Il presidente Cirio al tavolo Food For Gaza a Roma al Ministero degli Esteri: «Ho confermato al ministro Tajani la disponibilità del Piemonte ad accogliere e curare i bambini nell’ospedale pediatrico»
Il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio ha partecipato alla Farnesina al tavolo di coordinamento del progetto Food For Gaza, convocato dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, per intensificare le attività di aiuto alle popolazioni colpite dalla guerra, alla luce del cessate il fuoco.
«Ringrazio il ministro Tajani per aver convocato questo incontro con l’obiettivo di dare risposte pragmatiche e rapide alle necessità delle popolazioni colpite dalla guerra – dichiara il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio – Con la tregua ora è possibile intensificare gli aiuti anche con azioni più stringenti. Il Piemonte è quindi pronto a fare la sua parte e, di concerto con l’assessore alla Sanità Federico Riboldi e al Sociale Maurizio Marrone, ho dato la disponibilità della Regione ad accogliere nei prossimi giorni 11 bambini pazienti oncologici in arrivo dalla Striscia di Gaza, che saranno ricoverati all’ospedale Regina Margherita di Torino. Una disponibilità che conferma la vocazione solidale e accogliente del nostro territorio, che già la scorsa estate ha consentito di portare al Regina Margherita un adolescente e un bimbo di 3 anni provenienti da Gaza e negli scorsi anni un gruppo di piccoli pazienti in fuga dalla guerra in Ucraina».
La disponibilità si inserisce nell’impegno costante del Piemonte sulla cooperazione internazionale, con la partecipazione all’iniziativa di Iveco che ha fornito i Tir per il trasporto degli aiuti nelle zone colpite dalla guerra e all’invio del riso piemontese destinato alle popolazioni della Striscia di Gaza.
Fin dalla scorsa primavera la Regione, insieme al Comune di Torino, si è resa disponibile presso il Ministero degli Esteri a supportare attivamente le iniziative del governo in risposta all’emergenza umanitaria di Gaza, con il coinvolgimento degli ospedali, in particolare il Regina Margherita per i pazienti più piccoli, e la Protezione civile regionale, per fornire competenze e materiali.
Una disponibilità che conferma quanto avvenuto in passato quando il Piemonte, con due diversi voli, nel 2022 ha avviato una missione umanitaria che ha consentito di portare a Torino 22 tra bambini e ragazzi malati di tumore in fuga dall’Ucraina dove non era possibile garantire loro le cure a causa della guerra.
Torino, capitale italiana del Liberty
Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato
È l’uomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nell’arte.
L’espressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo l’uomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare. Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo. Non furono da meno gli autori delle Avanguardie del Novecento che, con i propri lavori “disperati”, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto “Secolo Breve”. Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di “ricreare” la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i “ghirigori” del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa l’edera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di un’arte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che l’arte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso. (ac)
Torino Liberty
Articolo 2. Torino, capitale italiana del Liberty
In seguito all’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative del 1902 a Torino, gli artisti e i professionisti presenti ebbero l’opportunità di conoscere e visionare i più rappresentativi esempi di Art Nouveau, firmati proprio dai migliori esponenti della corrente artistica di tutto il mondo. Successivamente a tale avvenimento e grazie alla presenza sul territorio di abilissimi architetti e assai preparati ingegneri, che potevano contare su una ricca classe borghese e imprenditoriale, la città sabauda si trasformò in un immenso cantiere di sperimentazione stilistica, che in circa trent’anni portò alla realizzazione di un gran numero di edifici appartenenti alle più svariate tipologie, sia industriale che residenziale, dai palazzi destinati all’istruzione o al culto, fino ad alcuni esempi di arte funeraria. Gli artisti torinesi interpretarono il Liberty con originalità e maestria, rivisitando le scuole dell’Art Nouveau, da quella franco-belga a quella austro-tedesca, con occhio personale e mai scontato. Torino, ancora oggi nota per le grandi architetture barocche dei palazzi nobiliari e delle celebri residenze sabaude, vede affermarsi dunque, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, una nuova corrente artistica, meglio conosciuta come “Liberty”. Di questo stile, Torino presenta numerose testimonianze di pregio, al punto da essere considerata la capitale del Liberty italiano.
