinciale: 30.532 Alessandria, 17.693 Asti, 11.777 Biella, 53.875 Cuneo, 29.171 Novara, 199.797 Torino, 14.010 Vercelli, 13.377 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.546 residenti fuori regione, ma in carico alle strutture sanitarie piemontesi. I restanti 2.631 sono in fase di elaborazione e attribuzione territoriale.

I ricoverati in terapia intensiva sono 12 (- 1 rispetto a ieri).

I ricoverati non in terapia intensiva sono 133 ( + 5 rispetto a ieri).

Le persone in isolamento domiciliare sono 3.436.

I tamponi diagnostici finora processati sono 6.259.202(+ 22.008 rispetto a ieri), di cui 1.976.901 risultati negativi.

I DECESSI DIVENTANO 11.709

Due decessi ( nessuno oggi) di persona positiva al test del Covid-19 sono stati comunicati dall’Unità di Crisi della Regione Piemonte.

Il totale è quindi 11.70deceduti risultati positivi al virus, così suddivisi per provincia: 1.567 Alessandria, 713 Asti, 433 Biella, 1.454 Cuneo, 945 Novara, 5.595 Torino, 528 Vercelli, 374 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 100 residenti fuori regione ma deceduti in Piemonte.

359.119 GUARITI

I pazienti guariti sono complessivamente 359.119 (+ 16rispetto a ieri), così suddivisi su base provinciale: 28.615 Alessandria, 16.904 Asti, 11.168 Biella, 52.086 Cuneo, 27.908 Novara, 192.371 Torino, 13.332 Vercelli, 12.845 Verbano-Cusio-Ossola, oltre a 1.451 extraregione e 2.439 in fase di definizione.

A Settimo un centinaio di profughi afghani in attesa di essere smistati nei Comuni

Al centro polivalente ‘Teobaldo Fenoglio’ di Settimo Torinese arriveranno un centinaio di profughi dell’Afghanistan tra quelli giunti  in Italia. 

Sono soprattutto famiglie, che resteranno  nel centro di emergenza gestito dalla Croce Rossa, per il  periodo di quarantena sanitaria.

Da Settimo saranno successivamente  smistati nei Comuni che hanno offerto accoglienza.

Il centro polivalente di Settimo, realizzato dove  erano ospitati gli operai impegnati nella costruzione dell’alta velocità  ferroviaria Torino-Milano,  dal 2010 è gestito dalla Croce Rossa Italiana.

“A.B.O. Transitando” E’ della regista torinese Irene Dionisio il ritratto filmico di Achille Bonito Oliva

Inserito nella mostra a lui dedicata al Castello di Rivoli

“Il critico deve porsi nudo di fronte all’arte, spogliato di ogni abito ideologico, di ogni pre/giudizio”. Detto fatto. Nudo nudo. E non solo metaforicamente. Ma proprio ignudo, come mamma l’aveva fatto in quel di Caggiano (nel Salernitano) il 4 novembre del 1939.

