ilTorinese

Il mistero del sogno e l’inconscio collettivo di Jung

L’alchimista può ricevere in sogno l’indicazione principale per iniziare l’Opera, così raccontano i Maestri di questa antica Tradizione. Il sogno può dunque aprire la nostra mente a dimensioni sconosciute e essere considerato dunque “rivelatore”?Nessuno ha la certezza che questo sia possibile, ma alcuni indizi possono farci sospettare che tale fenomeno possa, sia pure in condizioni speciali, verificarsi.

Prima di proseguire nella intrigante supposizione, è però necessario interrogarsi su cosa siano i sogni e il sonno che permette il loro apparire alla coscienza.

Il sogno è principalmente una storia, una serie di immagini che la nostra mente crea mentre siamo addormentati, la possibilità di ricreare nella nostra mente situazioni che siamo in grado di percepire come reali, tanto da poterne essere intristiti, spaventati o, al contrario, capaci di regalarci gioia e serenità. Una manifestazione che si verifica durante il sonno, dunque, uno stato fisiologico irrinunciabile, di cui non conosciamo ancora tutti i dettagli, una condizione che occupa circa un terzo della nostra vita, di importanza vitale per l’essere umano e non solo. Tentare di definire cosa sia il sonno si è rivelato, sin dall’inizio degli studi su tale materia, molto complicato; sappiamo per certo che il sonno è un periodo in cui, a un osservatore esterno, il dormiente appare in stato di incoscienza, mentre in realtà il cervello rimane molto attivo. La fisiologia ha permesso, infatti, di rilevare nelle cellule cerebrali una intensa attività biologica in cui è possibile elaborare risposte a quesiti rimasti irrisolti durante il giorno. Un problema da cui si era angustiati trova, come per incanto, la soluzione al risveglio successivo: “la notte porta consiglio non è soltanto un modo dire, ma in questa frase si cela una verità positiva, accertata in innumerevoli casi. Un sonno tranquillo, adeguato e soddisfacente, aiuta inoltre le persone a rimanere in salute e in un ottimale equilibrio psichico. E’ appurato, ormai da tempo, che durante il sonno si ha una intensa attività cerebrale in cui sono riconoscibili cinque fasi; ognuna è importante per assicurare il completo riposo della mente e del corpo. Alcune fasi sono necessarie per sentirsi rilassati ed energici il giorno dopo, mentre altre fasi permettono di memorizzare quanto appreso durante il giorno e a dare origine ai ricordi. La più importante fra queste è la fase cosiddetta REM (rapid eye movement), poiché in quest’ultima si verificano i sogni. La mancanza di sonno, o un sonno agitato tale da non consentire un adeguato riposo, aumentail rischio di scompensi nel fisico, come l’aumento della pressionee una maggiore facilità all’insorgenza di malattie cardiache. Un buon sonno è uno dei tre pilastri fondamentali per godere di una buona salute, oltre a una dieta equilibrata e un regolare esercizio fisico, e i parametri che sono stati individuati per tentare di definire cosa sia “un buon sonno”, sono essenzialmenterappresentati, in primo luogo, dalla durata, che dovrebbe essere compresa fra le sette e le nove ore al giorno. Ridurre il sonno, anche solo di un’ora, può rendere più difficile la concentrazione il giorno successivo e ridurre il tempo di reazione. Oggi è accettato da tutti gli specialisti che un sonno insufficiente rende anche assai più probabile correre dei rischi e prendere decisioni sbagliate. Un sonno breve può rendere una persona facilmente irritabile e contribuire a problemi di relazione, soprattutto nei bambini e negli adolescenti, che sono più esposti all’eventualità di sviluppare comportamenti ansiosi e scivolare gradualmente in uno stato depressivo. Inoltre, durante il sonno, il corpo produce ormoni che aiutano i bambini a crescere e, nel corso della vita, aiutano a produrre massa muscolare, a combattere le malattie e a riparare i danni al corpo.

La seconda condizione, capace di garantire un sonno efficace per la ripresa ottimale delle funzioni fisiologiche al risveglio, è la continuità; senza di questa i soggetti che subiscono numerosi risvegli, avvertono una notevole stanchezza e appaiono facilmente irritabili. La terza, la più difficile da definire, è la profondità del sonno, ovvero, la condizione in grado di isolare il più possibile una persona dal mondo esterno, permettendo all’organismo di esercitare in modo ottimale le molteplici funzioni che, oggi,sappiamo avvenire durante il riposo notturno, fra queste la più misteriosa, quella del sognare. La teoria scientifica oggi più accettata è che i sogni rappresentino un meccanismo essenzialeper consolidare i ricordi e rafforzare le connessioni neurali che utilizziamo di più, scartando quelle che non sono utili.

