redazione il torinese

Appendino fino alla fine

La sindaca ne è sicura: “Certo,  porterò a termine il mio mandato. È un’esperienza straordinaria e se tornassi indietro la rifarei”. Così  la prima cittadina di Torino, Chiara Appendino, ha risposto ai giornalisti che la assediavano (anche in relazione al processo sui fatti di piazza San Carlo)  in occasione della presentazione della stagione sciistica della Via Lattea. “Ogni giorno si lavora mettendoci l’impegno massimo e ogni giorno pensi a come potresti fare meglio”, ha aggiunto la sindaca.

 

(foto: il Torinese)

Il leone del deserto

Si intitola The Lion Of The Desert  ed è un film che non ha mai avuto libera circolazione nel nostro Paese. Uscito nell’aprile 1981 negli Usa, fu presentato al Festival di Cannes l’anno successivo e poi distribuito in Europa, ma non in Italia

 

 Il Ministero degli Esteri ne vietò ufficialmente la visione ritenendolo lesivo dell’onore militare (queste le parole dell’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti). Venne anche intentato un procedimento giudiziario per vilipendio delle Forze Armate che, però, non ebbe seguito. Mancando il nullaosta di censura la pellicola ha quindi avuto una diffusione quasi clandestina, in versione originale e senza sottotitoli. Le rare occasioni in cui è stata mostrata al pubblico hanno assunto il sapore dell’evento. Si ha notizia di una proiezione tenutasi a Rimini nel 1988, che suscitò più di qualche polemica, e di un’altra al Festival dei Popoli nel 2002. Girato nel deserto libico ed a Cinecittà sotto la regia di Moustapha Akkad, americano di origine siriana, The Lion Of The Desert  annovera nel cast attori di primo piano, quali Anthony Quinn, Rod Steiger, John Gielgud, Oliver Reed, Irene Papas. Classica produzione internazionale ad alto budget tipica degli anni Settanta, il film venne finanziato con capitali americani e, sia pure parzialmente, dal leader libico Gheddafi, che pretese anche l’inclusione di alcune sequenze. La vicenda (ecco spiegate le ragioni della censura) è ambientata nei primi anni Trenta durante l’occupazione italiana della Libia, la “quarta sponda”, il “posto al sole” che pretendeva Mussolini (impersonato da Rod Steiger). Il film racconta la strenua resistenza che le tribù beduine opposero al nostro esercito guidato dal generale Graziani (Oliver Reed).

 

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Eroe e protagonista del film è Omar el-Mukhtār (Anthony Quinn), soprannominato il leone del deserto, un anziano maestro di scuola elementare che dimostrò doti inaspettate di strategia militare. L’esercito italiano incorse in più di una disfatta prima di sconfiggerlo grazie all’assoluta superiorità di uomini e mezzi. L’occupazione guidata dal generale Graziani fu spietata e sanguinosa, vennero compiute brutalità tenute nascoste per anni negli archivi militari. Per stroncare la resistenza le coltivazioni furono distrutte, i pozzi avvelenati e l’intera popolazione della regione del Jebel Akhdar deportata. Circa centomila persone (il dieci per cento degli abitanti della Cirenaica) finirono deportate nei campi di concentramento approntati nel deserto della Sirte, dove in migliaia morirono di stenti. Contro i combattenti vennero inoltre usate armi proibite dalle convenzioni internazionali, come le terribili bombe chimiche all’iprite. Il 13 settembre 1931 Omar el-Mukhtār e i suoi uomini furono circondati e catturati in Cirenaica. Condotto a Bengasi, egli subì un processo-farsa davanti a una corte militare con l’accusa di alto tradimento. La condanna venne eseguita per impiccagione nel campo di concentramento di Soluk all’alba del 16 settembre, davanti a ventimila compatrioti. La morte di Omar el-Mukhtār sancì la fine della resistenza libica e l’inizio della sua leggenda, tanto che è ritenuto ancora oggi l’eroe nazionale per eccellenza. Sia pure con qualche esagerazione narrativa, The Lion Of The Desert  propone una ricostruzione meticolosa degli avvenimenti che gli storici (anche italiani) hanno giudicato sostanzialmente corretta. In questo senso alcune sequenze sono estremamente significative. Ad esempio quella in cui le camicie nere, approfittando dell’assenza di Omar el-Mukhtār, invadono il suo villaggio e ne massacrano gli abitanti (una giovane donna, accusata di essere una ribelle, viene crudelmente impiccata). In un’altra si descrivono le condizioni umilianti che i diplomatici fascisti imposero al tavolo delle trattative. Per converso occupa un posto di rilievo la figura positiva del colonnello interpretato da Raf Vallone, il che evita una separazione manichea tra italiani cattivi e libici buoni.