Eccolo dunque, Achille Bonito Oliva (il grande critico e curatore di eventi espositivi, fra i più enciclopedici, provocatori e trasgressivi del mondo artististico contemporaneo, nonché teorizzatore riconosciuto e venerato delle “Transavanguardie”) porsi ridanciano davanti all’obiettivo fotografico, d’ogni abito svestito, e steso a pancia in giù (ovviamente!) su un bel divano a fiori. Fotografia scattata nel 1981 per la rivista “Frigidaire”. E gesto ripetuto nel 1989 e nel 2011, citato perfino da Giorgio Gaber nello spettacolo “Anni affollati” dell’ ’81. L’immagine è un “frame” del ritratto filmico di Achille Bonito Oliva firmato dalla filmmaker torinese Irene Dionisio dal titolo “A.B.O. Transitando” ed inserito nella mostra “A.B.O. THEATRON. L’arte o la vita” dedicata all’illustre critico – main sponsor Gucci e media partner Rai Cultura/Rai Cinque – ospitata, fino al 9 gennaio 2022, al “Museo d’Arte Contemporanea” di Rivoli. C’è anche un’impronta tutta subalpina, dunque, in quella che certamente é oggi una delle rassegne più interessanti e curiose del panorama artistico torinese. Giovanissima, classe 1986, Irene Dionisio si muove fra cinema e arte visiva, includendo nella propria attività – ricca di mostre e di importanti Premi a livello internazionale, fra gli ultimi il “Premio Bertolucci” nel 2020 e l’“American Dream Fellowship for Artist” nel 2021 – anche la realizzazione di video-installazioni, documentari e film di finzione. In “A.B.O. Transitando” è lo stesso Achille Bonito Oliva, intervistato nella sua casa romana, a condurre in un viaggio (scandito da documenti d’archivio, video e fotografie) che ripercorre, per capitoli, le tappe di una vita decisamente poliedrica che l’ha visto poeta, storico dell’arte, critico e curatore. Fra i più eccellenti, estrosi e bizzarri. “Il mio volto è stato raffigurato molte volte, ovviamente si parla di ritratti. Ma io ho fatto sempre in modo che risultasse un autoritratto. Non per un’espropriazione dell’artista che lo realizza, ma per il fatto che se l’artista è creatore, il critico è creativo”, dice Bonito Oliva all’inizio del percorso, quasi a voler condurre lo spettatore, anche questa volta, verso un affresco inatteso. E’ del resto noto quanto disse di lui lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan: “Achille da curatore avrebbe superato tutti in velocità”. “L’intelligenza innovatrice di Achille Bonito Oliva – dichiara a sua volta Irene Dionisio – ha sempre vissuto la lateralità del tempo. E’ sempre stata capace di tradire il presente con una profonda capacità di nomadismo, eclettismo e multidisciplinarietà”. In tempi rapidissimi. Precedendo tutto e tutti. “Transitando” con consapevolezza e lucida ironia e “ginnica” scioltezza di movimenti (di corpo e mente), prima di tutti, in epoche e discipline solo in apparenza tanto diverse. Così “A.B.O. Transitando” ne racconta l’arte e la vita, catturando il suo desiderio di essere “un eterno bambino, privo di sensi di colpe” e di vivere “nell’eterno ritorno, senza timore di un qualsivoglia futuro”. “Quello realizzato da Irene Dionisio per la mostra al Castello di Rivoli – ricorda il direttore del Museo Carolyn Christov-Bakargiev – è un ritratto filmico che viaggia nei tratti più salienti di un curatore particolarmente espressivo, istrionico, sperimentale ed al contempo enciclopedico e comportamentale”. Certo uno dei passi meglio riusciti di una mostra assolutamente curiosa e particolare, per la quale Bonito Oliva ha donato al CRRI (Centro Ricerca Castello di Rivoli) il proprio archivio personale, mettendolo a disposizione degli studiosi d’arte, e la “Maison Gucci” ha realizzato la divise per il personale che accoglie al Museo i visitatori. Mostre nella mostra. E direttore d’orchestra quel gran geniaccio, unico e irripetibile, di A.B.O.

Gianni Milani

Nelle foto
– “A.B.O. nudo”, foto credit Sandro Giustibelli 
– Irene Dionisio
– Achille Bonito Oliva, fine anni Cinquanta

Latte? No, latti! A ogni razza il proprio formaggio

Vacche, pecore, capre… da ogni angolo d’Italia arriva un cacio diverso, simbolo di biodiversità. In attesa di conoscerli e assaggiarli a Cheese 2021, ecco un gustoso ripasso

 

Il programma in aggiornamento è su cheese.slowfood.it

Qui le più belle immagini della scorsa edizione e le grafiche dell’edizione 2021

 Qui la cartella stampa completa

Il latte non è tutto uguale ed è per questa ragione che è bene declinarlo al plurale: parlare cioè di latti. In Italia, in commercio, ci sono quelli di vacca, di capra, di pecora, di bufala e di asina. Tanti latti, dunque, e quindi tanti formaggi differenti. A Cheese 2021 proviamo a raccontarveli, grazie al lavoro e alla passione di pastori, casari e affinatori che ogni giorno tramandano storia, competenze e sapori. Nell’attesa che il più grande evento internazionale dedicato ai formaggi a latte crudo e alle forme del latte cominci (è in programma a Bra, in provincia di Cuneo, dal 17 al 20 settembre 2021) vi proponiamo allora un viaggio tra alcuni formaggi che rappresentano una tradizione, identificano una comunità e un luogo, i suoi pascoli e la sua storia, e che devono molto a razze locali, in alcuni casi ingiustamente considerate minori.

