ilTorinese

È in arrivo SEEYOUSOUND International Music Film Festival

 

A Torino dal 23 febbraio al 3 marzo 2024

 

Inizia il conto alla rovescia per la X edizione di SEEYOUSOUND International Music Film Festival: Per dieci giorni, dal 23 febbraio al 3 marzo prossimi, questo festival, in cui suoni e immagini si fondono, riempirà le sale del cinema Massimo di Torino, e altre location cittadine pronte ad ospitare dj set, mostre e talk che completeranno il calendario delle proiezioni. L’apertura di venerdì 23 febbraio mostrerà le varie sfaccettature di Cyndi Lauper che, da giovane punk a star del pop, ha saputo restare un’artista femminista, coerente e impegnata, grazie all’anteprima italiana di “Let the Canary Sing”, un film che sarà introdotto dalla regista Alison Ellwood. Generi e decenni si susseguiranno a SEEYOUSOUND X attraverso 90 titoli, di cui 30 in anteprima italiana, che hanno per protagonisti i The Birthday Party di Nick Cave o band come Gogol Bordello, il gruppo anarco-punk dei Crass e il doom metal degli Earth. Verranno scoperte anche tre figure cardine della musica elettronica come Morton Subotnick, padre della techno e pioniere del synth, che a novant’anni ha performative live alla Biennale Musica di Venezia; Siracusa Norman Cook, per il mondo Fat Boy Slim, e Nicky Siano, primo dj resident dello Studio 54 e capostipite della dance newyorkese anni Settanta, che al Festival si esibirà in un dj set esclusivo. New York farà da scenario anche al doc prodotto da Shaggy, che farà rivivere la dancehall giamaicana e che prese piede a Brooklyn negli anni Novanta, mentre il poliedrico Anton Corbijn firma il lavoro su Hipgnosis, studio di design che ha realizzato alcune delle cover più iconiche degli anni Sessanta/Settanta, come “The dark side of the moon”, celebre album dei Pink Floyd e “Housesof the Holy” dei Led Zeppelin. Si andrà oltre al biopic e il film-concerto grazie a un ritratto molto intimo della cantante folk e attivista Joan Baez, scoprendo l’anima rivoluzionaria e queer del The Architect of Rock’n Roll Little Richard, e al ritmo di bossanova si entrerà nell’intenso rapporto artistico del duo Tom Jobim e Elis Regina.

SEEYOUSOUND assegnerà per la prima volta un premio alla carriera e il prescelto sarà Julien Temple che, ospite sabato 2 marzo prossimo, porterà in sala quattro perle del suo archivio, percorrendo opere dei The Clash, Sex Pistols e Keith Richards.

Al cinema Massimo si esibiranno il pianista e compositore Christophe Chassol, Cristina Donà, la crew 19’40”, Alberto Bianco accompagnato da Margherita Vicario, il trombettista Giorgio Licalzi, con uno speciale live, e Lamante.

Biglietteria presso il cinema Massimo, via G. verdi 18, Torino

 

Mara Martellotta

Gennaio 2024, “Torino respira”: pessimo inizio per la qualità dell’aria

 

Il Comitato Torino Respira ha analizzato i dati della qualità dell’aria del mese di gennaio 2024: la media delle concentrazioni di PM10 nella stazione di Torino Lingotto è stata tre volte il valore raccomandato dall’OMS. Il Comitato lancia anche la nuova attività di monitoraggio: l’ozono

 

L’ANALISI DI TORINO RESPIRA

Le prime settimane dell’anno hanno avuto livelli di inquinamento molto preoccupanti, a causa di condizioni meteorologiche che hanno impedito la dispersione degli inquinanti su tutta la pianura padana. La media delle concentrazioni di PM10nella stazione di Torino Lingotto tra il 1 gennaio e l’11 febbraio è stata di 48 microgrammi per metro cubo, ovvero oltre tre volte il valore raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Salute per tutelare la salute umana.

