ilTorinese

BitGeneration: il mondo di Bitcoin raccontato a universitari e liceali

 Il Bitcoin Wallet Conio annuncia  un’importante partnership con BitPoliTO, il gruppo studentesco del Politecnico di Torino che mira a promuovere la conoscenza e l’adozione di Bitcoin a livello universitario e fra i liceali. Conio fornirà finanziamenti per i progetti del gruppo studentesco del Politecnico di Torino e assicurerà il suo costante supporto a tutto il progetto.

Una delle attività principali della partnership è “BitGeneration”, il primo corso sperimentale in Italia in cui universitari e speaker di settore di livello internazionale introdurranno agli studenti delle superiori conoscenze fondamentali su Bitcoin. Durante questi seminari, i docenti parleranno della tecnologia e della storia del protocollo, oltre che di economia, matematica e informatica. Le lezioni, già partite il 31 gennaio, si terranno negli spazi del Politecnico di Torino e verranno registrate in video e pubblicate su YouTube per una maggiore accessibilità.

Nel primo incontro è stato proprio Giacomo Zucco, importante divulgatore italiano di Bitcoin oggi famoso a livello internazionale, a spiegare agli studenti le motivazioni che hanno portato alla nascita di Bitcoin: partendo dal concetto di moneta ed evidenziando le caratteristiche che contraddistinguono una buona forma di denaro. Nelle prossime lezioni, poi, proseguirà l’approfondimento dei fattori sociali ed economici dietro allo sviluppo di Bitcoin per dedicarsi, successivamente, alle parti più tecniche: dal funzionamento del Network fino all’architettura di un Wallet.

Con questa partnership, Conio dimostra di credere nello sviluppo del settore Bitcoin, investendo nella formazione di progetti e talenti, e collaborando con gli studenti che rappresentano i professionisti del futuro di questo settore. Secondo la scale-up fondata da Christian Miccoli, è importante sviluppare talenti in Italia per mantenere e accrescere il know-how in un settore strategico come quello della custodia dei digital asset.

Conio non è nuova a questi investimenti in attività di divulgazione e formazione. Di qualche mese fa è infatti la nascita del progetto EduFin 3.0, lanciato in collaborazione con Banca Generali, per andare a colmare il gap di alfabetizzazione in ambito finanziario che ancora esiste tra l’Italia e il resto d’Europa. Un’iniziativa realizzata con lo youtuber e imprenditore digitale Marco Montemagno, grazie anche al supporto di altri partner strategici del settore.

Questa partnership rappresenta un passo importante nell’adozione di Bitcoin in Italia, e siamo orgogliosi di lavorare con il Politecnico di Torino per promuovere la formazione e la conoscenza del settore in un ambiente accademico. Siamo convinti che questo genererà nuovi talenti e progetti innovativi che contribuiranno a far crescere il settore degli asset digitali in Italia, aumentando il know-how del paese in un settore strategico e promuovendo l’innovazione”, ha commentato Christian Miccoli CEO di Conio.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Benjamin Stevenson “Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno”

-Feltrinelli- euro 19,00

E’ brillante e ironica la scrittura del pluripremiato stand–up comedian e autore australiano Benjamin Stevenson che al suo attivo ha tre romanzi ed è anche agente letterario. La dimostrazione è racchiusa anche in queste 381 pagine che ispireranno una serie televisiva per HBO.

E’ con straripante sense of humor che Stevenson ci introduce nelle rocambolesche vicende della famiglia Cunningham, che non è come le altre. I suoi membri sono strampalati uno più dell’altro e ad unirli è il fatto che tutti hanno ucciso qualcuno, a volte anche ripetutamente.

Si riuniscono tutti in un resort in montagna per un fine settimana in cui dovrebbero festeggiare l’uscita dalla galera di uno dei figli, Michael, dopo tre anni di detenzione per omicidio. Tra le sbarre ce lo ha spedito il narratore, Ernest o “Ern”, che per mestiere scrive manuali tecnici e dopo la delazione del consaguineo è ovviamente diventato la pecora nera del clan.

In concomitanza della reunion familiare viene trovato morto (soffocato dalla cenere ma senza combustione) uno sconosciuto… e vai di indagini a cui si applica un imbranato poliziotto. Il primo sospettato finisce per essere l’ex galeotto. Poi nulla sarà come sembra. Il narratore ripercorre le vite dei vari familiari ed è uno scoppiettante avvicendarsi di altri morti, tanti cadaveri negli armadi del passato di ogni Cunningham.

Un giallo che viaggia tra dinamiche familiari borderline, imitatori di serial killer, attriti che si trasformano in moventi per uccidere, bare trafugate e corpi nascosti … e tante altre sorprese.

