Sono rimasti feriti tre calciatori della PontDonnaz-HoneArnad, una squadra della Valle d’Aosta, prima in classifica nel girone A del campionato di Eccellenza, in un incidente avvenuto oggi sulla tangenziale Sud di Torino. Erano a bordo di un Fiat Scudo e dopo aver imboccato la tangenziale da corso Orbassano, verso Milano, si sono schiantati contro una Bmw. I calciatori sono un 25 enne e un 26 enne di Torino e un 20 enne di Alessandria. Due i passeggeri a bordo del furgone, un uomo e una donna, che sono rimasti feriti in modo lieve e sono stati portati al San Luigi di Orbassano. La squadra dei ragazzi avrebbero dovuto giocare a Cigliano, nel Vercellese contro l’Alicese, ma l’incontro è stato rinviato. All’esame della Polstrada la dinamica dell’incidente.
Un Toro da 4-1 contro la Samp
I Granata vincono a Genova contro la Sampdoria con l’apporto determinante delle due reti di Belotti
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Il Torino ora si piazza in classifica al sesto posto. La squadra di Mazzarri è stata superiore agli avversari per tutta la partita, in vantaggio già nel primo tempo grazie al Gallo. Nel secondo tempo i gol di Falque e Izzo. Per i Blucerchiati segna invece Quagliarella. E alla fine è 4-1.
La Juve vince, ma Allegri: “Prendiamo troppi gol”
“Così non va bene per niente. Diciamo che bisogna difendere meglio. Abbiamo subito troppi gol in questo inizio di campionato. È faticoso fare la fase difensiva, ma bisogna farlo”. La Juve vince per 3-1 sul Cagliari, ma l’allenatore dei bianconeri Massimiliano Allegri non è del tutto soddisfatto della squadra. L’Ansa riporta le sue parole: “troppi cross in area, dobbiamo marcare meglio e i centrocampisti devono chiudere. Abbiamo preso l’imbucata rischiando il 2-2. Il Cagliari ha fatto una buona partita”.
Una quota della tariffa per il consumo di acqua di ogni utenza domestica o industriale da destinare alla prevenzione delle calamità, lotta al dissesto idrogeologico, cura dei versanti alpini e appenninici e per la tutela delle fonti idriche. Questa la proposta di legge di Uncem, l’unione delle comunità montane, per giungere a un sistema sussidiario di impegno, che non sostituisce ma va di pari passo e senza costi aggiuntivi per nessuno, agli investimenti previsti di 10 miliardi in 5 anni che lo Stato mette a disposizione per la manutenzione straordinaria del territorio. Con nessun peso sulla spesa pubblica e nessun aggravio per i cittadini
A sostegno delle associazioni straniere e miste sono in arrivo nuovi finanziamenti. La Regione ha messo a bando un primo stanziamento di 135mila euro che dovranno essere utilizzati da queste realtà per la diffusione di ogni informazione utile al positivo inserimento degli stranieri nella società italiana: a partire dai diritti e doveri, fino alle possibilità di un possibile reinserimento nel Paese di origine. In Piemonte oggi risiedono circa 423.506 cittadini e cittadine di origine straniera. Di questi 213.913 non sono comunitari, secondo i dati Istat dello scorso gennaio. Proprio per garantire un processo di inclusione ed evitare situazioni di conflitto per via di diverse culture, sempre alle associazioni è chiesto di portare avanti iniziative che favoriscano la conoscenza della loro tradizioni, espressioni sociali, religiose. Attraverso questi momenti i cittadini stranieri potranno spiegare anche le cause dei fenomeni migratori e fare un lavoro di prevenzione in grado di evitare le discriminazioni razziali o la xenofobia. “Tutto questo fa parte di un progetto più ampio. – spiega l’assessora all’Immigrazione, Monica Cerutti – Stiamo lavorando con i Centri di servizi al volontariato e con altre organizzazioni, all’interno di un progetto finanziato sul Fondo Asilo Migrazione Integrazione, per far in modo che siano loro i protagonisti e che gestiscano in prima persona la loro inclusione. Il nostro vuole essere un accompagnamento delle associazioni, che è stato preceduto dalla loro mappatura, affinché possano partecipare in maniera autonoma alla costruzione di una società interetnica. La nostra ambizione ė anche quella di raggiungere quei cittadini e cittadine, con i quali difficilmente le istituzioni difficilmente entrano in contatto”. Il contributo regionale per ciascun progetto sarà compreso tra i mille euro e i 10mila e non potrà essere superiore al 50% del preventivo della proposta presentata. A breve il bando sarà pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione.
