A Moncalieri in un incidente avvenuto in corso Trieste, una vettura con a bordo la mamma e i due figli si è ribaltata. Le circostanze sono ancora da chiarire da parte dei carabinieri. La donna e uno dei bambini sono all’ospedale Santa e le loro condizioni non sono gravi. Non sono rimasti coinvolti altri mezzi.
PD primo partito nei sondaggi incalzato da Fdi
Il Partito Democratico è la prima forza politica nazionale scelta dagli italiani e vola al 20,1%tutto verificato dai vari istituti di sondaggio più importanti a livello nazionale.L’astensione, purtroppo, la fa da padrone,siamo al 45%/48%.
Tutti questi dati valgono a meno di clamorosi ribaltoni e chiudendo l’attuale legislatura alla sua scadenza naturale:nella primavera del 2023.
Dietro il Pd troviamo, non troppo distante, Fratelli d’Italia al 20%,poi la Lega, al 15%,a seguire,con il 12,1% dei consensi c’è il Movimento Cinque Stelle. E infine, ultimo tra i partiti più importanti,
troviamo Forza Italia al 9,8%.
Veniamo adesso alle altre forze politiche meno grandi.Salta subito agli occhi che Italexit di Paragone va al 4%. Insieme alla federazione di Azione di Calenda e +Europa, è l’unica formazione politica che passerebbe la soglia di sbarramento del 3%.Il neo partito “Insieme per il futuro”di Luigi Di Maio si colloca davanti a Italia Viva di Matteo Renzi,tutti al 2% e quindi fuori dal Parlamento.Ricordiamo,altresì,che dalla prossima legislatura non avremo più 945 parlamentari bensì 600 così suddivisi:400 deputati,200 senatori.
Perché la gente non va più a votare?
Difficile da spiegare perché le cause possono essere molteplici:i partiti politici hanno perso gradimento ma al contempo se c’è una persona che ispira fiducia ecco che aumenta la voglia di recarsi al seggio per votare.Quindi
in Italia il clima di sfiducia nei confronti dell’istituzioni è cresciuta sempre di più.In un paese che,storicamente,ha avuto un tasso di partecipazione elettorale alto, non deve sorprendere che il grande crollo dell’affluenza è avvenuto dopo lo scandalo di Tangentopoli e la fine della prima repubblica.
Enzo Grassano
Nel chivassese, a Casalborgone, la Filiera del Gran dij Bric, importante realtà positiva in crescita
Fin dai primi mesi di questo 2022 si è molto parlato del grano , tema decisamente in evidenza e di estrema importanza a livello mondiale e, nella provincia del torinese, a conclusione della stagione della mietitura che è la parte più cinematografica dell’intero processo, già si stanno tirando le somme su questa campagna del grano certamente tra le più difficili degli ultimi anni. Secondo le stime di Coldiretti Torino si ipotizza una perdita di produzione del 30% per la sola provincia torinese con una resa stimata sui 500mila quintali a fronte dei 700mila ideali sui circa 15.000 ettari coltivati a grano. Una delle cause più gravi certamente è stata la siccità invernale e l’insorgere del caldo che hanno diminuito gravemente l’umidità del terreno necessaria per lo sviluppo delle spighe, quest’anno fortemente ridotte. Le recenti grandinate hanno concorso a rendere ancora più grave il quadro già molto preoccupante. Condizioni climatiche quindi che non hanno certamente favorito la produzione di grano italiano ponendo l’accento sull’importanza di investire nell’agricoltura al fine di diminuire la dipendenza dall’estero.