Secondo questa teoria, i ricordi si formano in due fasi. La prima è la codifica dei ricordi, che avviene mentre siamo svegli e il nostro cervello riceve informazioni dai sensi; le informazioni che riceviamo durante il giorno sono molte; queste, nella maggior parte dei casi, vengono fissate debolmente e pertanto i ricordi che formiamo sono fragili e di breve durata.

Secondo tale teoria, il consolidamento dei ricordi avviene durante le fasi del sonno profondo e del sonno REM. In ogni caso, nonostante le conquiste tecnologiche che ci permettono di studiare da un punto di vista squisitamente meccanico le teorie della formazione dei sogni, mediante l’utilizzo di macchinari complessi e assai evoluti, quali TAC, Risonanza Magnetica, PET e così via,non hanno ancora fornito i dati utili a rispondere alla domanda che le persona curiose si pongono  da sempre, ovvero: dove va a finire la nostra coscienza quando dormiamo?

Quesito intrigante interrogativo, di pertinenza non solo medica, ma anche filosofica, è l’arcano principale del nostro essere costretti a dormire. Quante volte sarà capitato a tutti noi di provare un senso di smarrimento al risveglio, ripensando a un sogno occorso pochi attimi prima di riaprire gli occhi per affrontare un nuovo giorno, oppure ci si è domandati quale possa essere il significato dell’aver vissuto situazioni incomprensibili alla nostra mente razionale, tanto assurde da riuscire a farci sorridere, oppure spaventarci, a seconda delle circostanze che si è appena terminato di vivere in una dimensione che avvertiamo ben vicina a noi, ma di cui fatichiamo a fare nostra la sua esistenza?  

Durante i sogni può succedere di incontrare persone conosciute, oppure perfetti sconosciuti con cui si intrattengono conversazioni sui più svariati argomenti, ci si può trovare da soli o in compagnia di amici o di sconosciuti e spostarsi con loro, condividendone gli eventi e le situazioni fino al risveglio, quando si resterà perplessi nel domandarsi dove si fosse diretti e perché.

Carl Gustav Jung parlò di inconscio collettivo per definire la struttura della psiche dell’intera umanità, uno spazio inconscio la cui estensione potrebbe comprendere e accomunare tutta la popolazione del pianeta.

E se questo spazio inconscio fosse un luogo in cui ognuno può avere accesso quando sogna?

Anche a costo di ricevere critiche feroci, osando avanzare una ipotesi forse meno fantasiosa di quanto si possa credere, è forse possibile azzardare l’ipotesi della esistenza di “un luogo di incontro collettivo a livello inconscio”, comune all’intera umanità?

La nostra psiche, durante il sogno, può forse incontrare e interagire con persone che, abbandonato il corpo fisico, nel sonno potrebbero disporre della facoltà di ritrovarsi nella medesima dimensione eterica, priva di tutto ciò che nella vita “reale” frena le potenzialità dell’individuo, come capita a chi vive ignaro di questo aspetto della sua esistenza, al pari della maggior parte di noi.

Ipotesi di cui ci parlavano già studiosi del passato, consci di una composizione più complessa dell’essere umano, non limitata solo all’involucro fisico, ma costituita anche da altri corpi invisibili, percepibili a quanti, in quegli istanti, stanno utilizzando il loro corpo spirituale, nel rispetto della regola che ogni corpo può essere utilizzato solo al livello in cui si trova.

Il corpo fisico vedrà e potrà interagire solo con altri corpi fisici; i corpi spirituali potranno rapportarsi solo con quelli incontrati nel mondo spirituale che, forse, raggiungiamo durante il sonno.

Tale teoria, che spiega almeno in parte il “sogno lucido”, presuppone che la nostra vita possa dunque essere assai più ricca di quanto avvertiamo comunemente, essendo ipotizzabile un territorio in cui, forse, sia possibile trasferirci quando si cade addormentati.

Un ambiente percorribile talvolta nel sonno, che rimane ancora tutto da scoprire.

