redazione il torinese

Terrore in Egitto, versato altro sangue cristiano

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

Ancora sangue cristiano e altri martiri in Egitto per la ferocia dei fondamentalisti islamici tornati a terrorizzare il Paese dei Faraoni. Dieci fedeli copti sono stati uccisi a raffiche di mitra “per il solo fatto di essere cristiani”, ha ricordato Papa Francesco, esprimendo profondo dolore per l’ennesimo attacco ai danni dei copti. Dieci pellegrini sono le nuove vittime degli estremisti islamici che in Egitto, sempre più terra di martiri, hanno colpito nuovamente la comunità copta, la più grande comunità cristiana del Medio Oriente.

Li hanno ammazzati mentre a bordo di due pullman si stavano recando al monastero di San Samuele il Confessore, nel governatorato di Minya, una zona desertica a centinaia di chilometri a sud della capitale dove da anni spadroneggiano miliziani jihadisti, dell’Isis e di gruppi affiliati, che sovente si scontrano con le forze di sicurezza egiziane, così come accade nel nord della Penisola del Sinai e al confine con la Libia. La reazione della chiesa copta non si è fatta attendere. I cristiani d’Egitto, dopo l’ennesima strage di pellegrini massacrati da un commando di estremisti islamici, non chiuderanno le chiese e non sospenderanno i riti religiosi di novembre in segno di lutto ma celebreranno i nuovi martiri come “vincitori”. I militari egiziani hanno subito individuato ed eliminato i 19 combattenti islamici ritenuti i responsabili della strage ma l’attacco del 2 novembre è solo l’ultimo di una serie di omicidi mirati contro la minoranza copta. Secondo la Chiesa cattolica locale i miliziani hanno agito per vendetta, per colpire la parte più debole della società, un obiettivo più semplice perchè meno protetto e difeso dalle forze di sicurezza e ora si teme una nuova ondata di attentati, a un mese e mezzo dalle festività natalizie. Il governo egiziano ha stanziato per ciascuna delle famiglie delle vittime un primo contributo di solidarietà pari a 100.000 sterline egiziane, circa 5000 euro. Alla cerimonia funebre, celebrata a Minya, hanno preso parte 10 vescovi copti che hanno annunciato il proposito di costruire una chiesa dove verranno custodite le salme dei copti uccisi. Oltre a colpire nel Sinai, i terroristi islamici vanno a caccia di cristiani nel sud dell’Egitto dove sono più numerosi. Nel governatorato di Minya costituiscono circa il 30% della popolazione, una riserva di caccia per i fondamentalisti che in queste zone non falliscono mai il bersaglio.

Un attacco molto simile si verificò a maggio 2017 quando un autobus di copti diretti verso lo stesso monastero fu bloccato da un commando armato dell’Isis che falciò in pochi secondi una trentina di persone. Il santuario copto di San Samuele fu eretto nel IV secolo dai discepoli di Sant’Antonio sul monte Qalamoun a oltre 200 chilometri a sud del Cairo. Si tratta di una comunità monastica molto vasta con un centinaio di monaci e diverse chiese. Il rapporto tra monaci, musulmani e tribù locali è cordiale e di reciproco rispetto e sovente i beduini nomadi si fermano al monastero a dormire o anche solo per consumare un pasto. Un esempio di convivenza pacifica tra cristiani e musulmani nel deserto egiziano di cui si parla poco e che purtroppo viene sconvolto ripetutamente dalla violenza dei fanatici musulmani che rifiutano la presenza degli infedeli nel loro Paese. Anche questa volta le autorità egiziane hanno fatto il loro dovere arrestando i presunti colpevoli della strage contro i copti ma a poco servono le manifestazioni di cordoglio del governo e dei comandi militari se mancano provvedimenti e leggi per contrastare o impedire le predicazioni religiose di odio verso i cristiani. I copti rappresentano il 10-15% della popolazione egiziana su una popolazione di 95 milioni di persone. Negli ultimi anni sono stati più volte presi di mira da gruppi jihadisti come l’Isis. Il caso più grave si verificò il 9 aprile 2017, nel giorno della Domenica delle Palme, quando 45 persone furono uccise in due attacchi contro la chiesa copta di Tanta e la cattedrale di Alessandria. I cristiani sono considerati nemici dai jihadisti perchè appoggiano il presidente al-Sisi che con il “golpe” del 2013 si liberò drasticamente dei Fratelli Musulmani con una spietata repressione salvando i copti dal regime religioso integralista della Fratellanza. Repressione che non accenna a diminuire. A ottobre un tribunale militare in Egitto ha condannato a morte 17 persone, ritenute responsabili di una serie di attentati contro alcune chiese cristiane copte che provocarono decine di morti e feriti fra il 2016 e il 2017 al Cairo, Alessandria e Tanta. Altri 19 imputati sono stati condannati all’ergastolo. I kamikaze che si fecero saltare in aria all’interno delle chiese erano combattenti dell’Isis o appartenenti a gruppi vicini al defunto Califfato.