Anche il numero di giornate nelle quali si sono superati i limiti di legge delle concentrazioni giornaliere è stato molto elevato, 21 giorni su 42, il che vuol dire che da Capodanno, per la metà del tempo i cittadini di Torino hanno respirato un’aria fuorilegge e pericolosa per la loro salute.

Guardando all’andamento dei dati degli ultimi 10 anni per lo stesso periodo di può chiaramente vedere, come da grafico allegato, come in fondo non sia cambiato nulla, a dimostrazione che l’unica cosa che rende l’aria più o meno pulita a Torino è l’andamento del clima, non certo i risultati delle politiche di chi dovrebbe tutelare la salute dei cittadini e non lo fa.

Non possiamo però fare affidamento sul clima per avere un’aria respirabile, anche perché il cambiamento climatico ci porta nuovi problemi, comel’aumento delle concentrazioni di ozono durante l’estate. Proprio per questo il Comitato Torino Respira ha deciso di spostare la sua attenzione su questo inquinante e di lanciare la campagna “Lo smog uccide anche d’estate”, che quest’anno sostituirà la campagna “Che aria tira”, iniziativa che ci ha permesso di studiare le concentrazioni di biossido di azoto nell’aria di Torino per ben cinque anni.

Nel mese di luglio quindi il Comitato chiederà nuovamente la collaborazione dei cittadini di Torino per installare i rilevatori di ozono e puntare l’attenzione anche su questa sostanza inquinante le cui concentrazioni sono molto alte durante l’estate e sono in aumento a causa del cambiamento climatico.

Nel frattempo, l’invito è quello di iscriversi al Comitato per rimanere aggiornate sul lancio dell’iniziativa: https://www.torinorespira.it/aderisci/

Incendio in casa: marito e moglie gravemente ustionati

Una donna 73enne  è in condizioni critiche ricoverata all’ospedale Cto con ustioni su oltre il 50% del corpo. È rimasta ferita nell’incendio della sua abitazione in frazione Pogliani di Montanaro. Anche il marito  è ricoverato: ha riportato ustioni sul 20% della superficie corporea. Il rogo è scoppiato  per cause da verificare, potrebbe trattarsi della canna fumaria difettosa.

(foto archivio)

Il tempo è galantuomo: rubano orologio da 30 mila euro, li catturano un anno dopo

Due donne e un uomo di Viareggio sono accusati come autori del furto di un orologio da 30 mila euro in una gioielleria astigiana.

I tre sono stati arrestati per aver partecipato ad un furto  di un orologio da 30 mila euro commesso un anno fa all’interno di una nota gioielleria di Asti.

I carabinieri del nucleo investigativo del Comando di Asti sono stati coadiuvati dai sistemi di videosorveglianza  e dalla condivisione delle informazioni con i database dell’Arma.

I tre erano dei “trasfertisti”: avevano fatto il giro in giornata da Viareggio ad Asti appositamente per compiere il furto.

NOTIZIE DAL PIEMONTE

Danni all’agricoltura: ecco il Piano di controllo dei piccioni della Città Metropolitana

Sul territorio sono 2 milioni e mezzo e causano 5 milioni di euro all’anno di danni all’agricoltura

È stato approvato da parte del Consiglio metropolitano di Torino il “Piano di controllo del colombo sul territorio della Città Metropolitana di Torino”. Il provvedimento arriva dopo una lunga battaglia condotta proprio da Coldiretti Torino per avviare finalmente un contenimento di questa specie che provoca danni enormi anche all’agricoltura.

Il Piano di contenimento del “Piccione”, come viene comunemente chiamato il colombo di città, è stato presentato dal consigliere delegato all’ambiente della Città Metropolitana, Gianfranco Guerrini, e redatto dagli uffici Tutela fauna e flora dello stesso ente. Fa seguito all’Ordine del Giorno approvato lo scorso maggio che dava mandato al settore fauna per la redazione di un Piano di contenimento; Piano che è stato predisposto in pochi mesi. La presentazione dell’Ordine del giorno di maggio era arrivata anche a seguito di numerosi incontri tra i tecnici di Coldiretti Torino e la Città Metropolitana.

