ilTorinese

Al Mag Maria Ausiliatrice di Giaveno lo speciale calendario dell’Avvento

GIAVENO – E’  tornato al Mag Maria Ausiliatrice di Giaveno, per il secondo anno, il “Calendario dell’Avvento al contrario”. Al Mag si dona qualcosa ogni giorno anzichè ricevere. A ogni studente dell’Istituto è stato assegnato un numero che corrisponde a un giorno del Calendario dell’Avvento. In quella data, i ragazzi sono invitati a portare qualcosa che viene aggiunto alla raccolta del materiale in offerta. Si tratta soprattutto di alimenti non deperibili e, per evitare doppioni, all’interno di ogni classe, gli allievi si mettono d’accordo fra loro su cosa portare. Al termine dell’Avvento, tutto ciò che è stato raccolto sarà consegnato alla Caritas Parrocchiale di Giaveno e ad altri beni di beneficenza. L’idea del MAG di Giaveno è quella di fare trascorrere anche ai meno abbienti un Natale il più possibile sereno. La raccolta, al momento, ha superato ogni aspettativa. Da segnalare come generosità il signor Massimiliano Milan, titolare del grissinificio “La Mole” di Caselle, padre di un allievo del Mag Maria Ausiliatrice che ha deciso di dare il suo contributo in otto bancali di prodotti. Si tratta di panificato come grissini, farine, focacce, e altri prodotti da forno a lunga conservazione. Il Mag ha già provveduto a distribuire parte di quanto donato. Gli organizzatori dell’iniziativa al MAG spiegano. “Il gesto del signor Milan è stato davvero commovente e lo ringraziamo di cuore, così come ringraziamo tutte le famiglie che ci hanno aiutati in questa iniziativa”. E via in attesa del 25 dicembre.

Maria Adelaide, Grimaldi (LUV): Col project financing Universiadi non si arriverà a Casa di Comunità

“Una vera e propria inversione a U quella odierna di Icardi sul Maria Adelaide:

 

non solo è fuori dall’elenco delle Case di Comunità finanziate con i fondi del PNRR, non è nemmeno nelle 8 strutture finanziate con fondi regionali nè rientrerà nei finanziamenti della 338 sulle residenze universitarie. Tutto il progetto è figlio di un project financing pensato da Ricca per le Universiadi, che lo guideranno in toto, con un esito prevedibile: l’ennesima megastruttura progettata da privati e che, un domani, avrebbe costi altissimi per l’Edisu nel caso la volesse riscattare con canoni annuali” – dichiara il Capogruppo di Liberi Uguali Verdi, Marco Grimaldi, che questa mattina in Commissione ha chiesto all’Assessore alla Sanità un’informativa sul destino dell’ex Ospedale Maria Adelaide.

Destinare 1000 (come già previsto da anni) dei 13000 metri quadrati dell’immensa struttura del Maria Adelaide per una futura Casa di Comunità, con risorse nemmeno individuate, non può essere altro che una presa in giro: quello spazio non sarà mai sufficiente a ospitare davvero la completezza dei servizi che si richiede per un presidio territoriale del genere e molto probabilmente non sarà nemmeno una residenza EDISU” – prosegue Grimaldi. – “Da mesi chiediamo che il Maria Adelaide rientri nell’elenco delle Case di Comunità della Città di Torino, sulla base di esigenze territoriali risapute e più volte testimoniate dagli abitanti di Rossini, Aurora e Vanchiglia. Ecco svelato il bluff: se queste sono le premesse, di certo non sarà possibile garantire un vero servizio di prossimità per la prevenzione, la cura e la continuità sanitaria-assistenziale dall’ospedale al domicilio, in grado di ospitare gli infermieri di comunità, i medici di famiglia, laboratori analisi e altri sportelli di assistenza socio-sanitaria”.

Piemonte – Genova, un futuro comune nella logistica

«La Regione Piemonte vuole cogliere tutte le opportunità possibili per sviluppare sul territorio regionale le aree logistiche di riferimento del Porto di Genova.

Aumentiamo i siti da inserire nella Zona Logistica Semplificata e invitiamo i Comuni a proporre nuove aree da destinare alla filiera logistica portuale». Commenta così l’assessore ai Trasporti della Regione Piemonte Marco Gabusi la sua proposta approvata dalla Giunta odierna per implementare la vocazione logistica del territorio.