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

 

Orto urbano, coltivare e meditare

Coltivare le nostre spezie preferite dai profumi evocativi, insaporire i nostri piatti con prodotti raccolti uscendo semplicemente sul terrazzo riavvicinandoci così alla natura e assicurandoci qualità e freschezza. Che meraviglia il nostro vivaio cittadino, il nostro giardino profumato e aromatico dove coltivare basilico, rosmarino, salvia, timo ma anche insalata, agrumi, ortaggi e frutta è realizzabile, dove nutrire il nostro benessere non solo alimentare ma anche psicofisico è possibile

L’Ortoterapia è considerata una vera e propria pratica, simile alla meditazione per le sue caratteristiche distensive, che può essere utile ad alleviare diversi disturbi da stress e mitigare le tensioni a cui la quotidianità ci sottopone. Curare un proprio spazio sapendo che qualcosa crescerà, dedicare tempo ad una attività pensando che i frutti del nostro impegno daranno vita a qualcosa, è una buona attività terapeutica, una occupazione che produce energia positiva, una cura che arricchisce. Secondo la Coldiretti, 6 italiani su 10 hanno il loro personale orto sul terrazzo, le motivazioni di tale interesse sono sia ecologiche, ovvero l’amore per la natura, ma anche valoriali e quindi una rivalutazione di rallentati ritmi di vita fonte di benessere e salute. Questa nuova abitudine, giovane quantomeno per la quantità di persone che vi si dedicano abitualmente, costituisce anche un piccolo apporto nella lotta contro l’inquinamento considerato che il raccolto autoprodotto non viene trasportato. Ci sono piante più facili da coltivare come la lattuga, il basilico, le fragole, il prezzemolo e i pomodori, ma qualcuno riesce a far crescere anche il cocomero, la zucca, spinaci e carciofi insomma un vera e propria produzione alimentare. Non servono grandi spazi per l’orto urbano, un terrazzo o anche un balcone di piccole dimensioni possono dare buoni risultati basta seguire alcune regole come per esempio utilizzare contenitori adatti, fertilizzanti giusti e materiali indicati come l’argilla e poi ovviamente una corretta irrigazione ed una buona esposizione sono fondamentali. Un ottimo sistema salvaspazio è la coltivazione verticale che permette, nel caso di alcune piante, di realizzare il nostro progetto verde anche in pochi metri, uno di questi è quello in tessuto fatto da un telo corredato di tasche dove inserire i vasi, facile da gestire e di grande praticità. Non ci sono più scuse insomma, se ci piace l’idea di aggiungere del peperoncino alla nostra pasta o di insaporire le nostre insalate con profumi e fragranze di nostra produzione lo possiamo fare, basta un piccolo spazio, pochi gesti, dedizione e un po’ di pratica.