 

I formaggi di pecora: dalla Sardegna alle Langhe

 

Cominciamo dal fiore sardo dei pastori, Presidio Slow Food: si tratta di  un formaggio a latte crudo e intero munto da pecore di razza sarda, una razza autoctona antichissima nota per la qualità del proprio latte. Il latte di una sola mungitura, senza alcun trattamento, viene posto in caldaia e coagulato con caglio in pasta di capretto o agnello; quindi si procede alla rottura della cagliata. Si forma il pecorino collocando la massa in stampi a forma di tronco-cono detti pischeddas. Il fiore sardo stagiona per un paio di settimane vicino a braci che danno un lieve sentore di fumo e poi in locali dove le forme sono appoggiate a terra per alcuni mesi.

 

Altro formaggio, altra isola: spostiamoci in Sicilia per scoprire la vastedda della valle del Belìce, l’unico formaggio di pecora a pasta filata, riconosciuto Presidio Slow Food. Protagonista, in questo caso, è la pecora della valle del Belìce, diffusa in particolar modo nelle province di Agrigento e Trapani ma presente in tutta la regione e anche nella vicina Calabria. Una curiosità su questo formaggio: il nome deriva dal termine dialettale vasta, cioè “guasta, andata a male”: i casari della zona, infatti, lo idearono per recuperare i pecorini che presentavano difetti, facendoli filare ad alta temperatura.

 

In Toscana, adesso, per conoscere la pecora massese: vello grigio piombo, pelo nero lucido, corna scure a spirale, occhi accesi e sporgenti, la si trova in Emilia, in Liguria e naturalmente in Toscana: sulle montagne pistoiesi, in particolare, resistono produttori che fanno il pecorino seguendo interamente la tradizione: pecore in alpeggio, latte crudo e caglio naturale. Curiosi di assaggiarlo? È un Presidio Slow Food.

In provincia di Cuneo, nella zona delle Langhe, vive invece una pecora dal manto bianco, senza corna e con le caratteristiche orecchie portate in avanti e verso il basso: è la pecora delle Langhe, una razza ormai in via di estinzione inserita nell’Arca del Gusto di Slow Food, a cui dobbiamo la tuma, un formaggio di forma cilindrica, dal peso che oscilla tra i 200 e i 300 grammi, privo di crosta e la cui pasta è di colore bianco paglierino, morbida.

 

Tra Sicilia e Lombardia, sulle tracce dei formaggi di capra

 

La capra orobica è una razza Presidio Slow Food: il suo latte viene utilizzato per formaggi tradizionali a latte crudo come il matuscin della Valtellina, il formagìn della Valsassina e la roviola della Val Brembana. È una capra rustica, caratterizzata dalle corna imponenti, in grado di vivere e pascolare lungo i pendii impervi delle Alpi orobiche, nelle provincie di Sondrio, Bergamo e Lecco.

Mille chilometri più a sud vive un’altra capra dal latte eccellente: la girgentana, che deve il nome al vecchio nome della città siciliana di Agrigento (Girgenti). Come riconoscerla? Semplice, guardando le corna: quelle della girgentana sono inconfondibili, a spirale. Il suo latte, grazie all’ottimo equilibrio tra grasso e proteine, viene utilizzato per la tuma ammucciata.

 

Concludiamo il tour tra le capre italiane (e i loro derivati) dando uno sguardo alla garganica, originaria dell’omonimo promontorio pugliese. Presidio Slow Food, con il suo latte si producono il canestrato e il cacioricotta. La capra garganica viene allevata allo stato brado ed è immediatamente riconoscibile: merito del pelo lungo, liscio e nero corvino, della testa caratterizzata dal ciuffo e della lunga barba sotto il mento e dalle corna un po’ appiattite lateralmente.