Sul piano prettamente estetico il Liberty affronta l’eterno problema del “bello”, ovvero l’ideale di un “socialismo della bellezza” inteso come diffusione e messa a disposizione di prodotti artistici presso una sempre più vasta porzione di cittadinanza, nelle più disparate applicazioni, verso un’unica adesione ad un’estetica condivisa, che ha nella natura il suo inizio e la sua fine. Grazie allo sviluppo industriale e agli interventi urbanistici in varie zone della città, il Liberty si impose elegantemente nelle linee architettoniche di interi quartieri, dalla Crocetta alla Gran Madre, da Cit Turin a San Donato. In ogni spazio edificato all’inizio del secolo scorso su impulso della nuova borghesia industriale, vi è la chiara impronta dell’originale stile artistico europeo, di cui ancora oggi possiamo ammirare l’elegante armonia architettonica.Passeggiando per Torino, con lo sguardo attento ai palazzi più rappresentativi, che si stagliano netti ed eleganti per le vie della città, non si può fare a meno di rimanere estasiati e ammirati di fronte alla raffinatezza espressiva di alcuni edifici, dalle linee flessuose e curve, dai tratti “morbidi” delle facciate, che ancora ci sorprendono per la loro piacevole bellezza architettonica. Osserviamo tetti insolitamente ricchi, vetrate che catturano la luce riflessa in colori pastello, tettoie con strutture in ferro-vetro, dettagli di balconi dalla ringhiera incurvata, dove l’alternanza vuoto-pieno sottolinea vitalità e dinamismo. E poi portoni, mancorrenti, finestre con finezze di particolari, festoni e fregi che richiamano la grazia della natura mediante la riproduzione di piante, foglie, tralci, fiori, tutta una leggiadria di forme che sembrano quasi nascondere e tacitare il peso del litocemento. E poi ancora la riproduzione di rampicanti che, sviluppandosi in altezza, sanno dare un tocco di levità ai palazzi, arricchiti anche da conchiglie, sirene, animali araldici, curiosi ghirigori. Ogni edificio mantiene una propria impronta particolare, ma, nel richiamarsi alla nuova linea floreale, la sa esaltare in strutture di spettacolare bellezza, come il flessuoso e morbido bovindo, bow-window, che nell’inglese antico significa “finestra ad arco”, ed è, nell’edificio, la parte di un ambiente aggettante verso l’esterno, come un balcone chiuso da vetrate.
L’ingegnere Pietro Fenoglio, il più grande architetto torinese di questo stile, ne ha realizzati numerosissimi in città, e in forme assai diverse, rettangolari, ovali, quadrate, circolari, cilindriche. A mezza altezza tra la strada e il tetto, il bovindo, anche solo di un metro quadrato o poco più, è una magnificenza costruita sulla facciata, dove la fantasia creativa ben si accompagna al tratto fluido e morbido, alla varietà e all’inventiva. E così, nella malinconica Torino gozzaniana che mi piace ricordare (Come una stampa antica bavarese/vedo al tramonto il cielo subalpino…/Da Palazzo Madama al Valentino/ ardono l’Alpi tra le nubi accese…/ E’ questa l’ora antica torinese,/ è questa l’ora vera di Torino…), trovano spazio architetture quasi gioiose, dove il rosso del mattone ben si accorda al grigio chiaro del litocemento. In una perfetta costruzione armonica, ogni più piccolo particolare è studiato con cura, e i ferri battuti delle ringhiere dei balconi a volte differiscono volutamente per qualche minimo dettaglio, che solo una disamina attenta riesce a cogliere, e anche gli androni, le scale, i mancorrenti sono originali e costruiti ad arte. Nello stile floreale gli ornamenti fanno parte della costruzione complessiva, non sono elementi puramente accessori, quasi in aggiunta, al contrario prendono, per così dire, vita dalla bellezza dell’insieme. Improntati allo stile Liberty, Torino presenta non solo un gran numero di case e villini, ma anche stabilimenti industriali, uffici pubblici e scuole, disseminati nei vari quartieri della città, la Crocetta, San Donato, il Centro, San Salvario, la Gran Madre, Cit Turin.