I libri più letti e commentati del mese
Eccoci al consueto appuntamento mensile con i lettori del gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri. Per voi questo mese abbiamo scelto:
Kahled Hosseini, autore tra i più commentati, con il suo recente Preghiera del mare (SEM) occupa il primo posto sul podio del mese, sebbene non siano tutti pareri positivi; sembra mettere tutti d’accordo, invece, Ilaria Tuti con il suo thriller Fiori sopra l’inferno (Mondadori), molto citato e amato nel gruppo; ultima menzione per un libro che, invece, ha appena iniziato a far discutere: M il figlio del secolo, di Antonio Scurati (Bompiani).
Focus on: New York
Una recente discussione sul gruppo ha riguardato la narrativa ambientata nella Grande Mela: da lì abbiamo selezionato tre titoli recensiti dai nostri utenti, per chi fosse interessato a fare un giro letterario a New York.
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Iniziamo con il classico romanzo di formazione di Betty Smith Un albero cresce a Brooklyb (Neri Pozza), nel quale la città fa da sfondo alla crescita umana e spirituale della giovanissima Francie; rimaniamo nel campo dei classici di formazione con il poetico Chiamalo sonno, di Henry Roth (Garzanti), nel quale la Grande mela è vista con gli occhi del piccolo David, immigrato dall’Austria nei primi anni del secolo XX; chiudiamo la nostra selezione con Uomo invisibile di Ralph W. Ellison (Einaudi), allucinata e drammatica presa di coscienza di un giovane afroamericano che spera di uscire dal ghetto. Ai lettori curiosi, questo mese consigliamo tre storie vere, raccontate in modo molto diverso l’una dall’altra: nella prima, La mia vita con gli animali, di Desmond Morris (Mondadori), l’autore, in un divertente diario, racconta la nascita della sua passione per gli animali; nella seconda Fastnet Forza 10 (Mursia) di John Rousmaniere, troverete l’emozionante ed agghiacciante cronaca di una tempesta abbattutasi su una regata nel 1979; infine la terza La lana della salamandra (Ediesse) di Giampiero Rossi è un saggio che indaga la vicenda dei danni dell’amianto a casale Monferrato. Ricordiamo a tutti i nostri lettori che per partecipare alle nostre discussioni basta iscriversi al nostro gruppo su FB, dal quale potranno anche inviare le recensioni in un tweet che vengono pubblicate sul sito.
Ci rileggiamo il mese prossimo!
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Podio di Ottobre
Preghiera del mare, di K. Hosseini – Fiori sopra l’inferno, di I. Tuti – M il figlio del secolo, di A. Scurati
Focus on: New York
Un albero cresce a Brooklyn, di B. Smith – Chiamalo sonno, di H. Roth – Uomo invisibile, di R. W. Ellison
Consigli per lettori curiosi:
La mia vita con gli animali, di D. Morris – Fastnet Forza 10, di J. Rousmaniere – La lana della salamandra, di G. Rossi.