Alla luce di questa visione basata su teorie risalenti a tempi assai lontani da quelli della nostra evoluta, ma fragile civiltà, è forse possibile che le nostre vite si incontrino non solo su di un piano terreno, ma anche in una dimensione “altra”, raggiungibile quando apparentemente incoscienti, abbiamo la possibilità di trasferirci in mondi sconosciuti. Per questo motivo, d’ora in poi, varrà forse la pena ricordare bene quel che accade quando i nostri sogni ci appaiono assurdi e per lo più incomprensibili, anche se si sono impressi nella nostra mente come se avessimo davvero viaggiato nella vita reale, riuscendo a apprezzare la bellezza di luoghi a noi sconosciuti, assaporandone profumi portati dal vento, che avvertivamo carezzarci il volto mentre discutevamo amabilmente con uno sconosciuto, intento ad  illustrarci qualcosa a cui, forse, avremmo dovuto prestare più attenzione perché, stando così le cose, è possibile che quell’individuo potesse essere un Maestro,venuto a trovarci per offrirci insegnamenti che noi non siamo stati, almeno in quel momento, in grado di cogliere, perché incapaci di riconoscerlo come tale.

Rodolfo Alessandro Neri

Al convegno di Humanitas “Prevenzione e stile di vita

La salute, il cibo e il buon vivere” partecipa Antonio Chiodi Latini, il “cuoco delle terre”

 

“Tra i motivi che mi hanno spinto – spiega Antonio Chiodi Latini, cuoco delle terre – verso l’alimentazione vegetale vi è sicuramente la necessità di preservare la mia salute. I risultati che ho visto sul fisico e sulla psiche sono stati straordinari e, per questo, continuo a sostenere che la cucina vegetale sia il futuro, non soltanto perché è buona, ma anche perché è sana”.
Avendo provato in prima persona i benefici di una dieta vegetale, oggi lo chef dell’omonimo ristorante torinese è orgoglioso di partecipare con i suoi piatti al convegno dal titolo “Prevenzione e stile di vita: la salute, il cibo e il buon vivere”, promosso dall’Ospedale Humanitas Gradenigo.
Il convegno si terrà il 30 aprile prossimo presso la Centrale di Nuvola Lavazza e vedrà impegnati i medici dell’ospedale torinese nell’analisi di quanto uno stile alimentare sano possa essere un alleato prezioso nel mantenimento della nostra salute.
Responsabile scientifico del convegno sarà il dottor Francesco Milone, direttore della Cardiologia Humanitas Gradenigo, da anni impegnato nella prevenzione in ambito cardiovascolare, anche attraverso un’attenzione specifica agli stili corretti di vita, a partire da quello a tavola.
Si calcola che la pandemia da Covid abbia causato fino ad oggi in Italia circa 150 mila morti, un numero molto grande e doloroso. Tra le cause principali del decesso in Italia, al primo posto, rimangono gli accidenti cardiovascolari, dell’infarto e dell’ictus, con 230 mila morti su un totale di 640 mila, seguiti dai tumori.
Si calcola inoltre che si potrebbe giungere alla prevenzione di ben l’80 per cento delle malattie cardiovascolari, quali infarto e ictus, seguiti dai tumori, che potrebbero essere prevenuti se si smettesse di fumare, si seguissero una dieta sana e si svolgesse un regolare esercizio fisico. Almeno il 70 per cento dei pazienti con fattori di rischio non sa di averli e non si cura in modo adeguato. La maggior parte dei pazienti colpiti da eventi cardiovascolari a distanza di tre anni non ha saputo correggere in modo efficace i propri fattori di rischio e il proprio stile di vita.
Il congresso vuol fare luce su questo tema e si articola in quattro sessioni. Il focus della prima è quello che riguarda la guida sull’utilizzo dei farmaci nella prevenzione, sulla base degli obiettivi indicati dalle nuove linee guida europee.
Nella seconda viene illustrato un nuovo metodo di cura, la cosiddetta “medicina d’insieme”, vale a dire la gestione del paziente nella sua totalità e il metodo educativo in luogo di quello prescrittivo. Vengono approfonditi i rapporti tra oncologia e alimenti, esaminando il ruolo della dieta, intesa non come privazione, ma come abitudine alimentare e possibile terapia.
La mattinata sarà chiusa dall’illustrazione dell’ultimo nato in Humanitas Gradenigo, l’Ambulatorio della Prevenzione e dello Stile di Vita. La terza sessione sarà incentrata sul modo in cui l’alimentazione possa condizionare non solo molti aspetti della salute, ma anche l’ambiente in cui si vive.
Il convegno sarà concluso con i rimedi per il trattamento dell’obesità, sia di natura farmacologica, sia chirurgica.
Il catering del convegno sarà a base vegetale, preparato personalmente dallo chef Antonio Chiodi Latini, che ha incontrato la cucina vegetale nel 2017. Dopo anni di esperienza nel campo della ristorazione Antonio Chiodi Latini ha compiuto una scelta personale, ripartendo dai vegetali, trattati nella maniera più naturale possibile. Oggi il “cuoco delle terre”, come si fa chiamare Antonio, ha ritrovato la passione di un tempo per il suo lavoro e ha potuto approfondire tecniche, materie prime e combinazioni di sapori, andando al cuore di ciò che cresce nell’orto, valorizzandolo con esperienza e creatività.

