ilTorinese

Michael Snow. Alla “VideotecaGAM” omaggio al grande “artista della sequenza e della serialità”

 

Fino al 16 aprile

Pittore, musicista, scultore, fotografo ma, soprattutto, cineasta – fra i più grandi protagonisti del cinema sperimentale – è scomparso nel gennaio scorso a Toronto (dov’era nato nel 1928) Michael Snow. Novantacinque anni appena compiuti, Snow aveva vissuto negli anni Sessanta a New York partecipando appieno alla stagione del cosiddetto “New American Cinema”, seguendo in questo le orme del suo grande amico Jonas Mekas,  regista poeta e artista lituano naturalizzato statunitense, cui è intitolato il “Jonas Mekas Visual Arts Center” di Vilnius, in Lituania. Strada non facile, ma da Snow seguita con assoluta fedeltà e convinta passione fino al suo ultimo film “Citjscape”, ideato per il formato “IMAX” (“il massimo dell’immagine”; in Italia sono solo sei i cinema “IMAX”) nel 2019. Autentico capolavoro (fra le oltre 4mila opere, clip filmici e musicali sculture e fotografie, incluse nell’“Anarchive2:Digital Snow”, DVD del 2002 promosso dal “Centre Pompidou” di Parigi) è sicuramente “Wavelenght, 1967/2003”, oggi esposto alla “VideotecaGAM” di via Magenta, a Torino. Che, accanto al film, propone anche in una mostra curata da Elena Volpato, un’altra opera di Snow: “Cover to Cover, 1975”. Un film e un libro. Due opere, due capolavori, fra i più significativi ed emblematici, della storia del cinema e del libro d’artista, “perfetta sintesi – sottolinea la curatrice – del pensiero visivo di Michael Snow e della sua capacità di fare della pagina come del fotogramma uno spazio di verifica della nostra percezione”.

La versione originaria del film, assunta immediatamente a paradigma del cinema strutturalista, è “la storia– come s’è scritto – di una lenta e inesorabile zoomata” girata nell’arco di un giorno e mezzo e trasformato in un montaggio di 45 minuti nei quali si parte dalla visione totale dell’interno di un loft per arrivare gradualmente a stringere sulla piccola foto di una superficie marina appesa sulla parete opposta alla cinepresa, tra quattro grandi finestre. L’immagine è accompagnata e “manipolizzata” da una serie di variazioni luminose e cromatiche associate ad un suono intenso e ossessivo (un’onda sinusoidale), mentre all’immagine stessa si frappongono l’uso di diversi filtri cromatici e alcune enigmatiche apparizioni di donne e uomini che agiscono nel loft senza divenire narrazione: “gli accadimenti, anche se drammatici, si riducono – sottolinea Elena Volpato – a marginali accidenti rispetto all’asettica progressione dello sguardo macchinico”. Il film è un inno geniale al potere dello “sguardo assoluto” che volutamente accantona lo “spazio della storia”, palesandoci unicamente lo “spazio geometrico e vettoriale”.Nel 2003 Snow decise di realizzare una nuova versione contratta, intitolata “WVLNT”, presente in mostra e nella collezione della“VideotecaGAM”, dividendo l’opera originaria in “tre segmenti temporali da 15 minuti” e sovrapponendoli l’uno all’altro come si trattasse di riconoscere, nella apparente linearità della percezione visiva, il ruolo della prefigurazione e della memoria: “il movimento attraverso lo spazio è fatto contemporaneamente di visione presente, di ricordo della percezione appena passata e di anticipazione dello spazio che stiamo per raggiungere”. A qualche anno di distanza dalla realizzazione di “Wavelength”, Snow, con la medesima lucidità di analisi, spostò la propria attenzione dalla pellicola al libro, realizzando “Cover to Cover” per le edizioni del “Nova Scotia College of Art and Design” . Il libro (recentemente acquisito dalla “Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT” per il “Fondo Giorgio Maffei” conservato nella collezione di libri d’artista della “GAM”) é composto esclusivamente da un’ampia sequenza di fotografie comprese tra una “prima di copertina” che presenta una porta chiusa vista dall’interno di una stanza e una “quarta di copertina” che restituisce la visione esterna della medesima porta attraverso una fotografia che mostra, con alcuni segni di usura, la propria materialità di stampa. Tra quelle due immagini di inizio e fine, l’interno è un susseguirsi di attraversamenti spaziali e temporali colti contemporaneamente da due punti di vista contrapposti: davanti e dietro, dall’alto e dal basso, dritto e sottosopra, complicati da un continuo “intercambiarsi” di fotografie e fotografie di fotografie. Artista non facile, di grande spessore estetico e di straordinari creatività, Snow amava ripetere: “Quando creo qualcosa che mi piace, spero che il piacere possa essere condiviso. Tuttavia non comincio cercando di essere apprezzato o di successo”. Ancora più lodevole, dunque, l’omaggio resogli dalla “GAM” di Torino, con l’obiettivo di ampliare la conoscenza di un’artista purtroppo ad oggi ancora troppo ignorato e trascurato in Italia.