Di certo è stata troppo breve l’ingenua e ottimistica stagione Liberty, ben presto l’abilità tecnica si concretizzò negli orrori della guerra e la realtà drammatica che si andò delineando portò a una diffusa sfiducia nei confronti dell’arte come materia salvifica. La bellezza dunque non è più né ricercata né indagata, la “funzione” prevale sulla “forma” e la violenta modernità si manifesta con canoni antitetici rispetto agli ideali dell’Art Nouveau. Il tempo della natura e dei suoi mirabolanti ghirigori viene schiacciato dal suono devastante delle bombe e delle grida del primo conflitto mondiale.
Alessia Cagnotto
Riparte con una proposta completamente rinnovata la caffetteria della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, situata in via Modane 20, a Torino, nell’edificio progettato dall’architetto Claudio Silvestrin, nell’area ex industriale della Fergat. La nuova proposta della Stella Café è stata affidata a POP UP location wow, agenzia di Fabrizio Bocca che gestisce gli spazi eventi più scenografici della città, e prevede un servizio di caffetteria, pranzi, aperitivi e il brunch del weekend ideale per famiglie, coppie e amici. L’idea è quella di creare una proposta continuativa che si adatti a proposte diverse, e che ora la possibilità di prendersi una pausa tra arte e relax, coniugando l’assaggio di qualcosa di buono e la visita alla preziosa collezione della Fondazione. Come tutte le location gestite da POP UP, Stella Café non sarà solo uno spazio aperto al pubblico, ma anche a disposizione per eventi privati, piccole feste, pranzi aziendali, così come sono gli altri spazi della struttura, icona della riqualificazione urbana torinese in chiave artistica. Nel menù inclusivo di Stella Café, oltre alla caffetteria e il bar, adatti a colazioni, merende, pranzi e spuntini, troviamo tra le proposte piatti vegetariani, vegani, menù baby e un ricco brunch nel fine settimana.
La scelta di materie prime, come nella filosofia degli spazi gestiti da POP UP, è già metà dell’opera, sia in termini di ricerca che di lavorazione. Tra le priorità assolute del locale vi è la valorizzazione dei prodotti del territorio. La cucina è affidata al giovane chef Flavio Cumali, con una lunga esperienza in Italia e all’estero. La carta dei vini è stata selezionata con cura per accompagnare ogni tipo d’occasione dalla responsabile del bar e barlady Giulia Giacomelli, la guida di uno staff tutto al femminile con Irina e Aurora. L’apertura è dal martedì al venerdì a pranzo, mentre sabato e domenica il brunch è il grande protagonista, accompagnato dall’offerta dell’aperitivo serale.
Oltre a gustare cibi genuini e sorseggiare drink, gli ospiti potranno prendersi tempo per visitare la collezione della Fondazione e le mostre temporanee in allestimento. Nella sede della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, impegnata dal 1995 a favore dell’arte e della cultura contemporanea, si può disporre di uno spazio polifunzionale che, insieme alla caffetteria, rappresenta un luogo ideale per eventi standing fino a 250 persone, o placée fino a 150 persone, in grado di ospitare meeting, piccoli rinfreschi, incontri riservati e piccole esposizioni. È anche disponibile un’aula auditorium strutturata per un totale di 144 posti più una sala adiacente di 56 posti collegate a circuito chiuso, con la possibilità di collegarsi in videoconferenza. La sala ristorante può ospitare eventi placée fino a 100 persone.
Mara Martellotta
Il Consigliere regionale Sergio Bartoli esprime pieno sostegno all’intervento dell’onorevole Daniela Ruffino, che ha recentemente sollecitato il governo a prorogare il ‘decreto ponti’ durante la discussione del decreto Milleproroghe, rivolgendosi al Ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. La mancata proroga del decreto, scaduto il 31 dicembre 2024, mette a rischio finanziamenti cruciali per opere strategiche, tra cui il Ponte Preti, fondamentale per il collegamento tra il Canavese Occidentale e Ivrea.