Maria La Barbera

Gli orologi cosmici di Miss Bell

Temevo di essere un po’ provinciale, non abbastanza intelligente per Cambridge. Ero sicura che prima o poi mi avrebbero scoperta e cacciata da questa grande università. Ma fino a quel momento avrei lavorato sodo per dare il meglio di me”; una delle frasi più emozionanti e uno degli insegnamenti più significativi di Jocelyn Bell si riassume certamente in questa frase, che lei pronuncia quando ha già trascinato il pubblico nell’appassionante cavalcata attraverso la pioneristica radioastronomia degli anni Sessanta. E invece la ragazza di allora, venuta dal profondo dell’Ulster, nell’Irlanda del Nord, e infine dottoranda a Cambridge – dove però, nota con squisito humour britannico, si usavano ancora le valvole mentre “giù al Nord”, in Scozia, dove aveva conseguito i precedenti titoli accademici, già si usavano i transistor – era destinata ad entrare nella storia dell’astrofisica. Nel 1968, infatti, nel brusio cosmico e terrestre di segnali radio (e pensate quello che si vede ora, nell’era dei cellulari e delle telecomunicazioni globali), quasi annegati nel rumore di fondo e incisi su chilometri e chilometri di carta millimetrata, la giovane ricercatrice scopre dei deboli segnali di periodicità piccolissima, che sembrano provenire sempre dalla stessa posizione del cielo.

Non sono segnali umani, proprio per via della loro dipendenza dal tempo siderale, quattro minuti più breve del periodo di rotazione terrestre, e non sono neanche, purtroppo o per fortuna, segnali di piccoli omini verdi, visto che non sembrano subire lo spostamento Doppler che un pianeta in orbita attorno ad una stella subirebbe durante la sua rivoluzione.La risposta è rivoluzionaria: Jocelyn Bell ha individuato la prima prova di un segnale proveniente da un oggetto misterioso ed estremo, una stella di neutroni il cui campo magnetico, disallineato rispetto all’asse di rotazione dell’oggetto, è puntato verso di noi.Come un faro nel cielo, che ruota senza sosta, quando uno dei due poli della stella è rivolto verso la terra, le onde radio irraggiate dagli elettroni accelerati nei potentissimi campi magnetici della stella (si consideri che, se un magnete industriale arriva al massimo a 10 Tesla, la stella di neutroni arriva a qualche centinaio di milioni di Tesla) partono per un lungo viaggio nelle profondità del cosmo e arrivano finalmente a noi dopo viaggi di chissà quante migliaia di anni luce. Esperimento e teoria, ancora una volta, mostrano in queste circostanze la forza della loro sinergia: che le stelle di neutroni potessero esistere, era già stato da lungo tempo predetto, almeno da quando la relatività generale si era affacciata al mondo grazie al genio di Einstein.

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La ricetta è questa: prendete una stella di qualche decina di masse solari, un autentico mostro, ma se alzate gli occhi al cielo ne vedrete almeno un paio, famosissime, Betelgeuse e Bellatrix nella costellazione di Orione che, proprio in questo periodo, si alza nel cielo ed Antares nella costellazione dello Scorpione, che invece ci ha lasciato nel primo autunno. Quando, dopo qualche centinaio di milioni di anni di vita, una stella siffatta esploderà, spargerà nel cosmo buona parte degli elementi che il suo nucleo tumultuoso ha sintetizzato e che noi tutti conosciamo così bene, il ferro, l’oro, l’uranio, il calcio, l’ossigeno, mentre il suo nucleo di ferro e silicio sarà così pesante da andare incontro a trasformazioni qui sulla Terra inimmaginabili; durante il collasso, la materia di cui è fatta si trasforma principalmente in neutroni, impacchettati e sottoposti ad una pressione tale da avere la stessa densità di un singolo nucleo atomico, oppure, per farvi un’idea e non lamentarvi più del sovraffollamento in metropolitana, di tutta l’umanità compressa in un ditale da cucito, diventando un gas degenere, l’unico stato della materia che riesce, purché la massa complessiva del nucleo stesso non sia maggiore di due, massimo tre masse solari (e già questi sono valori eclatanti, il nucleo di una stella che da solo è due o tre volte più pesante dell’intero sole), a raggiungere l’equilibrio con la forza di gravità.Se anche questo limite è superato, si entra nel regno di altri oggetti astrofisici “mitici”, tanto per la scienza come per la fantascienza, i buchi neri.Quindi, che le stelle di neutroni potessero esistere era ragionevole pensarlo: il problema era dimostrarlo, considerato che si tratta di oggetti del raggio di venti chilometri (sic!), che non emettono praticamente luce visibile e non hanno fonti di energia interne; sono stelle, ma non brillano, sono stelle ma probabilmente non sono neppure palle di gas, bensì di materia ferrosa solida in superficie. Ci restano due speranze: gli effetti dei campi gravitazionali estremi che, però, cinquant’anni fa la tecnologia non era ancora in grado di rivelare, e il ricco contenuto in ferro, che genera correnti elettriche superficiali ed i potenti campi magnetici responsabili della radiazione emessa dagli elettroni. Jocelyn Bell stana proprio questo segnale, un segnale estremamente regolare, perché la stella, così compatta, ruota a grandissima velocità, in qualche millisecondo in media, al massimo in un secondo, e perde la propria energia rotazionale su tempi lunghissimi; potremmo osservare per anni e secoli una stella di neutroni e il suo segnale si presenterebbe a lungo puntuale all’appuntamento e, solo con misure di altissima precisione, potremmo dimostrare che anche lei, un po’ alla volta, come la pendola della nonna, “si stanca” e rallenta fino a fermarsi, chissà quando, in qualche milione di anni; ecco perché un giornalista del Daily Telegraph suggerisce il nome, che subito funziona, di Pulsating Star, Pulsar per gli amici.