Gianni Milani

Michael Snow

“VideotecaGAM”, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 o www.gamtorino.it

Orari: da mart. a dom. 10/18. Chiuso il lunedì

Fino al 16 aprile

Nelle foto:

–       Michael Snow: “WVLNT”, 1967/2003, 16 mm su DVD, 15’

–       Michael Snow: “Cover to Cover”, Halifax – New York, “Nova Scotia College of Art & Design Press – University of New York Press”, 1975, prima edizione

Torino tra architettura e pittura: Giacomo Balla

Torino tra architettura e pittura

1 Guarino Guarini (1624-1683)
2 Filippo Juvarra (1678-1736)
3 Alessandro Antonelli (1798-1888)
4 Pietro Fenoglio (1865-1927)
5 Giacomo Balla (1871-1958)
6 Felice Casorati (1883-1963)
7 I Sei di Torino
8 Alighiero Boetti (1940-1994)
9 Giuseppe Penone (1947-)
10 Mario Merz (1925-2003)

3) Giacomo Balla (1871-1958)

Mi piace sempre fare un po’ di dibattito con i miei studenti, parlare, proporre loro delle tematiche su cui riflettere, ascoltare ciò che pensano è non solo stimolante e interessante per entrambe le parti, ma necessario per tenere attiva l’attenzione. Uno degli ultimi argomenti su cui ci siamo impelagati è stato davvero complesso, ma credo che abbia fatto comprendere alla classe quanto l’arte possa essere una materia interdisciplinare, diversificata e soprattutto ampia. La riflessione riguardava il concetto di “damnatio memoriae”, e il fatto che in tempi antichi non destasse tanto scalpore la distruzione di opere d’arte; tali accadimenti erano motivati da varie ragioni, politiche prima di tutto, ma anche religiose. Il discorso si è poi allargato e ci siamo ritrovati a dibattere sulla complessa questione dell’arte come “atto distruttivo”.
Le operazioni artistiche talvolta lavorano “in negativo”, rimandano al “disfare” e alla “distruzione creativa”, come per esempio i tagli di Fontana o le combustioni di Burri, inoltre molte “performance” di celebri artisti come Hermann Nitsch o esponenti della “body art”, di cui Marina Abramović è la regina indiscussa, sono allo stesso tempo “atti distruttivi” e “esibizioni spettacolari”.
Non sono pochi i testi e le interviste di esperti del settore che sottolineano il sottile e articolato legame tra tale particolare estetica artistica e la strategia del terrore, basata anch’essa sul “distruggere per richiamare l’attenzione del pubblico”. E se tale modo d’agire “funzionava” in passato, oggi risulta tragicamente vincente: viviamo ormai ai tempi dei “mass media”, una cosa non è vera finché non viene caricata su internet e non ottiene milioni di visualizzazioni. Si pensi ai tragici eventi del 2001, all’esplosione dei Buddha di Bamiyan o alla caduta delle Twin Towers: entrambi momenti angosciosi e tremendi, entrambi rigorosamente filmati e mostrati al mondo con il preciso scopo di spiazzare e terrorizzare gli spettatori.

Eppure l’atto di distruggere un’opera d’arte può avere anche un’altra valenza. Nella “graphic novel” di Alan Moore, “V for Vendetta” il protagonista, mascherato da Guy Fawkes, cospiratore cattolico protagonista della “Congiura delle Polveri”, vuole far esplodere il parlamento inglese, edificio simbolo di una dittatura violenta e totalitaria. La demolizione dell’edificio storico diventa, nel fumetto, simbolo di un nuovo inizio, della libertà del popolo che trionfa sulla dittatura.
L’arte come “atto di distruzione”, la distruzione di opere d’arte, qual è il confine tra i due concetti? Dove può condurre l’etica della spettacolarizzazione? Non basterebbe un ciclo di conferenze per esaurire tali argomentazioni, figuriamoci quarantacinque minuti di didattica a distanza.
Tanto per mantenere attivo il dibattito con la classe, ho voluto insistere su un particolare movimento artistico e culturale che a mio parere risulta più che azzeccato per la situazione.
“Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà opportunistica o utilitaria.” Questo dice il decimo punto del Manifesto del Futurismo, scritto da Tommaso Marinetti e pubblicato il 20 febbraio 1909 sulla prima pagina de “Le Figaro”. Nasce così il movimento d’avanguardia con cui l’Italia si affaccia al panorama europeo dell’arte contemporanea; Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), con la stesura del Manifesto teorico del Futurismo, dà vita ad una corrente artistica che investe tutti i campi culturali, dalla poesia all’arte, dalla letteratura alla musica, dalla danza al teatro. I Futuristi sostengono che sia necessario “cancellare il passato e inneggiare al futuro tecnologico” ed esaltano la distruzione di musei, accademie, biblioteche, perfino di alcune città storiche, per fare spazio alle nuove forme di bellezza che vanno ricercate nel progresso, nelle città industriali, nelle macchine e nel concetto della velocità.