LA SODDISFAZIONE DI COLDIRETTI

«Ci siamo mossi a fronte all’esasperazione degli agricoltori – ricorda il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Sempre più soci vengono nei nostri uffici di zona a chiedere misure di depopolamento dei piccioni. Sapevamo che il Piccione può essere oggetto di contenimento grazie a una sentenza della Corte di Cassazione, che risale al 2004, e che sancisce che le popolazioni di Piccione che vivono allo stato libero rientrano ormai tra quelle selvatiche. Secondo la legge il controllo della fauna selvatica deve essere attuato se esistono pericoli, in primis per la salute umana ma anche per tutelare le produzioni zoo-agroforestali. Finora erano stati predisposti soltanto interventi su scala comunale o, peggio, esistevano solo regolamenti comunali sul divieto di foraggiamento. Per depopolare i piccioni serviva invece uno strumento operativo sovracomunale e di area vasta predisposto dalla Città Metropolitana».

La difesa dai piccioni potrà avvenire con metodologie diverse, dalla dissuasione sonora alla cattura, fino all’abbattimento diretto con fucile da caccia.

Nelle campagne, le operazioni di controllo potranno essere svolte da operatori muniti di licenza di caccia (come già avviene per l’autodifesa agricola dal cinghiale) che avranno frequentato un apposito corso che preveda il programma didattico approvato, da tempo, dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale del Ministero dell’Ambiente. I corsi formeranno quelli che saranno chiamati “coadiutori al controllo del colombo di città”. Tra le materie insegnate nei corsi, oltre alla biologia della specie, anche l’effettuazione di censimenti e gli elementi di sicurezza legati all’uso di armi da fuoco che approfondiscono le norme di sicurezza già insegnate nei corsi per l’abilitazione alla licenza di caccia. Gli operatori dovranno essere assicurati.

Le carcasse dei piccioni dovranno essere smaltite. Tra i metodi di smaltimento consentiti nelle aree di campagna c’è anche il semplice sotterramento sotto 50 cm di terreno ad almeno 200 metri di distanza da pozzi e corsi d’acqua.

«Ora, dopo questa approvazione, occorre rendere al più presto operativo il Piano di contenimento con i corsi di abilitazione per gli operatori. Coldiretti Torino, come già fatto per il controllo delle nutrie e dei cinghiali assicurerà la massima collaborazione per estendere ai propri agricoltori la possibilità di autodifesa e di controllo dei piccioni».

Elaborando i dati contenuti negli studi preliminari che hanno accompagnato la redazione del Piano, Coldiretti Torino stima una presenza, su tutto il territorio di pianura e collina della Città Metropolitana, di circa 2 milioni e 500mila esemplari di Piccione. La stima dei danni al solo comparto agricolo è di una perdita di circa 400mila quintali di cereali, soia, girasole, tra perdite in campo, germogli appena nati, mangimi animali becchettati; per un valore che Coldiretti Torino stima in circa 5 milioni di euro l’anno.

Ma per l’allevamento i danni potrebbero essere ancora maggiori. Il Piccione rappresenta una possibile fonte di trasmissioni di patologie o di malattie gastrointestinali nel bestiame nelle stalle. Ogni mattina i piccioni calano dalle tettoie per beccare il mangime appena distribuito ai bovini e per bere dagli abbeveratoi, spollinandosi e defecando sugli alimenti che vengono ingeriti dalle mucche.

Come è noto, la crescita esponenziale dei Piccioni causa anche seri danni anche al patrimonio storico e artistico con il loro guano; inoltre costituisce una preoccupante minaccia per la sicurezza aerea, mentre la sua eccessiva confidenza con l’Uomo lo porta a dare l’assalto ai tavolini all’aperto ricchi di cibo.

Ma il vero pericolo è la possibile trasmissione di patologie all’Uomo attraverso la zecca molle del piccione (Argas reflexus) che è un suo parassita che può attaccare le persone che vivono in prossimità di siti di nidificazione o colonie di questi uccelli (tra cui gli agricoltori) e trasmettere infezioni batteriche e shock anafilattici. Nel marzo del 2023 due istituti superiori di Ciriè sono stati chiusi per disinfestazione da zecche molli derivate dalla folta colonia di piccioni che presente intorno alle scuole.