Tutto ciò coopera a far mutare sostanzialmente anche le quotazioni dei raccolti e presso la Borsa merci vengono segnalate valutazioni che risentono della crisi climatica globale, dell’effetto prodotto dalla guerra e dalle speculazioni. Il risultato è un rincaro generale che inciderà sulla spesa quotidiana del consumatore, tenendo conto anche dei costi più elevati dell’energia, del gasolio e dei concimi cui gli agricoltori devono far fronte. “ Questo è l’anno in cui dovremmo aumentare la produzione locale di grano – ha detto il Presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Invece abbiamo un forte calo di rese che aumentano la dipendenza dei forni torinesi dai cereali importati, in una situazione di mercato globale dove il grano ha raggiunto prezzi altissimi.” Alcuni dati che interessano l’area del torinese e che provengono dalla locale Borsa merci parlano chiaro circa le quotazioni del nuovo raccolto: si è passati ai 350 – 370 euro a tonnellata del 2022 a fronte dei 240-270 dell’annata precedente. Sono numeri importanti, segnali di un andamento decisamente preoccupante. Ma a fronte di un quadro globale che si è tinto di colori cupi, la zona del chivassese fa ben sperare e racconta di un’importante filiera locale del grano della zona di Chivasso, di altissima qualità. E’ la Filiera del Gran dij Bric, dove per bric si intende collina, cioè il grano della collina, nata nel 2016 da un lungimirante progetto innovativo con un accordo siglato tra la Coldiretti Torino ed il Mulino di Casalborgone grazie alla disponibilità di questo noto e storico mulino che fa parte della storia locale, uno dei più importanti del Piemonte. A questo progetto a Km 0, con un andamento decisamente in crescita dove ad un discorso di quantità si punta alla ricerca della qualità, hanno aderito venti imprenditori agricoli di dodici Comuni del chivassese che hanno seminato circa 108 ettari a frumento. Sono stati contattati i panificatori locali, di cui quattro hanno aderito oltre ad un grissinificio e ad alcune pizzerie che per le loro produzioni usano le farine della filiera. Iniziato quasi come sfida, il fine ultimo di questo affascinante ed innovativo progetto che ha destato l’interesse di vari giovani agricoltori locali molto attivi e propositivi, è fare squadra al fine di valorizzare la cerealicoltura in un territorio non certo facile ma impegnativo e faticoso perché collinare ma anche per l’ingente presenza dei cinghiali dove l’alternanza di zone coltivate ad altre boschive rende l’area particolarmente appetibile per questi animali molto prolifici e dannosi per l’agricoltura.
Si è inteso concentrarsi sulla valorizzazione del grano tenero locale anche con l’obbiettivo di assicurare una giusta remunerazione agli agricoltori come ai produttori finali di queste farine di alta qualità. “ La nostra – dice Andrea Gaiato, lungimirante ed appassionato imprenditore del grano,proprietario del Mulino di Casalborgone, antico ormai di cinque generazioni e che da sempre ha scelto il processo della macinazione lenta per preservare la qualità dei chicchi, – è una filiera piccola ma sincera in cui si è inteso coinvolgere gli agricoltori in una scommessa importante per tutti noi, chiamandoli a fornire un grano qualitativamente adeguato alla preparazione delle farine. L’obbiettivo è produrre grani con caratteristiche qualitative pari a quelle che giungono dall’Estero e dalle altre regioni italiane.” Si tratta di una filiera nata dalla passione di quanti vi hanno aderito, passione che si legge sui loro volti, che è tangibile nelle loro parole, che si fa gesto quando si riempiono di grano le mani a coppa in un movimento antico che li accomuna, tipico di chi questa materia prima la conosce e la vive, gesti resi concreti soprattutto nei fatti che ne sono seguiti. Passione, entusiasmo e chiarezza di intenti, motori capaci di muovere anche i più ambiziosi progetti per un’operazione in via di sviluppo ma già consolidata in questi primi anni di attività per un’ importante realizzazione nel tempo, capace di fare la differenza e diventare un esempio per quanti crederanno in quegli stessi valori che li animano, antichi come il grano che è una cosa viva e mai uguale, così importante per la vita.
Patrizia Foresto
Questa mattina i lavoratori della Tecnositaf società controllata della Sitaf Spa si sono mobilitati di fronte a Palazzo Civico.