“Condivido pienamente e rilancio l’intervento dell’onorevole Daniela Ruffino sull’assoluta necessità di prorogare il ‘decreto ponti’. È inaccettabile che risorse per quasi 100 milioni di euro, fondamentali per opere strategiche come il Ponte Preti, rischino di essere perse a causa di una scadenza burocratica. Il mancato intervento sarebbe devastante per il Canavese Occidentale e per Ivrea, creando gravi ripercussioni su mobilità, sanità e l’intera economia locale.”
Così Sergio Bartoli, Consigliere regionale del Gruppo Lista Civica Cirio Presidente Piemonte Moderato e Liberale, che ha raccolto le preoccupazioni dei sindaci e dei cittadini del territorio, ribadendo la centralità del Ponte Preti come collegamento vitale per una comunità già in difficoltà per la carenza di infrastrutture e servizi pubblici di trasporto.
“Non possiamo permettere che l’inabilità del ponte isoli ulteriormente il Canavese,” ha proseguito Bartoli. “La mancata proroga rischia di spezzare in due il territorio, con l’impossibilità di raggiungere gli ospedali, oltre a creare ulteriori difficoltà per le imprese e le famiglie.”
Il Consigliere Bartoli ha inoltre ringraziato l’onorevole Daniela Ruffino per aver portato questa tematica cruciale all’attenzione del governo e del Parlamento durante il Question Time con il Ministro Ciriani. “L’impegno mostrato dall’onorevole Ruffino è un esempio di politica al servizio dei territori e delle persone. Invito il governo a dimostrare, con i fatti, che la manutenzione delle infrastrutture è realmente una priorità.”
Bartoli sottolinea che i rallentamenti nelle opere infrastrutturali non sono da imputare a negligenza locale, bensì a fattori straordinari come la pandemia, l’aumento dei costi delle materie prime e il trasferimento delle competenze ad Anas, che hanno causato ritardi oggettivi.
“Rinnovare il decreto è un atto dovuto nei confronti di un territorio che ha bisogno di certezze e di investimenti per il futuro. Il governo ha la possibilità di fare una scelta coraggiosa e responsabile: non sprechiamo questa occasione,” conclude Bartoli.
L’iniziativa fa seguito alla visita del console fatta tempo fa al presidente Cirio
“Oggi siamo stati ricevuti dal Console del Marocco, Sidi Mohammed Biedallah, presso la sede consolare, per un incontro che segna l’avvio di un nuovo percorso di dialogo e collaborazione tra il nostro territorio e il Marocco”.
Così il consigliere regionale Sergio Bartoli, presidente della Commissione Ambiente della Regione commenta l’incontro avvenuto oggi a Torino. Erano presenti diversi rappresentanti istituzionali del Canavese, tra cui la Sindaca di San Giusto, Giosi Boggio, il Sindaco di Castellamonte e Consigliere della Città Metropolitana, Pasquale Mazza, il Vicesindaco di Ozegna, Federico Pozzo, il Sindaco di Lusigliè, Angelo Marasca, il Consigliere Comunale di Favria, Gianluca Bruno, Affaoui Abdelatif, Presidente dell’Associazione degli Immigrati nel Canavese e Coordinatore dell’Unione Marocchini all’Estero in Italia e il segretario generale dell’unione Marocchini all’Estero in Italia Belguiz Hamid.
Durante il confronto, si è discusso della volontà comune di riprendere un progetto interrotto dalla pandemia, con l’obiettivo di rafforzare i legami culturali, economici e istituzionali tra Piemonte e Marocco. Nei mesi scorsi, accompagnato dal consigliere Bartoli, il console aveva già incontrato il presidente Cirio presso il grattacielo della Regione.
“La visione condivisa emersa in questo incontro – prosegue Bartoli – si collega al colloquio che ho avuto con il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, il quale si è espresso favorevolmente per supportare queste iniziative e promuovere nuove opportunità di collaborazione. Tra le proposte più significative, si è parlato della possibilità di organizzare una delegazione piemontese in Marocco, un viaggio che potrebbe rappresentare un momento chiave per sviluppare ulteriormente questo dialogo e costruire progetti concreti”.