Nelle scuole di Chieri l’educazione all’affettività

Con gli incontri rivolti agli insegnanti e ai genitori inizia la prossima settimana il percorso di educazione all’affettività rivolto a tutte le tredici classi quinte delle scuole primarie dei tre Istituti Comprensivi di Chieri.

Il corso è realizzato dalla cooperativa “Lunetica”, in collaborazione con lo Studio Torinese di Psicologia Cognitiva, con il sostegno del Comune di Chieri.

Il primo appuntamento è in programma giovedì 22 febbraio, alle ore 18, presso la Biblioteca Civica (Via Vittorio Emanuele II, 1) ed è  aperto a tutta la cittadinanza. Interverrà la dottoressa Giulia Franco (psicologa e psicoterapeuta).

 

Dichiara l’assessore all’Istruzione Antonella GIORDANO: «L’educazione all’affettività a scuola è prevista dalla Convenzione di Istanbul, approvata nel 2011 per contrastare e prevenire la violenza sulle donne. Siamo tutti consapevoli che la violenza è anche conseguenza di contesti relazionali non sani ed equilibrati e, quindi, di una carente educazione affettiva e sentimentale. Da qui la necessità che a scuola si insegni l’Abc dei sentimenti, cominciando proprio dai più piccoli. I fatti di cronaca degli ultimi mesi in cui sono stati i minori a commettere violenza rendono urgenti interventi preventivi ed educativi nel contesto scolastico, coinvolgendo anche docenti e famiglie. La realtà quotidiana mette in evidenza le difficoltà dei bambini e dei ragazzi nello stabilire tra loro e con gli adulti modalità relazionali soddisfacenti e sicure. Molti sono i fattori che incidono su una loro maggiore fragilità e vulnerabilità ed è per questo che risulta fondamentale offrire percorsi di educazione all’affettività sin dalla scuola primaria e rafforzare la rete che può fungere da sostegno per i giovani».

Durante i laboratori didattici condotti da esperti di psicologia ed educazione si affronteranno il tema delle emozioni e della loro espressione, la percezione del corpo e i concetti di empatia, relazione, confini e consenso, i rischi che si corrono on line e come difendere la privacy, come parlare di affettività e sessualità con bambine e bambini all’interno del contesto familiare. Parallelamente agli incontri laboratoriali sarà garantito un confronto  costante con insegnanti e famiglie.

«È urgente da parte di tutte le componenti della società un profondo ripensamento dei rapporti tra uomini e donne-spiega il professor Dario PORTALE, dirigente dell’IC Chieri 1-e un impegno diretto e costante per arginare e combattere modi di pensare e comportamenti tossici, fin dalla più giovane età. La scuola, ovviamente, deve e può fare la sua parte, ma non può essere lasciata sola. Il nostro Istituto, che da anni, oramai, dedica a tale problematica un’attenzione speciale e costante, non solo nel lavoro quotidiano dell’insegnamento, ma anche tramite incontri specifici tenuti a partire dalle primarie, non può dunque che salutare con soddisfazione e gratitudine l’intervento e la sensibilità del Comune, che si è offerto di organizzare un progetto ben articolato e coinvolgente tutte lecomponenti della comunità educante che affronterà con la cura e la delicatezza necessarie tale problematica».

«Con grande entusiasmo l’Istituto comprensivo Chieri 3 si accinge ad avviare il progetto di educazione all’affettività promosso dal Comune di Chieri-aggiunge il dottor Bruno MONTALEONE, dirigente dell’IC Chieri 3-Già da anni la scuola investe su progettualità inerenti alla tematica, ma la proposta unitaria estesa al territorio, proposta dal Comune, rimarca l’importanza cruciale nello sviluppo emotivo sociale e psicologico dei ragazzi. Gli studenti avranno un aiuto per comprendere e gestire le proprie emozioni per affrontare le sfide della vita quotidiana in modo costruttivo. Verranno guidati a costruire relazioni interpersonali positive promuovendo la consapevolezza di sé e degli altri. Un lavoro mirato potrà contribuire a prevenire episodi di bullismo, violenza domestica e altri comportamenti dannosi».