“Un appello che mi trova perfettamente in sintonia con i lavoratori – comunica il Vice Capogruppo di Torino Bellissima, Giuseppe IANNO’ – che devono fare i conti con una forte preoccupazione per il loro posto di lavoro. Esprimo il mio sostegno, rivolto non solo ai 160 addetti altamente qualificati in un’azienda, in cui si è avviato un percorso di liquidazione. Ma anche verso tutte le altre aziende satelliti, che a breve si troveranno in un’analoga situazione. Mi chiedo – prosegue Iannò – anche quale sia il motivo della crisi aziendale, visto che il primo cliente della Tecnositaf è l’Anas, che non mi pare sia economicamente in cattive acque. E’ necessario, che anche il Comune di Torino intervenga, per stroncare una nuova perdita di posti di lavoro, attraverso la convocazione urgente della 3^ Commissione Consiliare”
Volano le statue di Palazzo Madama
Auto contro bus Gtt, morti due ragazzi
Questa mattina, intorno alle ore 6.00, in corso Casale, al confine con il comune di San Mauro Torinese, si è verificato un gravissimo sinistro stradale. Una Lancia Y con a bordo quattro persone, per cause ancora da accertare, si è scontrata frontalmente con un autobus della linea GTT.
L’impatto è stato violentissimo e due dei giovani a bordo della Lancia Y hanno perso la vita, mentre gli altri due occupanti sono stati trasportati d’urgenza all’Ospedale San Giovanni Bosco. La prognosi è riservata.
Sul posto è intervenuta la squadra Infortunistica del Reparto Radiomobile della Polizia Locale.
di Marco Travaglini*
Srebrenica, dall’antico nome latino Argentaria si può tradurre in “città dell’argento”. Prima del 1992 era conosciuta per le terme, l’estrazione di salgemma e le miniere. Poi, dissoltasi la Jugoslavia, la storia si è incaricata di consumare tra quelle montagne l’ultimo genocidio in terra europea dalla fine della seconda guerra mondiale. In quella località tra le terre alte della Bosnia nord-orientale circa diecimila musulmani bosgnacchi vennero trucidati dalle forze ultranazionaliste serbo-bosniache e dai paramilitari serbi. L’atroce crimine di massa venne consumato tra l’11 e il 21 luglio 1995, dopo che la città, assediata per tre anni e mezzo, il 10 luglio era caduta nelle mani del generale Ratko Mladić. Nel marzo del 1993 Srebrenica era stata proclamata enclave dell’Onu, in virtù della risoluzione 819. In pratica l’intera area doveva essere protetta, difesa. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, infatti, inviò un piccolo contingente di qualche centinaio caschi blu.
Seguendo la logica della cancellazione della memoria e delle identità, gli esecutori dell’eccidio privarono le vittime dei documenti, bruciandoli. Poi gettarono gli uomini, compresi quelli feriti ma ancora vivi, nelle fosse comuni. Alla fine del conflitto, per nascondere le prove del genocidio, queste fosse vennero riaperte con le ruspe dagli stessi carnefici e i resti delle vittime trasportati, orribilmente mutilati, in fosse comuni “secondarie”, più piccole, o addirittura “terziarie”. Ci sono casi documentati in cui i resti di una stessa persona sono stati ritrovati in tre o più fosse comuni, anche a più di trenta chilometri di distanza. È una storia che sembra non aver mai fine se consideriamo che ancora oggi ci sono fosse comuni che continuano a essere rinvenute. Nel 2003, ottavo anniversario del massacro, l’ex Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton inaugurò il Memoriale di Potočari. L’anno dopo, il 19 aprile 2004, il Tribunale internazionale dell’Aja per l’ex Jugoslavia (Tpi) definì quello di Srebrenica un “genocidio”. Quasi tre anni dopo, il 26 febbraio 2007, la Corte internazionale di giustizia dell’Aja negò le responsabilità dirette della Serbia, asserendo che l’unica colpa di Belgrado fu non aver fatto tutto il necessario per prevenirlo. La Corte, con la medesima sentenza negò i diritti al risarcimento per i famigliari delle vittime.