Va tuttavia sottolineato che il Futurismo non è stato un movimento unitario e spesso la carica di attrazione che esercitava sugli artisti si esauriva in fretta.
Al Manifesto letterario presto ne seguono altri: nel 1910 Umberto Boccioni, (1882-1916), scrive il Manifesto relativo alla pittura futurista, due anni dopo Giacomo Balla, (1871-1958) e Fortunato Depero, (1888-1916) redigono il Manifesto della scultura futurista; di questo gruppo di artisti fanno parte altresì Carlo Carrà, (1881-1966), Luigi Russolo, (1885-1947), e Gino Severini, (1883-1966). Nel 1914 viene proclamato il Manifesto dell’architettura futurista, steso da Antonio Sant’Elia (1888-1916).
La progettazione dell’ideale “città futurista” viene immaginata da Sant’Elia in una serie di disegni che rappresentano grattacieli dotati di alte torri, edificati in metallo, vetro e cemento; all’interno dei progetti urbanistici sono compresi aeroporti, centrali elettriche, ponti e strade a vari livelli. Le architetture risultano imponenti e si ergono come “volumi puri”; al di là della vera e propria funzione, tali costruzioni paiono dei “monumenti” volti a celebrare “il trionfo della tecnologia”.
Una città brulicante e in continuo fermento, affollata e caotica, un po’ viene da chiederselo: Sant’Elia sarebbe poi effettivamente sopravvissuto ad un sabato pomeriggio in centro all’ora di punta? Bisogna sempre fare attenzione a ciò che si dice.
Per i Futuristi la protagonista indiscussa della rappresentazione artistica è “la realtà in movimento”, studiata e approfondita nel suo continuo divenire e nella sua incessante trasformazione.
In pittura, ad esempio, i soggetti prediletti sono le automobili, i treni, gli aerei, ma anche i cavalli al galoppo, uomini in azione, che camminano, che danzano, o colti mentre corrono; inoltre sono spesso rappresentate le strade, traboccanti di traffico convulso o costellate di cantieri edilizi, emblemi della città che cresce.
Gli artisti sono fortemente influenzati dalla cronofotografia e dal cinema, mezzi che permettono di registrare le fasi di un’azione, istante dopo istante. È per questo motivo che nei dipinti dei Futuristi il movimento viene scomposto nelle diverse fasi, come se si trattasse di studi scientifici in cui i vari momenti vengono visualizzati separatamente e poi sovrapposti. Più che esplicativo in tal senso è il “Dinamismo di un cane al guinzaglio (guinzaglio in moto)”, opera del 1912, realizzata da Giacomo Balla.

Questa modalità di rappresentazione del movimento risulta totalmente nuova e avrà larga eco nelle figurazioni grafiche dei fumetti. Il ritmo del moto viene sottolineato e accentuato da linee curve, oblique, ondulate o a spirale, che accompagnano il soggetto nella sua traiettoria, come a visualizzare le “scie” delle parti che fendono l’aria. I futuristi, oltre a preferire soggetti dinamici, amano l’uso di colori intensi e vivaci, contrapponendosi ai cubisti, che privilegiano tinte smorzate o monocrome e soggetti statici.
Vorrei ora soffermarmi proprio su Giacomo Balla, uno dei principali esponenti della pittura futurista. Egli nasce a Torino nel 1871, qui frequenta l’Accademia Albertina di Belle arti, dove conosce Pelliza da Volpedo; incomincia a dipingere quadri di matrice “pointilliste”, ma non segue rigorosamente il programma di Seurat e Signac. Nel 1895 Balla lascia definitivamente la città natale e si stabilisce a Roma, qui si avvicina in un primo momento al “Divisionismo”. Tra il 1908 e il 1910 si conclude il momento puntinista e si apre quello futurista; l’opera che segna il passaggio da un movimento all’altro è “Lampada ad arco”, tela databile al 1909, lo stesso anno in cui viene proclamato il Manifesto letterario di Marinetti.

In ambito futurista, Balla si dedica alle ricerche sulla scomposizione del colore e sulle fasi del movimento, percorso che si può constatare, oltre che nel già citato “Dinamismo di un cane al guinzaglio”, nell’opera “Ragazza che corre sul balcone, linee di velocità + paesaggio”, tela che risente degli studi che nel frattempo sta portando avanti la fotografia, come dimostra in particolar modo il lavoro di Anton Giulio Bragaglia. Essenziale, per quel che riguarda la scomposizione della luce e del colore, è il ciclo intitolato “Compenetrazioni iridescenti” (1912-1914), costituito da una folta serie di quadri e lavori ormai completamente astratti.
Negli anni in cui aderisce al futurismo, Balla si dedica anche alla scultura e allo studio di diversi materiali: in questa fase del suo percorso artistico lo si può considerare precursore del dadaismo.
Dopo il fervore iniziale, l’artista ritorna su temi più tradizionali, quali la raffigurazione di città, paesaggi e ritratti, riprendendo tecniche più convenzionali, anche se è giusto sottolineare che non abbandonò mai del tutto gli studi futuristi.
Certo non è sufficiente un’ora di lezione per discorrere di certi argomenti, così come non è questa la sede per spiegare in modo esaustivo le diverse complessità del Futurismo.
Credo tuttavia che il compito di un buon insegnate sia anche quello di stimolare nei propri studenti pensieri e riflessioni e, soprattutto, di pungolare la curiosità che mette in moto la mente e fa sì che ognuno possa approfondire in autonomia le tematiche proposte. D’altra parte ciò che si studia a scuola non è fine a se stesso, anzi sovente, è più attuale di quanto si creda.