«Anche l’Istituto Comprensivo Chieri 4 da sempre ha progettato ed attuato interventi su queste tematiche fondamentali per uno sviluppo armonico dei/lle bambini/e, per una costruzione del sé e dei futuri cittadini, dove le competenze sociali e relazionali sono sempre più strategiche per affrontare una società complessa, fluida e non scevra da conflittidichiara la dirigente, la professoressa Emanuela SMERIGLIO-Un progetto riguardante tutto il territorio permette di costruire una comunità educante efficace e di sostegno ai nostri ragazzi, rafforzando i legami tra istituzioni pubbliche e famiglie».

Il “grottesco” dei due amanti nascosto dietro la Storia

Repliche sino a domenica 18 febbraio, al Carignano

Un fascio di luce a colpire il sipario ancora chiuso e un gagliardo soldato a dirci, con evidenza di ammiccamenti sessuali, quanto il suo generale “che nelle mischie di grandi battaglie ha fatto scoppiare le fibbie della corazza sul suo petto rinnega ogni moderazione ed è diventato il mantice ed il ventaglio per raffrescare la lussuria di una zingara”. È l’inizio dell’”Antonio e Cleopatra”, opera poco rappresentata da noi, che Shakespeare trasse dalle “Vite parallele” di Plutarco, è l’inizio di uno spettacolo importante, tra quelli della stagione, cui hanno posto mano Emilia Romagna Teatro ERT/Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano e LAC Lugano Arte e Cultura. È l’occasione per Valter Malosti – oggi direttore dell’ERT – di affrontare con una nuova traduzione, dovuta a lui e a Nadia Fusini (ed è da consigliare a ogni amante di teatro l’intervento di quest’ultima nel programma di sala, “il ragazzo Cleopatra”, quanto mai approfondito ed esplicativo e piacevole alla lettura), la love story tra il triumviro, deciso a sconquassare il potere di Roma e a costruire sulle sponde del Nilo un impensato punto di ripartenza, e la regina, questa “dark lady” di rare pulsioni, che tra amori e passioni e abbandoni ne ha fatto il suo buffone, “un tragico buffone”, accresce Malosti, il suo giocattolo.

 

Occidente e Oriente, lo sguardo su due mondi opposti che mai s’incontrano, la lotta eterna. Drasticamente setacciando i circa quaranta personaggi dell’originale (si ipotizza la stesura del Bardo intorno al 1607) a dodici presenze soltanto – per tutti: spariscono Pompeo e il suo giro come gli amici di Cesare, e ufficiali e luogotenenti, si unificano le ancelle della regina -, Malosti sceglie di chiamare in primo piano i due amanti, ce li propone sin dall’inizio immersi in quella scena-tomba, sghemba e imponente, approntata da Margherita Palli su orme metafisiche che potrebbero ricordare volentieri i vasti spazi cari a De Chirico, spazi che in seguito verranno occupati dai due troni, dall’incedere di un cavallo su cui avanza Cleopatra, di ronconiana memoria. Un antro al centro, un grande buco nero, una sorta di oltretomba che tutto inghiotte, entro cui sparire, entro cui annientarsi, forse nascondersi alla Storia.