 

 

Julie Otsuka “Nuoto libero” -Bollati Boringhieri- euro 16,00

 

Questa raffinata scrittrice (nata a Palo Alto negli Stati Uniti nel 1962) è americana di origini giapponesi e l’abbiamo scoperta nel 2012 con la traduzione in italiano del suo “Venivamo tutte per mare”; in cui raccontava le vicende delle donne giapponesi sbarcate negli Stati Uniti a inizi 900 per sposare i connazionali già residenti in terra straniera.

Ora ci coinvolge in una storia ad alta tensione emotiva in cui affronta senza fare sconti il dramma della madre che, per una devastante malattia degenerativa, sta progressivamente perdendo la memoria.

L’avvio del romanzo ha luogo in una piscina sotterranea a San Francisco dove, bracciata dopo bracciata e virata dopo virata, un gruppo di nuotatori eterogeno stempera ansie, malinconie, dolori fisici e morali. Condividono la passione per l’acqua, per le regole e i rituali che li fanno volare sulla superficie della piscina.

Un giorno però compare una crepa nella corsia 4 e cambia tutto; soprattutto per la madre della narratrice che, da quando l’impianto viene chiuso, perde la comfort zone dell’acqua e precipita nello scompiglio interiore e mentale. Si chiama Alice, è una nuotatrice provetta e sta progressivamente e irreversibilmente perdendo la memoria.

Nella seconda parte del libro la parola passa a sua figlia, voce narrante che in modo quasi chirurgico racconta il dramma materno. Ricostruisce la vita della donna che l’ha messa al mondo, fa tesoro degli scampoli di memoria che via via si riducono a nebbia. Poi a un certo punto quella madre finirà per osservare, muta e lontana, la figlia che però non riconosce più.

Tornano a galla tasselli di un passato difficile; quello di Alice, figlia di immigrati giapponesi nella California del dopoguerra. Sposa fedele e madre di 4 figli; ma con la ferita della nascita di una di loro con una malformazione al cuore che l’ha uccisa 30 minuti dopo essersi appena affacciata al mondo. Poi il dolore per la morte della madre centenaria che ha lasciato un vuoto incolmabile .

Prepararsi a una lettura struggente ma veritiera che fa luce sul decadimento fisico, l’abbruttimento, l’angoscia e la degenza in clinica nel momento in cui la malattia diventa impossibile da gestire a casa. Un romanzo commovente che racconta l’amore tra una madre e una figlia, con tutto il bagaglio emotivo di un lento addio a chi ci ha dato la vita.

 

Elodie Harper “Le lupe di Pompei” -Fazi Editore- euro 19,00

E’ il primo volume della trilogia che la scrittrice inglese e giornalista televisiva (nata a Londra nel 1979) intende dedicare alla vita delle donne nella Pompei antica. Tra fiction e documentazione storica, il romanzo ruota intorno a 5 prostitute di Pompei.

Sono Cressa, Berenice, Vittoria Victrix, Didone e Amara; questi i loro nomi da schiave costrette a prostituirsi nel bordello del padrone Felicio.

Nel corso di una visita agli scavi pompeiani la Harper ha scoperto i loro nomi incisi sulle pareti delle celle e in lei è scattata l’idea di raccontarne le vite. Trovata vincente dal momento che questo suo libro di esordio è in via di traduzione in ben 16 paesi e in Inghilterra è stato subito un caso letterario in vetta alle classifiche.

La Harper è davvero bravissima a coinvolgere i lettori nel lupanare che a Pompei ha un’atmosfera tutta sua: 5 camere, praticamente delle celle dove le schiave-prostitute vivevano. Di loro non si sa nulla e la scrittrice eccelle proprio nell’abilità con cui immagina di entrare nella loro sfera più intima ed emotiva. Ognuna di loro ha una storia alle spalle e all’epoca estrazione sociale elevata o studi non ti mettevano in salvo; spesso bastava essere una straniera venduta come schiava, e di lì essere costretta a prostituirsi.

La vita nel bordello assume i contorni di una comunità in cui le ragazze si raccontano, si alleano, si proteggono l’un l’altra; la solidarietà è strategica per fronteggiare la brutalità dei clienti e degli uomini che vorrebbero saltare loro addosso senza neanche sborsare un soldo.

Seguiamo le 5 eroine, tutte schiave dello squallido Felicio. E appare subito chiaro che la vergogna della loro condizione ricade su chi le ha obbligate a una vita tanto infima. Le lupe sono costrette a procacciarsi i clienti per portare poi quanto miseramente guadagnato al tenutario che le considera solo carne da letto per far soldi.

Nonostante la sofferenza e il disgusto, le ragazze riescono a ritagliarsi sprazzi di infinitesimali piccole gioie, soprattutto tentano di non perdere le speranze di poter cambiare la loro condizione.

L’eroina che spicca tra le altre è soprattutto Amara. E’ straniera, arriva dalla Grecia dove era cresciuta in una famiglia colta e affettuosa; poi dopo la morte del padre medico erano precipitati nella povertà più fosca, e la madre era stata costretta a venderla. Amara è forte, determinata a sopravvivere e diventa spesso la roccia a cui si appoggiano anche le altre, nei momenti peggiori.

