Magnifica Torino / Il Monviso visto dal Lago Fiorenza e la via Lattea. Foto di Giampaolo Gigli. Un tramonto suggestivo dietro la Mole, di Vincenzo Solano.
Nella scorsa notte hanno avuto luogo, come di consueto, i controlli congiunti della Polizia di Stato e delle altre forze di polizia – Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Municipale – nelle aree cittadine interessate dal fenomeno della “movida”.
L’attività, iniziata alle ore 20 del sabato sera, si è concentrata in Piazza Vittorio Veneto, Piazza Santa Giulia, via Giulia di Barolo, via Vanchiglia, via Bonafous, via Mattero Pescatore, via Berthollet, via Saluzzo e via Belfiore.
Complessivamente, sono stati sottoposti a controllo 319 persone e diversi locali pubblici, dei quali 5 locali di ritrovo ubicati nella zona di Piazza Vittorio Veneto/Lungo Po Cadorna, e 7minimarket/esercizi di somministrazione ubicati nel quartiere San Salvario e in centro città.
Di questi, con l’ausilio della Polizia Municipale, in 4 è stata riscontrata e sanzionata, con ammenda di 160 €, la vendita di alcolici dopo le ore 21; in uno, la vendita di alcool dopo le ore 24: in questo caso l’ammenda ammonta a 6666,67 €.
Un esercizio di somministrazione di via S. Domenico è stato sanzionato per occupazione abusiva del suolo pubblico, omessa esposizione dei prezzi, violazione del regolamento sull’inquinamento acustico, con ammenda di circa 2400 €, ed uno in via Balbo per riproduzione di musica ad alto volume con ammenda di 160€.
Le implicazioni per i Paesi più aridi
Pubblicata su Nature Communications l’analisi di Marta Tuninetti del Water Food Lab del Politecnico in collaborazione con il Laboratory for Coupled Human Water System della University of Notre Dame
Il numero di rifugiati a livello globale è quasi raddoppiato tra il 2005 e il 2016, passando da 12,1 a 23,1 milioni – l’aumento più consistente mai registrato. Milioni di persone sfollate a causa dei conflitti (Palestina, Syria, Iraq e Afghanistan in particolare) hanno trovato rifugio in paesi, spesso confinanti, situati in zone climatiche aride e semi-aride, in molti casi caratterizzate da pesanti condizioni di scarsità idrica.
Fino ad oggi non era chiaro quale fosse l’entità della pressione dei rifugiati e quanta di essa sia dovuta alla domanda di cibo di queste popolazioni in fuga sui paesi ospitanti.
Per rispondere a tale domanda e fornire un quadro attendibile supportato da dati oggettivi, Marta Tuninetti del Politecnico di Torino – DIATI (WatertoFood Lab) e i ricercatori del Laboratory for Coupled Human Water System, diretto dal professor Marc Muller della University of Notre Dame, hanno sviluppato un’analisi innovativa che quantifica le implicazioni dei flussi migratori per le risorse idriche e le possibili soluzioni per preservarle.
I risultati, riportati sull’articolo pubblicato da Nature Communications – DOI 10.1038/s41467-023-38117-0, dimostrano che l’aumento della domanda di acqua – pari a 31 km3 nel 2016 – si è concentrato principalmente in alcuni Paesi tra cui Pakistan, Iran, Turchia, Libano e Giordania, ovvero in zone geografiche caratterizzate da livelli di scarsità d’acqua simili a quelli dei paesi di provenienza dei rifugiati. Secondo lo studio, i paesi ospitanti tendono tipicamente ad avere sistemi produttivi più efficienti dal punto di vista idrico, diete caratterizzate da prodotti più idro-esigenti (ovvero con maggiore impronta idrica) e sistemi alimentari principalmente locali e poco dipendenti dal commercio internazionale.