Mara Martellotta

Renata Fossati: OLAF Scomparso e tradito. Un giallo lungo dodici mesi

Informazione promozionale

Dedicato a tutti i cani del mondo, di razza o meticci, di casa o randagi. E a tutte le persone che in ogni modo e con ogni mezzo si prendono cura di loro.

Ad Andrea e Matteo, i miei figli, un grazie infinito per aver accompagnato la mia passione, condiviso le gioie e le ansie che la vita di una allevatrice incontra sul suo cammino.

 

INTRODUZIONE

La storia evolutiva dei cani è corsa in parallelo con quella di noi umani. A loro dovremmo essere grati per tutti i servigi che hanno svolto e continuano a svolgere per noi. L’antenato del cane, il lupo, è tornato ad abitare soprattutto gli Appennini. Questo fatto è causa di tensioni tra protezionisti e cacciatori, per i danni alle greggi. Forse pochi sanno che molti di questi attacchi sono opera di cani inselvatichiti, frutto dell’abbandono da parte dell’uomo.

A tutti coloro che, privi di :

SENSO ETICO
UMANA PIETÀ
UN MINIMO DI SENSIBILITÀ
UN BARLUME DI COSCIENZA

vigliaccamente si liberano di loro… a costoro, ricordo che l’abbandono di un cane è un reato penale. Abbandonare un cane significa condannarlo a morte quasi certa. Per chi sopravvive, si apre una vita d’inferno fatta di sofferenza, angoscia e terrore. Un atto vile, abietto, vergognoso e indegno di un essere umano.

PRESENTAZIONE
Questo libro, pur essendo un’opera di fantasia, è un piccolo frammento di una realtà sconcertante di cui poco si parla nel nostro Paese. Il ritorno del lupo è causa di tensioni tra protezionisti e cacciatori, per i danni alle greggi. Forse pochi sanno che molti di questi attacchi sono opera di cani inselvatichiti, frutto dell’abbandono da parte dell’uomo. A fronte di poche migliaia di lupi, centinaia di migliaia di cani inselvatichiti vagano sugli Appennini in cerca di un improbabile futuro. Uno di loro, Olaf, due volte tradito dagli umani, riuscirà dopo un anno di tempo a salvarsi da un destino che sembrava segnato: sarà solo l’amore a ricondurlo sulla strada di casa. I protagonisti, Laura e Piero, saranno travolti in maniera inaspettata da una serie di eventi che li condurranno sulle tracce di Olaf. Sullo sfondo, anche i loro sentimenti troveranno la strada che conduce alla felicità.

APPENDICE

Il dramma dell’abbandono dei cani ha origine certe: è l’uomo il colpevole. Da molti anni l’autrice si occupa del tema indagando ragioni che, seppur note agli esperti, restano sul tavolo quasi inalterate, immobili e insensibili alle tremende conseguenze cui i cani vanno incontro dopo l’abbandono. Cresciuti senza educazione o trattati come fossero bambole; troppo ingombranti, troppo abbaioni o troppo rosicchiatori. Una escalation di “troppo”. Un elenco di scuse cui l’uomo si appoggia per mettere in atto la più grande delle vigliaccherie: abbandonare. Indagare sul funzionamento della mente dei cani aiuterebbe sicuramente a riflettere in anticipo, cioè prima di adottare o acquistare un cane.
Conoscere la sensibilità della loro sfera emotiva e dei loro bisogni primari che col tempo hanno acquisito nuove esigenze di sopravvivenza, permetterebbe ai più di comprendere quanto siano esposti allo stress, quanto siano sensibili ai cambiamenti e quanto costi loro essere trascurati o peggio, maltrattati. L’impegno dell’autore si è concretizzato attraverso una lunga serie di articoli a tema che ripercorrono la storia del cane accanto all’uomo. Un affascinante racconto per sottolineare l’esigenza imprescindibile di conoscere cuore e mente di quello che storicamente viene identificato come il “migliore amico dell’uomo” e di come, troppo spesso, l’uomo abbia imparato a dimenticarsene.