Vacche: non esiste solo quella bianca pezzata di nero

Se pensiamo alle vacche, è probabile che la nostra immaginazione ci restituisca l’immagine di una mucca bianca con grandi macchie nere: bene, quella è la vacca di razza frisona olandese. In Italia, però, ce ne sono di tutti i colori! Innanzitutto la vacca grigio alpina (Presidio Slow Food), concentrata soprattutto in provincia di Bolzano e di Trento con qualche presenza in Veneto e Friuli Venezia Giulia, che per secoli è stata allevata dalle popolazioni locali soprattutto in contesti marginali ed estremi come quelli dei masi di alta quota: è infatti in grado di adattarsi perfettamente alle dure condizioni ambientali di queste regioni montane, rivelandosi la razza ideale per l’economia rurale di montagna. Quali formaggi regala? Quelli di malga: alcuni più magri perché si privilegia la lavorazione del burro, altri a crosta lavata, perché durante la stagionatura vengono inumiditi con acqua salata.

 

Spostiamoci in Piemonte per conoscere la razza bovina pezzata rossa d’Oropa (inclusa nell’Arca del Gusto di Slow Food), stretta parente della valdostana. Si adatta bene alle difficili condizioni ambientali del pascolo montano e svolge un’importante azione di tutela ambientale e del paesaggio, oltre ad assicurare il latte con cui si produce il burro a latte crudo dell’Alto Elvo, Presidio Slow Food.

 

Chi non ha mai assaggiato il Parmigiano Reggiano? Eppure molti non sanno che, fino al secondo dopoguerra, le regine incontrastate del Parmigiano Reggiano erano due razze autoctone: la bianca modenese e la rossa reggiana. Dagli anni Cinquanta, poi, sono state sostituite dalla razza frisona , famosa per la produttività e con le mammelle perfette per la mungitura meccanica. Sia la bianca modenese che la rossa reggiana producono latti le cui caratteristiche risultano eccellenti per la produzione del Parmigiano Reggiano, eppure il numero di capi si è drasticamente ridotto: entrambe sono riconosciute da Slow Food, la prima è tutelata dal Presidio e la seconda è inclusa nell’Arca del Gusto.

Concludiamo il nostro tour virtuale nel sud Italia, parlando della vacca di razza podolica e del caciocavallo, il formaggio simbolo della tradizione casearia meridionale ed emblema della tecnica “a pasta filata”. Si tratta della tecnica messa a punto nei secoli per garantire conservabilità e salubrità ai formaggi di latte vaccino. Slow Food ha due Presìdi sui caciocavalli da latte di razza podolica: uno nel Gargano e uno in Basilicata.

Cheese, la manifestazione internazionale dedicata alle forme del latte, si terrà a Bra (Cn) dal 17 al 20 settembre 2021 ed è organizzata dalla Città di Bra e da Slow Food con il sostegno della Regione Piemonte. Considera gli animali è il tema della tredicesima edizione, un focus sul regno animale e la varietà di connessioni con le azioni dell’uomo. Senza di loro infatti non esisterebbe l’infinita biodiversità casearia che tocchiamo con mano ogni due anni a Bra. Straordinaria già oggi l’attenzione nei confronti dell’evento – che si garantisce con il consueto programma, nella massima sicurezza – sia da parte dei protagonisti di Cheese che da parte del mondo della ristorazione e dell’ospitalità del territorio. Cheese 2021 è possibile grazie al supporto di moltissime realtà, pubbliche e private, che credono in questo progetto. Tra tutte, ringraziamo i main partner: BBBell, BPER Banca, Consorzio del Parmigiano Reggiano, Egea, Pastificio Di Martino, Quality Beer Academy (QBA) e Reale Mutua.