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Più o meno negli stessi anni, si può dire solo qualche metro di lunghezza d’onda più in là, le antenne dei, curioso cortocircuito della storia, Bell Laboratories, compagnia telefonica americana, scopriranno un altro brusio significativo, questa volta nelle microonde: la radiazione di fondo, non più un segnale pulsato e regolare, bensì un segnale elettromagnetico uniforme che proviene dalle profondità del tempo, appena trecentomila anni dopo il Big Bang, ma questa è un’altra storia. Ci si domanderà se Jocelyn Bell abbia vinto il premio Nobel per questo premio, e la risposta è no: lo vinse il suo supervisore ed altri radioastronomi con cui lei ebbe a collaborare. Vi fu chi recriminò rumorosamente per quella che potrebbe apparire un’ingiustizia, ma lei stessa ha smorzato i toni negli anni visto che, effettivamente, il vero cacciatore di pulsar era stato il suo professore ed a lui si doveva il merito dell’avvio della grande campagna radioastronomica; lei era stata nel momento giusto, al posto giusto, anche se dobbiamo riconoscere a lei si deve l’acume e la caparbietà nello scoprire e nell’escludere, metodica come l’altro suddito di Sua Maestà Britannica, Sherlock Holmes, ogni possibile sorgente che non fossero la prima e poi, dopo una nuova ricerca nella mole di dati accumulati, la seconda e la terza stella di neutroni, che si nascondevano in quel segnale. Torto o non torto, a cinquant’anni dalla scoperta, Jocelyn Bell ha ottenuto comunque un grande premio, quello che l’Osservatorio Astronomico, il dipartimento di Fisica e il Museo dell’astronomia hanno voluto celebrare venerdì al Piccolo Regio: l’americano e ricchissimo Breakthrough Prize, che ne commemora la scoperta, capace di scompaginare il mondo, questa più o meno la difficile traduzione della parola breakthrough, e cinquant’anni di illustre carriera. E, anche in questo caso, Jocelyn Bell si è mostrata rivoluzionaria, destinando quasi tre milioni di dollari alla creazione di borse di studio per donne, minoranze e studenti svantaggiati in genere, perché possano perseguire le proprie idee e i propri sogni, un tema straordinariamente attuale, che dimostra come la scienza sappia essere fonte di pace e progresso, riallacciandosi, ancora una volta, con la radioastronomia che le ha dato la fama, nata dalla riconversione dei radar nelle macerie dell’Europa della seconda guerra mondiale.