 

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L’AUTRICE: RENATA FOSSATI

Laureata in Pedagogia, allevatore di Samoiedo con affisso “del Corno Bianco”. Giudice di bellezza ENCI/FCI. Dal 2008 collabora con ENCI per la rivista “I Nostri Cani”. Docente di psicologia canina nei corsi di formazione per esperti giudici promossi da ENCI. Istruttore cinofilo presso la Scuola di Formazione Cinofila “Il Biancospino”. Esperta in pet therapy (Interventi Assistiti con gli Animali – IAA ), ha al suo attivo decine di progetti sul territorio, a partire dall’anno 2000. Conforme alle Linee Guida promosse dal Ministero della Salute in ambito IAA, è Coadiutore del Cane e  Responsabile di Progetto EAA (Educazione Assistita con gli Animali). Docente nell’ambito dei corsi di formazione IAA, autorizzati dal Ministero della Salute. Vive a Darfo Boario Terme (BS).

fossatirenata@fossatirenata.it
FB Renata Fossati

 

29 aprile 1990 Napoli campione d’Italia per la seconda volta!

ACCADDE OGGI

Questo è un altro giorno che difficilmente i tifosi napoletani dimenticherano, perchè esattamente 32 anni fa, in questa stessa data, il Napoli conquistava il secondo scudetto della sua storia dopo un campionato ricco di sorprese e cambi di classifica nelle ultime giornate.Uno scudetto vinto, perso e poi riconquistato negli ultimi 180 minuti di un torneo che vide gli azzurri dominare in lungo e in largo per tutta la stagione, salvo poi perdere il primato a discapito del Milan per poi riconquistarlo in un finale al cardiopalma.Anche quest’anno il Napoli sembrava favorito per vincere il suo terzo scudetto ma si è dissolto nelle ultime giornate come nebbia all’uscir del sole.Più che allenatore e giocatori alla squadra partenopea manca la maturità della grande squadra.

Enzo Grassano

Al Centro Servizi VolTo il noto fisico Luca Romano, avvocato dell’Atomo

In un dialogo con Andrea Donna, Presidente dell’Associazione Difendiamo il futuro

Stasera, a partire dalle 19, avrà luogo il DF Talk con Luca Romano, noto come l’”Avvocato dell’Atomo. Ìn difesa dell’energia nucleare”. A dialogare con lui sarà il giornalista e conduttore Andrea Donna, presidente dell’Associazione “Difendiamo il Futuro”. L’incontro avrà luogo in via Giolitti 21 a Torino, presso i locali del Centro Servizi VolTo e si può seguire la sua diretta su Facebook.

Luca Romano, laureato in fisica teorica, in meno di due anni, è diventato un vero e proprio fenomeno social. La sua pagina Facebook ha riportato alla ribalta il tema del nucleare nei dibattiti online, che sono ormai seguiti da più di 70 mila persone.

Luca Romano è noto come l’Avvocato dell’Atomo e il suo volume intitolato “L’avvocato dell’atomo – in difesa dell’energia nucleare” è  da poco uscito in libreria per Fazi Editore. La mission che accomuna il progetto editoriale alla sua pagina Facebook è  quello di fornire la giusta difesa a una fonte energetica che, troppo spesso, è bistrattata dai media, in particolare in Ucraina e alla luce della crisi energetica seguita al conflitto russo ucraino. Secondo il fisico Romano la scelta di abbandonare il nucleare, attuata dalla Germania, rappresenta sicuramente l’esempio peggiore da seguire, essendosi messo questo Paese nelle mani di Putin, rifiutando l’embargo al gas russo.

MARA MARTELLOTTA

Antica Focacceria S. Francesco, la Sicilia a Torino

Nel 1834 il Principe di Cattolica cede al cuoco di corte Salvatore Alaimo la cappella del
proprio palazzo di Piazza San Francesco a Palermo: nasce così l’omonima Focacceria,
coniugando le tradizioni umili del cibo di strada con l!amore per la migliore cucina popolare
siciliana. Ingredienti tipici e ricette semplici segnano l!incontro tra culture diverse, nelle
strade affollate di questa multietnica città.

Oggi il brand Antica Focacceria S. Francesco, sinonimo di autentica cucina tradizionale
siciliana, sbarca per la prima volta a Torino, con l’apertura del suo dodicesimo punto
vendita in Italia.