Alessia Cagnotto

Ecco il nuovo Punto 13 per le famiglie di Mirafiori Sud

VIA FARINELLI: LA FONDAZIONE AIEF INTENSIFICHERA’ IL SUO IMPEGNO

Dopo due anni di lavoro è stata inaugurata la riqualificazione del Punto 13, promossa dalla Fondazione AIEF per l’infanzia e l’adolescenza con il sostegno e il contributo di Borello Supermercati e Be Am Impresa Sociale.

Non è rinato solo un presidio di servizi per il quartiere ma uno spazio di comunità.

La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle”. E’ la citazione di Sant’Agostino incisa sulla targa posta all’ingresso del nuovo Punto 13 di Via Farinelli. Dopo 15 anni di degrado e abbandono è rinata la nota galleria commerciale a cielo aperto per anni riferimento per i residenti della periferia sud della Città. Fino a pochi mesi fa risultavano chiuse otto attività su tredici e diverse ordinanze comunali imponevano, senza successo, la messa in sicurezza del centro. Una ferita per tutto il quartiere che ha sperato per anni in una svolta. Oggi il degrado, il pericolo, le serrande chiuse sono solo più un ricordo. E’ stato inaugurato il progetto integrato di riqualificazione urbana avviato due anni fa dalla Fondazione AIEF per l’infanzia e l’adolescenza. Un percorso condiviso con il territorio, che ha coinvolto aziende profit ed enti no profit. con un investimento complessivo di 400 mila euro: 50 mila euro investiti dalla Cooperativa CTA per lo smantellamento del vecchio Punto 13 e 350 mila euro per la ricostruzione degli spazi. Fondi raccolti dalla Fondazione AIEF grazie al sostegno di aziende e benefattori, come Borello Supermercati, che hanno scelto di contribuire alla riqualificazione di uno spazio di comunità in un quartiere in seria difficoltà. Una cifra importante di fondi privati che generano una ricaduta significativa sia in termini di potenziamento del commercio locale sia in termini sociali: oggi 11 su 13 attività sono state riaperte e inaugurate, tra cui quella più attesa dai residenti: il supermercato Borello.

Ci si potrebbe chiedere perché una Fondazione che si occupa di infanzia e famiglie abbia realizzato un progetto di riqualificazione urbana. Qualche giorno fa un bambino, osservando i colori dei murales che oggi occupano i muri esterni del Punto 13 riqualificato, ha detto di essere felice perché quando esce di casa si tuffa in questi colori. Questa è la nostra risposta: i bambini, che abitino in centro o in periferia, hanno diritto a vivere in quartieri sicuri, curati e belli.” ha dichiarato Tommaso Varaldo, presidente della Fondazione AIEF per l’infanzia e l’adolescenza. “La nostra Fondazione ha realizzato questo progetto non solo per riportare nuovi servizi per le famiglie del quartiere ma per creare un nuovo spazio di comunità, bello ed accogliente, capace di attrarre eventi ed iniziative culturali, educative ed aggregative. Questo sarà il nostro prossimo impegno, dopo la riqualificazione porteremo la rivitalizzazione.”, ha concluso Varaldo.

All’inaugurazione sono intervenuti il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, il sindaco della città di Torino, Stefano Lo Russo, l’Assessore al commercio del Comune di Torino, Paolo Chiavarino e il presidente della Circoscrizione 2 Luca Rolandi. Al loro fianco rappresentanti delle istituzioni locali, della Questura, della Prefettura, dell’Asl Città di Torino. La Filarmonica Torino Mirafiori ha accompagnato il taglio del nastro suonando l’inno nazionale ed ha aperto la festa di quartiere che è stata organizzata nel nuovo piazzale del Punto 13. Oltre 20 associazioni di Mirafiori Sud erano presenti con un proprio gazebo allestito nel piazzale, che fino alle 16,30 ha accolto animazioni, giochi, sport e teatro per bambini e giovani.

Le feste sono tali quando c’è un importante risultato raggiunto e il fatto che quest’area oggi venga restituita ai cittadini, alle famiglie e in termini non solo di commercio e sicurezza ma anche come nuovo punto di aggregazione è davvero un ottimo traguardo. Insieme possiamo fare buone cose, potenziando i quartieri in termini di sicurezza e restituendo momenti di socialità, consentendo alle nostre famiglie di riappropriarsi dei propri spazi.” Ha dichiarato Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte, nel suo intervento prima del taglio del nastro.

