ilTorinese

Alessandro Tisci, tra sceneggiature e talenti del calcio

 

Alessandro Tisci, sceneggiatore eclettico, si sta facendo spazio anche nel mondo dell’intermediazione sportiva. Il suo fiuto per i talenti ha attirato l’attenzione di figure autorevoli come l’Avvocato David Bardi di Firenze, che ha recentemente preso in carico il classe 2004 William Osakwe, segnalato proprio da Tisci e da poco firmato con lo Zenith.
Stima condivisa anche da Piorico, presidente della College Scouting, che ha accolto altre due segnalazioni di Tisci: Pasquale Capriati, attaccante del 2002 autore di 60 gol in due anni nel dilettantismo, ora diretto verso il sistema universitario USA, e Francesco Tricarico, ex portiere del Cerignola e della rappresentativa italiana, che ha sfidato il Brasile di Reginaldo con Angelo Di Livio in panchina.
Tra cinema e calcio, Tisci si conferma una figura poliedrica e sempre più apprezzata.

Enzo Grassano

Lavori in corso: Metro ferma domenica 27 luglio e domenica 3 agosto

Per consentire lo svolgimento dei lavori, in entrambe le giornate, la tratta Porta Nuova – Bengasi resterà chiusa dalle ore 7.00 (inizio servizio) alle ore 12.00. In questa fascia oraria, la metropolitana sarà regolarmente in servizio solo tra le stazioni di Fermi e Porta Nuova.

Il collegamento tra Porta Nuova e Bengasi sarà comunque garantito da bus sostitutivi della linea M1S, attivi per tutta la durata dell’interruzione.

 

  • Direzione piazza Bengasi: dalla fermata n.39 di corso Vittorio Emanuele II prosegue per corso Vittorio Emanuele II, via Nizza, piazza Nizza, via Nizza, piazza De Amicis, via Nizza, piazza Carducci, via Nizza, piazza Bengasi, corso Maroncelli dove effettua capolinea dopo via Nizza presso la fermata n.1182 – “Maroncelli cap.“ in comune con la linea 45 Festiva.
  • Direzione Porta Nuova: dal capolinea di corso Maroncelli prosegue per via Genova, piazza Giacomini, via Genova, piazza Bozzolo, via Genova, corso Bramante, piazza Carducci, via Nizza, piazza De Amicis, via Nizza, piazza Nizza, via Nizza, corso Vittorio Emanuele II, piazza Carlo Felice, corso Vittorio Emanuele II dove effettua la ermata n. 39 – “Porta Nuova F.S.”.

FERMATE

39 PORTA NUOVA
41 MARCONI
45 NIZZA
47 DANTE
739 CARDUCCI
979 SPEZIA
912 LINGOTTO
2509 FILZI
1182 MARONCELLI CAP.

 

Direzione Porta Nuova

1182 MARONCELLI CAP.
62 VALENZA
64 GARESSIO
67 SPEZIA
68 MOLINETTE OVEST
48 DANTE
46 NIZZA
42 MARCONI
39 PORTA NUOVA

Elisoccorso Piemonte, 37 anni di attività

Nel mese di luglio 2988 nasceva l’elisoccorso del Piemonte, a Torino e a Novara. Ad agosto dello stesso anno entrò in funzione la base alpina di Savigliano e poi quella di Borgosesia. Dopo lìalluvione del 1994, fu attivata anche la base di Alessandria, anche oggi operativa. “Il servizio di elisoccorso – spiega  Federico Riboldi, assessore alla Sanità della Regione Piemonte – è uno dei simboli della capacità del nostro sistema sanitario regionale di tutelare la salute in ogni condizione e in ogni angolo del territorio”.

Attraverso il bianco. L’arte contemporanea omaggia la montagna

Al “Forte di Bard” le opere di sette artisti appartenenti  all’Associazione Culturale “White View art gallery” di Aosta

Fino al 21 settembre

Bard (Aosta)