 

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Il lungo e incredibile ostracismo contro il film di Moustapha Akkad si inserisce in una più ampia campagna di mistificazione e disinformazione, che ha sempre teso a conservare una visione romantica della storia coloniale del nostro Paese, mitica quanto assolutamente falsa. La verità è che per molti decenni non siamo stati in grado di fare i conti con la nostra disastrosa politica espansiva, in Libia e altrove. Questa pagina oscura è stata a lungo relegata nell’oblio. Chi partecipò ha sempre negato i massacri, le nefandezze e, soprattutto, l’impiego dei gas urticanti. Soltanto nell’ultimo decennio alcuni libri e qualche programma televisivo hanno cominciato a parlare in termini critici degli eventi bellici senza rimasticare la propaganda fascista dell’epoca o citare le “opere di civilizzazione” compiute. Si è trattato di un silenzio scandaloso, mantenuto anche grazie al boicottaggio cui è stato sottoposto questo film, che sfata lo stereotipo degli “italiani brava gente” e punta il mirino contro le atrocità commesse dal nostro esercito. Il 10 giugno 2009, in occasione della sua prima visita ufficiale in Italia, Muammar Gheddafi si presentò accompagnato dall’anziano figlio di Omar el-Mukhtār con la fotografia che ne ritrae l’arresto appuntata al petto. Si trattò di una mossa provocatoria, beninteso, ma che coincise con la fine di questo caso di vera e propria censura politica durato trent’anni. Il giorno seguente Cinema Sky Classics metteva in onda Il leone del deserto e, in seguito, lo replicò più volte. Oggi possiamo comodamente reperirlo su YouTube. Varrebbe la pena dargli almeno uno sguardo, tenendo bene a mente la lezione storica che, al di là del valore puramente artistico, la pellicola può impartirci ancora.

Paolo Maria Iraldi

 

Il Requiem verdiano secondo Conlon

Sarà la Messa da Requiem di Verdi il nucleo centrale del secondo concerto della stagione sinfonica, da poco iniziata, dell’Orchestra Sinfonica della Rai, in programma giovedì 25 ottobre alle 20.30 all’Auditorium Rai di Torino Arturo Toscanini. Saranno protagoniste le voci di Anna Pirozzi, reduce dal successo come Lady Macbeth al Festival Verdi di Parma; Saimir Pirgu, noto per le sue interpretazioni in ruoli verdiani, quali quello del Duca di Mantova e di Alfredo Germont; il contralto Marianna Pizzolato, gia protagonista con Conlon dello “Stabat Mater” Rossini, e Riccardo Zanellato, in sostituzione dell’indisposto Dmitry Belosseskiy. Saranno affiancate dal Coro del Teatro Regio di Parma. Sul podio il direttore principale James Conlon.Il Requiem fu eseguito dallo stesso Verdi per la prima volta nella Basilica di San Marco a Milano, il 22 maggio 1873, dedicato all’amico Alessandro Manzoni, da poco scomparso e la cui perdita provocò nel compositore un dolore profondo. Il Requiem risulta impregnato di una forte carica drammatica, capace di riflettere la linea portante del teatro verdiano, accompagnandosi ad una grandiosa meditazione sul mistero della morte che, pur sotto il segno della ribellione contro la volontà divina, è in grado di restituire all’uomo consolazione e dignità. La Messa da Requiem verdiana risulta intensa, ricca di armonia e di frasi melodiche inusuali per un testo di musica sacra, capaci di suscitare nell’ascoltatore sentimenti intensi come la pietà, la trascendenza, il senso della vita e quello della morte. Il testo liturgico della Messa funebre ha offerto al compositore una traccia capace di toccare i vertici del drammaticità, dalla fine della vita alla solitudine dell’anima, dal rimorso per i peccati commessi all’avvicinamento al Signore nei cieli. La Messa ha voluto anche essere, secondo le intenzioni di Verdi, un omaggio a Rossini, scomparso nel novembre 1868.Nel compianto funebre emerge quello che è l’ultimo personaggio della tragedia, l’uomo verdiano, con la sua intransigente moralità, le sue aspirazioni tradite, vinto ma, al tempo stesso, superiore al mondo. In questa chiave interpretativa si comprende il carattere laico di una Messa priva del Credo, in cui si addensano, fino ai limiti estremi, i tipici motivi del melodramma, tra i confini opposti del Dies Irae e dell’Agnus Dei. D’altronde la morte, come ha ben scritto il musicologo e critico Massimo Mila, rappresenta un leitmotiv delle opere verdiane e, nella Messa da Requiem, tutto il genere umano si comporta come i suoi personaggi.