Bisogna ricucire le periferie di Torino! Arrivare oggi a tagliare un nastro è una conquista importante. La riqualificazione del Punto 13 è un progetto che ci ha colpiti proprio perché nasce dal privato e in cui crediamo per rilanciare il quartiere. Torino ha una tradizione molto forte in termini di cultura del lavoro e Mirafiori ne è un simbolo.” ha aggiunto Stefano Lo Russo, sindaco della Città di Torino.

Siamo molto felici dell’apertura del nuovo supermercato Borello nel quartiere Mirafiori Sud. Ancor di più perché il nostro coinvolgimento ha una valenza sociale. Nel progetto di riqualificazione del Punto 13 abbiamo creduto fortemente, fin dal principio, aiutando la Fondazione AIEF a coprire i costi di riqualificazione e decidendo di aprire un punto vendita per rispondere alle esigenze dei residenti. Io credo fermamente nelle potenzialità della periferia e, in particolare, in quelle di Mirafiori Sud.” Ha dichiarato Fiorenzo Borello, imprenditore e titolare di Borello Supermercati, primo ad aver abbracciato il progetto della Fondazione.

Il Punto 13 di Via Farinelli 36/9

Il Punto 13 di Via Farinelli 36/9, centro commerciale nato negli anni ‘70 per volontà del Comune di Torino per garantire servizi e attività commerciali di prima necessità ai residenti del quartiere, è stato per anni un riferimento per le famiglie di Mirafiori Sud. Negli ultimi quindici anni, complici la crisi economica e l’abbandono delle periferie, il centro è caduto sempre più nel degrado con la struttura fatiscente e pericolante, il piazzale malmesso e la chiusura di quasi tutte le 13 attività commerciali con il conseguente abbandono degli spazi. E’ all’interno di uno di questi spazi che nel 2021 AIEF ha aperto il Centro AIEF Torino Sud e, da subito, ha avviato un percorso, coinvolgendo il quartiere, per costruire un progetto capace di ridare vita non più solo alla galleria commerciale con servizi di prima necessità ma a nuovi spazi dedicati all’aggregazione sociale e alla promozione socio-culturale.

Il questionario AIEF

Una delle iniziative predisposte, proprio per poter individuare meglio le criticità e le esigenze del territorio, è stata la realizzazione di un questionario da sottoporre ai residenti. Dall’analisi dei 247 questionari raccolti, campione rappresentativo dei maggiorenni residenti nell’area tra Strada Castello di Mirafiori, Corso Unione Sovietica, Via Onorato Vigliani e Strada delle Cacce, è emersa fortemente l’esigenza di rinnovare e riqualificare il centro commerciale Punto 13 di Via Farinelli e la contigua Piazza Santi Apostoli. Le maggiori criticità emerse: 164 mancanza di un supermercato raggiungibile a piedi, 141 mancanza di uno sportello bancomat o punto-banca, 125 desertificazione delle attività commerciali di vario genere, 110 aumento del degrado in molte aree abbandonate o inutilizzate, 97 mancanza di luoghi aggregativi di prossimità per giovani e anziani.

Il progetto di riqualificazione

Il progetto AIEF per Mirafiori Sud è un esempio di progetto di riqualificazione urbana integrata capace di coinvolgere aziende, enti no profit, istituzioni e cittadini, uniti da un unico obiettivo. La rinascita del Punto 13 passa attraverso un importante intervento di riqualificazione strutturale che, con fondi privati raccolti da AIEF, ridà vita ad una galleria commerciale a cielo aperto con, inoltre, una funzione aggregativa, grazie agli spazi dedicati alle attività socio-culturali. La riapertura delle attività commerciali all’interno del centro è una risposta concreta alle esigenze emerse dai questionari raccolti: il primo partner che ha abbracciato questo progetto sociale è Borello Supermercati che risponde, non solo alla primaria esigenza dei residenti con l’apertura di un suo punto vendita, ma che ha scelto di essere tra gli sponsor insieme alla Be Am Srl Impresa Sociale e ad altri benefattori. La rinascita del Punto 13 è il primo passo verso la nuova vita della Piazza Santi Apostoli quale luogo per realizzare e ospitare eventi culturali e sociali.

Il nuovo Punto 13

L’interazione tra creatività giovanile, produzione culturale e riqualificazione del territorio si caratterizza nei muri esterni del Punto 13 che ospitano Murarte, progetto di arte urbana sostenuto dalla Città di Torino. Tutti gli spazi esterni, ovvero le aree comuni della galleria commerciale, sono stati riqualificati e resi sicuri, accoglienti e belli. Le attività commerciali e le associazioni hanno recuperato i tredici negozi che tornano ad ospitare servizi di prima necessità per le famiglie del quartiere. Alcuni di questi sono sede di attività socio-educative-culturali, partendo innanzitutto dagli spazi occupati dal Centro AIEF Torino Sud. Il degrado, lo spaccio, le pensiline pericolanti e i negozi chiusi sono solo più un ricordo. Oggi il Punto 13 vive.