“Riunire un gruppo di artisti il cui sguardo e la cui poetica siano in relazione con la montagna valdostana, organizzare e curare eventi che ne sostengano e diffondano il lavoro, promuovendo al contempo le straordinarie peculiarità dell’ambiente naturale della Vallèe”. Primo focus, su cui incentrare, da parte di tutti, mestiere, immaginazione e creatività ovviamente il Monte Bianco“Tetto d’Europa” e “Re delle Alpi”, con tutte le vette che danno forma alla stupefacente suggestione di questo territorio alpino, anch’esso oggi così fortemente a rischio di mortificante impoverimento per l’inevitabile conseguenza di una crisi climatica all’apparenza inarrestabile e che rischia di cancellare nel tempo un “patrimonio glaciale” esteso a oggi per oltre 165 chilometri quadrati. Con questi primi obiettivi, nasceva nel 2022, dall’idea di Andrea Nicola (presidente dell’“Ordine dei Farmacisti” aostani, imprenditore e attento collezionista) l’Associazione “White View art gallery”, cui si deve oggi, e fino a domenica 21 settembre, l’organizzazione della mostra “Attraverso il bianco” ospitata negli spazi della “Cappella” del Forte sabaudo, oggi importante “Polo Culturale” delle Alpi occidentali.

Sette gli artisti (valdostani d’origine o d’adozione) presenti in rassegna, attraverso opere che parlano linguaggi e concezioni del “fare arte” assolutamente diverse fra loro, ma fortemente accomunate da quel raccontare la montagna con pennelli e colori in ogni caso intrisi di visioni per le quali il “veduto” è sempre “tavola di prova” per viaggi in territori univoci costruiti sulla percezione di fantasie, emozioni e suggestioni che si fanno materia di narrazione completamente libera da schemi e mai pagine scontate, dove il “bianco” (come da titolo) richiama sì il colore delle cime innevate, “ma anche il bianco come colore della sospensione, del silenzio, della potenzialità creativa”. Come “metafora di un territorio interiore, eco silenziosa di un’emozione profonda, riverbero di un tempo che si fa spazio da abitare fra atmosfere sospese e la matericità delle vette”. Ecco allora quell’evanescente, sfocato “Nord Ovest” di Massimo Sacchetti, aostano doc, dove “il massiccio del Bianco – racconta lo stesso Sacchetti – si concede allo sguardo senza mai rivelare la sua essenza … solo quando si riesce a ‘sentire’ la quasi silenziosa risonanza che la montagna emette, ecco allora che le arcaiche velature fanno spazio ad un’effimera visione”. Decisamente meno ermetico e di un’infinita dolcezza quel “Rompighiaccio” (olio su lino) del padovano, valdostano d’adozione, Marco Bettio, dove la montagna (“colata” di ghiaccio) fa da “quinta” al simbolico tentativo di “rompere il ghiaccio” fra il mite estasiato bovino e la candida pecorella che, ad occhi chiusi, pare gradire anzichenò le esplicite richieste d’amicizia del suo tenero amico . Montagna come amore, voglia di amicizia, di fratellanza: “proprio come – dice l’artista – il mio primo sguardo sul mondo ogni mattina, fumando la prima sigaretta”. Sguardo sbiadito, che non prende, che non vuole invece prendere forma nel dittico a tecnica mista su carta dell’aostano Marco Jaccond, dal titolo mutuato dai mitici “Procol Harum” di “A Whiter Shade of Pale”, dove il racconto perde ogni contorno identificativo attraverso un “minimalismo espressivo” che induce alla riflessione, al gioco interpretativo di alchimie fantastiche non facili da decifrare. Ma, tuttavia, suggestive.

Sottolinea Luca Bringhen, direttore del “Forte di Bard”: “L’arte contemporanea è in assoluto la protagonista di questa stagione estiva al ‘Forte’, attraverso la quale, grazie anche al progetto dell’Associazione ‘White View’, la nostra montagna diventa occasione di spazio interiore, luogo di poesia e di riflessione”. A renderne atto le opere degli altri artisti presenti in mostra: dalle immagini fotografiche (in digitale e analogico) di Sophie-Anne Herin, che sembrano denunciare un senso d’arresa davanti all’impressionante “grandezza” della montagna, a quelle altrettanto forti e totalizzanti di Barbara Tutino Elter, fino alle narrazioni di Chicco Margaroli (“La Natura è una ‘cartina tornasole’, che reagisce ed offre risposte”) e all’holliwoodiano “The End” di Sarah Ledda, suggestiva riproduzione del famoso logo della “Paramount Pictures”, disegnato nel 1914 da W.W. Hodkinson, con quell’iconica montagna ( “First Majestic Mountain”, circondata allora da 22 stelle) in cui alcune fonti – anche per altro attendibili – hanno voluto leggere i caratteri del nostro “Monviso – Re di pietra”. Verità? Fantasticheria? A turbarci però è più che altro quel “The End”, fissato su tela a tutto tondo. Finale assai incerto per le nostre povere “cime”. E poco speranzoso. Come paiono ricordarci gli artisti raccolti oggi a Bard.

