redazione il torinese

“Pinerolese e valli occitane autonome? No, grazie”

IL SECCO NO DEL COMITATO PER L’AUTONOMIA PIEMONT ALLA PROPOSTA DI UNA PROVINCIA AUTONOMA DEL PINEROLESE E DELLE VALLI OCCITANE AVANZATA DA ROBERTO ROSSO (FDI)
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“E’ fuorviante ed allontana da un percorso verso l’autonomia subalpina subalpina
 
La petizione proposta da Roberto Rosso, esponente di Fratelli d’Italia , per una ‘Provincia Autonoma di Pinerolo e delle Valli Occitane’ non piace al Comitato per l’Autonomia Piemont che ha rilasciato, attraverso i componenti del comitato di coordinamento, Carlo Comoli, Massimo Iaretti ed Emiliano Racca, questa dichiarazione: “E’ un mero proclama elettorale che rischia di far perdere di vista il vero obiettivo, ovvero la vera autonomia del Piemonte. Non è, infatti, ‘cantonalizzando’ e frammentando l’identità territoriale della regione e correndo dietro a traguardi, al momento, irrealizzabili, che si porta avanti un discorso di autonomia politica, legislativa e, soprattutto, finanziaria e tributaria del Piemonte, semmai lo si affossa.Innanzitutto per arrivare questo a traguardo occorrerebbe una Legge Costituzionale e, ad oggi, non ci sono i numeri né le condizioni nella sede che conta, il Parlamento. In secondo luogo parlare di province, ancorché autonome, quando il loro futuro è incerto, è solo fare aria fritta.Come Comitato per l’Autonomia Piemont riteniamo sia preferibile portare avanti un discorso che riguardi TUTTO il territorio subalpino ed il Sistema Piemonte nel suo insieme, partendo dalla costituzione di una rete nelle amministrazioni comunali di sindaci, assessori, consiglieri che vogliano lavorare da subito e quotidianamente a sostegno dell’agricoltura, della collina, della pianura, della montagna piemontesi e delle sue radici identitarie, piuttosto che cercare di prendere sogni con il retino delle farfalle.Siamo, invece, disponibili ad incontrare in tempi brevi coloro che nel Pinerolese e nelle Vallate Alpine vogliono condividere questo nostro Progetto, che è un Progetto per il Piemonte e lavorare insieme a loro
Comitato Per l’Autonomia Piemont
 

Alle Poste le cartoline di San Valentino

Poste Italiane come ogni anno celebra la Festa degli innamorati e dedica a San Valentino quattro cartoline filateliche raccolte in un cofanetto personalizzato. Le speciali cartoline, colorate ed animate, seguono lo stile di quelle del 2018 permettendo così ai tanti che le hanno acquistate di dare seguito alla collezione. Un’occasione unica per ogni collezionista o per chi, semplicemente, desidera ricordare e festeggiare in modo originale la giornata di San Valentino. Il kit filatelico può essere acquistato nei 19 uffici postali con sportello filatelico della provincia di Torino e negli “Spazio Filatelia” di Milano, Genova, Trieste, Verona, Venezia, Firenze, Roma, Roma 1 e Napoli dove, fino a sabato 16 febbraio, saranno disponibili anche gli annulli speciali.

“Villa Morlini”