 

 

John Freeman “Racconti di due Americhe” -Mondadori- euro 22,00

In questo volume l’editor, saggista e critico letterario, Freeman ha raccolto le pagine di 36 tra i più importanti scrittori americani contemporanei che al loro affascinante e complesso paese hanno dedicato racconti e saggi. Risultato: un mosaico di realtà in cui emergono disuguaglianze, fratture, e infinite sfaccettature che ci danno l’idea di cosa sia oggi l’America, con tutte le sue contraddizioni.

Il curatore di questa antologia è uno scopritore di talenti e figura di spicco dell’olimpo letterario a stelle e strisce; è stato editor di “Granta” e uno dei padri fondatori della rivista letteraria “Freeman’s”. La materia la maneggia perfettamente e qui assemblea una polifonia di voci, accostando storie di scrittori come Joyce Carol Oates, Rebecca Solnit, Karen Russel a quelle di voci emergenti.

Tanti spaccati di realtà diverse e uno dei dubbi che sorge dopo questa lettura è che il sogno americano del self made man, per cui chi ha la volontà può sempre migliorare la sua condizione socioeconomica, non sia poi così veritiera. Da questa antologia a più voci sembra piuttosto che se sei povero è molto probabile che lo resterai per tutta la vita, ed oggi uno dei grandi obiettivi da perseguire è proprio l’uguaglianza.

Nei racconti del libro c’è anche tanta solidarietà contagiosa che spicca sullo sfondo delle mille sofferenze di quel paese spezzato che è l’America. Alle prese con povertà e divario sempre più stridente tra chi si bea nel superfluo e chi invece affonda nella miseria. Razzismo, politiche immigratorie, poliziotti pronti a esplodere, vere e proprie tendopoli e masse di homeless ci vengono raccontati con toccante verità.

 

Mauro Cenci “Biblioteche domestiche. Home libraries” -Metilene- euro 28,00

Dimmi che libri leggi e ti dirò chi sei, che tradotto potrebbe suonare così: potendo sbirciare nelle librerie delle case private si capisce molto dei padroni di casa. Allora entriamo nelle stanze e nelle biblioteche di architetti, scenografi, bibliotecari, pittori, interior design, psicoterapeuti, storici dell’arte, e tanti altri che ai loro scaffali hanno dedicato energie, finanze, cure.

Libro sul quale l’autore ha investito parecchio tempo, viaggiando per tutta Italia, da Nord a Sud, nell’intento di mettere a fuoco il rapporto che le persone hanno con la lettura, e decodificarlo attraverso le loro stanze ricolme di libri.

Librerie ospitate in case piccole o grandi, che incorniciano letti o divani comodi in cui sprofondare nella lettura che è uno dei grandi pregi della vita. Scaffali ricolmi di libri che rappresentano gli interessi dei padroni di casa; spesso contornati da suppellettili che tengono compagnia ai volumi e aggiungono ulteriori tasselli per decifrare le passioni di chi ama circondarsi di libri.

Alcune ordinatissime, altre meno, tutte con un fascino immenso e non vi resta che prendere anche spunti da questo libro per organizzare o riordinare anche le vostre.