* Marco Travaglini è autore del libro “Bosnia, l’Europa di mezzo. Viaggio tra guerra e pace, tra Oriente e Occidente”, edito dalla casa editrice Infinito, con la prefazione degli storici Gianni Oliva e Donatella Sasso. La foto è di Paolo Siccardi
Il Questore di Torino, ai sensi dell’art. 100 TULPS, ha sospeso la licenza della pizzeria Kebab “Stella El Baghgià”, ubicato in Torino, Corso Giulio Cesare n. 25, sito in un quartiere ad alta densità abitativa, zona Porta Palazzo, frequentato da numerosi avventori, in particolare da cittadini extraUE.
Il locale Kebab si trova in una zona ove i residenti hanno presentato alcuni esposti a causa dei frequentatori dei locali che insistono nella vasta area di Porta Palazzo (schiamazzi, liti, risse).
Il provvedimento è stato adottato al termine di una serie di controlli operati in particolare nel mese di giugno e fino al 7 luglio da personale del Commissariato “Dora Vanchiglia” in collaborazione con gli Agenti del Reparto Prevenzione Crimine Piemonte, messi a disposizione della Questura per rinforzare il dispositivo di controllo del territorio.
Nel locale “Stella El Baghgià”, durante i controlli straordinari del territorio da parte degli Agenti della Polizia di Stato, sono stati identificati tra gli avventori del locale molti gravati da precedenti di polizia.
Tenuto conto della presenza numerosa di persone pregiudicate, dei numerosi esposti presentati sia contro il locale in parola sia contro altri locali della zona, il Questore ha ritenuto che il locale costituisca fonte di concreto e attuale pericolo per la sicurezza dei cittadini, dei consociati e degli avventori, con indubbi riflessi negativi sull’ordine pubblico.
Pertanto ha disposto, ai sensi dell’art. 100 Testo Unico leggi Pubblica Sicurezza, la sospensione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande all’interno del Kebab che rimarrà chiuso per giorni 5 decorrenti dal 9 luglio 2022.
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Credo valga la pena approfondire la vita e le opere di questa scrittrice e giornalista americana 68enne.
E’ nata il 5 novembre 1953 a Durham, nel New Hampshire, da Fredelle Bruser – giornalista, scrittrice ed insegnante- e Max Maynard –pittore e professore di inglese all’Università del New Hampshire- fratello del più famoso teologo Theodore Maynard.
Joyce rivela molto presto il talento nella scrittura, vincendo premi scolastici; ma la sua carriera giornalistica vera e propria inizia negli anni 70 quando collabora, tra le varie testate, anche con “The New York Times” e “Mademoiselle”.
Negli anni 80 amplia il suo orizzonte e decolla con successo sulle ali della narrativa con il libro di esordio “Baby love” (1981).
Ottiene una forte eco mediatica ed attira un’attenzione particolare nel 1998 con la pubblicazione del memoir “At home in the world”, in cui mette nero su bianco la sua relazione con il mitico e misterioso J.D. Salinger, l’autore de “Il giovane Holden” letto e amato da intere generazioni.
I fatti di cui racconta la Maynard risalgono a molti anni prima; al 1972 quando lei aveva 18 anni e studiava a Yale.
Il 23 aprile di quell’anno il “New York Magazine” aveva pubblicato un suo lungo articolo “An 18-year-old looks back on life”, scatenando orde di ammiratori, genitori infuriati, ma anche editori e fotografi che volevano conoscerla meglio.
All’epoca Salinger aveva 53 anni e le scrisse una lettera in cui, oltre a complimentarsi per la scrittura, l’avvertiva anche dei rischi e pericoli derivanti dalla celebrità; seguirà poi una serrata e fitta corrispondenza tra i due.
Le cose prendono una piega più decisa quando lei si trasferisce a casa di lui nel fortino di Cornish, nel New Hampshire, dove Salinger –divorziato dalla moglie dal 1967- si è ritirato dal mondo e trascorre le giornate tra yoga, precetti Zen ed alimentazione super controllata.