Un luogo di Eros rappacificato e di Thanatos realissimo, che apre ad un lungo flashback, alla vivisezione di questi “straripanti” protagonisti, a questo generale che ha perso la ragione e la saldezza di un tempo, la propria forza e l’ordine che lo reggeva per scivolare nel disordine, nella passione sfrenata che impedisce il ragionamento, nelle tirate bellissime ma assurde; e a questa regina, la “Cleopatràs lussusiosa” dantesca, una regina instabile ormai, divisa tra amore e libertà, ambigua, quasi clownesca, impudente, fatta di risate e sberleffi (il divertimento che mette nello scimmiottare la Fulvia che il suo amante ha abbandonato a Roma) ma pure di lacrime e disperazione, moderna nella sua volontà di reggere le sorti del proprio paese -, e, ancora tra le pagine della Fusini, ci ritroviamo a fare i conti con le verità di Jan Kott, da quell’ormai lontanissimo 1964 quando ci mostrò quanto Shakespeare sia “nostro contemporaneo” -, pronta ad affrontare, pur di non consegnarsi al vincitore e vedersi chiusa dentro una gabbia nel suo trionfo lungo le strade di Roma, il proprio suicidio, dove il mezzo, qui, non è un’aspide consegnatale da un contadino dentro un cesto di fichi ma una più moderna rivoltella: la fine di una storia, un monologo davanti ad un grande specchio, come quello che le grandi attrici hanno in camerino, per prepararsi alla grande prova o per struccarsi, al termine, mentre il suo compagno di recita, Antonio, compare a offrirle un grande mazzo di rose rosse. Uno sparo, il buio, sipario.

Il tutto inteso scavando in quel tono grottesco che non ti aspetteresti, in quell’eccentrico e in quel deformato che si può tranquillamente scorgere negli anni Trenta del secolo passato. Schegge, e non soltanto, come è Ottavia che se ne arriva con il suo abitino bianco e la valigia grandi viaggi in un ambiente troppo lontano da lei; come sono tutti quei toni alti, tutti falsati e falsi, che smaniano in vaporosi movimenti e in continui cambi d’abito (i costumi sono di Carlo Poggioli, il rosso prevale per la corte d’Egitto, il bianco con corazze rivisitate per i soldati di Roma, lunghe palandrane senza tempo per tutti) della protagonista.

Perché è qui la suggestiva, matura, convincente impostazione dello spettacolo da parte di Malosti – c’è semmai da rammaricarsi che non abbia voluto pigiare maggiormente su questo pedale, relegando soprattutto nella parte iniziale il proprio disegno e non spingendolo più oltre. Voglio dire che, in quel percorso di sacro e profano, di alto e basso, di finzione e di reale, di maschere che la coppia si mette sulla faccia, quella veste attoriale di cui ha rivestito i suoi protagonisti, con tanto di sfacciato gioco di teatro nel teatro, di “play” che si mostra senza paura e sempre oltre misura, nella sembianza alta di porgere la battuta, nella tragicità ma anche nella ridicolaggine delle espressioni e dei movimenti, andrebbe spinta sino in fondo. Compresi gli applausi che sentiamo alle loro spalle e i commenti e le risate alle frasi ironiche e divertenti della sovrana, compresi quella chitarra elettrica di Andrea Cauduro o l’arpa celtica di Dario Guidi, in scena anche convincente Eros, pronto a non sopravvivere al suo signore, compreso e magari ampliato il progetto sonoro di GUP Alcaro. Uno sguardo al privato (la passione degli amanti) come pure al pubblico, che non è soltanto politico, ma coinvolge l’idea della recita e il coinvolgimento della sala (Malosti/Antonio non sfuggirà alla “necessità” di scendere in platea, rivolgendo quel “tu” non più, in quel momento, ad un suo compagno di scena e di lavoro, ma ad ognuno di noi, rendendoci testimoni, autentici e attuali).

Tutta quella carrettata di grottesco se la gioca brillantemente Anna Della Rosa (lei che già ebbe a che fare, applauditissima, con la Cleopatra di Testori), in una varietà di sensazioni, di sentimenti, di affermazioni del corpo e della voce tutte quante agguantate con estrema sicurezza, un ventaglio di momenti tutti da apprezzare. L’abbiamo preferita all’attore/regista, parrucca bianca a riccioli da monarca settecentesco, che depone presto le armi di fronte a quell’ironia che per un po’ gli è calzata a pennello. Dario Battaglia è un solido Ottaviano, Massimo Verdastro un indovino giustamente incantato, Danilo Negrelli un Enobarbo che convince nell’amicizia e nel tradimento all’antico compagno d’armi. Con gli altri compagni, hanno costruito una serata di autentico successo, e il pubblico del Carignano (le repliche proseguono sino a domenica 18) ha applaudito con rara convinzione.