 

Mara Martellotta

Gambero Rosso: la grande degustazione “3 bicchieri”

Città del gusto Torino di Gambero Rosso organizza la grande degustazione “3 bicchieri” nella sua sede: PALAZZO COPERNICO GARIBALDI. Le migliori bollicine d’Italia e i migliori vini rossi (Barolo, Barbaresco, Brunello, Amarone…), i migliori bianchi d’Italia. 

 

Per partecipare all’evento è necessario acquistare qui il biglietto:

https://www.thetips.it/torino/eventi/grande-degustazione-tre-bicchieri-2380/661 

 

Gariglio (PD) “Nel DL Ponte di Genova ennesimo schiaffo al Piemonte”

“Il Decreto Legge recante disposizioni urgenti per la Città di Genova, in discussione oggi alla Camera, contiene un ennesimo attacco al Piemonte e alle imprese piemontesi. L’articolo 7 del Decreto, infatti, prevede l’istituzione della Zona logistica semplificata “Porto e retroporto di Genova” comprendente i territori portuali e retroportuali del Comune di Genova e i retroporti di Rivalta Scrivia, Arquata Scrivia, Novi San Bovo, Alessandria, Castellazzo Bormida e Ovada Belforte (tutti in provincia di Alessandria, il vero retroporto di Genova), nonché i retroporti di Piacenza, Dinazzano e Milano Smistamento” ha spiegato il parlamentare piemontese del Partito Democratico Davide Gariglio.

“Curiosamente sono stati esclusi da questo elenco sia l’interporto di Orbassano, sia quello di Novara, quest’ultimo collocato proprio sulla direttrice Genova-Milano; è, invece, presente Milano.
L’essere inclusi nella Zona logistica semplificata consente alle imprese del settore operanti su quei siti di godere di procedure semplificate (e quindi di avere minori costi), nonché di contributi pubblici” ha proseguito Davide Gariglio.

“Alla mia domanda di chiarimenti, in Commissione, al viceministro ai Trasporti, l’on. Rixi, mi é stato risposto che il Governo ha fatto una valutazione e che poi, in futuro, si vedrà se correggerla. Questa scelta é l’ennesimo schiaffo che il Piemonte riceve da questo Esecutivo. Dopo il blocco degli appalti TELT per realizzare il tunnel internazionale di base per collegare Torino a Lione, dopo il blocco del Terzo Valico (il DL Genova non ha finanziato i lavori per completare l’opera), dopo la vicenda del furto delle Olimpiadi invernali a vantaggio di Milano, ecco un’altra offesa alla nostra Regione, che Lega e Cinquestelle stanno umiliando a vantaggio di Lombardia e Veneto, nel silenzio colpevole dei Cinquestelle, che hanno abbandonato al suo destino anche la sindaca Appendino.Chiederò in Aula alla Camera che tutti i parlamentari piemontesi insorgano contro la volontà del Governo gialloverde di marginalizzare la nostra Regione” ha concluso l’on. Gariglio.

“Non ci siamo mai dedicati le canzoni giuste”