Andrea Rubiola

Gli amici di Piero alle Ogr per beneficenza

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Le OGR Torino aprono le proprie porte agli Amici di Piero. La ventesima edizione dell’evento benefico nato in memoria dell’amico Piero Maccarino si terrà lunedì 12 novembre nelle Officine di Corso Castelfidardo 22. Come ogni anno, l’intero ricavato sarà devoluto in beneficenza alla Fondazione Caterina Farassino e all’UGI, Unione Genitori Italiani

Dal 1999 i musicisti torinesi si riuniscono in una maratona musicale in cui tutti i gruppi si esibiscono gratuitamente e alla pari, senza gerarchie né diritti di precedenza, in memoria dell’amico Piero Maccarino. Per la ventesima edizione dell’appuntamento, sul palco della Sala Fucine delle OGR Torino si esibiranno: Statuto, Subsonica, Linea 77, Johnson Righeira + Bandakadabra, Bianco, Less Than A Cube, Gypsy Eyes, Casino Royale, The Bluebeaters. Piero Maccarino, cantante e fonico, nel 1999 è mancato a causa di un male incurabile. Mai dimenticato rude boy, cantante, ultras del Toro e fonico, Piero è ancora nella mente di tutti come il ragazzo che urlava forte “Torino è la mia città!” dal microfono che impugnava come una rivoltella di parole fronteggiando bolge di pogo selvaggio. E da allora gli Amici di Piero sono sempre di più e coloro che non lo conoscevano hanno imparato ad amarlo e a conoscerlo grazie a questi concerti. Coloro che lo conoscevano, invece, approfittano di questa occasione per suonare, ascoltare buona musica e incontrarsi. Dal punk al rock, dal reggae al soul, dal rock steady al blues e all’hip hop: un melting-pot di generi musicali e artisti di livello nazionale per animare la festa musicale più importante dell’autunno torinese e non solo. Un evento che è cresciuto negli anni fino a diventare un unicum nel panorama musicale italiano oltre che l’occasione per ricordare Piero, ma anche Caterina Farassino e tutti gli amici che nel tempo ci hanno lasciato come Peppo Parolini, Bosh, Fabio “Il Nero” Rosolino e Joe degli Ultras Granata. A presentarli lo scrittore e giornalista Domenico Mungo, che con Maccarino ha condiviso sia le passioni musicali che la vita nel mondo delle curve calcistiche, e Mao, storico cantautore e conduttore radiofonico torinese. Per quanto sia diventato un appuntamento fisso la serata non viene mai vissuta dalle band e dal pubblico come un evento di routine, soprattutto perché il ritrovo serve a sostenere cause benefiche in quanto tutti gli artisti e gli organizzatori dell’evento lavorano gratuitamente. I fondi raccolti per questo evento vengono devoluti all’UGI, Unione Genitori Italiana, attiva all’interno dell’ospedale Regina Margherita a sostegno dei bambini malati di leucemia, e dal 2005 anche alla Fondazione Caterina Farassino che opera a sostegno dei bambini in condizioni economiche disagiate.Le OGR contribuiscono all’iniziativa di quest’anno ospitando la serata a titolo gratuito.

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PIERO MACCARINO dall’età di 17 anni è stato il cantante di uno dei primissimi gruppi punk torinesi: i Rough. Più di dieci anni dopo ha incominciato a lavorare come tecnico del suono fra gli altri per: Bluvertigo, Mao e la Rivoluzione, Massimo Volume, Daniele Silvestri, Subsonica. I Rough vengono considerati, con i bolognesi Nabat, tra le prime e più importanti band Oi! italiane. Si formano nel 1981 ed iniziano rivisitando brani classici del punk inglese. Vengono individuati subito da Giulio Tedeschi, noto pioniere dell’underground musicale italiano, che nel febbraio dell’anno dopo produrrà per la Meccano Records un EP 7″ conosciuto come Torino è la mia città, dal titolo di uno dei 4 brani inediti presentati. Il debutto discografico coincide con il periodo di maggiore notorietà: recensioni sulle riviste specializzate, interviste, concerti. La band si scioglie nel 1984. Ad inizio anni novanta il brano Torino è la mia città diventerà, dopo essere stato reinterpretato da alcune band locali, molto popolare nei Paesi Baschi. Piero Maccarino, primo cantante della band, muore prematuramente nel maggio del 1999.A lui è dedicato il brano degli Statuto “Un fiore nel cemento” e “Microchip emozionale” dei Subsonica.