Un’apertura annunciata e attesa, che finalmente ha una data ufficiale: il 29 aprile le porte
dell’Antica Focacceria S. Francesco di Torino si apriranno al pubblico in Via
Principe Amedeo, 3, angolo di Piazza Carignano. Una location prestigiosa, in una delle
piazze più belle e storiche della città, significativamente proprio di fronte al luogo che per
la prima volta vide il Nord e il Sud Italia uniti in un unico Stato, nel suo primo Parlamento.
Qui, Antica Focacceria S. Francesco, proporrà ai Torinesi le specialità che l’hanno resa
celebre negli anni: a cominciare dallo Schiticchio (una sorta di aperitivo a base delle più
rinomate specialità dei cibi di strada palermitani) con la focaccia o vastedda ca’ meusa
(un piccolo panino tondo ricoperto di sesamo con milza e polmone di vitello), le panelle,
le crocché di latte, i cazzilli (ossia le crocchettine di patate e menta), le arancinette al
burro, al ragù siciliano ed alla Norma, lo sfincione, la caponata). Per continuare, poi, con i
celeberrimi primi piatti (l’immancabile pasta alla Norma, ma anche quella con l’anciova, i
bucatini con sarde, passando per il golosissimo timballo di anelletti al forno e la
parmigiana di melanzane); e ancora i secondi: le sarde a beccafico, la bistecca di tonno,
per esempio o, nella sezione carni, l’involtino gratinato ai pistacchi. E come dimenticare
gli strepitosi dolci siciliani? Nel menu di Antica Focacceria S. Francesco non possono che
avere un posto d’onore: la cassata, il cannolo farcito di ricotta, la “pistacchiosa”, fino alla
degustazione di cioccolato dell’Antica Dolceria Bonajuto di Modica e, ovviamente, i
gelati e le granite, servite nella tradizionale brioche col tuppo.

Piccola – ma non poco importante – menzione per la carta vini e birre, che propone alcune
eccellenze siciliane: la birra artigianale del birrificio Tarì di Modica, ad esempio, o i vini
bio di alcune belle realtà locali, come la cantina Baglio di Pianetto nel piccolo comune di
Santa Cristina Gela o le altre cantine che compongono la carta vini (Cusumano, Firriato,
Duca di Salaparuta, Tasca d’Almerita), insieme a eccellenze storiche come il marsala
Florio. Siciliano anche l’olio, che arriva dal Premiato Oleificio Barbera, fondato in Sicilia
nel 1894, le bibite Tomarchio e il caffè Moak di Modica.

Fabio Conticello, patron storico di Antica Focacceria S. Francesco ed erede della famiglia
di fondazione, ha voluto salutare così il pubblico torinese: “Benvenuti a Palermo! Lo so, ci
aspettavate da tempo, ma quel tempo, finalmente, è arrivato. E così, dopo tantissime
edizioni al Salone del Gusto, ma anche le tante partecipazioni al Borgo Medievale, al
Lingotto per Gourmet, a Cheese nella vicina Bra e ad altri numerosi eventi, ma soprattutto
dopo che tantissimi di voi siete venuti a trovarci nella nostra sede storica di Palermo e a
gran voce ci chiedevate “Quando a Torino?”, eccoci sbarcati in una delle più belle piazze
della Città che, ne sono certo, diventerà la nostra seconda casa. Non vediamo l’ora di
iniziare questa nuova avventura, consapevoli della responsabilità di un’azienda con quasi
190 di storia alle spalle e ben tre secoli di cultura popolare siciliana. Quindi, Amici Torinesi
e Piemontesi, Vi aspettiamo numerosi, non vi deluderemo, è una promessa”.

“CIRFOOD, leader in Italia nella ristorazione collettiva, nel 2019 fonda CIRFOOD Retail
con l’obiettivo di sviluppare la ristorazione commerciale attraverso un portafoglio di marchi
autentici, e l’acquisizione di Antica Focacceria S.Francesco è il primo importante esempio,
trattandosi del più storico marchio di ristorazione a catena in Italia e probabilmente al
mondo”, spiega Leopoldo Resta, Amministratore Delegato di CIRFOOD Retail. “Il
nostro impegno, ma anche la ricetta del successo è il rispetto dell’autenticità che
acquisiamo, dunque avere a bordo la famiglia fondatrice dei Conticello è stato il nostro
primo passo, anzi il prerequisito. L’apertura di Torino è particolarmente importante, anche
perché segna una svolta rispetto ai due anni faticosi appena trascorsi. Inoltre Torino ci è
particolarmente cara, qui abbiamo acquisito anche un marchio meno storico ma
straordinariamente diffuso: Poormanger”.

 

Antica Focacceria S. Francesco. Una storia di profumi, cultura e tradizione
Una storia che inizia nel 1834 quando Salvatore Alaimo, dopo una vita al servizio
dei principi di Cattolica come monsù (cuoco di corte) riceve, come spettanze degli
oltre 25 anni passati alle dipendenze dei nobili del Palazzo, la cappella sconsacrata
dell’edificio di via Alessandro Paternostro a Palermo. Proprio in questo luogo, nel
cuore del capoluogo siciliano, decide di aprire la “Focacceria”, così come scrive
sulla tavola di legno posta all’ingresso.