Joyce vivrà con lui per 8 mesi –da metà 1972 al marzo dell’anno seguente- poi la storia d’amore viene troncata in modo repentino, brusco e con strascichi che opprimeranno la ragazza. Si terrà tutto dentro fino al 1998 quando decide di raccontare anche le pieghe più nascoste dello scrittore, delineando un quadro poco lusinghiero.
Ad aggiungere carne sul fuoco c’è anche la voce dei detrattori della Maynard che l’additano per aver messo all’asta e venduto a caro prezzo le lettere che Salinger le aveva inviato; acquistate per più di 150.000 dollari dall’informatico Peter Norton che le restituisce allo scrittore.
L’uscita di questo libro scatena polemiche anche durissime, la Maynard è accusata di aver sfruttato l’occasione; la sua carriera è vittima degli anatemi di parte del mondo culturale americano. Una specie di peccato originale che la scrittrice si porterà addosso, rea di avere intaccato il mito di J.D. Salinger.
In successive interviste la Maynard chiarisce di essersi tenuta tutto dentro ed aver protetto la storia per troppo tempo; quando sua figlia ha compiuto 18 anni, ha capito che il momento di scriverne era arrivato.
Chiarisce anche che ha raccontato la liaison con il mito Salinger in modo scrupoloso, senza dare giudizi o interpretazioni, lasciando che fossero i lettori a concludere che lo scrittore aveva avuto un atteggiamento predatorio. E supporta la sua esperienza citando altre giovani donne che avevano intrattenuto una corrispondenza con lui; tutte fragili e accomunate dall’assenza dei padri, coni d’ombra che lo scrittore individuava subito e in quegli spazi vuoti riusciva ad infilarsi e manovrare.
Nel corso della sua carriera la Maynard ha pubblicato 17 libri e da due sono stati tratti dei film; l’ultimo nel 2013 ispirato a “Un giorno come tanti” (pubblicato nel 2009) diretto da Jason Reitman e interpretato da Kate Winslet e Josh Brolin.
“L’albero della nostra vita” -NNEditore- euro 20,00
Il romanzo da poco pubblicato in Italia è uno dei più ambiziosi della Maynard, ed anche parecchio autobiografico.
Sono molte le analogie con la sua vita: anche lei, poco più che 20enne, con i proventi dei suoi libri si era comprata una casa a Hillsborough nel New Hampshire. Ha sposato un artista ed avuto tre figli; quando poi si è separata la sua fattoria è rimasta all’ex marito e lei si è trasferita altrove con la prole.
Però nessuno dei suoi figli è stato vittima di un incidente come quello narrato nel libro, né ha cambiato sesso.
Detto questo…il romanzo è bellissimo, profondo, a tratti struggente.
E’ la storia di una donna, Eleanor, dei suoi desideri realizzati nella famiglia che tanto voleva costruire; poi ci sono i ripetuti colpi bassi che la vita le ha inferto.
A inizio romanzo la incontriamo negli anni 70, giovane illustratrice di libri per bambini di un certo successo che le consente libertà e indipendenza. E’ abituata a cavarsela da sola, anche perché è figlia unica di due genitori che si adorano e vivono l’uno per l’altro, mentre lei si è sempre sentita un’intrusa nel loro menage.
Forse è anche per questo senso di esclusione impresso nell’ anima che Eleanor, nella sua fattoria del New Hampshire, sogna una famiglia tutta sua e su basi totalmente diverse. Quando si innamora del giovane Cam il gioco è fatto: tra i due l’intesa è perfetta, si sposano e nell’arco di poco tempo nascono tre figli.
Sono Allison, Ursula e Toby, ai quali i genitori regalano un’infanzia spensierata, piena di amore, scoperte ed avventure nella natura che circonda la casa di campagna. A tirare avanti la baracca è soprattutto Eleanor con il suo lavoro, mentre Cam fatica a trovare un’occupazione stabile e si arrabatta come può.