Elio Rabbione

Le foto dello spettacolo sono di Tommaso Le Pera

Italia Lib Pop: “Un Centro che nasce di parte non sarà mai Centro”

“Un Centro che nasce con una visione aprioristica verso una sola direzione, con una pregiudiziale verso una delle due parti e con l’idea del “tutti dentro“, a prescindere dalle profonde differenze di posizione su temi etici e valoriali, non può definirsi reale forza di centro, tantomeno essere percepito come un progetto solido e concreto e non solo come un semplice cartello elettorale, concepito per superare la soglia di sbarramento del 4% alle prossime elezioni Europee“, così Claudio DesiròSegretario di Italia Liberale e Popolare, commenta i movimenti in corso in vista dell’appuntamento elettorale di Giugno.

“Dopo il fallimento del cosiddetto terzo polo, naufragato sia per i contrasti tra gli ego in campo, sia per lo strabismo politico che ne ha contraddistinto il percorso portandolo a diventare un piccolo supporto al centrosinistra, esterno ma al contempo organico ad esso, l’eventuale nascita di un nuovo progetto basato sugli stessi presupposti non può che far presagire i medesimi, fallimentari, risultati”, aggiunge Desirò.

“Di fronte alla polarizzazione ed alla radicalizzazione dei contenuti e del confronto politico, il nostro Paese ha la necessità di rafforzare il campo Liberale e Popolare, ma facendolo attraverso progetti concreti, intellettualmente onesti e con una prospettiva di lungo termine che non sia solamente finalizzata ad una visione poltronistica, con l’unico fine di superare soglie elettorali o di portare all’elezione di rari rappresentanti, passando attraverso candidature in liste partitiche sempre e solo di un parte politica precisa”, continua Desirò.

“Se un Centro vero e reale ha la legittima possibilità di marcare le proprie distanze dalle aree più sovraniste e populiste di una coalizione, dovrebbe al contempo evidenziare in modo coerente le profonde differenze da una sinistra oggi oltremodo populistaradicale e statalista con la quale i veri liberali e popolari non possono avere punti in comune. Invece, non vi è occasione in cui i promotori di questo presunto centro non rimarchino le distanze da una sola parte, confermando invece di collaborare e cercare sintesi in una direzione che con liberalismo e pensiero popolare nulla ha a che fare”, conclude Desirò.

Al teatro Carignano va in scena Robin Hood

 Dal 17 febbraio per la regia di Maria Cortellazzo Wiel

 

Il teatro Carignano dedica un appuntamento ai più piccoli e alle loro famiglie, mettendo in scena, fuori abbonamento, la pièce di Alexandre Dumas “Robin Hood”, per la traduzione e l’adattamento di Marta Cortellazzo Wiel, Christian di Filippo, Celeste Gugliandolo, Lisa Lendaro, Marcello Spinetta, Aron Tewelde, diretti da Marta Cortellazzo Wiel.

Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Stabile di Torino, andrà in scena da sabato 17 febbraio alle ore 16 fino a domenica 26 maggio prossimo.

Il tradizionale appuntamento per le scuole e le famiglie è quest’anno dedicato all’abile arciere della foresta di Sherwood, Robin Hood. La sua vita si divide tra la speranza di ricongiungersi al primo amore, Lady Marian, e la missione di proteggere il popolo dalle ingiustizie di re Giovanni. Il coraggio del giovane viene messo a dura prova quando la foresta di Sherwood è minacciata dalla ferocia del sovrano, aiutato dal crudele sceriffo. È l’inizio di una grande avventura, nell’ambito della quale fioriranno leggende e ballate. Dalla fervida fantasia di Alexandre Dumas padre nasce uno dei ritratti più affascinanti del leggendario fuorilegge inglese. Ad affiancarlo nelle sue imprese figurano i suoi fedeli compagni tra cui il valoroso amico Little John e la scaltra Maude. Paladino della giustizia e difensore dei deboli, Robin Hood è il principe dei ladri, incontrastato signore della foresta di Sherwood.