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FONDAZIONE CATERINA FARASSINO

La Fondazione Caterina Farassino è nata per ricordare la giovane fotografa del rock cittadino volata via troppo giovane. “Al ricordo di Piero, da sette anni abbiamo deciso di unire anche il ricordo di una nostra amica che è volata a scattare le sue foto dal cielo. Caterina Farassino, se ne è andata in una notte di fine autunno, lasciandoci così vuoti e smarriti che ancora non vogliamo crederlo. E il non rassegnarci ad averli visti volare via troppo giovani e sorridenti, ci impone ogni anno di fare qualcosa insieme a loro. Quello che a loro piaceva di più: fare musica, ascoltare musica e coinvolgere più gente possibile in un abbraccio collettivo” (Amici di Piero)

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UGI
L’ Unione Genitori Italiani opera all’interno dell’Ospedale Regina Margherita per assistere i bambini malati di leucemia e le loro famiglie. www.ugi-torino.it

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Benefit Show

12 novembre 2018

dalle 20.00 alle 02.00

ingresso: 15 euro

Presentano Domenico Mungo & Mao

OGR Torino

Corso Castelfidardo 22 – Torino

Milan Juventus 0-2

La Juventus vince sul  Milan per  2-0 nella 12a giornata di serie A. Salda la distanza : +6 sul Napoli. All’ottavo del primo tempo il gol di Mandzukic, poi per  il  Milan un rigore per fallo di mano di Benatia, ma il tiro di Higuain non è andato a segno.  Ronaldo  nel 36° del secondo tempo ha raddoppiato, mentre Higuain si è fatto  espellere per una esasperata reazione ad una severa ammonizione.

Marcia sì-tav, Rifondazione: “Una congrega affaristica”

“L’idea sbruffona della lobby affaristica Si Tav è quella di replicare una sorta di “marcia dei quarantamila”. Allora, 38 anni fa,  migliaia di capi e capetti, crumiri della Fiat (in realtà molto meno di 40 mila) scesero in piazza  per mettere a tacere i lavoratori in lotta contro i licenziamenti di massa decisi dall’azienda.  L’obbiettivo oggi è l’affondamento della lotta del movimento NoTav. Sabato 10 novembre imprenditori, costruttori, finanzieri, ordini professionali vari, sindacati gialli, forze di centrodestra e centrosinistra, gruppi di potere scenderanno in piazza per chiedere la realizzazione, senza se e senza ma, della tratta miliardaria di Alta Velocità Torino Lione, tratta comprensiva del’apertura di un nuovo tunnel transfrontaliero di oltre 57,5 chilometri  tra Saint Jean de Maurienne e Susa. Nel racconto pubblico un’opera indispensabile per lo sviluppo del Paese, per non restare isolati dall’Europa.  La solita retorica di luoghi comuni per mascherare una partita truccata che ha come posta in gioco una porzione gigantesca di spesa pubblica. Tanto grasso che cola sui grandi interessi affaristici. Quando parliamo di Alta Velocità Torino Lione parliamo di  una grande opera motivata da previsioni di traffico fasulle a fronte di una linea già esistente, ampiamente sottoutilizzata, sfruttata a meno di un quinto della sua potenzialità, di per sé in grado di rispondere alla domanda di traffico su ferro e su gomma con minori costi di adeguamento. Quelli che scendono in piazza il 10 novembre intendono presentarsi “senza etichette, senza bandiere, senza simboli” con l’unico intento di difendere “il futuro delle nostre imprese, del lavoro, dei nostri figli”. In realtà, va detto chiaramente, quella che scende in piazza è una congrega affaristica che unisce tutti, indistintamente, sulla base di interessi convergenti. Interessi che trovano ampia sponda politica, dal Pd a Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e compagnia varia. Oggi come ieri è aperto uno scontro con gruppi di interesse e di potere che vogliono avere le mani libere per far valere i propri interessi. Questi gruppi lobbistici vanno contrastati non solo con una lotta territoriale o settoriale – la lotta NoTav, in qualsiasi caso, è una lotta emblematica – ma costruendo su scala nazionale l’opposizione a politiche di governo di ieri e di oggi fatte di continui condoni, di distruzioni ambientali, di grandi opere inutili e dannose, di  reiterati favori ai grandi interessi privati. Opponiamoci a questa politica distruttiva, facciamolo con tutte le forze critiche che ci sono in questo momento”. 