Grazie ad un emendamento al Decreto Genova, che individua le aree logistiche a supporto del porto genovese, le Regioni possono infatti definire ulteriori siti retroportuali da proporre per l’inserimento nella Zona Logistica Semplificata ZLS ‘Porto e retroporto di Genova’. La Regione Piemonte ha perciò stabilito di includere nella proposta da inviare al Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili gli interporti di rilevanza nazionaleNovara CIM e Torino SITO, che vanno così ad affiancare quello di Rivalta Scrivia (AL) già presente nella ZLS di Genova.

Inoltre, la Regione procederà con un avviso pubblico per raccogliere dai Comuni interessati le proposte di nuovi siti logistici, che dovranno rispettare criteri quali la compatibilità urbanistica con la destinazione d’uso, la distanza di massimo 180 chilometri da Genova, la vicinanza del sito con i caselli autostradali (massimo 10 chilometri) e la prossimità a scali ferroviari o intermodali merci (massimo 10 chilometri).

«Saremo attraversati da due corridoi internazionali e dobbiamo cogliere questa opportunità sviluppando tutte le potenzialità legate alla logistica del futuro – sottolinea l’assessore Gabusi –. Aumentare i siti piemontesi della ZLS significa attrarre investimenti e aziende che possono contribuire allo sviluppo del territorio. Da non sottovalutare, poi, il riflesso occupazionale che la filiera della logistica è in grado di produrre, creando nuovi posti di lavoro e aumentando il know how in un settore in sicura espansione nei prossimi anni».

Ufficio stampa Assessore ai Trasporti, Infrastrutture, Opere pubbliche, Difesa del suolo, Protezione civile Marco Gabusi

Al Regina Margherita salvati mamma e neonato affetto da un raro tumore cardiaco

Grazie ad un intervento cardiochirurgico effettuato durante il parto con tecnica EXIT

 

Nei giorni scorsi sono stati salvati mamma e neonato grazie ad un eccezionale intervento cardiochirugico effettuato durante il parto, presso l’ospedale Infantile Regina Margherita della Città della Salute di Torino. Il neonato era affetto da un raro tumore cardiaco fetale, che non gli avrebbe permesso di respirare appena messo al mondo. Grazie alla tecnica EXIT, nelle sale operatorie del Regina Margherita, il piccolo è stato prima intubato, quando ancora era attaccato alla placenta della mamma, per garantirne la sopravvivenza, e poi operato durante il parto stesso, grazie all’assistenza multidisciplinare di ginecologi – ostetrici, neonatologi, cardiologi, anestesisti rianimatori e cardiochirurghi pediatrici.

Il feto era affetto da una grave malformazione, diagnosticata in epoca prenatale, dalla dottoressa Simona Sdei dell’équipe della professoressa Chiara Benedetto, nel centro di Ecografia dell’ospedale Sant’Anna di Torino, di cui è responsabile il dottor Andrea Sciarrone, con la collaborazione della dottoressa Mariolina Tibaldi della Cardiologia pediatrica del Regina Margherita, diretta dalla dottoressa Gabriella Agnoletti: un raro tumore cardiaco potenzialmente fatale. Si tratta di una patologia molto rara, in cui la sopravvivenza del neonato è possibile soltanto se il tumore viene immediatamente asportato alla nascita. La massa tumorale, che occupava quasi tutto il torace e comprimeva cuore e polmoni, avrebbe impedito ai polmoni di espandersi ed al neonato di respirare. Da qui la necessità di programmare il parto con l’équipe multispecialistica. Nelle due settimane precedenti la nascita, in una lotta contro il tempo, la mamma è stata ricoverata per scompenso ingravescente del bambino nel reparto di Ginecologia e Ostetricia 1 universitaria, diretta dalla professoressa Chiara Benedetto, di cui è referente il professor Luca Marozio. Durante il ricovero, per guadagnare giorni preziosi, vista l’importante prematurità del feto, sono state somministrate alla mamma, con successo, terapie innovative discusse collegialmente tra tutti gli operatori coinvolti per correggere lo scompenso fetale. E’ stato così possibile arrivare a 33 settimane.

L’intervento è stato effettuato presso le sale operatorie dell’ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, per l’occasione riadattato alle esigenze ostetriche, grazie alla collaborazione dell’équipe infermieristica, coordinata dalla signora Roberta Gualandi. Il parto cesareo è stato eseguito dalle dottoresse Simona Sdei e  Donatella Ciochetto dell’équipe della professoressa Chiara Benedetto. Il neonato è stato assistito dai dottori Francesco Cresi ed Elena Maggiora, dell’équipe della Neonatologia universitaria, diretta dal professor Enrico Bertino, e dal dottor Sergio Grassitelli, con gli anestesisti rianimatori della Anestesia e Rianimazione pediatrica, diretta dal dottor Giorgio Ivani.