In generale, spiegano gli autori, lo stress idrico associato all’aumento del consumo di cibo non è risultato essere un problema importante nella stragrande maggioranza dei Paesi di destinazione dei rifugiati, compresa l’Unione Europea, ma è risultato invece avere profonde implicazioni soltanto per alcuni Paesi. Ad esempio, si è scoperto che i movimenti di rifugiati hanno contribuito all’aumento dello stress idrico in Giordania fino al 45-75%.
“Sebbene le implicazioni appaiano minime nella maggior parte dei Paesi – spiega Marta Tuninetti – il nostro studio suggerisce che esse possono dimostrarsi gravi nei Paesi che stanno già affrontando un elevato stress idrico o dove lo stress aumenterà in relazione agli effetti del cambiamento climatico. Questi paesi devono essere monitorati con particolare attenzione poiché tendono attualmente a fare affidamento prevalentemente sulle risorse idriche locali per la produzione alimentare. Il commercio globale potrebbe diventare in questo caso uno strumento per alleviare il potenziale stress idrico a cui alcuni Paesi sono sottoposti quando sono oggetto di importanti flussi di rifugiati e ridurre al tempo stesso la vulnerabilità dei sistemi alimentari locali a crisi idriche.”
I risultati mostrati nello studio forniscono un quadro chiaro ed esaustivo delle attuali implicazioni della migrazione dei rifugiati per le risorse idriche e offrono un supporto quantitativo in grado di orientare ed ottimizzare le politiche di asilo e reinsediamento dei rifugiati sviluppate da UNHCR (UN Refugee Agency).
Di corsa in 700 per la ricerca
STRACANDIOLO-CORRI PER LA RICERCA
Successo di partecipanti per la tradizionale “corsa della solidarietà” a favore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, cui viene devoluto il ricavato delle iscrizioni. Raccolti 9 mila euro. Nella parte competitiva doppietta degli atleti di Torino Road Runners ASD: in campo maschile ha vinto Marco Mazzon, in quello femminile Nicole Cavallera.
Candiolo, 28 maggio – Grande successo di partecipanti, oltre 700, alla 24/ma edizione della “Stracandiolo-Corri per la ricerca”, la gara podistica del calendario regionale Fidal e Uisp che da sempre sostiene la lotta contro il cancro. Si è tornati ai numeri pre Covid, che aveva costretto a organizzare due edizioni “virtuali” della corsa. Caratteristica peculiare di questo evento ludico-sportivo è che il ricavato delle iscrizioni viene devoluto alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, organizzatrice in collaborazione con Torino City Marathon e Torino Road Runners ASD. Quest’anno sono stati raccolti circa 9 mila euro.
Nella parte competitiva, doppietta degli atleti di Torino Road Runners ASD: in campo maschile ha vinto Marco Mazzon , in 26’37”, in quello femminile Nicole Cavallera, in 31’53”.
La corsa, patrocinata dal Comune di Candiolo, è ormai un classico del podismo piemontese e si snoda su un percorso di 8,2 chilometri con partenza e arrivo all’Istituto di Candiolo – IRCCS. La 24/ma edizione della Stracandiolo ha avuto una novità: all’interno dell’Istituto è stata data anche ai più piccoli la possibilità di correre a favore della ricerca con la “Junior Run” (categorie esordienti, ragazzi e cadetti), su distanze che andavano dai 400 ai 2 mila metri.
Commentando il successo dell’edizione 2023 della Stracandiolo-Corri per la Ricerca, il Direttore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, Gianmarco Sala, ha affermato: “E’ significativo che la partenza e l’arrivo di questa edizione si siano svolti sotto la grande gru simbolo di “Cantiere Candiolo”, l’importante piano di sviluppo dell’ Istituto di Candiolo IRCCS, che prevede nuovi spazi a disposizione di medici, ricercatori e, soprattutto, dei pazienti e delle persone a loro vicine. Se Candiolo cresce è grazie anche ad eventi come la Stracandiolo-Corri per la Ricerca. Siamo molto grati al mondo dello sport che è da sempre al nostro fianco e ci sostiene con grande generosità”.