Alberto Vanelli, la cultura in Piemonte

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

La morte di Alberto Vanelli addolora tutti coloro che si sono occupati di cultura in Piemonte da decenni, perché in Alberto abbiamo tutti riconosciuto un dirigente pubblico corretto e capace. Lo conobbi quando divenne assessore regionale alla cultura Giovanni Ferrero con cui in passato ho avuto vivaci polemiche, ma con cui poi ho mantenuto nel corso degli anni un rapporto diventato amichevole. Fu Vanelli a gettare un ponte di dialogo tra di noi, malgrado io fossi molto polemico e battagliero, cosa che il mio amico Oscar Botto mi sconsigliava con parole affettuosamente illuminate. Vanelli fu capace di mantenere i rapporti con tutti, al di là delle appartenenze politiche.  Non credo facesse parte del detestabile “sistema Torino“ che è venuto dopo ed ha partorito la Parigi , il circolo dei lettori e il “leviatano” del Polo del ‘900.  Credo, anzi, che Vanelli credesse nel pluralismo e fosse stato uno degli ispiratori della Legge 49 del 1984 con cui è stata garantita per decenni la libertà di tutte le istituzioni culturali piemontesi. Poi arrivò  la signora Parigi che snaturo’ quella legge saggia ed equilibrata della presidenza di Aldo Viglione, altro straordinario protagonista della vita culturale piemontese a cui si deve l’idea delle Regge sabaude. Vanelli si era laureato in Sociologia a Trento, un requisito che poteva accomunarlo ad un ambiente culturale e politico intollerabile, ma lui seppe non lasciarsi sedurre dalle “utopie assassine”, come una volta le definiva Barbara Spinelli. Sicuramente è stato un tesserato del PCI e non ha mai nascosto le sue idee,  ma io voglio testimoniare, in questa tristissima occasione della sua repentina e dolorosa scomparsa, che Vanelli come dirigente pubblico ha sempre saputo distinguere la politica militante dalla sua funzione di dirigente pubblico. Certo fu amico di esponenti importanti del PCI come Minucci e Fassino, ma questo è un altro elemento che onora la sua figura perché con questi personaggi molti non comunisti hanno intrattenuto sempre dei buoni, fruttuosi rapporti. Quando fu assessore il democristiano Enrico Nerviani,  seppe mediare con equilibrio i dissensi che la spigolosita’ dell’assessore novarese aveva suscitato. Con l’assessore Gian Piero Leo, che segno’ il decennio migliore dell’assessorato alla cultura, per l’apertura convinta al più autentico pluralismo, seppe rapportarsi nel modo più fattivo e leale. Anche il presidente Enzo Ghigo ha avuto sempre parole di apprezzamento per Vanelli.  Ma il suo capolavoro è costituito da ciò che seppe fare per il salvataggio e il rilancio della Reggia di Venaria Reale che era in condizioni talmente disastrate da far pensare ad amministratori piuttosto incolti di abbattere quanto era rimasto dopo i disastri della guerra e e i saccheggi del dopoguerra, magari per costruirvi delle case popolari. Fu il medico dentista Gianfranco Falzoni a iniziare quella nobile e solitaria battaglia per la rinascita della Reggia sabauda,  sensibilizzando in primis Giovanni Spadolini.  L’artefice manageriale di tutto e’ stato sicuramente Vanelli che si occupo’ anche del castello di Rivoli e della Sacra di San Michele e di tante altre realtà piemontesi come il Museo del cinema trasferito alla Mole Antonelliana.  Va messo in luce anche il grande rapporto che ebbe con il Presidente Viglione. Io non conosco da vicino la realtà dei Teatro dei ragazzi, ma a me è sembrato un incarico assolutamente non adeguato per un uomo dalle risorse inesauribili come lui che avrebbe potuto fare degnamente l’assessore regionale alla cultura o l’assessore della città di Torino o avrebbe potuto assumere un incarico prestigioso al Ministero dei Beni Culturali diretto da Franceschini. Al minimo, avrebbe potuto fare il parlamentare, portando a Roma un’esperienza preziosa nel campo dei Beni culturali, spesso in mano ad incompetenti. La sua esperienza sarebbe diventata una risorsa straordinaria per chi avesse saputo continuare a coinvolgerlo. Forse l’aver collaborato con Leo e Ghigo non piacque a qualche dirigente del partito di cui era militante. Fu proprio Ghigo a sottolineare questo aspetto. E’ certo che Vanelli resta un unicum, destinato ad entrare nella storia piemontese anche perché lui si sentì di sinistra mai in modo settario: una qualità intellettuale rarissima nel mondo culturale piemontese che non riesce a trovare un direttore per il Salone del Libro che, al di là della malattia,  avrebbe potuto contare su lui, più che affidarsi ad altri personaggi che non trovano i consensi necessari.

A Torino e ad Alba, Convegno Internazionale di Studi per il Centenario di Beppe Fenoglio

“Una parte per il tutto”

(1922 – 1963)

Dal 14 al 17 febbraio

Proseguono gli appuntamenti rivolti a studiosi, studenti e appassionati di letteratura fenogliana, inclusi nell’ultimo capitolo “Una questione privata” del Centenario “BeppeFenoglio22”. In questi giorni, è di scena a Torino e ad Alba, il Convegno, ideato da Valter Boggione insieme a Gian Luigi Beccaria e a Margherita Quaglino, dal titolo “Una parte per il tutto”.

A spiegarne il significato è lo stesso Valter Boggione, albese docente di “Letteratura Italiana” all’Università di Torino: “Un partigiano, Nick, progetta di tornare dopo vent’anni al bivio di Manera, a piedi, in pellegrinaggio, sui luoghi in cui ha combattuto. È ‘Una parte per il tutto’: nella figura retorica della sineddoche trova espressione la tensione alla ‘globalità’ che Fenoglio stesso rivendica come carattere qualificante della propria scrittura. È la testimonianza della fedeltà ai valori della Resistenza, contro il degrado morale dell’Italia del boom economico, l’espressione del senso di appartenenza e di identità, contro l’abbandono all’imperante sradicamento. All’inizio c’erano Valdivilla, San Benedetto Belbo, località quasi insignificanti, teatro di eventi minimi della cronaca bellica e della vita contadina sulle Langhe: oggi sono le ‘Termopili’ della moderna battaglia contro la barbarie, l’‘Itaca’ perduta. Grazie a Fenoglio, hanno assunto un valore assoluto, esemplare, diventando la patria spirituale di milioni di lettori”. Da martedì 14 a venerdì 17 febbraio, saranno quattro intense giornate dedicate ad un “Convegno Internazionale” particolarmente atteso, nell’ambito del calendario di celebrazioni del “Centenario”, e organizzato dall’“Accademia delle Scienze e dall’Università degli Studi di Torino” in collaborazione con la “Fondazione Ferrero” e il “Centro Studi Beppe Fenoglio” di Alba. I primi tre giorni vedranno la partecipazione di alcuni fra i più importanti studiosi e ricercatori, mentre l’ultima giornata albese ospiterà le testimonianze di importanti giornalisti e scrittori italiani.