“Ho voluto sottolineare che la comunità marocchina rappresenta la presenza extracomunitaria più numerosa in Piemonte, con oltre 51.000 residenti. Inoltre, le relazioni tra Piemonte e Marocco si fondano su interessi comuni in settori strategici, come l’agricoltura e l’industria. Il Console ha evidenziato come il Marocco abbia messo in atto piani di sviluppo per incentivare l’industria, l’agricoltura e i servizi, promuovendo nuove opportunità commerciali e di investimento .Un ringraziamento speciale al Console Sidi Mohammed Biedallah per la calorosa accoglienza e per l’impegno nel costruire insieme nuove prospettive di crescita e cooperazione”, conclude Bartoli.
I sindaci presenti all’incontro hanno espresso il loro pieno supporto a questo rinnovato rapporto di collaborazione, sottolineando l’importanza di sviluppare progetti condivisi che possano apportare benefici reciproci. Da parte sua, il Console Sidi Mohammed Biedallah ha manifestato grande disponibilità nell’avviare questo percorso, ribadendo l’importanza di consolidare i legami tra le nostre comunità.
Guardare uno spazio e un tempo di Storia torinese nel suo interno, nelle sue componenti più intime, guardare chi li occupa quello spazio e quel tempo, chi vi lavora, chi fa e chi agisce. “Visioni e sfide”, nella sua presentazione al cinema Massimo, è allora sì un volo d’angelo, leggerissimo, su qualcuno degli avvenimenti che abitano nei programmi del Museo Nazionale del Cinema ma è sopratutto la conoscenza delle diverse aree di competenza e di lavoro che sono alla base della quotidianità di quegli uffici. Bella invenzione, che credo mai prima abbia visto la luce, che certo non cancella il prodotto, ovvero la mostra o la rassegna, ma lo anticipa nell’impegno della preparazione, dei contatti, della ricerca di sponsor, degli allestimenti, delle maestranze che lo abitano. Un assunto “tanto semplice quanto spesso trascurato”, sottolinea il direttore Carlo Chatrian, perché “un museo, prima di essere un luogo in cui vengono preservati, esposti e raccontati oggetti, è un insieme di persone”. Nulla di fortemente trionfalistico ma il confronto con le tante competenze maturate nel corso degli anni dalle persone, “a fornire la base su cui poi s’innestano gli eventi e le attività”. Un viaggio dietro le quinte quindi (e sarà quanto prima il direttore stesso a condurre, mensilmente, in visite guidate quanti lo vorranno per scoprire un luogo che l’intero mondo ci invidia e le sue mostre, “io ho lavorato in molte occasioni all’estero, e una realtà come il Museo del Cinema di Torino non esiste al mondo”) che non inverte soltanto le prospettive ma mostra le complessità, frugando per una volta tra quelle “aree che hanno poco da comunicare in termini di appeal ma senza di queste l’istituzione non esisterebbe”. Non un castello arroccato da qualche parte imprecisata, capace soltanto “di attirare turisti a suon di colpi d’artificio”, ma una realtà concreta e un segno – simbolico e tangibile al tempo stesso – della volontà di fare cultura da parte di “una istituzione che si sente parte di una comunità”.
Nove sezioni che sono l’anima lavorativa del Museo, nove responsabili a esporre in un susseguirsi di slide le strade da perseguire, numeri e idee, procedure e svolgimenti, dovuto omaggio anche all’ottantina di persone che vi lavorano, quote rosa più che altamente rispettate. Il Coordinamento generale in primo luogo, affidato nelle mani di Daniele Tinti, che guarda alle varie sedi in cui si divide il Museo, nelle più differenti parti di Torino e cintura, alle stesure dei contratti, alle acquisizioni di beni e servizi, alle procedure d’appalto, alla necessità di avvicinare al centro la Bibliomediateca “Mario Gromo” in modo da renderla più comodamente fruibile o di avere una nuova location per gli uffici della Fondazione, come quella del rifacimento del giardino all’esterno della Mole in modo da essere più comodo al flusso delle entrate e delle uscite dei visitatori, o di individuare la nuova sede della manifestoteca, che oggi occupa il caveau ex Unicredit di via Nizza – ultimo nato, con l’Asta Bolaffi dell’ottobre ’24, per una cifra di 37.500 euro, il rarissimo manifesto della “Corazzata Potëmkin” realizzato a Alksandr Rodčenko che fu pittore, fotografo e grafico, fra i principali artisti dell’Avanguardia russa, acquisizione che verrà esposta nell’ambito di un evento espositivo programmato nel corso del 2025, che segna i cent’anni del capolavoro di Sergej Ėjzenštejn.
