La Resistenza è stata combattuta anche con i francobolli. Nel dicembre del 1944 i CLN locali della Valle Bormida stamparono in clandestinità dei francobolli alternativi a quelli della Repubblica Sociale Italiana, destinati ad entrare nel corrente uso locale una volta che la zona dei sette Comuni fosse stata liberata. I francobolli vennero stampati in modo rudimentale in una tipografia di Castelnuovo Bormida e recavano l’immagine della Vittoria Alata, del Teseo uccisore di mostri e del Perseo del Cellini. Tra il 26 aprile ed il 4 maggio del 1945 i CNL locali emanarono i decreti in cui si dichiaravano fuori corso i francobolli della RSI e si riconosceva l’ufficialità della emissione dei Patrioti della Valle Bormida, ordinandone la distribuzione presso gli uffici postali e la loro circolazione come valori legali.
Questo aspetto “filatelico” della lotta di Liberazione viene ora raccontata in una mostra itinerante, presentata al Polo del ‘900, che inaugura venerdì 7 novembre a Rivalta Bormida, per poi essere ospitata negli altri sei Comuni alessandrini di Castellazzo Bormida, Castelspina, Sezzadio, Castelnuovo Bormida, Strevi e Cassine.
In realtà, prima di quelli stampati dai “patrioti della Val Bormida”, altri francobolli erano stati utilizzati come sfida politica al fascismo. Dopo l’8 settembre per affrancare la corrispondenza gli italiani continuarono a utilizzare i francobolli del Regno d’Italia ma nella Repubblica Sociale furono soprastampati prima con la scritta “GNR” (Guardia Nazionale Repubblicana), poi “RSI”, e la sagoma del fascio. Nel 1944 il nucleo di polizia postelegrafonica della Guardia Nazionale Repubblicana di Torino intercettò alcune lettere affrancate con francobolli contraffatti, che sbeffeggiavano il “Cerutti”, ovvero Mussolini.
Dall’aprile ai primi di maggio 1945 alcuni Comitati di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia diedero alle stampe serie filateliche autonome. Alcuni di questi esemplari furono usati per affrancare la posta, altri vennero prodotti per autofinanziamento o per fini collezionistici; alcuni non arrivarono mai agli sportelli postali, altri ancor sono postumi o semplici leggende.
Ben diversa è la storia dei francobolli dei Patrioti della bassa Val Bormida, fra Alessandria e Acqui, che già a partire dai primi di dicembre del 1944 pianificarono l’organizzazione amministrativa del territorio una volta liberato, compresa l’attivazione di un servizio postale. Le difficoltà iniziali furono molte, fra il timore dei rastrellamenti, l’assenza di macchinari tipografici adeguati, l’inesperienza dei produttori e la scarsa reperibilità di carta, inchiostri colorati e gomma arabica.
Come soggetti vennero scelti il Teseo che abbatte il Minotauro di Canova ed il Perseo del Cellini che ostenta la testa di Medusa come simboli della decapitazione dei nemici, e la Vittoria Alata conservata al Museo Civico di Brescia; tutte immagini che assumono valore chiaramente patriottico. La serie circolò ufficialmente in gran parte della valle nel periodo post Liberazione per oltre un mese, dal 26 aprile al 19 maggio 1945. La validità postale cessò dal 20 maggio, in coincidenza con l’entrata in vigore di una ordinanza del Governo Militare Alleato, che ripristinava l’utilizzo esclusivo di francobolli del Regno. Un caso unico nella storia della filatelia italiana, gli unici francobolli, la cui emissione fu preparata in clandestinatà, aventi valore legale nell’affrancatura della normale corrispondenza.
La mostra “I Patrioti della Valle Bormida” è un progetto dell’ANPI Comitato Provinciale di Alessandria, con il patrocinio del Comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte.
Emanuele Rebuffini


Davvero il duo Galimberti – A u g i a s in televisione si può considerare come un vero diffusore di allarme sociale. La loro asma ideologica li porta a non capire la realtà. Siamo in una fase difficile, legata a problemi economici di smisurata dimensione che generano paure. Ma leggere la complessità della situazione dei primi 25 anni del nuovo secolo, citando Platone e Freud, equivale a cercare di ruminare il passato nell’ impossibilità di capire il presente. I citazionisti del passato dimostrano di non riuscire ad analizzare l’oggi, rifugiandosi nelle vecchie vulgate. Sembrano due cavalieri dell’Apocalisse lanciati al galoppo, con un intento polemico che travalica la necessità di un’analisi almeno in parte distaccata della realtà. Capire prima di giudicare al duo risulta impossibile perché esso è quasi inebetito dal fatto che la storia ha preso strade per loro impensabili ed abominevoli. Non sono in ogni caso difensori della democrazia liberale che non conoscono e hanno sempre osteggiato. Gente che continua ad essere orfana del marxismo, che ha generato mostri terribili, non può oggi giudicare la transizione da una egemonia di sinistra verso modelli di società sicuramente non ideali (che non esistono mai) che reagiscono, magari in modo confuso, alla morte di ideologie che hanno dilaniato il Novecento con guerre e dittature. Ma soprattutto non hanno il diritto di creare un allarmismo che può fare breccia sugli incolti privi di conoscenza storica. Chi ha avallato il comunismo non ha diritto a giudicare il presente. I toni apocalittici usati sono segni evidenti di uno stato confusionale da parte di molti intellettuali che cercavano di imporre le loro idee e i loro slogan fino a quando la dura lezione dei fatti non li ha zittiti. Vogliono continuare a guidarci, ma la loro demagogia non può più attecchire. Non so quale sia il futuro della società in cui viviamo, ma sono certo che Galimberti e A u g i a s non possano essere i profeti di un nuovo mondo. Anch’io ho tante paure e molte remore di fronte ad uno slittamento a destra senza riflessioni adeguate. Ma chi ha fallito una volta, deve stare zitto ed astenersi dal dare giudizi catastrofisti.