Gianni Milani

“Attraverso il bianco. L’arte contemporanea omaggia la montagna”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II, Bard (Aosta); tel. 0125/833811 o www.fortedibard.it . Fino al 21 settembre

Orari: dal mart. al ven. 10/18; sab. dom. e festivi 10/19

Nelle foto: Massimo Sacchetti “Nord Ovest”, olio su lamina, 2025; Marco Bettio “Rompighiaccio”, olio su tela, 2025; Sarah Ledda “The End”, olio su tela, 2025

Torino, città dell’aperitivo: storie e sapori di fine giornata

SCOPRI – TO ALLA SCOPERTA DI TORINO

Torino è una città che conosce bene l’arte del tempo lento. E l’aperitivo qui non è solo un’abitudine: è un rito, un modo di riappropriarsi della giornata tra un bicchiere di vermouth, un piatto curato e una chiacchierata in piazza. In questa città, dove è nato il vermouth e dove i caffè raccontano più storia che un libro di scuola, ogni locale ha una personalità distinta, un carattere che si riflette in ciò che offre da bere e soprattutto da mangiare.
Il Caffè Torino
Il salotto torinese e i suoi caffè d’epoca
Se si parte da Piazza Castello, cuore elegante della città, si viene subito accolti dal prestigio senza tempo di Baratti & Milano, aperto nel 1858 e da sempre punto d’incontro tra aristocrazia, letterati e affari. Oltre al fascino liberty e ai lampadari in vetro di Murano, il vero spettacolo è dietro il bancone: oltre alla celebre cioccolata calda densa e profumata, qui si celebra l’aperitivo con stuzzichini raffinati, pasticceria salata e il loro storico tramezzino, tra i più amati della città per il pane morbidissimo e la varietà delle farciture. Non va dimenticato che proprio tra questi banconi è nato il “cremino”, un’icona dolciaria torinese che ancora oggi accompagna il caffè del dopopranzo.
Accanto, nella stessa piazza, c’è il sontuoso Caffè San Carlo, che sin dal 1822 accoglie i torinesi in uno spazio dorato, ricco di stucchi e colonne. Qui l’aperitivo è un momento di classe, con vini piemontesi e piccoli assaggi che cambiano con le stagioni: si può trovare una piccola tartina con acciughe al verde o una mini-quiche con toma e porri, in perfetto stile sabaudo. Il servizio resta elegante, ma mai eccessivamente formale.
Poco distante, il Caffè Torino, nato nel 1903 e riconoscibile dalla storica insegna con il toro rampante in bronzo sull’acciottolato, offre una formula più dinamica, perfetta anche per un aperitivo “di passaggio”. I piattini che accompagnano i calici sono semplici, ma curati: salumi tipici, grissini stirati a mano, piccole insalate fredde o mousse salate. È il posto dove fermarsi quando si vuole sentire il cuore della città pulsare a ritmo lento.
E se si prosegue sulla stessa linea del tempo, si arriva al Caffè Mulassano, gioiello in miniatura incastonato sotto i portici di Piazza Castello. In soli 30 metri quadri si condensano oltre cent’anni di storia: fu qui, nel 1926, che si servì per la prima volta in Italia il “tramezzino”. Ancora oggi è il pezzo forte dell’aperitivo, in tantissime varianti, tutte servite con cura in piattini di porcellana. L’atmosfera è intima, le boiserie in legno e specchio sembrano sospendere il tempo.
La nuova generazione di aperitivi
Scendendo verso Piazza Vittorio Veneto, l’aperitivo prende un’altra forma. Qui, tra portici eleganti e vista sul fiume Po, si respira una Torino più giovane e vibrante. Il Clarissa, locale contemporaneo con un’anima accogliente, è amatissimo per i suoi cocktail dal tocco creativo e per il cibo che accompagna ogni bicchiere: bruschettine gourmet, piccoli panini caldi, chips fatte in casa e mini porzioni di cucina calda. Il menù cambia spesso, ma la qualità resta sempre alta.
Appena fuori dal centro, nel quartiere Santa Rita, la Forneria Santa Rita porta il concetto di aperitivo su un terreno diverso: qui il cuore è la pizza. Una vetrina che sforna decine di gusti ogni giorno, dalla margherita classica alle varianti più creative con burrata, salmone, verdure grigliate, fichi e prosciutto crudo. L’aperitivo è un momento conviviale e abbondante: si ordina al banco, si sceglie la propria fetta, si prende da bere e ci si accomoda. L’ambiente è informale, la qualità è quella da pizzeria artigianale.
Altro nome che ha conquistato il pubblico più giovane è Zucca, nel quartiere Vanchiglia, noto per i suoi aperitivi “paninari”. Il protagonista è infatti il panino caldo, preparato al momento, con ingredienti che spaziano dai formaggi locali alle verdure fresche grigliate, dal prosciutto crudo al tofu marinato. A questo si aggiungono piccoli piattini stagionali, come insalate di farro, cous cous, polpette vegetariane. Il locale punta su un’atmosfera rilassata, tra luci calde e tavoli in legno grezzo, ideale per una serata in compagnia.
Piazza Vittorio: foto Vincenzo Solano per il Torinese
Piazza Vittorio, il cuore dell’aperitivo torinese
Infine, non si può parlare dell’aperitivo a Torino senza nominare Piazza Vittorio Veneto, forse la più iconica quando si parla di fine giornata torinese. Qui i bar si susseguono sotto i portici, ognuno con il proprio stile. Alcuni puntano su buffet abbondanti, altri su piccole proposte gourmet. Ma quello che unisce tutti è lo spirito della piazza: qui il tramonto si osserva con un bicchiere in mano e lo sguardo sul Monte dei Cappuccini. Il vermouth scorre, ma anche i cocktail creativi, spesso con ingredienti locali, erbe aromatiche e bitter artigianali. I piattini spaziano dalle focaccine appena sfornate ai tomini al verde, dai mini hamburger di Fassona alle olive condite. Non esistono due aperitivi uguali e forse, è proprio questa la magia.
A Torino, l’aperitivo non è solo il tempo dell’attesa per la cena: è una tradizione viva, che unisce storia e innovazione, cibo di qualità e conversazioni senza fretta. Basta sapersi fermare, ordinare un bicchiere e lasciarsi servire. Tutto il resto viene da sé.
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Noemi Gariano