Un’Amministrazione a gestire i circa 18 milioni di euro che sono il budget della Fondazione, con un 23% della spesa relativo al personale dipendente o il 19% che riporta alle prestazione di servizi, mentre tra gli altri, sul versante dei ricavi s’allineano gli ingressi alla Mole e al cinema Massimo e ai Festival, le sponsorizzazioni e gli affitti, non dimenticando i contributi dei Soci, del Ministero della Cultura e dell’Unione Europea. Claudia Gianetto guida l’Area Mole che comprende 12 dipendenti, suddivisa in “Servizi educativi”, “Servizi tecnici” e “Organizzazione mostre”, mettendo sul tavolo otto manifestazioni (suddivise tra la Sala del Tempio, la sala dell’accoglienza e la cancellata esterna) per l’anno in corso. Non soltanto l’attesissima “The Art of James Cameron” (dal 26 febbraio al 16 giugno) o la mostra dedicata a Donato Sansone, a partire dal 7 aprile: organizzata da Cinemovel in collaborazione con il Museo e il Comune di Settimo, dal 27 marzo presso l’Ecomuseo di Settimo, sarà visitabile la mostra fotografica “Una carovana per ‘Io capitano’”, dedicata al tour che l’ultimo film di Matteo Garrone ha fatto in Senegal, nei luoghi dove il film è stato girato.
Senza togliere nulla ai colleghi, porremmo l’Area Patrimoni guidata da Stefano Boni al primo posto su una personalissima scala dei valori. Venti persone coinvolte nella preservazione, restauro e valorizzazione di tutte le collezioni del Museo, alle radici quella della fondatrice Maria Adriana Prolo che negli anni s’è arricchita di lasciti e di acquisizioni per un totale di oltre tre milioni di opere (“i negativi? sono come i fagioli della Carrà, un giorno o l’altro riusciremo a sapere quanti sono esattamente”), con depositi dislocati in varie sedi laddove “la recente locazione di due nuovi depositi per la cineteca e il settore apparecchi risolverà solo in parte il problema ma permetterà un maggiore agio nello stoccaggio e messa a disposizione per ricercatori delle nostre collezioni”. Importante il settore del restauro: in occasione di una personale dedicata a Carlo Lizzani alla Cinémathèque française è prevista la digitalizzazione di “Esterina”, del 1959, in collaborazione con la Cineteca Nazionale, lavoro che ci permetterà di rigustare al meglio i volti di Carla Gravina e di un Domenico Modugno all’epoca trentenne.