Poi irrompe la tragedia; un giorno Cam perde di vista Toby che viene trovato svenuto a testa in giù nel laghetto vicino casa, con le tasche appesantite dalle pietre che tanto amava raccogliere. Salvato per miracolo non sarà mai più lo stesso a causa del danno cerebrale provocato dalla carenza di ossigeno patita.
Eleanor ritiene Cam responsabile e non riesce proprio a perdonarlo. Il resto è sfacelo completo e sfilacciarsi di rapporti.
Cam si scopre innamorato dell’appena maggiorenne Coco, la babysitter dei suoi figli e la sposa. Eleanor se ne va e dapprima ottiene l’affidamento condiviso dei figli.
E le cose andranno sempre più in pezzi.
Cam sembra aver cancellato il loro passato insieme, neanche più le rivolge la parola e le crepe si apriranno anche nei rapporti con Allison, Ursula e Toby che, crescendo divisi tra due fuochi, propenderanno sempre più per il padre e la nuova moglie. La nascita di un fratellino (che non chiameranno mai fratellastro) spinge ulteriormente al distacco, con la scusa che Toby è felice di avere un bimbo con cui giocare.
Il resto è un susseguirsi di malintesi, (i figli pensano che sia stata Eleanor ad essersene andata spezzando la famiglia), rancori, incomprensioni, adolescenze complicate, rapporti umani sempre più difficili tra madre e figlie adolescenti e ……molte cose ancora cambieranno nella vita di questi personaggi. Un romanzo magnifico che racconta la vita e la complessità dei rapporti affettivi.
“Il meglio di noi” -Nutrimenti- euro 18,00
Poco più di 400 pagine che vi afferrano per non mollarvi più, con il racconto di una fase della vita della Maynard doloroso ma anche intensissimo, che sciorina temi portanti quali l’amore, la morte, il caso e il disperato tentativo di contrastarlo.
Un memoir ad alto impatto emotivo in cui racconta come nel 2011, quando aveva 58 anni, attraverso un sito d’incontri conosce l’avvocato 59enne Jim Barringer. Dalla loro prima telefonata scatta subito un feeling raro e prezioso, che apre l’orizzonte a due persone che si intendono a meraviglia, si piacciono da tutti i punti di vista, a partire da quello fisico. L’anno dopo sono marito e moglie e lei sente di aver sposato «…il primo vero compagno che ho mai avuto». Madre di tre figli, separata e single dall’età di 36 anni, dopo una lunga serie di incontri deludenti, non aveva certo previsto una simile svolta.
Lei e Jim, sebbene diversi in molteplici cose, condividono quella rara magica alchimia in cui sono miscelati: rispetto dei reciproci spazi, profonda comprensione, amore per le semplici gioie della vita, come i viaggi, le escursioni o intime cenette. Soprattutto, Jim la fa sentire amata, capita e incoraggiata nella propria ricerca di indipendenza, gratificata per i suoi successi. Insomma l’amore e il rapporto che tutti vorrebbero avere, ma piuttosto raro.
Una gioia di vivere a due che inciampa in un destino bastardo, perché dopo 4 anni e mezzo, un calvario fatto di alti e bassi, di speranze e rese, Jim le viene portato via da un tumore al pancreas che non perdona.
La Maynard rivela la sua grandezza nel ripercorrere -senza retorica, piagnistei o cadute di stile- un sentimento che travalica anche la morte. Quello di due anime gemelle che si riconoscono e alle quali è concesso un breve tratto di strada insieme, in cui sono un tutt’uno che vale più di mille lunghissime vite.
“L’ombra degli Havilland” -HarperCollins- euro 9,90
E’ un’altra storia coinvolgente, di quelle che ci incollano alle pagine con la suspense continua e l’attesa di vedere svelata una verità sottesa, ma che aleggia nell’aria fin quasi da subito. Potremmo definirlo il magistrale racconto di un sottile plagio, di una dipendenza emotiva ed affettiva che finisce per condizionare tutta la vicenda e relega in un angolino la capacità di giudizio della protagonista.