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Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
“Ieri ho accolto con piacere a Palazzo Lascaris, a Torino, i Sindaci, i Presidenti delle Pro Loco e dei Consorzi, che organizzano le Fiere “San Nicolao e dei Puciu” di Farigliano, di “Aj a Caraj” di Caraglio e del Porro di Cervere. Sono lieto e fiero di aver dato la possibilità, in qualità di Vice Presidente del Consiglio Regionale, di presentare nel Capoluogo piemontese i prodotti d’eccellenza della terra cuneese, frutto della dedizione e della
passione dei nostri agricoltori. Un importante momento di incontro con i media per avvicinare simbolicamente Torino al Cuneese, valorizzando il lavoro degli amministratori dei piccoli Comuni e dei volontari che animano le iniziative del nostro territorio”. Così Franco Graglia, Vice Presidente del Consiglio regionale del Piemonte commenta l’iniziativa tenutasi ieri a Torino. Aggiunge Graglia: “La speranza è che altri comuni del territorio raccolgano l’opportunità di sfruttare
una vetrina prestigiosa, come quella del Consiglio regionale del Piemonte, per valorizzare al meglio le fiere e i prodotti tipici del territorio. Personalmente mi impegnerò a fare da cassa di risonanza al riguardo”.
Era la sera del 30 giugno 1990. Venotto anni fa, a Firenze. L’orologio indicava che di lì a poco sarebbero scoccate le 19,30 della sera e allo stadio Comunale ( quello che oggi porta il nome di Artemio Franchi) faceva un gran caldo. Nell’aria ferma e umida non c’era verso di trovare un briciolo di refrigerio. Ai calci di rigore si stavano decidendo i quarti di finale dei mondiali di calcio tra l’Argentina di Maradona e la Jugoslavia dei tanti talenti balcanici. Dopo 120 minuti di calcio a decidere fu un rigore di Faruk Hadžibegić, un difensore, maglia blu numero cinque della nazionale della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia. Quello che, due anni dopo, fu l’ultimo ad indossare la fascia di capitano dell’ultima nazionale del paese prima che “la terra degli slavi del sud” si dissolvesse nella tempesta della guerra.Faruk tirò all’angolo ma si fece parare il tiro da Sergio Goycochea, il portiere della “selecciòn” di Buenos Aires. La Jugoslavia era eliminata. L’illusione era finita .Quel rigore fallito, in un certo senso, divenne il simbolo del destino di una nazione condannata a sgretolarsi in una guerra feroce come solo le guerre tra fratelli sanno essere. Quasi che un “penalty” potesse diventare il detonatore dell’implosione di un intero paese, pronto ad imboccare il tragico destino che sarebbe seguito di lì a poco. Raccontando questa storia nel suo “L’ultimo rigore di Faruk” (Sellerio), il giornalista Luigi (“Gigi”) Riva coglie la complessità di un evento che sembrava soltanto sportivo e con un’attenzione da storico e una spiccata sensibilità da narratore porta il lettore “dentro” la storia di questo tiro fatale. La leggenda popolare vuole che una eventuale vittoria nella competizione avrebbe contribuito al “ritorno di fiamma” di un forte sentimento nazionale per gli jugoslavi, scongiurando il crollo che si sarebbe prodotto con la dissoluzione del paese orfano di Tito. Una sorta di “Bratstvo i jedinstvo”, “Fratellanza e Unità” in chiave calcistica. Quella parola