Hanno sostenuto la manifestazione: Chiusano Immobiliare, Banca dei Territori del Monviso, Ambrogio Trasporti e Startari Sabbiature.
In memoria dei martiri della Buonaria
Chiusa San Michele. Sabato 27 maggio al monumento della Buonaria, in borgata Basinatto, si sono ricordati gli 11 giovani fucilati in quel luogo il 26 maggio 1944.
Amministratori comunali, Anpi, Parroco, associazioni, studenti e preside del Liceo “Cottini”, familiari dei caduti, cittadini…insieme per rinnovare Memoria, riconoscenza e impegno perché il sacrificio di quei giovani possa rompere il muro di indifferenza che spesso ci circonda.
Focus Syrah, degustazione di Go Wine a Torino
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In Biblioteca Nazionale alla scoperta del Fondo 1904
I visitatori verranno accompagnati in un viaggio tra carte e volumi giunti in Biblioteca Nazionale dopo il rovinoso incendio del 1904. Rifuggendo il cliché che relega la cultura al ruolo sociale di intrattenimento, svago, curiosità o di esclusivo interesse per specialisti, la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino ha voluto riunire le competenze di diversi professionisti, quali storici, archivisti, bibliotecari ed informatici, per indagare e valorizzare i Doni 1723-1904, custoditi presso la Biblioteca, al fine di mettere in luce le diverse implicazioni storico-culturali legate a uno dei momenti più drammatici e significativi della vita plurisecolare della Biblioteca, in relazione al suo ruolo – riconosciuto a livello internazionale – di custode di un patrimonio di conoscenza inestimabile per l’intera collettività.
In particolare, il più consistente sub Fondo 1904 fu costituito in seguito a quello che è considerato il più rovinoso dei tre incendi che colpirono il prestigioso Istituto torinese. Le fiamme dilagarono in Biblioteca nel 1667, nell’ allora Libreria Ducale, nel 1942, durante il Secondo Conflitto Mondiale e appunto tra il 25 e il 26 gennaio del 1904.
Di tale incendio resta viva la memoria poiché ampiamente documentato da fotografie e dai resoconti della cronaca giornalistica dell’epoca. Le perdite per la Biblioteca furono ingenti, soprattutto per ciò che concerne l’importante patrimonio manoscritto ivi conservato, di cui si stima andò perso circa un terzo del posseduto (1500 su 4500 volumi).
All’epoca il fatto mosse le coscienze della cultura italiana, europea e internazionale poiché la Biblioteca torinese corrispondeva con studiosi e accademie di tutto il mondo. All’enorme impressione suscitata dal fatto seguì un’immediata gara di solidarietà per cercare di reintegrare in qualche modo le perdite subite con una nutrita serie di lasciti e donazioni da parte di Istituti culturali e privati di ogni parte del mondo. E così dalla solidarietà della cultura italiana e internazionale nacque l’inedita raccolta libraria poi denominata Fondo 1904.
I libri viaggiarono accompagnati da lettere e documenti da ogni angolo del mondo verso Torino per risarcire la Biblioteca dell’enorme perdita subita. I visitatori avranno l’opportunità di riscoprire le tappe di questi viaggi accompagnati dai bibliotecari e gli archivisti della Culturalpe s.c., che si è occupata del riordino dell’archivio ed è attualmente attiva nel progetto di catalogazione, inventariazione e valorizzazione del Doni giunti alla Biblioteca, con la collaborazione dell’Associazione Amici della Biblioteca ABNUT
Tre visite guidate l’8 giugno: alle ore 12.00, alle ore 13.00 e alle ore 14.00. Durata circa 45 minuti. Prenotazione obbligatoria a bu-to.eventi@cultura.gov.it
Quattro portacolori del Team Dimensione Nuoto hanno preso parte agli Assoluti Lifesaving di Riccione, i campionati italiani di Salvamento. I nostri atleti si sono cimentati sia nelle prove individuali, sia nelle staffette. Ecco i risultati conseguiti.