“La letteratura – spiega la regista Marta Cortellazzo Wiel – ha sempre regalato storie di eroi e eroine che, con le loro eccezionali virtù di coraggio e abnegazione, hanno compiuto gesta memorabili. Spesso ci rassicura che sia un eroe a dover portare a termine una missione. Il nostro Robin Hood non è un eroe, bensì un ragazzo che, come ogni essere umano, si confronta con i propri dubbi e paure, consapevole di non poter agire da solo. A sostenerlo in questa missione ci sono l’amico Little John che, con i suoi consigli, guida l’istinto spregiudicato del protagonista, l’incantevole lady Marian che, spinta dall’amore per Robin e dal suo senso di giustizia, compie atti rivoluzionari contro il suo stato sociale e Maude, fedele amica della giovane e astuta complice. Oltre ad essere un eroe, Robin Hood è uno dei fuorilegge più celebri della letteratura, l’arciere che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Chi non ha mai associato a lui questa frase? Ormai è diventata quasi un epiteto che descrive i nobili intenti del protagonista del romanzo di Alexander Dumas padre. È stato inevitabile per noi nella creazione del testo porci degli interrogativi circa il concetto di giustizia oggi.

Qual è il confine tra giusto e ingiusto? E quando un’ingiustizia, operata per un bene più grande, può trasformarsi in un atto di salvezza?”

Età consigliata a partire dai 5 anni

Biglietteria del teatro Stabile di Torino

Teatro Carignano, piazza Carignano 6

Orar6i dal martedì al sabato dalle 13 alle 19. Domenica dalle 14 alle 19. Lunedì riposo.

MARA MARTELLOTTA

Doha: Miressi Argento nella gara regina

Si conclude un’altra giornata di gare all’Aspire Dome di Doha: Alessandro Miressi scrive la storia!

Il gigante piemontese tesserato per il GS Fiamme Oro ed il Centro Nuoto Torino si prende un fantastico argento nei 100 stile libero, battuto solamente dal formidabile cinese e neo primatista del mondo (46″80 nella prima frazione della 4×100 stile libero) Pan Zhanie, che vira in testa e poi lo risorpassa negli ultimi dieci metri chiudendo in 47″53.

Il 25enne e primatista italiano (47″45) nuota in 47″72, con un passaggio trattenuto da 22″82 e un ritorno con il turbo in 24″90, per la prima medaglia individuale iridata.

“Sono contento per la medaglia, la mia prima mondiale individuale – commenta il velocista azzurro – Lo sono un po’ meno per il tempo. Perché se devo fare il pignolo volevo qualcosa in meno. Col record italiano vincevo anche. Però, alla fine, ci sta: dopo un mese di lavoro, fare un mondiale a febbraio e nuotare 47” è comunque un bell’allenamento in vista dell’obiettivo più grande che sarà quello olimpico a Parigi”.

Per l’Italia si tratta della quarta medaglia nella gara regina (2-1-1): l’ultima fu l’oro di Filippo Magnini a Melbourne 2007 (in ex aequo col canadese Brent Hayden) che seguì quello di Montreal 2005, la prima il bronzo di Giorgio Lamberti a Perth 1991, mancava l’argento per completare il tris.

Da segnalare anche le ottime prestazioni dell’altro piemontese in gara in Qatar, Ludovico Viberti Blu Art (Centro Nuoto Torino), che compie la missione di qualificare nelle batterie della giornata di ieri la 4×100 mista mixed in finale, garantendo il pass per le Olimpiadi di Parigi 2024. Una frazione da 59″63 con un crono di staffetta da 3’47″65 che vale l’ottavo ed ultimo tempo d’ingresso. Gli azzurri sfruttano la squalifica dell’Olanda, per cambio irregolare tra la frazione a farfalla e quella a stile libero, che aveva chiuso davanti a loro.

Un mondiale che continua a regalare soddisfazioni, non ci resta che continuare a tifare i nostri azzurri che, con la giornata di oggi, chiudono a quota 8 medaglie.

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Foto Deep Blue Media