Torino, donna precipita dal sesto piano e muore

Una donna è morta ieri dopo essere caduta dal sesto piano di un condominio di via Bevilacqua a Torino. Si tratta di un’anziana di 85 anni precipitata dal balcone del suo appartamento.  Sono giunti sul posto  i soccorsi, ma per la donna non c’è stato nulla da fare. Si è trattato probabilmente di un gesto volontario.

Code sulle autostrade piemontesi, Giachino: “costano alle aziende e ai cittadini”

LETTERA AL PRESIDENTE DELLEA REGIONE PIEMONTE ALBERTO CIRIO
Caro Presidente, Carissimo Alberto,
per chi viaggia tutti i giorni sulle autostrade piemontesi verso la Liguria o verso Bardonecchia il tempo passato in coda è tanto e pesante sia dal punto di vista dello stress che dal punto di vista economico perché si spende di più in consumi , si pagano aumenti tariffari per una autostrada che funziona su una sola corsia.
Perché non organizzi un incontro con le Società autostradali che operano nella Regione, con la Autorità dei Trasporti e le Associazioni produttive che rappresentano aziende che dal 14 agosto 2018 subiscono l’aumento dei costi di trasporto causa lavori in corso relativi a manutenzioni che avrebbero dovute essere fatte negli anni precedenti?
L’ Autorità dei trasporti dovrebbe essere più considerata è coinvolta  visto che su nostra iniziativa nel 2013 riuscimmo a fare approvare dal Parlamento la assegnazione a Torino.
Torino e il Piemonte devono il grande rilancio dopo una guerra che aveva visto Torino quale città più bombardata , grazie al Piano Marshall, grazie al Piano casa Fanfani , grazie alla straordinaria attività dei suoi imprenditori, dalla FIAT alla Ferrero, dall’Indesit al tessile e anche grazie al Piano delle Autostrade e dei Trafori Alpini cui aveva lavorato il Prof. Giuseppe Grosso, Presidente della Provincia di Torino, probabilmente il migliore amministratore locale del dopoguerra . Col Tuo prestigio dovresti sollecitare lavori e modalità dei lavori che riducano le code e i disagi.
Ti ringrazio molto della attenzione,
Mino GIACHINO
Responsabile regionale logistica FDI

Consigliere leghista aggredito e picchiato brutalmente

Il capogruppo  leghista di Venaria Marco Palmieri, è stato preso a calci e pugni da un aggressore che lo ha lasciato a terra sanguinante. I titolari del bar del centro di Venaria davanti al quale è avvenuto il pestaggio hanno prestato i primi soccorsi a Palmieri che è stato successivamente operato in ospedale per ridurre le fratture al volto. La prognosi è di 40 giorni. Secondo fonti dei Carabinieri l’aggressione sarebbe dovuta a motivi personali e non politici.

Con il maxi concorso Asmel assunzioni in 700 Comuni del Piemonte

Sindaco di Carignano, comune capofila “Procedura necessaria per i nostri Comuni, soprattutto per il Pnrr”

Assunzioni smart nei Comuni piemontesi soci ASMEL, l’Associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli enti locali.

Dal 7 Marzo sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale Concorsi e sul Portale InPA i maxi avvisi per gli elenchi di idonei alle assunzioni nei Comuni (legge 113/2021). Moltissimi i profili professionali richiesti, anche esperti tecnici per il PNRR, sia laureati che diplomati e operai specializzati. C’è tempo fino al 22 marzo per candidarsi. Chi sarà incluso negli elenchi ci resterà per tre anni o comunque fino all’assunzione a tempo indeterminato. I singoli enti locali interessati possono assumere in sole 5 settimane chiamando gli iscritti negli elenchi tramite interpello e svolgendo una sola prova selettiva.

Tra gli enti aderenti all’innovativa procedura ci sono Biella, Pinerolo, Poirino, Serravalle, Venaria Reale, Borgomanero, Santena, Moretta oltre naturalmente al Capofila della gestione associata, il Comune di Carignano. Il sindaco Giorgio Albertino, anche consigliere nazionale dell’associazione Asmel sottolinea «L’iniziativa, cui tutti i Comuni piemontesi possono aderire, coinvolge già diversi Comuni e rappresenta un modo più facile e veloce rispetto al classico concorso pubblico di procedere all’assunzione da parte degli Enti locali in conformità a tutte le regole contabili».

L’obiettivo del nuovo Maxi Concorso indetto da Asmel è anche quello di integrare gli elenchi dei profili banditi nel 2022 e messi a disposizione delle esigenze dei 4mila enti locali soci dell’Associazione, di cui 738 del Piemonte.

Tante le assunzioni che si stanno formalizzando proprio in questi giorni in Piemonte, ad esempio, nel comune di Pinerolo stanno per essere assunti 9 amministrativi di categoria sia C che D.

Dal Comune di Moretta fanno sapere che «è imminente l’assunzione di un amministrativo C e altre procedure sono in fase svolgimento per figure legate al PNRR. L’accordo con Asmel ha dato la possibilità di reclutare personale motivato e qualificato con una procedura innovativa e veloce».