Grazia Paganelli illustra quell’area Cinema (“che è veicolazione di contenuti ed espressione del nostro amore per il cinema”) che comprende la programmazione del Massimo, le sale 1 e 2 per i film in prima visione, la 3 per i film classici restaurati, gli omaggi a registi alle rassegne tematiche e alle collaborazioni con altre associazioni o realtà locali (con la GAM ci sarà venerdì 24 la presentazione del film documentario “Mary Heilmann: Waves, Roads & Hallucinations” che accompagna la mostra dell’artista attualmente nelle sale di via Magenta). Collaborazioni di grande prestigio, come quella con la Biennale veneziana a riproporre i tanti Leone d’oro, ad iniziare il 3 febbraio da “Rashomon” (1950) di Akira Kurosawa, con la presentazione di Carlo Chatrian e Alberto Barbera (secondo titolo in rassegna, 17 febbraio, “Ordet” di Carl Theodor Dreyer), o i nove titoli che andranno a formare la rassegna di Amir Naderi, regista iraniano tra i più importanti della sua ultima generazione, un percorso articolato che inizia nel suo paese poco più di cinquant’anni fa, dopo un’infanzia di strada e dopo aver lavorato per anni come fotografo di scena e assistente alla regia, e la decisione di abbandonare tutto per raggiungere gli Stati Uniti e coltivare nuovamente la propria visione di cinema. Naderi è in Italia per la preparazione di un nuovo film e il 25 gennaio sarà al Massimo per la presentazione di “Monte” (2016) che dà inizio all’omaggio (sino al 31). Il Massimo che anche quest’anno sarà l’involucro principale dei festival cinematografici torinesi: l’area è guidata da Piero Valetto, la 40a edizione del Lovers Film Festival dal 10 al 17 aprile con Vladimir Luxuria in scadenza alla direzione, la 28a edizione del CinemAmbiente dal 5 al 10 giugno e per il secondo anno guidato da Lia Furxhi, la 43a edizione del Torino Film Festival dal 21 al 23 novembre, per il secondo anno sotto la direzione artistica di Giulio Base (già in scadenza? o riconfermabile per il lavoro svolto e per quell’aria di glamour portata sotto la Mole?).
Conta cinque dipendenti il TorinoFilmLab, tutte donne tiene a precisare Mercedes Fernandez che lo dirige, un laboratorio che spazia nel settore audiovisivo internazionale, includendo tra l’altro 13 attività di formazione e sviluppo sia per film che per serie tv, 2 fondi per la coproduzione e la distribuzione e una community formata da 2400 membri in 101 paesi diversi. Con cifre di completo rispetto se si pensa che il 17 anni il TFL ha supportato lo sviluppo di oltre 800 progetti di cui 220 già realizzati e ha assegnato 6.907.000 euro, a cui s’aggiungono fondi per altri 496.00 euro stanziati da realtà partner. Idee e aiuti che guardando soltanto al tempo recente si sono concretizzati nell’enorme successo di “Vermiglio” du Maura Delpero, Leone d’Argento a Venezia e già nella shortlist come rappresentante italiano agli Oscar; come successo e premi sono andati ad “Albatros” di Wannes Destoop, progetto per una serie tv del 2018 e lanciato due anni dopo, insignita del Prix Europa Miglior Fiction TV Series Europea 2021, cui ha fatto seguito “Holy Rosita”, miglior film all’ultimo TFF. Un eccezionale “incubatore di talenti”, definisce Fernandez il suo settore, un immancabile lavoro di squadra che dà i propri frutti anche alla Berlinale in febbraio dove “Little Trouble Girls” della slovena Ursula Djukic aprirà la nuova sezione “Perspectives”, seguito da “The Settlement” di Mohamed Rashad e da “Houses”, nella sezione “Forum” con 30 film da cinque continenti, lungometraggio scritto e diretto da Veronica Tetelbaum, nel 2019 alunna del FeatureLab.
Elio Rabbione
Nelle immagini: il manifesto della “Corazzata Potëmkin”, nuova acquisizione del Museo Nazionale del Cinema di Torino; il volto di Amin Haderi e una scena tratta dal suo “Harmonica” (Iran, 1973) in programmazione al Massimo il 27 e 28 gennaio; una scena di “Little Trouble Girls” della slovena Ursula Djukic, pronto per la Berlinale.
Premiati gli agenti che salvarono giovane da suicidio
Roberto Mennuti e Rossella Catalfamo sono due poliziotti coraggiosi e la scorsa settimana, in occasione della Giornata regionale della gratitudine alle Forze dell’Ordine per il contrasto alle mafie, sono stati ricevuti a Palazzo Lascaris dal presidente del Consiglio regionale, Davide Nicco, insieme al componente dell’Udp, Mario Salvatore Castello e al consigliere Roberto Ravello.
La pergamena e la medaglia conferite attestano la professionalità e il sangue freddo dimostrati dall’ispettore e dall’agente scelto quando, a metà dicembre, hanno sventato il tentativo di suicidio di un ragazzo di 24 anni.