Gabriele Lassandro: Torpedo 58°, Super Lifesaver 46°, 50 trasporto manichino con pinne 40°, 50 pinne 44°.
Rebecca Lassandro: Super Lifesaver 31^, Percorso Misto 51^, 50 con pinne 29^, Torpedo 29^, 50 trasporto manichino con pinne 23^.
Emma Tartara: 50 ostacoli 13^, 50 pinne 48^, Percorso Misto 54^, Super Lifesaver 77^.
Mattia Levati: 50 ostacoli 30°, 200 ostacoli 49°
Staffette: Line Throw 13°, Mixed Pool Lifesaver 18^.
L’isola del libro
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Ian McEwan “Lezioni” -Einaudi- euro 23,00
E’ un capolavoro l’ultimo romanzo dello scrittore inglese Ian McEwan, nato nel 1948 ad Aldershot, autore prolifico e molto amato anche dal cinema.
Sandro Veronesi (due volte premio Strega) –uno che di letteratura se ne intende- ritiene che “Lezioni” sia addirittura il miglior romanzo di questo secolo….
E’ un libro che cavalca 70 anni di vita del protagonista Roland Baines, voce narrante di un racconto intimo, denso di avvenimenti e personaggi che si muovono sullo sfondo di buona parte della storia mondiale del Novecento.
Un coinvolgente spartito ricco di tematiche diverse che incarnano tutto quello che l’esistenza può racchiudere: sentimenti, esperienze anche traumatiche (di quelle che ti svoltano il destino), battute d’arresto e riprese, amori, fughe, passioni, incomprensioni, malattie e morte. Ma questo è solo un pallido tentativo di sintetizzare un romanzo maestoso per scrittura, contenuti, mole e scorrevolezza.
Roland Baines svolge all’indietro la sua lunga esistenza, a partire dall’infanzia in Libia, coccolato dalla madre Rosalind. Con la crisi del Canale di Suez tutto cambia per gli stranieri e Roland a 11 anni viene spedito dal padre (rigido militare) in un collegio inglese.
E’ lì che si verifica il “danno” che lo segnerà per sempre. Subisce inequivocabili avances sessuali dalla sua insegnante di pianoforte, Miriam Cornell, di 10 anni più grande di lui, che lo invita a casa sua.
Lui non ci andrà subito, ma lei gli è entrata nella testa e anima le sue prime fantasie erotiche.
Tre anni dopo, quando sembra approssimarsi la fine del mondo per la crisi dei missili sovietici a Cuba, Roland busserà alla porta di Miriam e inizierà così una relazione morbosa, travolgente ed esclusiva che durerà anni. Fino a quando lui, appena 16enne, frena e viene cacciato. Ma il guasto ormai è stato fatto.
Da allora, invece di eccellere come pianista, sbanda verso un destino irregolare, a tratti molto stentato. Inanella una serie di esperienze che passano attraverso il matrimonio con Alissa e la nascita del loro figlio Lawrence.
Poi l’altro grande trauma, quando Alissa scompare all’improvviso, in fuga dalla famiglia e all’inseguimento delle sue ambizioni come scrittrice. Di quel marito e quel bimbo abbandonato in fasce non vuol più sapere nulla e si avvia verso la gloria letteraria.
Roland ne seguirà la carriera dai giornali che la osannano come una delle maggiori scrittrici viventi, e intanto si arrabatta tra lavori semplici che gli consentono di provvedere al figlio, fulcro della sua esistenza.
La vita di Roland procede e si arricchisce di altri incontri; fondamentale quello con Daphne; un altro matrimonio e figli acquisiti da gestire in armonia tra due case e due adulti segnati dai precedenti fallimenti.
Ma anche la scoperta di un fratellastro e qualche segreto di famiglia che viene alla luce.