Cattolici, nessuno ne ha l’esclusiva politica

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo


E ci risiamo. Mino Martinazzoli li chiamava negli anni ‘90 i “cattolici professionisti”. Anni prima,
negli ‘80, Carlo Donat-Cattin ancora più sarcasticamente li bollava come “sepolcri imbiancati”. In
entrambi i casi parliamo di esponenti che, periodicamente, si sentono i depositari esclusivi della
presenza degli stessi cattolici nella vita democratica del nostro paese. Si tratta di personaggi che,
in virtù di una presunta coerenza e di una ineffabile capacità politica, si sentono gli interpreti più
accreditati e quasi esclusivi nel farsi carico di tutto ciò ciò attiene alla cultura, alla tradizione, ai
valori, alle domande e alle istanze che provengono dal vasto, articolato e composito mondo
cattolico italiano. Una sorta, cioè, di “cattolici doc”. Ovvero cattolici di denominazione di origine
controllata e forse anche garantita, come avviene per i migliori prodotti della natura.

Ora, credo sia giunto il momento di ribadire con forza e convinzione la necessità e l’importanza di
riavere una presenza politica autorevole e qualificata nella vita pubblica italiana. Come, d’altro
canto, si rende sempre più necessario riscoprire una cultura politica che in questi ultimi tempi si è
pericolosamente inabissata. Ma il tutto, però, non può non tenere conto di due elementi di fondo
a cui non si può rinunciare se si vuole essere credibili e anche coerenti con la storia del
cattolicesimo politico italiano nella sua declinazione democratica, popolare e sociale.