“Da quando mi sono innamorata di te, ogni cosa si è trasformata ed è talmente piena di bellezza… L’amore è come un profumo, come una corrente, come la pioggia. Sai, cielo mio, tu sei come la pioggia ed io, come la terra, ti ricevo e accolgo” Una certa Frida Kahlo citava queste parole e Calcutta ci rimette in bocca una pioggia di emozioni attraverso la voce incantevole di una Elisa che pare poco caratteriale ma che, in realtà, quando canta incanta. Fresco di pubblicazione mi fa trascorrere 3 minuti e 20 secondi col sorriso stampato in bocca; sono giorni che la ascolto in macchina e mi affascina l’idea di poter riportare dentro di sé una persona, bevendone il nome che cade sotto forma di pioggia. Dice infatti tutto sulla potenza metaforica del testo che, Calcutta, volenti o nolenti, ha centrato in pieno. Il significato della canzone è incentrato sull’amore: si parla infatti di un rapporto finito ma che è comunque presente e si fa sentire. Il brano si apre con “Non ci siamo mai dedicati le canzoni giuste” e “Non ci siamo mai detti le parole giuste neanche per sbaglio”, come ad accorgersi che forse si poteva fare di più, si doveva fare di più. La prima parte della canzone continua su questa linea, passando poi ad una fase malinconica dove la cantante fa i conti con l’assenza di questa persona e si rende conto di sentirsi vuota senza di essa. Ma c’è una frase, che a me lascia veramente un segno: ”se devi andare pago io”. Mi da quel senso di chi, lascia andare un amore che “deve” per le sue ragioni, e ne paga il conto, più salato che mai. La protagonista del video è la stessa Elisa che si ritrova più volte sotto la pioggia, quasi come a poter dire di essere libera di piangere per la mancanza di questa persona senza essere vista. Il video è stato realizzato in bianco e nero, quasi a voler dire che, senza questa persona, mancano colori importanti, quei colori che rendono tutto piu’ bello, luminoso… Ma vi lascio questa frase: ”gli altri muoiono; ma io non sono un altro; dunque non morirò” Vladimir Nabokov

Vi allego link ma del backstage, buon ascolto…godetevela tutta

https://www.youtube.com/watch?v=CsKw85CoyGM

Chiara De Carlo

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Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

Pd e Forza Italia, simboli del passato. Ora si volti pagina

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di Giorgio Merlo
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È’ ormai noto a tutti che ci sono alcuni partiti che ormai stanno progressivamente esaurendo la loro funzione politica e storica. Un tempo si sarebbe detto, dalle parti dei comunisti italiani, che “hanno esaurito la loro spinta propulsiva”
 Per tornare all’oggi, non possiamo non prendere atto che il ruolo, la funzione e la prospettiva del Partito democratico da un lato e di Forza Italia dall’altro sono entrati in un vicolo che difficilmente potrà ancora vederli come elementi centrali e determinanti dei rispettivi schieramenti. Non a caso, il voto del 4 marzo ha cambiato profondamente la geografia politica italiana arrivando al punto di cancellare, forse definitivamente, la tradizionale competizione fra quel centro sinistra e quel centro destra. Sul versante del centro destra, e’ del tutto evidente che quella coalizione – sempreche’ esista ancora – ha un solo grande e massiccio azionista: la Lega di Matteo Salvini. Il resto, come si suol dire, e’ del tutto marginale. Nel campo del centro sinistra, invece, abbiamo un Partito democratico che continua regolarmente e stabilmente a perdere tutte le elezioni. Locali e nazionali. Diventa francamente difficile pensare che attorno a quel partito possa rinascere un sistema di alleanze capace di porsi come alternativa credibile e competitiva rispetto agli schieramenti avversari. Oltretutto si tratta di un partito caratterizzato da una persistente faida interna che vede schierate le varie bande in contrasto l’una contro l’altra. È appena sufficiente registrare ciò che capita quotidianamente da quelle parti per rendersi conto che oggi il Pd non può più giocare quel ruolo che ha esercitato per alcuni anni con la guida di Veltroni prima e di Bersani poi. Dunque, dando per scontato che si deve ritornare alla “cultura delle alleanze” e quindi archiviare definitivamente la strampalata “vocazione maggioritaria” di renziana memoria e quindi della concezione arrogante dell’esclusività di un solo partito al potere o all’opposizione, sono 2 le condizioni decisive che, da adesso in poi, sono sempre più necessarie per affrontare la situazione che si è venuta a creare dopo il voto del 4 marzo e confermate ogni volta che si vota in qualunque angolo d’Italia. Innanzitutto devono ritornare protagoniste le identità politiche e culturali dopo il clamoroso fallimento dei partiti plurali. Identità indubbiamente aggiornate e riviste, ma identità. A cominciare dalla tradizione del cattolicesimo democratico, popolare e sociale che nel nostro paese e’ sempre stata protagonista in tutti i tornanti decisivi della storia democratica. Accanto, com’è ovvio, alla rinata destra, ad un perdurante populismo anti sistema e ad una sinistra oggi un po’ sbandata e disorientata ma comunque indispensabile e necessaria. In secondo luogo va rilanciato e valorizzato un “civismo politico e culturale” che oggi fa la differenza in molte competizioni elettorali. In particolare nelle elezioni locali. Un civismo che in un contesto sociale che nutre profonda sfiducia nei confronti dei partiti tradizionali può essere un veicolo che rilancia la partecipazione politica e, al contempo, rinnova profondamente la geografia politica dell’intero paese. Dal civismo passa, forse, anche il rinnovamento della politica italiana. Attorno a queste 2 condizioni la politica italiana può uscire dall’impasse in cui si trova. Purché non si continui a pensare a partiti che ormai hanno fatto il loro tempo e che, continuando la loro stanca azione politica quotidiana, non fanno altro che far emergere la necessità di avere nuovi soggetti, nuove politiche e nuove coalizioni.