Ezio Locatelli

segretario provinciale Prc-Se Torino

Ritrovati i migranti dispersi tra Italia e Francia

Squadre di vigili del fuoco e operatori del soccorso alpino hanno ritrovato i migranti che, provando ad attraversare a piedi il confine fra l’Italia e la Francia nei pressi del Monginevro, hanno dovuto fare i conti con  il territorio impervio, la nebbia e le basse temperature e ieri si erano persi. Avevano chiamato dalla zona di Claviere, ma a causa del maltempo l’elisoccorso non poteva alzarsi in volo. Verso la mezzanotte i soccorritori li hanno raggiunti e messi in salvo.

 

(foto archivio)

Due morti nello scontro frontale. Ferita una donna

DAL PIEMONTE Due morti e  una terza persona gravemente ferita nell’ incidente stradale avvenuto oggi nel Vercellese sulla provinciale 594, tra i paesi di Oldenico e Albano. In un violento frontale hanno perso la vita un uomo di 59 anni e un altro cinquantenne. Una donna di 50 anni è stata portata in codice rosso all’ospedale di Vercelli. Una squadra di  vigili del fuoco ha estratto i corpi dalle lamiere. Gli accertamenti sono affidati alla polizia stradale.

 

(foto archivio)

UNA STELE PER ANDREA FILIPPA, CARABINIERE CADUTO A NASSIRYA

Forte e commossa la partecipazione di tutta la comunità rivaltese che, domenica 11 novembre, si è ritrovata a Tetti Francesi per ricordare il concittadino Andrea Filippa, appuntato dei carabinieri caduto il 12 novembre del 2003 nell’attentato alla base “Maestrale” di Nassiriya in Iraq durante la Seconda guerra del Golfo

In occasione del 15° anniversario della strage, l’amministrazione comunale ha voluto donare alla città una nuova stele dedicata alla memoria di Andrea. La cerimonia si è svolta in piazza Filippa a Tetti Francesi. La stele, coperta dal Tricolore, è stata scoperta dal sindaco Nicola de Ruggiero, dal comandante della stazione dei Carabinieri di Orbassano Luogotenente Antonio Vitale, dal presidente del Consiglio comunale Giuseppe Tommasino e della moglie di Andrea, Monica Cabiddu. Alla cerimonia ha partecipato anche il Maggiore Antonio De Siena, comandante della Compagnia di Moncalieri. Prima di scoprire il monumento un momento di preghiera con don Paolo Alesso, parroco di Tetti Francesi. Andrea Filippa era entrato nell’Arma giovanissimo, appena compiuti 19 anni. Faceva parte del Tredicesimo Battaglione del Friuli Venezia-Giulia e tra i suoi commilitoni era uno dei più esperti di missioni all’estero. Dopo un periodo al Battaglione di Moncalieri e dopo la scuola allievi di Campobasso, aveva infatti passato gli ultimi otto anni fuori dall’Italia. E sempre in missioni ad alto rischio: la Bosnia, il Kosovo, il Guatemala. E poi l’Iraq. Significativa la presenza di molti bambini che hanno voluto portare un fiore sotto il nuovo monumento e di tante associazioni che con i loro labari hanno voluto rendere omaggio ad Andrea Filippa. «La Città di Rivalta tutta e Tetti Francesi in particolare non hanno mai dimenticato quanto successo 15 anni fa. Il ricordo che oggi tributiamo ad Andrea Filippa – ha detto il sindaco di Rivalta Nicola de Ruggiero – lo estendiamo a tutti i militari che sono caduti in questi anni nei diversi teatri di guerra a cui l’Italia ha partecipato. Ringraziamo l’Arma dei Carabinieri per la sua presenza accanto a noi oggi e per il prezioso lavoro che svolge quotidianamente a difesa delle istituzioni democratiche e per garantire la pace e la serenità della nostra comunità. Sono orgoglioso della comunità rivaltese che oggi, con la partecipazione delle associazioni e di molti cittadini, ha contribuito a rendere questo momento denso di significato. La memoria va custodita e alimentata».