Fondamentali saranno infine le rese dei conti con le 2 donne che l’hanno travolto; ma anche la malattia, la morte e le volontà da rispettare dell’unica donna che era poi quella giusta.
Un capolavoro che condensa la vita e destini diversi in 561 pagine indimenticabili.
Paul Harding “Un altro Eden” -Neri Pozza- euro 18,00
Paul Harding ha esordito nel 2009 con “L’ultimo inverno”, primo capitolo di una trilogia pubblicato da un piccolo editore, che gli è valso il Premio Pulitzer l’anno seguente. Oggi quel successo se lo gode nella sua casa di Georgetown in Massachusetts dove vive con moglie e figli e continua a scrivere libri.
Questo ultimo romanzo si ispira ad una storia realmente accaduta, riguarda ex schiavi che a fine 700 edificarono il loro paradiso su un’isola al largo del Maine, poi cacciati dal governo a inizi 900.
Tutto inizia con Benjamin Honey, uomo di colore nato in schiavitù, carpentiere navale, ma fondamentalmente aspirante frutticultore. Nel 1793, insieme alla moglie Patience (irlandese di Galway), approda ad Apple Island, un grumo di terra in mezzo al mare.
Benjamin ci arriva con un grande sogno; ricreare il giardino ricco di profumi e sapori in cui ricordava di essere stato da bambino. Quasi un nostalgico sogno nebuloso, che però è la molla della sua vita. Negli anni, peregrinando come bracciante e poi navigando, ha sempre raccolto i semi di diverse varietà di mele, li ha conservati in preziosi sacchetti di juta, in attesa di realizzare il suo frutteto di 32 meli.
Dopo i primi insuccessi, infine riesce a ricreare il suo piccolo Eden, grazie a una tenacia granitica.
Negli anni, sull’isola (che in realtà si chiama Malaga ed è a poche miglia di distanza dalla costa del Maine), arrivano poi altri personaggi che danno vita ad una comunità eterogenea. Una sorta di enclave di profughi composta da: afroamericani, bianchi poveri, pescatori, membri di varie etnie.
Convivono su Apple Island in modo semplice, rudimentale e povero, ognuno libero di fare quello che più gli aggrada. Riparati in tronchi d’albero cavi o in capanne, alle prese con periodi di fame, al buio e al limite della sussistenza a seconda delle stagioni.
E’ lì che vengono al mondo i discendenti di Benjamin; figli, nipoti e pronipoti che trascorreranno esistenze semplici, libere, a contatto con la natura che però a volte scatenerà anche la sua furia.
Al riguardo è memorabile il racconto che la pronipote di Benjamin, Esther Honey, fa alle nipotine Tabitha di 10 anni e Charlotte di 8, del devastante uragano che spazzò via tutto (frutteto compreso) nel 1815.
Esther, in 10 memorabili pagine, narra la tragedia che aveva rischiato di distruggere la sua famiglia. E in letteratura non sono tante le descrizioni di un’apocalisse di questa levatura; questa è particolarmente efficace nel trasportare il lettore dentro la furia delle acque che causano devastazione e morte.
Il romanzo ci porta alle soglie di un altro disastro per gli abitanti dell’isola, quando nel 1912 il governatore dello Stato invia una commissione di bigotti per testare le condizioni di vita della piccola enclave dei 47 residenti dalla vita semplicissima.
Un Eden che dalla terra ferma veniva visto in tutt’altro modo……
Amina Damerdji “Un fiore senza paura” -Neri Pozza- euro 18,00
Questa è la storia della vita di Haydèe Santamaria, eroina della Rivoluzione cubana. Ed è l’esordio fortunato di Amina Damerdji, nata in California nel 1987, ma cresciuta in Algeria fino all’inizio della guerra civile. Trasferitasi in Francia è ricercatrice in lettere e scienze sociali, ha fondato la rivista “La Seiche” e si occupa di poesia. Questo è il suo primo romanzo pubblicato dal prestigioso editore Gallimard nel 2021.