Da allora cinque generazioni della stessa famiglia hanno gestito questa attività
simbolo della storia della Sicilia e d!Italia, luogo d!incontro di esponenti della politica
e della letteratura, simbolo di lotta alla mafia e punto di riferimento della
gastronomia siciliana. Pare infatti che nel 1860, poco prima di risalire l’Italia per
unificarla, Giuseppe Garibaldi si sia fermato a Palermo accampandosi per alcuni
giorni proprio nella “piazza della Focacceria” che diventò così suo punto di ristoro
quotidiano.

Tra i clienti illustri si ricordano anche Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Renato
Guttuso che, insieme ad altrettanti illustri scrittori e artisti, iniziano a incontrarsi alla
Focacceria rendendola loro punto di riferimento, caffè letterario e luogo di
espressione della cultura italiana del 900.

Ernesto Basile, infine, una delle grandi firme dell’architettura liberty europea,
disegnerà il logo, i tavolini in ghisa e le sedie in ferro battuto, segni distintivi
dell’arredamento di tutti i locali di quella che poco dopo verrà ribattezzata come
Antica Focacceria S. Francesco. Questo nuovo nome di battesimo si deve
soprattutto a Vincenzo Florio, grande imprenditore palermitano e grande amico
della famiglia Alaimo. Pare infatti sia stato proprio Florio a proporre, intorno al 1896
le modifiche alla cappella sconsacrata di via Paternostro per renderla in linea con le
tendenze dello stile liberty il cui massimo esponente, nell’accezione sicula, era
senz’altro Ernesto Basile.

Basile iniziò a disegnare su un pezzo di carta l!attuale facciata della Focacceria e i
piedi dei tavoli in ghisa che furono poi realizzati dalle Fonderie (Oretea) di proprietà
della famiglia Florio. Proprio da quel momento la Focacceria diventa Antica ed
entra a pieno titolo nel Liberty palermitano.

L!Antica Focacceria S. Francesco, ancor prima che luogo di cultura, è considerata
luogo simbolo della gastronomia e dello street food siciliano. Basta mettersi in fila e
scegliere tra panelle, crocchè, arancine e sfincione, involtini di melanzana o di
pesce spada, timballo di anelletti al forno ma anche tra cannoli, cassate, granite e
la più recente torta Setteveli.

Prodotto di punta dell!Antica Focacceria S. Francesco è, però, la focaccia. La
focaccia o vastedda, è una pagnotta croccante fatta da farina bianca, acqua, pasta
acida e sale che viene cotta nel forno a legna. Appena sfornata viene farcita e due
sono le varianti tra cui scegliere, la versione schietta o schetta, in cui la candida
ricotta di pecora viene bagnata nello strutto e condita con l!aggiunta di trucioli di
caciocavallo di Roccamena o di Godrano, così denominata perché il bianco della
ricotta ricorderebbe il velo di una donna vergine che si dirige all!altare vestita di
bianco. C’è poi la versione maritata, quindi sposata, con l’aggiunta di milza,
polmone e trachea di vitello che vengono fatti bollire e poi insaporite nello strutto
all!interno del tianu (il tegame, per i non siciliani) e che vengono affettati
quotidianamente in quantità industriali.

Il sapore della Focacceria è anche quello della libertà, della lotta alla mafia e alle
prevaricazioni. Tutti valori che si riflettono nella scelta di fornitori e collaboratori che
condividano valori come correttezza e trasparenza e che con determinazione
procedono verso la realizzazione di questi obiettivi.

Alcuni aneddoti
Vi siete mai chiesti perché Antica Focacceria S. Francesco proponga anche i
sorbetti?
Pare che l!invenzione si debba sempre al suo fondatore Salvatore Alaimo che, in
una afosa giornata estiva del 1851, si trovava seduto davanti alla Focacceria
insieme all!amico Alfredo Tutone. All!epoca non esistevano i frigoriferi ma le
neviere, luogo in cui si immagazzinava la neve presa dalle nevi perenni di Geraci
Siculo, nelle Madonie. Salvatore Alaimo chiese alla moglie Sarina di portare un po’
di neve che i due cominciarono a prendere col cucchiaio per rinfrescarsi.
L!amico Alfredo chiese a Salvatore Alaimo qualche goccia di zammù, uno sciroppo
a base di fiori di sambuco e anice, da miscelare alla neve fresca e da lì nacque il
sorbetto all!anice, o gelato d!acqua, una delle specialità della Focacceria.
Successivamente, dopo qualche sperimentazione con i limoni, nacque anche il
rispettivo sorbetto.