L’intervento di taglio cesareo è stato effettuato con tecnica EXIT, che prevede l’intubazione del neonato ancora collegato alla placenta al momento dell’estrazione della testa con un lavoro sinergico dei vari specialisti.

La presenza del tumore nel torace però non consentiva una adeguata ventilazione del paziente, in quanto i polmoni erano schiacciati dalla massa. Per questo motivo il neonato, con un peso di 1,9 kg, è stato trasferito presso la sala attigua, dove è stato immediatamente sottoposto ad un delicato intervento cardiochirurgico dal dottor Carlo Pace Napoleone, Direttore della Cardiochirurgia pediatrica e delle Cardiopatie congenite nell’ambito del Dipartimento di Patologia e Cura del Bambino “Regina Margherita” della Città della Salute, diretto dalla professoressa Franca Fagioli. L’operazione, consistita nell’asportazione totale in sternotomia mediana del teratoma pericardico di 7.5 cm, è perfettamente riuscita ed il piccolo paziente è già stato dimesso dalla Terapia intensiva cardiochirurgica. Attualmente è ricoverato presso la Terapia Intensiva neonatale universitaria ed ha iniziato ad alimentarsi con latte di banca ed ora finalmente con il latte fresco della propria mamma.

Si è trattato di un grandissimo esempio di gioco di squadra, dove un’équipe multidisciplinare, composta da diverse decine di persone ha saputo portare a termine con successo un difficilissimo percorso terapeutico – assistenziale, permettendo ad un neonato, altrimenti senza alcuna speranza di sopravvivenza, una vita praticamente normale.

La Città della Salute, grazie alla presenza di professionisti di altissimo livello in tutte le specialità coinvolte, ha confermato di essere uno dei pochi Centri in grado di garantire un trattamento adeguato anche a pazienti che escono completamente dai percorsi di cura ordinari, ottenendo un risultato eccezionale in una situazione veramente oltre ogni limite.

 

Anita e le altre. Storie di donne del Risorgimento

Nel bicentenario della nascita di Anita Garibaldi, il Museo del Risorgimento racconta storie e volti delle eroine del nostro Ottocento