In primo luogo va riconosciuto sino in fondo, e senza alcun equivoco o tentennamento, il
pluralismo politico ed elettorale dei cattolici Italiani. Non esiste un tribunale della coerenza dei
cattolici in politica. Questa vecchia ed atavica tentazione “catto comunista” di sentirsi i migliori e,
di conseguenza, gli interpreti più coerenti e più credibili nel tradurre la cultura dei cattolici nella
cittadella politica italiana va archiviata definitivamente ed irreversibilmente. E questo non solo
perchè si tratta di una minoranza settaria, faziosa e culturalmente altezzosa ed arrogante che non
rappresenta affatto la stragrande maggioranza dei cattolici italiani. Ma per la semplice ragione che
proprio questa deriva è all’origine dalla crisi della presenza di questa cultura nella vita politica
contemporanea.

In secondo luogo nessun leader – o statista – democratico cristiano, o popolare o cattolico sociale
del passato ha mai pensato di rappresentare le istanze esclusive dei cattolici in politica. E questo
non solo perchè la laicità dell’azione politica è un caposaldo essenziale di una democrazia matura
ed adulta, ma per la semplice ragione che è persin ridicolo intestarsi questa qualifica. Lo era già ai
tempi della cosiddetta unità politica dei cattolici nella Democrazia Cristiana. Anche se, come tutti
sappiamo, l’unità politica dei cattolici non è mai esistita perchè non è mai stata un dogma ma
sempre e solo una scelta politica concreta e coerente con la stagione storica in cui si viveva.
Ecco perchè è ridicola, per non dire grottesca, la tentazione dei soliti noti che periodicamente
fanno capolino nella politica italiana a nome e per conto dei cattolici italiani. Più che ascoltati
vanno semplicemente compatiti.

Daniele Silvestri apre la nuova edizione di “Insieme – il Festival Paideia”

 

Tra gli ospiti festival che si terrà il dal 18 al 20 settembre anche anche Mario Calabresi, Christian Greco, Marina Cuollo, Azzurra Rinaldi e Matteo Saudino

 

Torna a Torino “Insieme – Il Festival di Paideia”, l’appuntamento annuale promosso dalla Fondazione Paideia, da oltre trent’anni attiva al fianco di bambini con disabilità e delle loro famiglie. La terza edizione del festival si svolgerà dal 18 al 20 settembre 2025, con un programma ricco di eventi, testimonianze e momenti di incontro dedicati a tutta la cittadinanza.

Saranno tre giorni di intrattenimento, cultura, riflessione e condivisione che mettono al centro la disabilità, la diversità e la partecipazione. Un’occasione preziosa per dare voce alle famiglie, raccontare esperienze, individuare bisogni e nuove sfide, promuovendo uno sguardo più consapevole e solidale.

Ad aprire il festival, giovedì 18 settembre alle ore 21:00, sarà il concerto acustico di Daniele Silvestri, che si esibirà sul palco del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino con una speciale formazione in trio. I biglietti sono disponibili su Ticketone.it.

A seguire, venerdì 19 e sabato 20 settembre, il teatro accoglierà un fitto calendario di incontri e dialoghi con alcuni ospiti d’eccezione: tra gli altri il direttore editoriale Chora e Will Mario Calabresi, il direttore del Museo Egizio Christian Greco, la scrittrice ed editorialista Marina Cuollo, l’economista Azzurra Rinaldi, il filosofo e insegnante Matteo Saudino, lo psicopedagogista Stefano Rossi, più altri ospiti in via di definizione.

L’evento sarà anche l’occasione per presentare i risultati della nuova indagine Paideia-BVA Doxa sull’impatto della disabilità sul sistema familiare, nata con l’obiettivo di generare nell’opinione pubblica una maggiore consapevolezza rispetto ai bisogni e alle sfide che ogni giorno tante famiglie sono chiamate ad affrontare.

Sabato, per tutta la giornata, Piazza Bodoni si trasformerà in uno spazio a misura di famiglia: laboratori, attività inclusive, giochi e spettacoli aperti a bambini, ragazzi e adulti. Un’occasione per vivere il centro di Torino in modo nuovo, gioioso e accessibile.

“Insieme – Il Festival di Paideia” è un invito aperto a tutti: famiglie, educatori, operatori, insegnanti, amministratori, ma anche semplici cittadini che desiderano contribuire a costruire una società davvero di tutti.

