ilTorinese

Volpiano, in Consiglio comunale fondi per progetti di cittadinanza digitale


Stanziate risorse anche per l’aumento dei costi energetici per le utenze

Nella seduta di lunedì 28 novembre il Consiglio comunale di Volpiano ha approvato alcune variazioni al bilancio di previsione 2022-2024 riguardanti attività collegate al Pnrr, il piano di ripresa nazionale dopo la pandemia. In particolare 220mila euro sono destinati alla digitalizzazione dei servizi pubblici, come sistemi cloud per la pubblica amministrazione, servizi online per i cittadini, identità digitale (Spid, Cie), e lo sviluppo di app e della piattaforma PagoPa; 166mila euro sono stati invece previsti per l’incremento dei costi energetici per le utenze e altri 140mila euro al servizio Lavori Pubblici per aumenti legati alle forniture di gas. L’assemblea ha infine approvato la modalità di gestione della sosta a pagamento e il rinnovo delle convenzioni con Sbam per i servizi bibliotecari e con i Comuni di San Benigno Canavese e Bosconero per i servizi di pubblica sicurezza.

Lavori all’ufficio postale di Caselette

Poste Italiane comunica che l’ufficio postale Caselette di Strada Contessa 4, non sarà operativo da lunedì 5 dicembre per consentire lo svolgimento di lavori interni di ristrutturazione e ammodernamento. In particolare è prevista la realizzazione di una nuova sala consulenza.

Fino al termine dei lavori la clientela potrà rivolgersi presso l’ufficio postale di Val della Torre, via Roma 29, per tutte le operazioni postali e finanziarie, compreso il ritiro delle raccomandate, dal lunedì al venerdì dalle ore 8.20 alle ore 13.35 e il sabato dalle ore 8.20 alle ore 12.35

Valenza sul New York Times, il grazie del sindaco

Il Sindaco di Valenza Maurizio Oddone ha scritto oggi al direttore del New York Times Joseph Kahn per ringraziarlo della pubblicazione di un articolo sulla prestigiosa testata newyorkese nel quale era citata Valenza come polo di eccellenza del lusso e del gioiello e per la sua attrattività degli investimenti dei grandi gruppi internazionali.

Si tratta. come ha sottolineato il Sindaco di un importanza riconoscimento del ruolo di Valenza nel mondo.
Allego il testo della lettera in inglese e in Italiano

Il presidente Figc sul caso Juve: “Non c’è ancora processo, no a linciaggio”

Dopo le dimissioni del CdA della Juventus e in relazione al possibile rinvio a giudizio degli ex vertici juventini ha detto la sua anche il presidente della Figc, Gabriele Gravina: “Se vogliamo il linciaggio in piazza non è un problema, ma stiamo calmi perché temo che quel tema possa riguardare anche altri soggetti”, ha osservato  e ha aggiunto: “Il tema che l’argomento può riguardare altri club non è riferito all’indagine in corso sulla Juventus, ma a una reazione esasperata che in Italia, in generale, rende colpevole chi ancora non è stato condannato”. “Non mi piace l’idea di sanzionare alcune realtà, nel caso specifico la Juventus, prima che ci sia un processo” ha concluso.

Premio Speciale 40 TFF a Giampiero Leo

Il Museo Nazionale del Cinema e il Torino Film Festival con la Fondazione CRT consegnano a Giampiero Leo un riconoscimento per l’importante opera di sostegno che negli anni ha riservato al TFF, il Premio Speciale 40° TFF per benemerenza. 

“La benemerenza, recitano i dizionari, definisce un merito definito e riconosciuto. Giampiero Leo, prima come consigliere comunale e poi come assessore regionale e sempre come persona intellettualmente libera e sensibile, è stato il baluardo che ha consentito a iniziative culturali come il TFF di esistere e di crescere. La sua intelligenza e la sua tenacia sono da tutti riconosciute, e il TFF con questo premio vuole solo unirsi ai tanti che negli anni hanno detto: grazie, amico Giampiero”.

Il Premio Speciale a Giampiero Leo sarà consegnato  giovedì 1 dicembre, alle ore 21.30 al Cinema Romano (sala 2), prima della proiezione ufficiale del film Perfetta Illusione di Pappi Corsicato.

Emergenza casa e povertà: si rinnova l’accordo tra Città e Arcidiocesi

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Oggi, giovedì 1° dicembre, alle  ore 10.45 nella Sala delle Congregazioni di Palazzo Civico si terrà la conferenza stampa per presentare il rinnovo dell’Accordo di collaborazione fra la Città di Torino e l’Arcidiocesi.