Fino al 22 gennaio 2022

“Eroina dei due mondi”, il 30 agosto del 1821 nasceva in Brasile, a Morrinhos (frazione di Laguna, nello Stato di Santa Catarina), Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, meglio conosciuta come Anita Garibaldi. Aninha, come la chiamavano in famiglia e il generale nizzardo (che invece la chiamò sempre  Anita) si videro per la prima volta il 22 luglio del 1939 nella chiesa di Laguna, dove il popolo si era radunato per rendere grazie al Signore dopo la riconquista della città a seguito della rivolta dei farroupilha (straccioni) contro il pugno duro dell’impero. Fu un autentico, come suol dirsi, coup de foudre. Bastò uno sguardo e un giorno ad intrecciare per sempre le loro vite. Da quel momento, dopo aver lasciato il marito molto più grande di lei e impostole dalla famiglia, Anita sarà la compagna, e dal 1842 la sposa, di Giuseppe Garibaldi, la madre dei suoi figli e presenza costante e partecipe di tutte le sue battaglie. Fino al 4 agosto del 1849, quando durante la fuga estenuante con il marito alla volta di Venezia (dopo la caduta della Repubblica Romana), incinta e stremata per la febbre, Anita gli morirà fra le braccia nella fattoria dei marchesi Guiccioli, presso Mandriole di Ravenna. Aveva soli 28 anni. E la Storia la ricorda proprio così. Grande donna, grande moglie e madre; ma anche pugnace combattente, infermiera, abilissima amazzone, audace e ribelle. Fra le pochissime figure femminili già allora all’avanguardia nella ferma volontà di rivendicare e ritagliarsi uno spazio pubblico al di fuori del privato. E proprio in questa veste, in occasione del bicentenario dalla nascita, il Museo Nazionale del Risorgimento di Torino ha inteso dedicarle la mostra “Anita e le altre. Storie di donne del Risorgimento”, visitabile fino al 22 gennaio del prossimo anno. Anita e, con lei, altre 18 donne, scelte fra le figure femminili che più hanno contribuito a una nuova definizione del ruolo delle donne nel corso del Risorgimento. Figure talora distanti fra loro per ceto, per cultura o per educazione, ma sempre accomunate dalla volontà di “trasgressione” e superamento di ruoli sociali predefiniti, fermamente decise a lottare per l’affermazione di valori e ideali anche patriottici, in allora per il “gentil sesso” decisamente assai rari. E poco condivisi e apprezzati. Vite che ritroviamo narrate nei dipinti, nelle stampe e nelle fotografie esposte nel Corridoio della Camera Italiana e provenienti dalle Collezioni del Museo di piazza Carlo Alberto, così come dal Museo Glauco Lombardi di Parma, dall’Opera Barolo di Torino, dal Castello di Masino e dal Museo del Risorgimento di Milano. Ecco allora, accanto all’omaggio ad Anita, il ricordo, fra gli altri, di Luisa Sanfelice (icona della rivoluzione antiborbonica, giustiziata nel settembre del 1800 a Napoli), accanto a quello di Giulia Colbert Falletti di Barolo (benefattrice illuminata della migliore intelligentia torinese ottocentesca), insieme a Costanza Alfieri D’Azeglio. Per continuare con Cristina Trivuzio di Belgioioso, Olimpia Rossi Savio, Virginia Oldoini Verasis Contessa di Castiglione (la “divina Castiglione”, contesa fra intrighi amorosi e diplomatici e scomparsa  in un triste e volontario isolamento a Parigi nel 1899), accanto a Giuseppa Calcagno e alla regina Margherita di Savoia. E ad altre ancora. Vere chicche pittoriche, oltreché storiche, della mostra sono due ritratti di Anita, opere mai esposte finora a Torino e arrivate dal Museo del Risorgimento di Milano: “Anita morente” del milanese Pietro Bouvier (allievo di Francesco Hayez e fra i più prestigiosi interpreti del romanticismo lombardo), raffigurata esanime fra le braccia di Giuseppe Garibadi accanto al fido Giovanni Battista Culiolo, detto “Leggero”, e il ritratto – l’unico ripreso dal vivo e che dunque ci svela il vero volto di Anita – realizzato a Montevideo nel 1845 dal genovese, fervente mazziniano, Gaetano Gallino. La  mostra si chiude con il video “Il vero volto di Anita”, a cura della professoressa Silvia Cavicchioli, docente all’“Università degli Studi” di Torino che racconta la straordinaria storia dell’unico ritratto dal vero di Anita Garibaldi.

Gianni Milani

“Anita e le altre. Storie di donne del Risorgimento”

Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, piazza Carlo Alberto 8, Torino; tel. 011/5621147 o www.museorisorgimentotorino.it

Fino al 22 gennaio 2022

Orari da mart. a dom. 10/18, lun. chiuso

Nelle foto

–         Pietro Bouvier: “Anita morente”, olio su tela, 1864

–         Gaetano Gallino: “Ritratto di Anita Garibaldi”, olio su carta, 1843

–         Gioacchino Toma, copia di Silvio e Pio Eroli: “Luisa San Felice in carcere”, olio su tela, 1964

 

Udine- Reale Mutua Basket Torino 82 – 62: la tristezza del basket aggressivo e anti-storico

Il basket visto da vicino

Togliamo subito ogni dubbio: Torino ha perso perché è più debole tecnicamente e niente da dire su questo. Ma più di tutto ha perso il basket, che si sta sempre più trasformando in un football – rugby “simil game”… .

Udine,  come altre squadre,  pone al centro del suo gioco un’aggressività eccessiva, concessa solo da un momento storico in cui l’arbitraggio medio consente spinte regolamentari, contatti al limite di un ring di pugilato, regole del vantaggio mai esistite nel basket e nessuna punizione per gioco violento o trattenute fuori norma.

È colpa di allenatori e pubblico a cui “piace” dire che la partita la vince la difesa… e quindi tecnica poca ma ruvidezza e lividi a profusione, tanto, se vince la propria squadra, sono tutti contenti… .

Ma lo spirito del basket dice che non è nato per essere violento,  anzi che puniva il gioco violento e consentisse appunto un numero limitato di falli per evitare tali problemi.

Poi sono arrivate le rose “lunghe” e quindi tanti falli in più da spendere e sempre più alta intensità in campo… . Il principio è chiaro: facciamo sempre difesa con le mani addosso,  per un fallo che ci fischieranno ce ne saranno altri 10 che non saranno segnalati.  E così è.