La prima giornata, martedì 14 febbraio, all’ “Auditorium Quazza” di Palazzo Nuovo a Torino, si comporrà di due sessioni. Al mattino, con la moderazione della professoressa Margherita Quaglino intitolata “Tra lingua e stile”; la seconda, moderata da Tiziano Torraca intitolata “Al fuoco della controversia”Mercoledì 15 febbraio il “Convegno” si sposta al “Polo del ‘900” per una prima sessione moderata da Giovanni Barberi Squarotti e intitolata “Fenoglio lettore”; la sessione pomeridiana intitolata “La funzione Fenoglio” sarà moderata da Davide Dalmas. L’ultima tappa torinese si svolgerà giovedì 16 febbraio nella sede dell’ “Accademia delle Scienze” dove, con l’introduzione di Carlo Ossola, si potranno ascoltare gli interventi di Gian Luigi Beccaria e Gian Franco Gianotti al mattino e Maria Antonietta Grignani, Cesare Pianciola e Valter Boggione nella sessione pomeridiana. L’ultimo appuntamento di questo fondamentale momento di approfondimento su Fenoglio, la sua scrittura e la sua influenza sulla letteratura contemporanea, si concluderà venerdì 17 febbraio nella sede della “Fondazione Ferrero” ad Alba, con i contributi di autorevoli giornalisti e scrittori quali Marcello Fois, Elena Varvello, Wu Ming I, Giuseppe Lupo, Gianni Farinetti, Eraldo Affinati, Giacomo Verri, Alessandro Baricco insieme a giornalisti del mondo della cultura come Massimo Raffaeli, Edoardo Castagna, Bruno Quaranta e Aldo Cazzullo.

L’iniziativa è aperta al pubblico in tutte le sedi con modalità diverse di prenotazione. Per info: www.beppefenoglio22.it

g. m.

Nelle foto:

–       Beppe Fenoglio

–       Polo del ‘900

Le grange dei marchesi Cavour e Gozzani

Le grange vercellesi costituivano già nei tempi antichi un vasto territorio compreso tra Crescentino, Livorno Ferraris, Trino e 
Fontanetto Po, rappresentando fonte di ricchezza per la presenza di abbondante acqua.
Continuamente contese dalle comunità e abbazie di San Genuario e Lucedio, erano considerate le fattorie dei monasteri. L’abbazia di Santa Maria di
Lucedio fu costruita nel 1109 al tempo di Guglielmo I° di Monferrato, passata ai monaci cistercensi provenienti dalla Francia con atto del 1123 redatto dal marchese Rainero. La tenuta di Lucedio era costituita dalle attuali grange di Castel Merlino, Montarolo (Montis Auriolo), Montarucco, Ramezzana, Darola ovvero la Versailles delle risaie (Corte Auriola), Leri (Alerii) e con altri appezzamenti del Canavese e Monferrato rappresentò la massima espansione della risicoltura.
Leri, una delle grange più antiche, comprendeva una fortificazione oggi inesistente e fu bonificata dai monaci per la coltivazione del riso, acquisita dal monastero di San Genuario nel 1179. Lucedio era una posizione strategica lungo la via Francigena, motivo di scontro tra le dinastie Gonzaga, Savoia e Napoleone, rappresentando un centro di potere economico, politico e religioso. Con l’occupazione francese del Piemonte, la tenuta di Lucedio venne divisa con Decreto della Commissione Esecutiva del 1801 in seimila azioni del valore di 500 lire ciascuna, obbligandone l’acquisto ai cittadini più facoltosi, ma nel 1804 ritornò al demanio. Nel 1807 Napoleone cedeva Lucedio e le sei grange al cognato Camillo Borghese, governatore generale del Piemonte prima della restaurazione, per tre milioni di lire quale quarta parte del prezzo delle 322 opere formanti la galleria d’arte romana del valore di dodici milioni di lire, da lui venduta al governo francese.
Caduto Napoleone, Borghese voleva vendere le sette grange ai privati, ma i Savoia ne sequestrarono i beni dalla Magistratura. Ritenuto illegale il sequestro dal protocollo di Parigi del 1816, le grange furono vendute  dal Borghese nel 1818 al marchese Michele Benso di Cavour, al marchese Carlo Giovanni Gozzani di San Giorgio (figlio di Carlo
Antonio e Sofia D’Oria) e a Luigi Festa, direttore di una società immobiliare di affitti proprietà di Giuseppina Gattinara e Marco Antonio Olivero, già tenutaria delle grange concessa dal demanio nel 1807. La spartizione della tenuta avvenne nella misura di 24/24: 6/24 al Festa con Darola, Montarolo e 1/2 Ramezzana, 6/24 al Cavour con Leri e Montarucco, 12/24 al Gozzani con Lucedio, Castel Merlino, 1/2 Ramezzana e la tenuta S. Bernardino di Trino. La spartizione effettiva avvenne solo nel 1822. All’Ordine Mauriziano furono restituite prima le tenute di Montonero nel 1818, quindi Gazzo e Pobietto nel 1827, già passate al demanio e poi vendute alle Regie Finanze dello Stato nel 1854.
La comunità di Lucedio fu così soppressa e aggregata al comune di Trino nel 1818 e ancora oggi ne forma una frazione. Michele Benso era in effetti l’amministratore di Lucedio, ma il Borghese voleva inserire al suo posto Evasio Gozzani di San Giorgio, già amministratore, con il figlio Giuseppe, del Borghese e della moglie Paolina Bonaparte nelle segreterie di Roma. Non trovando accordo economico, Evasio (definito il marchese pazzo) propose l’acquisto di Lucedio al nipote Carlo Giovanni, il quale era già in affari con il Benso per la creazione della prima società di navigazione del lago Maggiore con una società di Locarno. Evasio riuscì ad inserire in casa Borghese il nostro architetto Luigi Canina, dove ebbe inizio la propria fortuna. Carlo Giovanni nel 1827 lasciò in eredità il suo enorme patrimonio, costituito in sette milioni di lire, al cugino d’Austria Felice Carlo Gozani.
Con il proprio fallimento dichiarato dal tribunale di Casale nel 1861, in parte dovuto al gioco d’azzardo, Felice Carlo fu costretto a vendere le grange di Lucedio a Raffaele de Ferrari duca di Galliera, insignito nel 1875 del titolo principe di Lucedio per i servizi resi alla patria dai Savoia con Regio Decreto. Le stazioni ferroviarie genovesi furono intitolate ai coniugi de Ferrari, Genova Principe di Lucedio de Ferrari e Genova Brignole dal nome della moglie Maria Brignole Sale. Tramite l’acquisto del conte Paolo Cavalli d’Olivola nel 1937, oggi Lucedio è proprietà della figlia contessa Rosetta, pronipote della contessa Paolina Gozani sepolta a Casale nella tomba gentilizia del marito Alessandro Cavalli d’Olivola, legale del padre Felice Carlo sepolto a San Giorgio nella tomba gentilizia del conte Umberto Cavalli d’Olivola. Il marchese Carlo Giovanni e i suoi genitori sono sepolti nel sotterraneo, da loro acquistato, della chiesa parrocchiale di San Giorgio edificata dal nonno di Carlo Giovanni, marchese Giovanni Battista Gozzani.
Titus Gozani, ultimo marchese di San Giorgio vivente della linea austriaca e la moglie Eva Maria Friese, abitanti in Germania, nel 1998 fecero visita alla cugina Rosetta nella tenuta di Lucedio e nel 2019 ritornarono, su nostro invito, nelle proprietà dei loro antenati, i palazzi Treville e San Giorgio Gozzani di Casale e il castello Gozzani di San Giorgio. Il padre di Titus, marchese Leo Ferdinando III°, incontrò nel 1937 il cugino conte Paolo Cavalli d’Olivola nel castello Gozzani di San Giorgio. La grangia di Leri proprietà di Michele Benso, vicario e sovraintendente generale di polizia e politica di Torino, venne affidata nel 1835 al secondogenito Camillo e alla contessa di Clermont-Tonnerre, società che si sciolse con la morte del marito.
La nuova società formata dal conte Camillo Benso di Cavour, dal fratello primogenito marchese Gustavo e dall’agricoltore Giacinto Corio portò una forte innovazione all’azienda applicando i nuovi principi dell’agronomia, confermando quanto Camillo aveva manifestato nella valorizzazione delle
Langhe. Da pochi anni è in corso un progetto di recupero per tutelare e valorizzare il Borgo Leri Cavour, luogo di riposo dello statista, promosso dall’associazione L.E.R.I. Cavour ODV presieduta da Roberto Amadè. Il Borgo ha organizzato domenica 11-12-2022 il primo concerto di Natale sul piazzale della chiesa, ospitando il Casale Coro diretto dal maestro Giulio Castagnoli.
Armano Luigi Gozzano 

Torino, 13 febbraio Una giornata per non dimenticare la tragedia del cinema Statuto

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Oggi Torino ha reso omaggio alle 64 vittime della tragedia del Cinema Statuto con alcune iniziative iniziando da Largo Cibrario, poco lontano dal luogo del rogo, in occasione del 40° anniversario.