In spiaggia come a teatro. L’Oscar al palestra-tatuato

Un torinese (acquisito) a Finale Ligure /Pillole di spiaggia

Di Gianni Milani 

“Ormai siamo agli sgoccioli!”. Lo dice a pranzo, con un velo di malinconia, mia moglie. Eh, già. Domenica si parte. Si torna a Torino. Chissà perché? Ogni volta che parto da Torino per venire a Finale, rimpiango Torino. E ogni volta che parto da Finale per tornare a Torino, mi prende un groppo in gola per Finale. Cose che capitano anche per altre partenze e altri ritorni. Sempre più sovente. Sentimentalismi da tarda età! Però, é vero. Quest’anno la spiaggia di Finale, essendosi enormemente accentuata la mia totale incapacità di donarmi a prolungate docce solari così come a prolungati pediluvi (non andiamo oltre) marini, mi si è rivelata in una veste tutta nuova. Incredibile e suggestiva. Come un grande palcoscenico teatrale a cielo aperto. Il che capita non solo a Finale, ovviamente. Ma, credo, in qualsiasi altra spiaggia. Così stare ad osservare, senza pruriginosi intenti voyeuristici, bagnanti-attori che vi si muovono, gesticolano, corrono o camminano, vociando, ridendo o piangendo (quanti attori bambini) é stato per me come stare a teatro. Io e loro. Io e i bagnanti-attori, osservatore (in un gioco che spesso vede la fantasia vincere sulla realtà) rintanato nel mio bunker-ombrellone e al sicuro come in una trincea carsica al riparo dalle pallottole asburgiche, a godermi le mille pièces messe in scena a ritmo battuto. Che ti sfuggono nella vita reale e ti si esaltano dinanzi agli occhi nelle indifese “nudità” della spiaggia-teatro. E quanti personaggi ho scoperto e immaginato nel mio angolo di spiaggetta! Titoli da commedia. Dall’ “uomo che cammina tenendosi l’enorme pancia tra le mani” quasi dovesse, la pancia, cadergli ad ogni passo sulla sabbia, al bonario “signore con il naso più grande d’Europa” (definizione condivisa con mia figlia) fino all’ “io sono il vero Mister Bean”, copia spaccata del mitico personaggio imbranato e goffo creato dal geniale Rowan Atkinson. Personaggi in braghe corte. Surclassati però, senza pietà, dall’evergreen superpalestrato di razza. E tanto tanto tatuato. A lui, il Premio Oscar. É sempre lui il prim’attore. Età indefinita, al suo arrivo in spiaggia (mai rigorosamente prima delle 10, per lui prime luci dell’alba) la passerella in plastica che porta a riva pare tramutarsi in scintillante tappeto di sfilata per stars holliwoodiane. Aria assonnata. La nottata é stata lunga e faticosa! Questo almeno deve apparire. Un gesto di saluto roteante, simile a una sacrale bedizione. A tutti e a nessuno. Il corpo tatuato all’inverosimile, che pare gridar vendetta per la feroce colonizzazione di segni e forme (hold school, new school o tribal astratto) che sembrano non conoscere limiti e pause pacificanti. L’ andatura é felpata ma rocciosa e potente. Non come quella “da ricchi alla Luca di Montezemolo, insegnata da Matteo-Teocoli a Maurino-Di Francesco nell’esilarante “Abbronzatissimi” anni ’90. Maniglie dell’amore? Bestemmia! Sguardo benevole ma spietato. Di chi vede e non vede. Svestizione rapida e indolore. Il corpo é già abbondantemente spalmato di brillucicante olio solare. Un baffo, i poveri Bronzi di Riace. L’ adagiarsi sul lettino con tanto di Rayban ultimo grido é da applausi. Perfino il sole pare spostarsi tutto su di lui. Sul prim’attore. Tentazione. Il prossimo anno, mi dico, cerco di imitarlo. Un momento. Io palestrato? Obiettivo irraggiungibile. Tattoo? Forse uno o due tatuaggi all’ hennè. Ipotesi surreale. Mi rassegno. Si prosegua per le antiche strade. A Cesare quel ch’è di Cesare. Meglio per tutti.