Arbitri e  regolamento permissivi conducono a quel tipo di basket essenziale in cui conta solo vincere a scapito di salute dei giocatori e spettacolo che diventa inesistente.

Udine, come molte altre squadre è una squadra che sfrutta al meglio tale situazione in questo mediocre campionato che è la serie A2 attuale.

Toscano esce in barella sanguinante, Alibegovic rientra in campo fasciato come un Rajah, e De Vico oltre al danno delle spinte e gomitate si prende anche la beffa del doppio fallo.

Non è bel basket quello di Torino ma è pulito ed onesto. Il gioco aggressivo è poco corretto e piace solo ai violenti. Non sarei contento di vincere così e Torino città ha sempre visto squadre corrette e pulite in tutti questi anni, compreso questo.

Torino ha meritato di perdere, ma  è una squadra di bravi ragazzi,e dispiace vedere ex giocatori di Torino, che hanno contribuito a non far salire Torino stessa in serie A1, così esaltati e contenti di “abbattere” letteralmente gli ex compagni di squadra, come l’ormai giocatore completo di Udine Cappelletti.  È brutto vedere giocare male, ma è più brutto avere sempre questi pugni serrati dopo un canestro segnato o un fallo non fischiato o qualsiasi altro momento di esultanza.

Il basket, lo sport in genere anzi, dev’essere gioia, divertimento e ogni esultanza dovrebbe avere mani aperte verso il cielo, sorriso pieno, abbracci e allegria.. .

Basta con questa esultanza guerriera, questi pugni mostrati al pubblico e queste urla belluine per un gioco ben eseguito. Basta violenza verbale, basta mani sempre addosso, basta proteste senza senso dopo aver colpito un avversario dichiarando innocenza come candida fanciulla… .

Torino ha perso, ma il basket non è più basket.

Davis segna 21 punti giocando da solo; degli altri, nessuna traccia.

Crisi certa, e allenatore nel pallone, e forse la sua inesistente esperienza sta mostrando il conto. Bisogna intervenire al più presto con qualche innesto o profonda modifica di gioco.

Così non va, nel basket e a Torino.

Aspettando la prossima partita e sognando un nuovo anno migliore, attendiamo una Reale Mutua che possa rialzare la testa, moralmente e materialmente.

Paolo Michieletto

Il Piemonte potrebbe restare ancora in zona bianca

POSTI LETTO ORDINARI ANCORA SOTTO SOGLIA

Pre-Report settimanale Ministero Salute – Istituto Superiore Sanità 

Nella settimana 13-19 dicembre in Piemonte il numero dei nuovi casi e dei focolai cresce, come nel resto del territorio nazionale.

L’Rt puntuale calcolato sulla data di inizio sintomi passa da 1.36 a 1.31, mentre la percentuale di positività dei tamponi sale al 6%. Il numero mediano di giorni tra l’insorgere dei sintomi e il test di verifica si conferma pari a 3 (al di sotto del valore soglia di 5 giorni indicato dall’Iss).

L’incidenza è di 439,90 casi ogni 100 mila abitanti.

Supera la soglia di allerta del 10% il tasso di occupazione dei posti letto di terapia intensiva (10,7%), mentre resta al di poco della soglia di allerta del 15% quello dei posti letto ordinari (14.9%).
“Un dato quest’ultimo che potrebbe mantenere la nostra regione in zona bianca anche per la prossima settimana. Ma dato che i nostri numeri sfiorano la soglia che fa scattare la zona gialla, lo abbiamo segnalato al ministro Speranza che domani assumerà la decisione finale – spiegano il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’assessore alla Sanità Luigi Genesio Icardi -.
Sono dati che dimostrano che la nostra situazione è meno allarmante di altre regioni, ma questo non deve in alcun modo far calare l’attenzione, al contrario deve renderla ancora più alta da parte di tutti, soprattutto in questi giorni di festa e di incontro”.

Per ridurre le occasioni di contagio e proteggere la popolazione, il presidente della Regione Alberto Cirio ha emanato stasera una ordinanza che dispone l’obbligo di indossare la mascherina all’aperto dalla mezzanotte di oggi, al fine di rendere la misura operativa già da venerdì 24 dicembre in tutto il Piemonte.

La decisione è stata condivisa con le Prefetture ed i rappresentanti degli enti locali, incontrati oggi in videoconferenza dal presidente Cirio.

VARIANTE OMICRON

Per quando riguarda la variante Omicron, sono in fase di verifica sul territorio piemontese altri 10 casi, oltre ai 4 già confermati e comunicati finora.