All’incontro con i giornalisti interverranno la Vicensindaca, Michela Favaro, l’Assessore al Welfare, Jacopo Rosatelli e il Direttore dell’Ufficio Pastorale della Salute della Diocesi di Torino, don Paolo Fini.

L’Accordo, che ha validità triennale, è finalizzato allo sviluppo e alla qualificazione di programmi per affrontare la povertà e l’emergenza abitativa attraverso la messa a disposizione di 20 alloggi della Città all’Arcidiocesi.

Mondiali Qatar: Polonia-Argentina 0-2 Arabia S.-Messico 1-2

Prosegue la terza giornata dei gironi,
nel gruppo D, a sorpresa ma ininfluente come risultato,la Tunisia batte 1-0 la Francia, già qualificata. Ma non basta ai nordafricani per passare il turno perché una coriacea e ben organizzata Australia sconfigge 1-0 la Danimarca e si qualifica come seconda.Nel gruppo C
L’Argentina batte la Polonia per 2-0 qualificandosi così agli ottavi di finale. La Polonia passa come seconda nel girone grazie alla differenza reti, non più alla classifica fair play,il Messico non va oltre la vittoria solo per 2-1 contro l’Arabia Saudita.

Enzo Grassano

I premiati di “Piemonte sotto le stelle”, iniziativa promossa da Even29 Onlus

Il Premio “Piemonte sotto le stelle” si articola in tre sezioni: Premio Tradizioni 2022, Premio Visioni 2022 e Premio Cultura 2022.

Il Premio Tradizioni 2022 è stato assegnato quest’anno al poeta Sergio Donna, per il suo impegno nel sostenere e tenere vivi gli usi e costumi della lingua piemontese nel mondo.

Il Premio Visioni 2022 è andato ad Alessandro Sciretti, per la visione strategica nella gestione di un ente pubblico, che sostiene un modello moderno di servizi e contributi al diritto allo studio, rendendo il Piemonte una regione universitaria.

Il Premio Cultura 2022 è stato assegnato a Lara Martinetto, padrona di casa di grandi mostre a Torino e in Piemonte, capace di contribuire con la sua azienda al modello di città e regione aperta al turismo di qualità.

MARA MARTELLOTTA

Premio Stella della Mole a Malcom McDowell

 

Nell’edizione del quarantennale del Torino Film Festival, il Premio Stella della Mole va a Malcom McDowell, grande star del cinema internazionale.

“Per noi è un grande onore poter conferire il Premio Stella della Mole a Malcom McDowell – sottolineano Enzo Ghigo e Domenico De Gaetano, rispettivamente presidente e direttore del Museo Nazionale del CinemaLa prima premiata è stata Isabella Rossellini nel 2020 durante il TFF, in piena pandemia. Dopo di lei sono stati premiati grandi artisti come  Monica Bellucci, Xavier Dolan e Dario Argento. Ora è il turno di Malcom McDowell, un grande personaggio, vera icona del cinema internazionale, che con le sue interpretazioni ha segnato non solo la storia della settima arte ma anche e soprattutto l’immaginario collettivo di diverse generazioni”.

 

“Durante questo Torino Film Festival è stato per me un grande piacere trascorrere questo periodo qui in vostra compagnia – afferma Malcom McDowell dopo aver ricevuto il Premio Stella della Mole -, grazie per l’invito e grazie per lo straordinario Torino Film Festival. Torino ha anche questo meraviglioso Museo del Cinema, ne visitati molti nel mondo ma niente è paragonabile alla bellezza di questo museo. Grazie ancora, la vostra città è davvero meravigliosa, mi dispiace lasciare Torino. Pensavo di vedere una città molto simile a Manchester, pensavo che a Torino si fabbricassero le automobili della Fiat. In realtà è una città bellissima ed elegante, la più bella d’Italia”.

 

La motivazione.

Nella sua lunga carriera, Malcolm McDowell ha interpretato 270 film e in tutti ha lasciato un segno indelebile. Esordisce nel 1968 interpretando Mick Travis in If di Lindsay Anderson e già si fa portatore di una ribellione che caratterizzerà molte delle sue interpretazioni successive. Per il grande pubblico sarà sempre identificato con Alex DeLarge nel film di Stanley Kubrick Arancia meccanica, ma la sua fama di attore versatile è legata ai film più diversi, da Il bacio della pantera di Paul Schrader a Intrigo a Hollywood di Blake Edwards, da Mortacci di Sergio Citti, a I protagonisti di Robert Altman e Halloween di Rob Zombie. Tra i molti premi di cui è stato insignito il Nastro d’argento europeo nel 2005 per Evilenko di David Grieco.