 

Il Sentiero Nello

DAL PIEMONTE / Ogni anno, nell’ultimo sabato di agosto, in ricordo del comandante partigiano Nello Olivieri si svolge la camminata che da Boleto (Vb) arriva all’alpe Cambocciolo, per poi proseguire fino alla sella della Crosiggia alle pendici del monte Briasco e scendere infine, passando per Piana dei Monti, alla Merlera, frazione di Cellio (Vc) in Valsesia.

Il programma della 18° edizione del “Sentiero Nello” prevede per sabato 28 agosto il ritrovo e la partenza dei partecipanti alle 8 del mattino  in Piazza Nello  a Boleto (comune di Madonna del Sasso). Alle 9.30, viceversa, partiranno i partecipanti a Castagneia e da lì si incammineranno verso il monte Briasco lungo il  “Sentiero della Libertà”. L’arrivo è previsto verso mezzogiorno e dopo il pranzo (al sacco o alla baita, previa prenotazione) ci sarà alle 14.oo il ricordo della partigiana Wanda Canna. Nel pomeriggio i partecipanti proseguiranno per Castagneia e Breia per poi trasferirsi a Valpiana-Merlera dove, alle 17.oo, si terrà la commemorazione del prof. Alessandro Orsi, presidente dell’Anpi di Borgosesia. Nello Olivieri è stato una figura di spicco nell’ambito della Resistenza valsesiana. Giunto dalla Lunigiana a Rimella, dove aveva sede il comando partigiano, si arruolò nelle formazioni partigiane della Valsesia, alle quali portò il fondamentale contributo della sua esperienza militare, maturata in dodici anni di servizio nell’esercito, trasformando il “gruppo del Cellio” in una ordinata formazione militare, composta da ragazzi differenti per provenienza ed estrazione sociale.La formazione di Nello si mise in luce in particolare per la battaglia che costituì l’atto conclusivo dell’esperienza della “zona libera”, con la quale impedì ai nazifascisti il rientro in Valsesia dalla Cremosina il 2 luglio del 1944, opponendo una efficace resistenza che li costrinse a spostarsi verso Borgosesia e posticipò così al 5 luglio la fine del governo partigiano della zona. Caduto in una imboscata il 27 agosto alla frazione Merlera di Cellio venne ferito da una raffica a un ginocchio e morì per dissanguamento. In sua memoria la brigata partigiana assunse il nome di 6a Brigata d’assalto Garibaldi “Nello”. La manifestazione si svolge nell’arco di una giornata ed è organizzata dai comuni del territorio, dall’Anpi e dagli Istituti storici della Resistenza di Novara e della Valsesia, dalla Casa della Resistenza di Fondotoce e dai comuni di Madonna del Sasso e di Cellio con Breia.

Marco Travaglini

 

Al MAO di Torino, l’arte del gioiello e dell’accessorio incontra l’Oriente

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“TOAsean Design”. Fino al 29 agosto

Gioielli e monili vari progettati da giovanissimi, promettenti designer e ispirati alle antiche culture orientali. Alcuni lasciati liberi di spaziare all’inverosimile, navigando verso esiti di assoluta, fantasiosa e incontrollata futuribilità. Come la“Supervidere” (alla latina), strabiliante “parure” formata da un visore e da due grandi anelli in plexiglas rosso e acciaio inox. L’antico è totalmente alle spalle e le porte del futuro (più o meno immaginabile) del tutto spalancate.