Alla Lugano Cup 2018 brilla Anais Coraducci

Primo successo stagionale per l’italosvizzera Anais Coraducci, tesserata per l’Ice Club Torino Asd, che ha conquistato una preziosa medaglia d’oro nella Lugano Cup 2018, gara nazionale e internazionale che si è svolta il 20 e 21 ottobre. La Coraducci, giovanissima pattinatrice della nazionale svizzera, nata nel 2003 a Cheyres, dopo un brutto infortunio che l’ha tenuta ferma per 5 mesi durante la scorsa stagione, ha esordito, quest’anno, nella categoria senior, totalizzando, alla Lugano Cup, nel programma libero, in netto miglioramento rispetto alle stagioni precedenti il punteggio tecnico molto alto di 55.60, con il quale ha superato il tecnico (52.86 punti) ottenuto dalla sua connazionale campionessa svizzera, l’olimpionica di Pyeongchang Alexia Paganini nella gara di Budapest di questo stesso fine settimana. L’atleta svizzera che, dopo aver preso parte allo stage estivo dell’Ice Club Torino a Cerreto Laghi, ha deciso di trasferirsi nel capoluogo piemontese per allenarsi con Edoardo De Bernardis, ha vinto, nella sua gara d’esordio, sia il programma corto che quello lungo totalizzando 144.36 punti e presentando, nel lungo, musiche di Einaudi. In un momento in cui si parla di fughe di talenti anche sportivi è importante sottolineare che la giovanissima Anais Coraducci non è la prima atleta straniera ad affidarsi allo staff dell’Ice Club Torino. Negli anni passati, infatti, si sono allenate in Piemonte pattinatrici provenienti dalla Finlandia, dalla Slovacchia e le tedesche Sarah Hecken, olimpionica a Vancouver 2010, e Nathalie Weinzierl, olimpionica a Sochi 2014 e campionessa tedesca 2015 e 2017. Inoltre, anche Carolina Kostner, durante la sua carriera, ha trascorso alcuni mesi a Torino, seguita da Edoardo de Bernardis.

Barbara Castellaro

www.iceclubtorino.it

 

RIASSETTO DELLA RETE ELETTRICA NELL’AREA DI TORINO: SI CONCLUDE LA CONFERENZA DEI SERVIZI 

Si è conclusa con esito positivo la Conferenza dei Servizi convocata ieri dal Ministero dello Sviluppo Economico e relativa alla seconda fase degli interventi di razionalizzazione della rete elettrica a 220 kV nell’area di Torino previsti dal Protocollo di Intesa del 2009 firmato da Terna, Regione Piemonte e Comune di Torino. Quella di ieri rappresenta una ulteriore tappa di avvicinamento alla conclusione dell’iter autorizzativo dell’intervento che interesserà i Comuni di Pianezza, Collegno, Rivoli e San Gillio e che, una volta terminato, consentirà a Terna di realizzare un importante riassetto di linee elettriche con la conseguente demolizione di vecchi sostegni che, in alcuni casi, attraversano anche i centri abitati.In tal senso, Terna si è impegnata con il Sindaco del Comune di Pianezza Antonio Castello, maggiormente coinvolto dal passaggio delle linee elettriche, ad avviare, a valle dell’emanazione del decreto autorizzativo, un confronto per stabilire le modalità di attuazione degli interventi all’interno del Comune.

Chiamparino “offre” gli impianti per le Olimpiadi

Resta la  disponibilità  del Piemonte a mettere a disposizione gli impianti che “possano essere necessari a rendere più forte e competitiva la candidatura italiana”. Così l’Ansa riporta la proposta del presidente Sergio Chiamparino, che “anche se la questione candidatura è chiusa”, dichiara la disponibilità della Regione. “Ora guardiamo avanti. Come Regione abbiamo fatto tutti gli sforzi possibili e adesso  possiamo contribuire a rendere più forte la candidatura italiana mettendo a disposizione le strutture  che si rendessero necessarie”.