“Insieme – Il Festival di Paideia” è realizzato con il patrocinio della Città di Torino e della Regione Piemonte, con il sostegno di Battaglio Frutta (Sponsor Gold), Gruppo Fenera (Sponsor Silver), e LMA (Sponsor Silver). Food and Beverage Partner: Galup, M** Bun, Molecola, Alberto Marchetti Gelaterie, Acqua Eva. Amici del Festival: Modo Rent, Dierre, Borgione, Sveriges generalkonsulat Torino, Price’s Candles, Decathlon. Un evento organizzato in collaborazione con Idee al lavoro, Produzioni Fuorivia, Culturabile. Per iscrivervi potete mandare una mail a festival.fondazionepaideia.it

 

Lori Barozzino

Rora’, il borgo in Val Pellice protagonista della cultura valdese

Natura, storia ed eccellenze del Piemonte.

Piccolo, ma prezioso, Rorà è un borgo speciale dove fare gite e passare del tempo in maniera lenta, riflessiva.

Luogo alternativo in estate alle affollate e calde spiagge nella vicina Liguria, questo gioiello, sito a 1000 metri di altezza, è un rifugio naturale contro la calura estiva che giorno dopo giorno diventa sempre più estenuante.

Il paesaggio, fatto di boschi di castagni e bellissimi scenari montani, è quello straordinario della Val Pellice, una valle alpina nei pressi di Torino che prende il nome dal torrente che la bagna, posta a sud della Val Chisone e di quella del Po e ad ovest del confine con la Francia.

Parte delle Alpi Cozie quest’area è circondata da alte montagne e da diversi valichi, qui si custodiscono biodiversità rare e protette, come nella Zona Speciale di Conservazione Bosco di Pian Prà, dove camminare significa respirare storia e ascoltare nel profondo le natura circostante.

Da non perdere sicuramente è il famoso castagno secolare il Lou Fraisi, simbolo di forza e longevità, spesso al centro di racconti locali.

Rorà è nota anche per la Pietra Luserna e le cui cave, attive dal ‘500, possono essere visitate, inoltre, in estate, molte di queste originali location ospitano eventi culturali e spettacoli teatrali, creando così un connubio perfetto tra natura e arte. È presente anche il museo, il Loze di Rora’, che racconta la storia del lavoro estrattivo e della cultura materiale legata alla famosa pietra.

Memoria della comunità valdese, una delle più antiche chiese protestanti europee, nata nel XII secolo con il movimento di Pietro Valdo e perseguitata per secoli, che ha trovato rifugio nelle Valli del Piemonte, a Rorà ha scritto pagine di resistenza civile e religiosa. Il paese fu teatro della Gloriosa Riantata, l’epopea del ritorno dei valdesi dall’esilio, guidati da Henri Arnaud, nel 1689. A raccontare questi eventi c’è il Museo della Pietra e della Cultura Valdese, ospitato in un’antica casa rurale, dove strumenti, documenti e oggetti quotidiani danno voce a una storia di dignità e perseveranza. 

Il Tempio Valdese è l’edificio simbolico del borgo, legato proprio alla storia di questa comunità religiosa e testimonia la secolare lotta per la libertà di culto.

Molto famoso anche il nome di Giosuè Gianavello, il condottiero ribelle, chiamato “il Leone di Rorà”, che riecheggia nei racconti locali, nei sentieri storici e nel piccolo Ecomuseo della pietra che non è un semplice spazio espositivo, ma un progetto diffuso, immerso tra il centro del paese e l’antica cava Tupinet, dove manichini e strumenti originali rievocano il duro lavoro degli scalpellini. 

Oltre ad un viaggio a ritroso in una storia che è rimasta radicata nelle pietre di questo borgo, sono apprezzabili anche i progetti attuali come quello della Stone Oven House una residenza per artisti contemporanei in mezzo ai boschi che attira ogni anno creativi da tutta Europa.

Anche le donne Rorà hanno lasciato una traccia indelebile all’interno delle case e delle strade di questo luogo straordinario ed emblematico e, anche se non citate nei libri di storia come spesso avviene, queste ultime hanno avuto un ruolo centrale nella costruzione della vita comunitaria.

Le donne delle cave e delle fornaci, per esempio, normalmente figlie di scalpellini, erano custodi delle case e spesso erano coinvolte nella raccolta del legname e nel sostegno alle attività delle fornaci; le istitutrici valdesi e poi le resistenti silenziose che, durante le persecuzioni religiose ebbero l’importante compito di proteggere i rifugiati, non possono non essere ricordate e celebrate.

https://www.comune.rora.to.it/