I nativi d’America, i fantasmi del tunnel e le madri di sapori dittatoriali

Spagna, Giappone e Stati Uniti in concorso al 40° TFF

 

Staticità nipponica, immobilità cinematografica del Sol Levante: un prendere o lasciare, non c’è via di mezzo, per il pubblico di casa nostra. Un cinema chiuso, a tratti indecifrabile, fatto di sovrapposizioni, di un tempo che sfugge e si mostra confuso, di personaggi immateriali, di un mondo onirico che si rivela reale e viceversa; di riprese soprattutto che s’affidano totalmente alla camera fissa, estenuanti, lunghi corridoi notturni e no per portarci a due passi da una tragedia, insistiti, privi di uno sviluppo ma chiusi nel loro scorrere, l’attore posto non sai se più per vezzo o per abitudine di spalle a mostrare la nuca per manciate e manciate di secondi, o l’inquadratura di questo o quell’oggetto mentre l’unica presenza sono certi suoni o un pianto indecifrato o un intervento anonimo, frasi a brandelli, sesso giovanile meccanico e affatto risolto. “Nagisa” (in concorso) è diretto da Takeshi Kogahara, è la storia di un ragazzo, Fuminao, e di sua sorella Nagisa che da poco tempo hanno perduto la madre. La ragazza ha un incidente alle porte di Tokio, sull’autobus su cui viaggia per andare a trovare Fuminao, universitario nella capitale. Nagisa non lo abbandonerà del tutto, dopo pochi anni rivisitando più e più volte il tunnel che è stato il luogo della tragedia, il ragazzo sarà certo di rivederne il fantasma. Materia “surreale”, trattata attraverso cenni fine a se stessi, decine di episodi minimi, brevissimi, flashes aperti e presto chiusi, dove i contenuti non hanno assolutamente il tempo e la possibilità di irrobustirsi, di amalgamarsi, di legarsi l’uno all’altro: la materia, già impalpabile, si perde anche negli ultimi attimi, nelle immagini conclusive, quando un clima di normale allegria e affettività sembrerebbe spazzar via quanto di infelicemente sospeso abbiamo visto sinora.

Di area spagnola (coprodotto con l’Argentina da Alex de la Iglesia) “La pietad” del trentenne Eduardo Casanova, ormai osannato in patria, una delle promesse del cinema europeo, autore nel 2017 di “Pelle”, passato su Netflix, chiacchierato affresco di persone che, a causa delle loro deformità fisiche, sono costrette a nascondersi e a isolarsi dal resto del mondo. Anche con “La pietà” non si scherza. Libertad, nomen omen, detta Lili, donna non ancora cinquantenne (Angela Molina) e Mateo (Manuel Llunell) sono madre e figlio, vivono insieme in un vasto ed elegante appartamento dove il color rosa predomina e l’ordine regna. Il loro affetto è forte, sconfina nella passione, senza limiti la dipendenza dell’uno nell’altra, il mondo tagliato fuori, un padre e un marito che s’è rifatto una vita con un’altra donna. Lili pensa per il figlio, parla per lui, agisce al posto suo, riempie ogni sua necessità. Qualche più o meno piccola ribellione è cancellata sul nascere: il cancro, il tentativo di un’operazione, gli ultimi istanti di un padre che ha voluto porre fine alla propria esistenza, li uniranno più di prima. L’eleganza, la malattia, la morte, la dedizione reciproca, l’amore incondizionato di una madre per chi ha generato e cresciuto, spingono il regista a spiccare un volo che nessuno spettatore s’aspetterebbe mai: sta più o meno a due passi la Corea del Nord, con il proprio dittatore Kim Jong-un, padre di un popolo osannante e prono, pronto a versare fiumi di lacrime quando sarà il tempo della sua dipartita… perché non creare un bel dualismo, un serioso (quanto eccentrico!) paragone con questa madre-dittatora amabilmente in rosa? Ossessione, dipendenza, maternità, controllo, terrore e potere in un’orgia di melodramma, in scenografie raffinate, in un profumo d’Almodovar datato e scimmiottato che ti dà alla testa. Non è l’estrema rifinitura a disturbare, è quella morbosità insistita e bisturizzata e gelida a guastare in fondo l’embrione di una intera vicenda.