In quell’aiuola si è svolto il primo momento di ricordo alla presenza del Sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, della Presidente del Consiglio Comunale, Maria Grazia Grippo e di Alessandro Cabodi Gatti, uno dei familiari delle vittime.

Deve essere raccolto l’auspicio – ha detto il Sindaco, Stefano Lo Russo – che Torino, per tutto quello che rappresenta, possa essere una punta avanzata nella cultura della sicurezza. Cercheremo di trovare le migliori configurazioni per dar conto a questa istanza, per far sì che Torino possa essere la culla della cultura della sicurezza, che è fatta di norme investimenti ma anche di consapevolezza delle persone. Dobbiamo farci carico del ricordo delle vittime – ha sottolineato il Sindaco – e ricordare il messaggio principale, che la sicurezza e la prima cosa di cui dobbiamo tenere conto anche quando costa economicamente, quando costringe a fare scelte difficili dal punto di vista organizzativo”.

Tragedie come quella del Cinema Statuto, e altre che purtroppo ne sono seguite, hanno insegnato che accanto al percorso legislativo e tecnico per la definizione di regole per la sicurezza nei locali e nei grandi eventi è necessario avviare un processo culturale che educhi i cittadini all’utilizzo di comportamenti corretti in caso di emergenza e panico, specialmente fra i più giovani.  Da qui nasce #uscitagiusta, che vuole sensibilizzare i giovani alla conoscenza e utilizzo dei segnali di sicurezza nei luoghi di divertimento.

Accanto alle commemorazioni istituzionali si affiancano iniziative di sensibilizzazione rivolte agli studenti torinesi.

Alle ore 11 infatti è suonata una sirena antincendio speciale. 39 istituti comprensivi, 77 sedi scolastiche e 21mila studenti hanno preso parte alla più grande prova di evacuazione mai realizzata sul territorio torinese.

L’iniziativa è stata lanciata dalla Città di Torino che ha trovato il supporto dell’Ufficio Scolastico Territoriale e il patrocinio del Corpo dei Vigili del Fuoco e l’attenzione ed entusiasmo delle scuole della città.

Il successo dell’iniziativa – ha evidenziato la Vicesindaca, Michela Favaro – mostra l’interesse delle istituzioni verso il tema della sicurezza. La grande adesione delle scuole della Città ci ha permesso di rivolgerci a oltre 21mila studenti e studentesse di tutte le età per stimolare una riflessione sui nostri comportamenti in caso di emergenza e conoscere sempre meglio i sistemi di sicurezza a nostra disposizione. Vorrei ringraziare tutti gli amministratori e amministratrici della Città e delle Circoscrizioni e il personale dei Vigili del Fuoco che hanno raggiunto quasi tutte le sedi delle scuole aderenti per rappresentare le istituzioni accogliendo gli studenti al termine dell’evacuazione”.

 

Inoltre, la collaborazione con IED (Istituto Europeo del Design) ha dato vita a una campagna di comunicazione “Questa non è un’uscita di sicurezza” realizzata dagli studenti dell’Istituto per sensibilizzare i giovani nel porre attenzione alla loro sicurezza anche nei momenti e luoghi di svago. (#IEDtorino #IED #uscitagiusta)

Presenti alla cerimonia commemorativa in Largo Cibrario, tra gli altri, anche il presidente del Museo nazionale del Cinema di Torino, Enzo Ghigo, il presidente della Circoscrizione 4, Alberto Re, alcuni rappresentanti istituzionali di Comune, Regione e Parlamento.

 

Presso il Comando dei Vigili del Fuoco, in Corso Regina Margherita 330, in mattinata si è svolto il Convegno “La sicurezza non è un film” organizzato dal Corpo dei Vigili del Fuoco, a cui è intervenuta la Vicesindaca Michela Favaro.

A Palazzo Civico alle ore 15.00 si svolgerà la Commemorazione in Sala Rossa, dove verrà osservato un minuto di silenzio in Consiglio Comunale. Alla cerimonia a Palazzo civico sarà presente anche il Comandante Nazionale del Corpo dei Vigili del Fuoco, Guido Parisi.

Altre iniziative arricchiscono il programma.

Alle ore 21.00, presso il Centro Studi Sereno Regis, l’Associazione Museo Nazionale del Cinema organizza la proiezione del video documentario “Sale per la capra” che ricostruisce gli eventi con corredo di interviste ai protagonisti dell’epoca e di documentazione giudiziaria.

Un’assemblea studentesca in discoteca rivolta alle scuole superiori si terrà il prossimo 28 febbraio alle ore 11.00 presso il Pick-Up in via Barge 8.