d’ordine indicava meglio di altre il sentimento che univa i popoli della Jugoslavia, sottolineandone lo spirito laico, interetnico e tollerante sulla base del quale era stato rifondato il paese dopo il 1945. Una vicenda emblematica del rapporto perverso tra sport e politica. Proprio per la sua popolarità il calcio è sempre servito al potere come strumento di propaganda, dal fascismo che “usò” i trionfi del 1934 e 1938 ai generali argentini che sfruttarono il Mondiale in casa del 1978, per far dimenticare orrori e violenze della dittatura di Videla. Stessa cosa per l’Isis che decide di colpire lo Stade de France a Saint-Denis, nella banlieue parigina, durante una partita amichevole di calcio fra Francia e Germania, allo scopo di amplificare il suo messaggio di terrore. Ma, come si legge nel libro del caporedattore del settimanale “L’Espresso”, in nessun luogo come nella ex Jugoslavia il legame tra politica e sport è stato così violento e “malato”. Attraverso la vita del protagonista e dei suoi compagni (molti dei quali diventati poi famosi in Italia, da Boban a Mihajlović, da Savićević a Bokšić, da Jozić a Katanec),si scopre il travaglio di quella rappresentativa nazionale e del suo allenatore Ivica Osim, detto “il Professore”, o “l’Orso”. Nelle loro gesta s’intravede, come un immagine riflessa da uno specchio, la disgregazione della Jugoslavia e la volgare spregiudicatezza dei suoi leader politici, che vollero utilizzare lo sport e i suoi protagonisti per costruire il consenso attorno alle idee separatiste. E’ in questa chiave di lettura che il calcio può essere definito come il prologo del conflitto che insanguinò i Balcani occidentali nella prima metà degli anni ’90 del “secolo breve”. Come se su quei rettangoli d’erba verde ci si predisponesse alla prova generale delle future battaglie. Non a caso si attribuisce agli scontri tra i tifosi della Dinamo Zagabria e della Stella Rossa di Belgrado il primato di aver messo in scena, in uno stadio il primo vero episodio del conflitto. Era il 13 maggio del 1990 e, paradossalmente, il nome dello stadio della capitale croata era ( ed è tutt’ora) “Maksimir”, con un evidente sottolineatura della parola “mir”, cioè “pace”. E’ ormai noto come proprio nelle curve degli ultrà siano stati reclutati i
miliziani poi diventati tristemente famosi per la ferocia della pulizia etnica a Vukovar come a Sarajevo, a partire da quel Željko Ražnatović, meglio conosciuto come “Arkan”,leader degli ultrà della Stella Rossa e poi capo sanguinario delle milizie paramilitari serbe delle “Tigri”. Per il loro valore emblematico le vicende narrate ne “L’ultimo rigore di Faruk”, pur risalendo a un quarto di secolo fa, sono ancora terribilmente attuali e il libro le propone con grande intensità e passione. Faruk Hadžibegić oggi ha cinquantanove anni e vive in Francia. Ha conservato il fisico asciutto dell’atleta e fa l’allenatore di calcio (attualmente del Valenciennes, seconda divisione del campionato d’Oltralpe). Quella parata nell’angolino da parte di Goycochea l’ha rivista e pensata mille e mille volte in questi 26 anni. Quando la rimuove, ci sono gli altri a ricordargliela. Come quando torna nei paesi che un tempo formavano la Jugoslavia e al controllo passaporti, porgendo il documento alle guardie di frontiera di cui ben conosce l’idioma ( si possono cambiare i confini, non la lingua) si sente dire “Faruk Hadžibegić..Ah, se lei avesse segnato quel rigore! Forse cambiavano i destini del Paese”. Alle frontiere ci sono i dazi e questo è il suo dazio. Ci è abituato ormai,l’ex capitano dei “Plavi”: “otto volte su dieci, quando incontro ex jugoslavi è così”. La memoria di quel rigore è andata oltre, si è fatta leggenda. Faruk a volte s’interroga su cosa sarebbe successo se avessero sconfitto l’Argentina e poi, magari, giocato la semifinale e la finale. Forse non ci sarebbe stata la guerra, se avessero vinto la coppa del Mondo? Non c’è risposta, ovviamente. Resta solo il rimpianto dell’errore. E Gigi Riva, in chiusura, commenta: “Più passa il tempo più la benevolenza prevale sul rimprovero. L’eroe soccombente è comunque eroe. Ettore non è meno valoroso di Achille, nel suo lato fragile anche più simpatico. Non poteva essere diversamente nella terra dove si celebrano le gloriose sconfitte: la consolazione dei perdenti”.
Marco Travaglini
Cosa ci insegna la “marcia dei 40 mila”