“Attraverso questa cerimonia – ha detto il presidente Nicco – con i due poliziotti che si sono distinti in servizio, vogliamo esprimere la nostra riconoscenza a tutte le donne e gli uomini che sono sul nostro territorio ogni giorno per garantire la sicurezza di tutti”.
“Con le vostre divise rappresentate l’Italia e le istituzioni – ha affermato Castello – e stasera vi ringraziamo per il gesto che avete fatto e il prezioso servizio che svolgete tutti i giorni senza sosta”.
“Al di là del caso specifico, che ha toccato la sensibilità di molti – ha spiegato Ravello -, vogliamo celebrare la professionalità e la dedizione delle Forze dell’Ordine e di Polizia, ancora di più in un momento in cui assistiamo a vergognosi tentativi di delegittimazione”.
La Polizia di Stato, attraverso il Compartimento Polizia Stradale per il Piemonte e la Valle d’Aosta, rende noti i dati relativi all’attività dell’anno appena trascorso.
Per il controllo di strade e autostrade del territorio di competenza (di cui 2.082 km di autostrada), inclusi i due trafori internazionali del Frejus e del Monte Bianco, sono state impiegate 45.264 pattuglie che hanno proceduto ad accertamenti per 259.266 persone, 120.443 veicoli (di cui 48.807 mezzi pesanti e 1.294 autobus) e contestato 143.964 infrazioni, di cui 18.136 violazioni accertate per eccesso di velocità.
Sono state ritirate complessivamente 4.036 patenti di guida e 4.053 carte di circolazione. Il totale dei punti patente decurtati ammonta a 185.369.
I conducenti controllati con etilometri e precursori sono stati 120.443, di cui 1.390 sanzionati per guida in stato di ebbrezza alcolica, mentre delle circa 300 persone sottoposte a controllo per utilizzo di sostanze stupefacenti, 93 sono state sanzionate.
I veicoli sequestrati per la confisca ammontano a 846.
Per quanto attiene all’attività infortunistica, in Piemonte e Valle d’Aosta sono stati rilevati dalla Polizia Stradale 4.656 incidenti (3.524 in autostrada e 1.132 in viabilità ordinaria), di cui 26 con esito mortale (15 in autostrada e 11 in viabilità ordinaria) con 28 persone decedute (dato in calo del 32% rispetto al 2023) e 1.371 con feriti (di cui 887 in autostrada e 484 in viabilità ordinaria), con un totale di 2.047 persone ferite (dato in aumento del 8% rispetto al 2023).
Particolarmente efficace è stata anche l’attività di polizia giudiziaria che ha consentito di assicurare alla giustizia complessivamente 59 persone, sottoposte ad arresto o fermo di p.g., e di denunciarne 1.544 in stato di libertà.
Gli esercizi pubblici controllati sono stati 563, di cui 198 autofficine, 185 autorivendite, 70 autoscuole, 68 carrozzerie, 10 agenzie di pratiche automobilistiche,
11 autodemolizioni e 21 tra autolavaggi, autorimesse e noleggi auto. Ben 16 esercizi sono risultati totalmente abusivi e 292 irregolari. Tra le infrazioni rilevate, 387 hanno avuto carattere amministrativo e 59 di rilevanza penale. Sono state inoltre eseguite 166 segnalazioni ad altri enti pubblici.
Numerose le campagne di prevenzione ed informazione sulla sicurezza stradale, molte rivolte ai più giovani, messe in campo dalla Polizia Stradale durante l’anno.
Attraverso i progetti di sensibilizzazione come “Icaro”, “Bici Scuola” e altre iniziative di educazione stradale, sono stati raggiunti circa 29.300 studenti in oltre 230 scuole presenti in Piemonte e Valle d’Aosta, vedendo impegnati 527 operatori su 319 giornate didattiche.
Le attività e l’impegno quotidiano degli operatori della Polizia Stradale del Compartimento per il Piemonte e la Valle d’Aosta proseguono nel nuovo anno con l’intento ultimo di innalzare gli standard di sicurezza stradale.
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