La pasta della discordia
Salvatore Alaimo, uomo coraggioso, curioso e temerario, decise di svelare al
popolo diverse ricette dei piatti apprezzati dalla nobiltà palermitana alla quale fu
dedito per molti anni. Quella che destò più scalpore fu la rivelazione, nel 1861, della
ricetta della pasta con le sarde. Questo evento infatti portò la nobiltà dell!epoca ad
accusare alle autorità il cuoco, “reo” di aver svelato e diffuso al popolo quella
preparazione che fino a quel momento era riservata soltanto alle mense altolocate.
La ricetta della pasta con le sarde è rimasta immutata da allora e prevede l!utilizzo
di sarde fresche, finocchietto, qualche acciuga sott!olio, cipolla, u(o)va passa, pinoli
e zafferano, oltre all!immancabile pan grattato, “a muddica”, per i siciliani!
Comu a vuole, schietta o maritata, (v)assa trase ca c’ ha conzo!

Su questo tema, quello della focaccia o pane ca’ meusa si fa sempre grande
confusione. In origine la focaccia o vastedda, una pagnotta croccante fatta di farina
bianca, acqua, pasta acida e sale cotta nel forno a legna, veniva preparata
bagnando la ricotta di pecora nello strutto e farcita con l’aggiunta di caciocavallo di
Roccamena o di Godrano stagionato. Il colore candido della ricotta fece si che
questa venisse chiamata schietta o schetta proprio come le giovani ragazze vergini
che vestite di bianco andavano all!altare.

Qualche tempo dopo, gli operai del mattatoio iniziarono a fornire ad Alaimo le
interiora di manzo in cambio di pane. Il fondatore decise di aggiungere milza e
polmone di manzo alla focaccia schietta e da questa unione nacque la focaccia
maritata. Nino Alaimo allora inventò uno slogan che i suoi collaboratori recitavano
per attirare i clienti, con la classica “abbanniata” palermitana: comu a vuole,
schietta o maritata, vassa trase ca c’ha conzo!

La serata al bar si trasforma in lite furibonda

Nel  discobar di Via Prever, a Ciriè una discussione tra tre giovani di 21, 24 e 31 anni, di Ciriè e San Maurizio Canavese si è trasformata in una lite furibonda.

Sul posso sono giunti  i carabinieri che hanno denunciato i tre per lesioni personali.

Nella rissa non sono stati coinvolti gli altri clienti  del locale.

Sciacalli rubano nella casa dove morirono due persone

La polizia municipale di Pinerolo ha arrestato due ladri che erano  entrati nel  palazzo di piazza Sabin, che fu  distrutto dall’esplosione dell’anno scorso  che provocò la morte di due persone.

All’arrivo degli agenti in moto  i ladri erano già sulle scale.

Non hanno opposto resistenza e sono stati arrestati e portati nella caserma dei carabinieri  di Pinerolo.

Roberto Repole vescovo il 7 maggio

Torino accoglie il nuovo arcivescovo. Mons. Roberto Repole sta infatti per assumere la guida della Diocesi di Torino.

L’ordinazione episcopale del nuovo arcivescovo di Torino e vescovo di Susa si terrà sabato 7 maggio alle 15 sul sagrato della Cattedrale di Torino in piazza San Giovanni. Il programma prevede alle 15 l’accoglienza di mons. Repole, il saluto delle autorità cittadine e la celebrazione eucaristica. In occasione dell’evento piazza San Giovanni verrà chiusa al pubblico e l’ingresso sarà consentito solo agli invitati e prenotati. Per prenotare occorre compilare entro il 3 maggio un apposito modulo. Teologo torinese, 55 anni, don Roberto Repole è nato a Torino nel 1967 da una famiglia di Givoletto. Ha studiato al liceo Valsalice, si è laureato in Teologia alla Facoltà di Torino e nel 1992 è stato ordinato sacerdote dal cardinale Giovanni Saldarini.
La celebrazione dell’insediamento del nuovo arcivescovo di Torino sarà trasmessa in diretta streaming sui canali social della diocesi.
Per informazioni: 011 0720610, attivo da lunedì a venerdì ore 9-14 e 15-17, email info@ordinazionerepole.it
Potranno accedere solo coloro che avranno prenotato entro il 3 maggio. I posti saranno assegnati fino a disponibilità di capienza prevista dal piano di sicurezza.             fr