Ancora bandiera spagnola per il convincente “Mantìcore”, scritto e diretto da Carlos Vermut, a cui il festival sta dedicando una sezione speciale composta di quattro lungometraggi. Ha da poco superato i quaranta ma il suo nome non è tra i più frequentati dal nostro pubblico. Deve aver preso a prestito ben più di un’idea dalla sua vecchia professione di illustratore a “El mundo” o di ri-creatore della serie nipponica “Dragon Ball” se anche al suo protagonista Julian (un intenso Nacho Sànchez), ragazzo chiuso e senza legami affettivi, affida le immagini e le costruzioni al computer abituali della medesima professione. Quei video game di successo che porta avanti con l’editore partoriscono mostri, animali stranissimi, paesaggi e vicende inimmaginabili. All’inizio del film un incendio lo mette di fronte ad un bambino e al suo salvataggio, nel corso della storia con l’apparizione della giovane Diana (Zoe Stein, il viso bellissimo, una sorta di Demi Moore in “Ghost”) inizierà a vedere una finestra aperta sulla felicità. Ma i mostri non sono soltanto delle immagini, abitano dentro di noi, costantemente, quando pensi di averli cacciati, mostri che vivono nei nostri rapporti e nei nostri sentimenti, che puoi incontrare in ogni angolo: ma “Mantìcore” è anche la lotta per liberarci di essi, è la manifestazione delle nostre richieste d’amore, del bisogno che ne abbiamo, di amare e di essere amati, la lotta contro il buio e i silenzi che stiamo attraversando. Un film sincero, intimo, capace di rendere una felice scrittura dei personaggi, ben calibrato, che trova posto nel fuori concorso e che qualche distributore italiano dovrebbe con un minimo di coraggio proporre nei mesi prossimi.

In finale di carrellata, “War Pony” che nel maggio scorso, presentato a Cannes nella selezione ufficiale di “Un certain regard”, ha vinto la Caméra d’Or, il premio per la miglior opera prima, trasversale a tutta la selezione del 75° Festival. Potrebbe aver tutta l’aria di essere uno dei premiati anche al festival torinese. È un esordio promettente, che va dentro alle vicende e ai personaggi, ai luoghi degradati, che è un esempio di conduzione d’attori, che mette in campo appieno la naturalezza di adulti e ragazzini, che non nasconde i lati oscuri e duri di quanti portano avanti un’esistenza nella riserva indiana di Pine Ridge, nel South Dakota; è la prima volta dietro la macchina da presa dell’attrice e modella Riley Keough (è anche nipote di Elvis Presley) che lo ha codiretto con Gina Gammell (anche produttrice). Una storia ottimamente trattata, che a tratti ha l’ambizione di accostarsi alla materia con sguardo documentaristico, l’affresco di una quotidianità fatta di problemi e di modalità di risoluzione non sempre legittimi, di funerea sopravvivenza, di abitazioni squallide e di disoccupazione, dell’arrancare di ogni giorno, del consumo di droga e di alcol, dell’infanzia già troppo adulta, della separazione dal resto della nazione e del rintanamento imposto, come di una componente antica e religiosamente ricordata, con le preghiere e i riti e l’immagine dell’immenso bisonte che è un po’ il dio protettore dell’intera comunità. Basterebbe pensare a Matho, di dodici anni, qualche volta frequenta la scuola, più spesso scorribanda con altri ragazzini, cresce in fretta con un padre che è tossico e spacciatore: a cui ruba la droga, per essere cacciato di casa e trovare rifugio da una nonna che tiene tra le sue quattro pareti una centrale di spaccio. O al Bill ventitreenne (le due storie sono obbligate a incrociarsi), padre di due pargoli da due donne diverse, che cerca di tirar su un po’ di soldi con l’allevamento di cuccioli. S’accontenta di lavoretti al limite del legale e se il padrone bianco accampa scuse per non dargli il promesso, ecco che violenza ancora una volta si aggiunge a violenza. E la rabbia è destinata a continuare.

 

Elio Rabbione

 

 

Nelle immagini, scene tratte da “Nagisa” del giapponese Takeshi Kogahara, da “La Pietad” con Angela Molina, dallo spagnolo “Manìcore” e dallo statunitense “War Pony” diretto dalla coppia femminile Riley Keough/Gina Gammell.