Accadde oggi: 23 dicembre: Rivera vince il Pallone d’Oro

Il 23 dicembre 1969 è una data storica per il calcio italiano: il fuoriclasse del Milan Gianni Rivera vinse il Pallone d’Oro. Decisiva per la vittoria del premio di France Football fu la Coppa dei Campioni vinta dal suo Milan contro l’Ajax nel 1968-69.
Il Golden Boy ottenne l’ambito riconoscimento grazie a soli quattro punti in più rispetto al connazionale Gigi Riva. Al terzo posto, invece, si piazzò Gerd Muller. Per la prima volta nella storia, escludendo l’oriundo Omar Sivori, il Pallone d’Oro viene assegnato a un calciatore italiano.

Enzo Grassano

“Per fare un buon Natal mangia il panettone, vai a fare l’iniezione”: what else?

A cura di lineaitaliapiemonte.it


“Per il calo dei contagi dosi anche ai Re Magi”: Pregliasco, Crisanti e Bassetti alla trasmissione Un giorno da Pecora si esibiscono nella versione si-vax di Jingle Bells. Pensavamo di aver già visto e sentito di tutto ma abbiamo scoperto che il peggio esiste. Per dovere di cronaca ecco il testo della “hit”…

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https://www.lineaitaliapiemonte.it/2021/12/22/mobile/leggi-notizia/argomenti/lineaitaliapiemonteit/articolo/per-fare-un-buon-natal-mangia-il-panettone-vai-a-fare-liniezione-what-else-1.html

Chieri ricorda il magistrato Livatino

In memoria del “giudice ragazzino”, sarà posto un pannello informativo o un QR-code all’Auditorium del locale “Liceo Monti”

Chieri (Torino)

Sue le parole:“Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”. E lui della sua “credibilità”, totale e incondizionata, fece un dogma severo di vita. Cui restare fedele in ogni istante e in ogni atto delle sue giornate e ad ogni passo della sua attività. Con coraggio, al servizio delle istituzioni e della verità. Fino a pagarne nel modo più terribile le conseguenze. Ucciso dalla stidda agrigentina il 21 settembre del 1990, sulla strada provinciale Caltanissetta – Agrigento (presso il viadotto Gasena). Rosario Livatino, che tutti ricordiamo come il “giudice ragazzino” era nato a Canicattì nel 1952, ricevette il primo incarico di magistrato nel 1978 presso il tribunale ordinario di Caltanissetta  e l’anno seguente diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento fino al 1989 quando assunse il ruolo di giudice a latere. Fino alla morte, a soli 38 anni. Nello scorso mese di maggio,  è stato Beatificato da Papa Francesco. E in sua memoria, sarà collocato presso l’Auditorium del “Liceo Monti” di Chieri, un pannello informativo o un QR-Code, secondo quanto previsto da una “Mozione”, approvata dal Consiglio Comunale chierese e presentata dal consigliere di minoranza Luigi Furgiuele del Gruppo Misto.

“Sono soddisfatto, è stato un onore portare in Consiglio comunale il ricordo di una persona e di un magistrato che deve restare impresso nella memoria dei Chieresi e degli italiani tutti – commenta il consigliere Luigi Furgiuele – Il giudice Rosario Livatino rappresenta un orgoglio italiano per l’elevato valore umano, professionale, sociale che nella sua breve vita lo ha caratterizzato. Un magistrato ed un uomo dotato di forte etica, apolitico, autonomo, indipendente, pronto al dialogo, nel rispetto della legge e degli imputati da giudicare”.

“Papa Francesco – replica il sindaco Alessandro Sicchieroha definito Rosario Livatino martire di giustizia ed esempio di legalità. Livatino con il suo sacrificio è diventato uno dei simboli della cultura della legalità e della lotta alla mafia, un simbolo come Falcone, Borsellino ed il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che noi ricordiamo nel giardino del nostro Municipio. Come sostituto procuratore prima e giudice poi, ha indagato lo stretto legame tra mafia e affari, svolgendo la sua attività con sobrietà, rigore morale, fermezza e instancabile impegno. Come ha affermato il Presidente Mattarella, ricordare la vile uccisione di Rosario Livatino significa richiamare la necessità di resistere alle intimidazioni della mafia opponendosi alle logiche compromissorie e all’indifferenza, che minano le fondamenta dello stato di diritto”

g.m.

Nelle foto:

–         Il magistrato Rosario Livatino

–         Alessandro Sicchiero, sindaco di Chieri