Helen è una giovane donna, separata e madre di un figlio piccolo che le viene portato via dalla legge, dopo che era stata fermata alla guida dell’auto con un tasso alcolico superiore a quello consentito. Dichiarata inidonea ad esercitare il ruolo genitoriale, il tribunale le toglie la custodia del piccolo Ollie e lo affida al padre, a sua volta risposato e in attesa di un figlio dalla nuova compagna.
Helen precipita in un periodo difficile e non le resta che rigare dritto, partecipare a gruppi di sostegno degli alcolisti anonimi, lottare per riavere quel figlio che tanto ama ed è il centro della sua vita. E’ in questa condizione di profonda fragilità che viene risucchiata nella tela degli Havilland, fagocitata come un insetto da un ragno micidiale.
Swift e Olivia Havilland sono una brillante coppia di ricchissimi filantropi; lei bellissima e affascinante è relegata su una carrozzina, lui è un narcisista mascherato di bontà. Insieme sono una forza della natura: dinamici, intraprendenti, protagonisti di un’ intensa vita sociale, stanno raccogliendo soldi a palate per la loro Onlus che tutela gli animali.
E’ soprattutto Ava ad insinuarsi nell’anima e nel quotidiano di Helen: la coinvolge in mille iniziative, pretende di sapere tutto della sua vita e lancia sottesi giudizi un po’ su tutto. La solitudine che prima attanagliava la giovane, viene come dissolta dall’amicizia con quella coppia che sembra perfetta e in piena sintonia.
L’idillio inizia a scricchiolare quando Helen incontra un uomo che la sommerge di attenzioni ed amore. E’ Elliot, solido e affidabile commercialista che le fa una corte serrata; ma la cosa disturba parecchio gli Havilland.
Le cose si complicano ulteriormente quando Elliot, protettivo e perspicace, fiuta qualcosa di poco chiaro negli affari della coppia. Ed è un’esplosione di screzi, incomprensioni, dubbi, e una sleale competizione degli Havilland nell’accaparrarsi l’affetto di Helen.
“Dopo di lei” -Harlequin Mondadori- euro 16,00
Non è un vero e proprio thriller anche se le vittime ci sono; giovani donne che perdono la vita in modo sospetto.
Piuttosto è centrale la storia di due sorelle che vivono poco a nord di San Francisco, nella Contea di Marin, il loro rapporto e quello con il padre poliziotto.
Rachel non è più una bambina ma neanche ha ancora raggiunto lo status di ragazza, comunque è in quella fase da 13enne in cui si sogna ad occhi aperti e immagina una realtà virtuale in cui tutto appare possibile.
Adora la sorellina più piccola, Patty, compagna di vita ed avventure, migliore amica e complice di giochi e scorribande.
Entrambe stravedono per il padre che ammirano, anche perché fascinoso e bello come un attore hollywoodiano. Più spigoloso è invece il rapporto con la madre: depressa cronica, che si arrabatta come può e non è capace di tenersi il marito.
Rachel e Patty sono abituate a scorrazzare tra le montagne, teatro di scarpinate e scoperte continue. Poi proprio in quell’oasi della natura vengono assassinate giovani donne.
Siamo nell’estate del 1979, le indagini sono difficili, affidate al padre detective che diventa il centro dell’attenzione mediatica; cronisti e fotografi lo assediano, e nel vortice vengono risucchiate di riflesso anche le sue figlie.
Improvvisamente balzano al vertice della top ten delle ragazze più popolari, ambite come amiche e magari anche qualcosina di più.
E quando il padre sembra arenarsi in una serie di vicoli ciechi e fallimenti, ecco che Rachel decide di scendere in campo e indagare a sua volta.
Lei e Patty sguinzagliano ingegno, perspicacia e fantasia e, a modo loro, si mettono sulle tracce del “Killer del tramonto”. Un romanzo che scorre veloce, nell’alternarsi tra crime e storia familiare, fino a un epilogo inaspettato.