Infine, la RAI e la TGR Piemonte, con il Centro di produzione di Torino, ricordano l’anniversario con una programmazione speciale. Servizi e approfondimenti nei tg, a Buongiorno Regione e sul sito www.tgr.rai.it/piemonte un documentario, anche in podcast su RaiPlaySound, dal titolo: “Brucia lo Statuto. L’incendio che cambiò il Cinema”, con inedite testimonianze e immagini dell’epoca recuperate dalle teche di via Verdi.

Controlli movida Tre esercizi commerciali sanzionati

Nella notte di sabato hanno avuto luogo, come di consueto, i controlli congiunti, coordinati dalla Polizia di Stato, nelle aree cittadine interessate dal fenomeno della “movida”, quali San Salvario, Vanchiglia e il centro cittadino. 

L’attività, espletata tramite pattuglie appiedate e presidi fissi, ha consentito l’identificazione di oltre 60 persone ed al controllo di 11 attività commerciali, tre delle quali sono state sanzionate dalla Polizia Municipale: due minimarket ubicati in via Rossini e via Bava e un bar di via Pescatore.

Due le sanzioni elevate nel corso dell’attività:

ü un automobilista è stato sanzionato per la violazione delle norme del codice della strada;

ü un secondo individuo, invece, è stata sanzionato amministrativamente per il possesso di sostanza stupefacente.

Una persona, inoltre, è stata segnalata all’A.G. per la violazione della misura cautelare del divieto di dimora a Torino.

I servizi di polizia nelle aree sopra menzionate continueranno con cadenza regolare.

Portici di via Nizza Settimana di controlli della Polizia di Stato

Nel corso della settimana appena trascorsa, personale del Commissariato di P.S. Barriera Nizza ha condotto una serie di controlli straordinari del territorio concentrando quotidianamente la propria azione nel quartiere San Salvario, con particolare attenzione all’area dei portici di via Nizza. L’attività ha visto l’impiego di unità cinofile ed equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine “Piemonte”.

I controlli hanno consentito l’identificazione di oltre 100 persone e l’arresto di due cittadini stranieri. Nel corso dei diversi servizi svolti sono stati sequestrati oltre 210 grammi di sostanza stupefacente.

Venerdì, inoltre, nel corso dell’ultima attività, personale dell’AMIAT, al fine di ripristinare le condizioni igienico sanitarie degli spazi, effettuava con un’idropulitrice una pulizia dell’intero tratto dei portici di via Nizza.

I servizi di polizia nelle aree sopra menzionate continueranno anche in futuro.  

Italia Viva, Tavolo tematico Salute e territorio

La sanità piemontese come quotidianamente denunciato dai mezzi di informazione e sperimentato direttamente dagli
utenti viaggia in cattive acque.

Risorse economiche inadeguate e carenze insostenibili di personale si stanno traducendo in molteplici problematicità:
liste di attesa inaccettabili, Pronti soccorso intasati con degenze che si protraggono per giorni su barella, mancati esami
di prevenzione nell’area oncologica, attese di anni per interventi chirurgici di routine etc.
Un lungo elenco di carenze ed inadempienze che avranno pesanti ricadute sulla salute della cittadinanza piemontese.
Certo problematiche non da oggi esistenti ma che la pandemia da Covid-19 ha scoperchiato in tutta la loro gravità.
A ciò si aggiunge una gestione politica della Giunta regionale del Presidente Cirio di cui sono ormai evidenti la
inconsistenza e l’approssimazione nella incapacità di una ormai non più procrastinabile azione di programmazione
anche solo a medio termine.

E’ a tal proposito emblematica la vicenda del progetto del “nuovo” ospedale Maria Vittoria.
Fra commissioni di esperti, cabine di regia, aziende zero l’unica cosa certa è che nella rincorsa alle varie emergenze una
litigiosa Giunta regionale apre i cordoni della borsa in funzione preelettorale verso le strutture private mentre la spesa
sanitaria a carico dei contribuenti di fronte alla urgenza della malattia cresce per chi può permetterselo e per gli altri
spesso vi è una rinuncia alle cure.

Di tutto ciò come Italia Viva vogliamo discutere nell’incontro del 18 Febbraio organizzato presso l’Associazione Famija
Moncalereisa aprendo un confronto con il mondo della Sanità convinti della urgente necessità di un suo
coinvolgimento nella ricerca di soluzioni concrete coerenti con una visione del futuro in cui l’emergenza sia l’eccezione
e non la regola, il curarsi non dipenda dal reddito e lavorare per la sanità pubblica torni ad essere un ambito traguardo
personale.

Abbiamo una grande fiducia nel futuro di un servizio sanitario pubblico all’altezza dei valori su cui era stato costruito e
sappiamo che alla fine sono le persone che fanno la differenza.

SOS SANITA’ PIEMONTE
Italia Viva Tavolo tematico Salute e territorio
18 Febbraio 2023 | inizio lavori ore 10,00
via V. Alfieri 40 Moncalieri
c/o Associazione Famija Moncalereisa
I Coordinatori Provinciali di Italia Viva