Siamo davanti a uno dei pezzi realizzati dagli studenti del secondo anno del corso triennale in “Design del Gioiello e Accessori” di IED – Istituto Europeo di Design di Torino, ispirati alle opere del MAO-Museo d’Arte Orientale ed esposti fino al prossimo 29 agosto, insieme ad alcuni pezzi realizzati da undici eccellenze artigiane piemontesi nel “Salone Mazzonis” dello stesso Museo di via San Domenico. La mostra dal titolo “TOAsean Design” torna dunque a rinnovare anche per quest’anno la collaborazione fra IED e MAO e vede la sua realizzazione grazie al contributo della “Fondazione CRT”, nell’ambito dell’omonima iniziativa sostenuta da Camera di Commercio Italia Myanmar, per promuovere il design italiano in Oriente e rafforzare il rapporto  culturale fra l’Italia e i Paesi del Sud Est Asiatico. Sette gli studenti – designer coinvolti. Folgorante per loro è stato l’incontro con statue e oggetti provenienti da mondi ed epoche tanto lontane, dalle immagini scultoree del Buddha, ad ori e argenti di inestimabile pregio, piuttosto che dalla figura del dio Ganesh con corpo umano e testa di elefante come dalle immagini del divino Krishna, manifestazione terrena del dio Vishnu, intento a suonare il flauto omaggiato dalle “gopi” o “giovani mandriane”.Stimoli eccezionali per muovere occhi e mani e fantasia, in un mix assolutamente fruttuoso nella progettazione di gioielli ed accessori presentati in mostra quali pezzi unici declinati in chiave totalmente contemporanea. Al fianco dei giovani “magnifici sette”, troviamo anche quest’anno undici imprese artigiane appartenenti alla “CNA Torino – la Confederazione Nazionale dell’Artigianato Piccola e Media Impresa” – che, oltre a supportare tecnicamente la realizzazione delle opere degli studenti, hanno progettato o rivisitato anch’esse altrettanti oggetti preziosi delle loro collezioni sulla base di suggestioni provenienti dalle opere custodite al MAO, portando così in rassegna undici creazioni che testimoniano appieno la competenza e la creatività delle imprese artigiane piemontesi. Supervisore del progetto, Daniela Bulgarelli, coordinatrice del corso triennale in “Design del Gioiello e Accessori” di IED-Torino che afferma: “La sinergia tra design e artigianato ha permesso agli studenti IED di lavorare al fianco degli artigiani torinesi, facendo esperienza diretta di tradizioni d’eccellenza del territorio e acquisendo competenze legate a particolari lavorazioni grazie al confronto con specifici materiali, processi e tecniche di produzione”. Mentre dal MAO si ribadisce: “L’esposizione è il risultato di solide relazioni da noi costruite nel tempo con importanti attori istituzionali del territorio e, grazie al supporto della Camera di Commercio Italia Myanmar, diventa un’interessante occasione di promozione per gli studenti e per le eccellenze artigiane piemontesi, che avranno la possibilità di far conoscere il proprio lavoro a livello nazionale e internazionale”.

Gianni Milani

“TOAsean Design”

MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 29 agosto

Orari: merc. giov. ven. 13/20; sab. e dom. 10/19

 

Nalle foto
– Giuliana Noto: “Reversal”, realizzato dall’artigiano Paola Bellinzoni
– Marta Baccuini: “Supervidere”, realizzato dall’artigiano Evgenia Elkind

Afghanistan: “Chieri farà la sua parte”

Il Sindaco di Chieri Alessandro Sicchiero: “Ci muoveremo d’intesa con Prefettura ed Anci. Illumineremo il campanile di San Giorgio.”

 

«Anche Chieri è pronta a fare la sua parte, accogliendo le famiglie in fuga dall’Afghanistan, in accordo con le Prefetture, l’Anci e le istituzioni coinvolte. Condivido appieno le parole del Presidente dell’Europarlamento, David Sassoli: l’Europa ha il dovere di accogliere i profughi afghani e tutti coloro che rischiano di essere esposti alla vendetta talebana. Attendiamo che venga fatta chiarezza e definito un piano operativo, nell’ambito del quale anche Chieri darà un proprio contributo, coinvolgendo le realtà dell’associazionismo locale e del Terzo settore, le parrocchie e le famiglie chieresi. Sono certo che non mancherà una forte risposta di solidarietà ed accoglienza da parte della nostra comunità. Inoltre, penseremo ad un atto simbolico di vicinanza al popolo afghano, in particolare alle donne, e ringrazio il consigliere Tommaso Varaldo per la sua sollecitazione in tal senso. Non le bandiere a mezz’asta, usate per ricorrenze ed eventi istituzionali e coordinati, bensì l’illuminazione del campanile di San Giorgio, ancora più visibile, magari in occasione dell’inizio del Settembre Chierese».

Il Sindaco di Chieri Alessandro Sicchiero