L’ispirazione le è venuta durante un viaggio a Cuba che l’ha spinta ad approfondire la storia e la poesia rivoluzionaria dell’isola. E’ così che ha ripercorso le tappe dolorose di Haydèe, la rivoluzionaria che ha combattuto a fianco di Fidel Castro ed è morta suicida nel 1980.
L’autrice racconta di Haydèe Santamaria poche ore prima che si togliesse la vita, immaginando il flusso di ricordi e pensieri dell’eroina, tra malinconia e dolore per le perdite subite.
Così viene ricostruito il suo passato. A partire dalla giovinezza, in particolare tra gli anni 1951-53, segnati dalla morte del fratello Abel, personaggio di spicco del movimento rivoluzionario, arrestato ed ucciso mediante fucilazione dopo il fallito assalto alla Moncada.
Anche Haydèe fu catturata e torturata. Per farla parlare, orrore nell’orrore, i seguaci di Batista le inflissero pure il supplizio raccapricciante di mostrarle i testicoli del fidanzato e gli occhi del fratello. Lei non parlò mai e sopravvisse fino a vedere la vittoria della rivoluzione, ma la sua anima si era spezzata.
Da giovane pervasa da alti ideali si ritrova a fare i conti con le disillusioni della vita e della storia. Si dedicò alla costruzione della nuova Cuba liberata, fondò la Casa de las Americans che diresse per 20 anni, riunendo le voci degli intellettuali dell’America Latina.
Tuttavia le torture subite, il dolore per i gravi lutti, depressione, disillusione e senso di fallimento si riversano in una lettera nella quale si dissocia dalla deriva della rivoluzione, che però non verrà mai resa pubblica. Il 26 luglio 1980 si spara un colpo di pistola mettendo fine al suo strazio.
Diane Johnson “Le marriage” – Blu Atlantide- euro 20,00
E’ il secondo capitolo della trilogia della scrittrice americana (nata nel 1934 in Illinois) che ha riscosso un grande successo l’anno scorso con “Lorna Mott torna a casa”; ed è una commedia brillante e ironica ambientata nella Parigi di fine anni Novanta, quella altolocata e ricca di privilegi.
Due facoltose coppie di amici finiscono impelagate nel furto di un prezioso manoscritto medievale.
Tra cocktail e partite di golf si inseriscono le vicende della bellissima ex attrice hollywoodiana Clara Holly, originaria dell’Oregon; ora moglie del regista Serge Cray, uomo lunatico, solitario e venerato. Vivono nel castelloche era stato di Madame Du Barry e si barcamenano in un tran tran quotidiano alquanto noioso, che appanna giorno dopo giorno il loro matrimonio.
La seconda coppia è formata da due giovani in procinto di convolare a nozze. Sono il giornalista Tim Nolinger, per metà americano e metà belga; fidanzato con Anne-Sophie d’Arget, figlia della famosa scrittrice parigina di romanzi rosa Estelle, (dispensatrice di parecchi consigli amorosi nelle sue pagine). Anne- Sophie è proprietaria di una boutique che vende cimeli equestri al mercatino delle pulci di Parigi e si prepara al matrimonio.
Mentre il fidanzato segue la pista del furto di un manoscritto miniato proveniente da una collezione privata di New York, entra nell’orbita di due turisti americani. Sono Delia e Gabriel (segretamente amanti), per caso incappano nel cadavere di un commerciante vicino al negozio di Anne-Sophie. Posto sbagliato e momento altrettanto sbagliato che innesca una catena di eventi, incluse sparizione di passaporti e persone.
L’autrice mette in scena i pregiudizi dei francesi nei confronti degli americani; ma anche amori, incomprensioni e cose futili, un miscuglio di effimero e lieve. Elargisce tutto in un continuum di colpi di scena, sempre con uno sguardo critico su luoghi comuni e superficialità varie, e a tratti divertenti.