Soddisfatto il Consorzio Chierese per i Servizi della Città Metropolitana di Torino che ha appena assunto utilizzando gli Elenchi di idonei già disponibili. La responsabile del Personale conferma «Procedura di un livello elevato e ben organizzata. La selezione svolta in modo telematico è stata una garanzia di efficienza e trasparenza. È uno strumento snello e rapido per supportare gli Enti Locali spesso oberati di lavoro e burocrazia». Mentre la neoassunta presso il Consorzio sottolinea i vantaggi anche per gli idonei «Un’ottima opportunità per ampliare le possibilità di ingresso nella PA che facilita il processo di selezione, soprattutto per piccoli enti con meno risorse».

Per info visita il sito: https://www.asmel.eu/elencodiidonei

Il centro Pannunzio ricorda Umberto II a quarant’anni dalla scomparsa

L’ULTIMO RE D’ITALIA. APPUNTAMENTO A PALAZZO CISTERNA

GIOVEDÌ 16 MARZO ALLE ORE 17,30 nella sede della Città Metropolitana di Torino a Palazzo Cisterna (via Maria Vittoria, 12), in collaborazione con l’Associazione internazionale Regina Elena, verrà ricordato il quarantennale della scomparsa dell’ultimo Re d’Italia Umberto II, nato a Racconigi nel 1904. L’incontro verrà aperto dal suono dell’Inno sardo. Verrà letto dall’attrice Ornella POZZI un racconto di Giovannino Guareschi dedicato all’esilio di Umberto II e verrà proiettato uno straordinario servizio televisivo di Enzo Tortora inviato speciale ai funerali del Re ad Altacomba.  Prenotazione obbligatoria con whatsApp o sms al 3488134847.

Andress Allan Paul, “Peak Tower (Le Cose Dimenticate)”: la scalata della vita

Informazione promozionale

Io sono convinto che l’arte, qualunque essa sia, abbia lo scopo primario di generare emozioni. La mia idea era quella di offrire diverse modalità d’emozione e così ho ingaggiato alcuni amici lasciando loro la libertà totale di esprimere la loro vena artistica secondo il loro istinto…”

IL LIBRO

Peak Tower (Le Cose Dimenticate)

Stefan è un ingegnere meccanico, sposato con Dana e con due figli. Vive una vita tranquilla senza accorgersi che il suo comportamento freddo e insensibile lo sta allontanando dalla moglie e gli impedisce di avere amicizie profonde.  Essendo un appassionato di montagna, decide di scalare in solitaria l’impegnativo Peak Tower. Durante il percorso incontra l’enigmatico e misterioso Demetrius, anche lui intenzionato a conquistare la medesima montagna. Decidono di proseguire insieme. Le conversazioni tra i due porteranno Stefan ad intraprendere un viaggio interiore alla ricerca dei ricordi di un trauma cancellato dalla memoria e che solo adesso può prendere forma per essere elaborato ed accettato.  Per raggiungere la cima dovrà fare emergere ricordi dimenticati, fare i conti con le proprie emozioni e trovare la forza di perdonare se stesso.

L’AUTORE

Andress Allan Paul, il cui vero nome è Paolo DeAndreis, è nato a Milano nel 1964 e vive a Novara. Diplomato in Tecnologie Meccaniche, si è poi specializzato nella vendita. Ha frequentato diversi corsi formativi sulla comunicazione e ha conseguito un master di Marketing Leadership Development presso l’università SDA Bocconi di Milano. Attualmente lavora come responsabile vendite presso una multinazionale americana.  Fin da piccolo ha manifestato particolari predisposizioni artistiche, durante le scuole elementari elaborava fumetti e nel periodo dell’adolescenza ha militato in alcuni gruppi musicali dell’area milanese in qualità di bassista e voce solista. Da sempre appassionato di montagna pratica sport invernali, trekking e mountain bike. Nel 2021 ha pubblicato con la Herkules Books il romanzo “11”, e nel 2022 il romanzo “Peak Tower – Le Cose Dimenticate”.

www.andressallanpaul.it

Potresti raccontare qualcosa di te e il motivo perché hai iniziato a scrivere?

Il mio vero nome è Paolo DeAndreis, ho 58 anni, sono nato a Milano ma vivo da diverso tempo a Novara e Stresa. Attualmente sono responsabile commerciale del canale distributivo di una multinazionale americana che opera nel mercato dei componenti elettronici.  Come immagino sia capitato a molte persone, durante il periodo delle varie restrizioni a causa della situazione pandemica, mi sono ritrovato ad avere molto tempo libero e così, un po’ per gioco e sfida personale, ho cominciato a scrivere scoprendo che questa attività cominciava ad appassionarmi. Ho realizzato in breve tempo il mio primo romanzo pubblicato dalla Herkules Books dal titolo 11 ancora disponibile attraverso i principali negozi virtuali e ordinabile anche in libreria. Seguendo il suggerimento dell’editore, essendo 11 un thriller metafisico, si volle creare un’aurea di mistero intorno a chi fosse lo scrittore, e quindi fu necessario utilizzare uno pseudonimo. Per me fu naturale utilizzare il nome Andress Allan Paul coniato per me da un amico all’epoca nel periodo nel quale da adolescente suonavo in una band hard rock di Milano. Questo nome nacque incrociando il mio con quello di Edgar Allan Poe del quale stavo leggendo i racconti. Alcuni amici di allora tuttora mi chiamano così!

Vorresti dirci da cosa hai trovato ispirazione per scrivere Peak Tower, e questa esperienza ti ha insegnato e lasciato qualcosa?

Innanzi tutto bisogna dire che io sono un grande appassionato di montagna. L’ispirazione mi è arrivata durante un’escursione in solitaria dove mi è capitato di trovarmi colto inaspettatamente dalla nebbia, scoprendo che in quella situazione i sensi si amplificano: ogni rumore potrebbe rappresentare un potenziale pericolo. In quell’occasione mi venne in mente l’inizio il senso e la fine della storia ma naturalmente mancava tutto il resto. Trovai poi l’ispirazione per completare il lavoro in alcuni libri che stavo leggendo relativamente alla PNL (Programmazione Neuro Linguistica), in particolare ero affascinato dall’enneagramma che può essere definito uno strumento costituito da una stella a nove punte, ognuna delle quali rappresenta una particolare personalità. Per il mio racconto, quello che viene definito il “perfezionista” calzava perfettamente in quanto in genere si tratta di una persona che tende a reprimere le proprie emozioni. Ho provato quindi a raccontare una storia e contemporaneamente a trattare alcuni argomenti quali la consapevolezza, la potenza del perdono, il conscio, il subconscio, e soprattutto come quest’ultimo può influenzare, e non sempre in modo positivo, la nostra vita. Ho dovuto pertatdo informarmi maggiormente su questi temi permettendomi di arricchire la mia conoscenza.

Andando a sbirciare all’interno del tuo sito web www.andressallanpaul.it abbiamo visto che oltre ai trailers dei tuoi libri ci sono anche delle musiche per accompagnare il lettore durante la lettura. Anche la copertina del libro e le immagini interne sono in realtà delle opere artistiche, come voler integrare diverse forme d’arte. Com’è nata questa idea?

Io sono convinto che l’arte, qualunque essa sia, abbia lo scopo primario di generare emozioni. La mia idea era quella di offrire diverse modalità d’emozione e così ho ingaggiato alcuni amici lasciando loro la libertà totale di esprimere la loro vena artistica secondo il loro istinto. La copertina è un’opera di Giuseppe Ravizzotti e penso sia stato molto abile a racchiudere il senso stesso del libro in un’immagine dove l’alpinista, visto come persona normale, trascina dietro di se il fardello delle esperienze negative della vita. Mentre scrivevo il libro parlai con la collega Violeta Georgieva, anch’essa appassionata di pittura, e che subito manifestò di voler contribuire realizzando un disegno da porre all’inizio di ogni capitolo, e anche in questo caso, cercando di rappresentare il tema del capitolo stesso racchiudendolo in un cerchio. Come dicevo prima, da ragazzo suonavo in una band e quindi sono anche appassionato di musica; è stato pertanto naturale chiedere al mio primo chitarrista Antonio di realizzare un sottofondo atto a stimolare la lettura. In pratica l’idea finale è quella di non offrire un semplice libro ma un insieme di espressioni artistiche.

Venendo al titolo “Peak Tower – Le Cose Dimenticate”, qual è la montagna alla quale ti riferisci e soprattutto, quali sono le cose dimenticate?

La montagna e i posti descritti nel libro non esistono veramente ma sono solo frutto della fantasia anche perché avevo bisogno di descrivere un itinerario includendo la scelta che si adattasse ai tempi della storia stessa e non viceversa. Brevemente il libro racconta di Stefan, padre di famiglia, che decide di scalare in solitaria una montagna. Lungo il faticoso percorso per raggiungere la cima incontra un personaggio misterioso, un certo Demetrius il quale ha il medesimo obiettivo di conquistare il Peak Tower. Ben presto questo compagno d’avventura accompagnerà Stefan non verso la cima ma verso una discesa verso il proprio passato e l’inconscio alla scoperta di se stesso e anche alle “cose dimenticate”.

C’è qualcosa che vorresti dire hai tuoi attuali e futuri lettori?

Ho sentito dire che i libri sono i nostri migliori amici, ci aspettano pazientemente, sempre a nostra disposizione e ci fanno compagnia quando abbiamo voglia di leggere. Penso quindi che, allo stesso modo con il quale scegliamo i nostri amici, sia molto importante scegliere buoni libri. Essendo di parte naturalmente non posso dire se Peak Tower sia un “buon amico” o un buon libro, ma sicuramente è un lavoro onesto scritto col cuore e chi avrà voglia di leggerlo, come nel caso di un amico di “ascoltarlo”, penso potrà ricevere in cambio qualcosa di prezioso sotto forma di emozione.

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