casa-chiusaIl povero Sparagnetti, che di nome faceva Gaudenzio, sacrestano pio e devoto di San Rocco, inorridì alla notizia. “Oh, mamma mia, che vergogna! Che vergogna per tutto il paese!”. Il pover uomo si teneva la testa tra le mani, scuotendola a destra e sinistra, disperato e sconvolto. L’ultima trovata del Borlazza era davvero scandalosa: trasformare Brovello Carpugnino in un set per un film di quelli scollacciati, con le attrici che interpretavano quelle signorine che un tempo praticavano il mestiere al riparo delle mura di quelle che venivano chiamate “case chiuse”. Roba da matti, da non credere alle orecchie. E già in giro c’era chi sogghignava, chi – tra amici – si dava di gomito strizzando l’occhio e chi biascicando qualche preghiera, tra un singhiozzo e l’altro, immaginava già di finire sulla bocca di tutto il Vergante. Lo Sparagnetti se li immaginava già, i discorsi ai mercati o nei bar dei paesi vicini: “Avete sentito la notizia? Quelli di Brovello metteranno su un gran casino. No, non una gazzarra..proprio un casino, di quelli dove i militari e quelli che avevano quell’abitudine andavano a dar prova della loro virilità”. E giù risate. “Una gran bella figura di emme”, sospirava il sacrestano. Intanto il Borlazza, vicesindaco factotum con l’ambizione di far le cose in grande e rimanere ( si esprimeva con queste parole..) “inciso nella memoria dei miei concittadini”, non stava più nella pelle. Nessuno aveva capito come mai la scelta del regista Amleto Ciaccorelli fosse caduta proprio su Brovello Carpugnino come set per le riprese del film ma sta di fatto che il piccolo comune aveva “bagnato il naso” alle più titolate concorrenti, da Verbania a Stersa, da Baveno ad Arona. Così, in quattro e quattr’otto Brovello, per i più ardimentosi, era diventata “Brovellowood” mentre per i critici , i bacchettoni e i benpensanti era assurta al poco edificante ruolo di “paese delle puttanate”.  Eppure, a ben vedere, i più erano attratti – per curiosità ma soprattutto per ammirazione – dalle belle donne che interpretavano le “signorine” di Villa Morlini, la casa di tolleranza che dava il titolo alla pellicola. “I bei tempi di Villa Morlini” poteva vantare un cast di prim’ordine, con le due protagoniste –  Silvietta Tocca e Melania Cantuccini – dotate di grande talento artistico ma anche di un notevole “personale”. Soprattutto la Cantuccini, ragazza dalle grandi misure del tutto naturali, non lasciava indifferente nessuno dei brovellesi di sesso maschile. Anche gli amministratori erano coinvolti nel film. Il sindaco Mariano Contatto e l’assessore Tripelli figuravano come semplici comparse mentre al Borlazza era stato proposto un ruolo un tantino più importante: quello del cliente abituale. Persino allo Sparagnetti era stata offerta una particina, da ragioniere contabile, prontamente e segnatamente rifiutata dal sacrestano che, a scanso d’equivoci, accompagnò il suo no con una decisa sgranatura del rosario e un imprecisato numero di segni della croce. In breve tempo e per qualche settimana, non si parlò d’altro sulle due sponde del Lago Maggiore.

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E anche sul lago d’Orta, nella zona di Mergozzo, in Ossola e giù, giù, a ridosso delle risaie della “bassa” novarese. Brovello, grazie al film, era sulla bocca di tutti. Nella ricostruzione scenica, accurata fin nei dettagli, nulla è lasciato al caso. Semmai si dava spazio  alla fantasia di coloro che – scrutando le ragazze che  si presentano in fantasiose combinazioni di veli , merlettature o deshabillé , in calze nere o guêpières – immaginavano di frequentare le stanze  dei bordelli di lusso, affrescate di dipinti erotici con angeli caduti in pose peccaminose e donne semivestite, mollemente sdraiate sui divani. Per i più anziani non era necessario un gran sforzo di fantasia ma semmai un rivangare lontani ricordi , rinverdendo episodi autobiografici, mentre per i giovani come il Borlazza era un tourbillon di novità ad alta tensione. Sì, perché il vicesindaco, costretto in un abito di foggia sartoriale anni cinquanta, rosso in volto come un peperone, si era talmente immedesimato al punto che il regista più volte dovette sospendere le riprese per calmarne gli ardori. E soprattutto per tagliare quel fastidioso e  ripetuto “Cavolo, cavolo” che il Borlazza non riusciva a disciplinare, intercalandolo ad ogni pur breve frase. Al vicesindaco il copione riservò anche una lunga battuta, fortemente critica nei confronti della senatrice Lina Merlin, veneta e socialista, firmataria della legge che chiuse i bordelli.  Rivolgendosi alla sua foto su di un giornale aperto sul banco dietro il quale sedeva la maîtresse Margherita, , la tenutaria della casa di tolleranza “Villa Morlini “ , nell’ultima sera d’apertura prima che chiudesse per sempre i battenti, la sera di sabato 20 settembre 1958 il Borlazza, sospirando a lungo, citava il senatore Pieraccini, uno dei più fieri avversari della Merlin, parlando delle anguille. Le anguille? Sì, le anguille. Infatti, il politico fiorentino disse “ Le anguille quando entrano in amore fanno un lunghissimo viaggio di migliaia di chilometri; vanno tutte quante a trovare il loro letto di nozze. Consideri, onorevole Merlin, quanto è potente lo stimolo sessuale!”. Solo che, detta dal Borlazza, la frase suonò ben altra, soprattutto quando aggiunse.. “Cavolo, altro che balle! Le anguille sì che ci danno dentro”. E così, tra uno stop e l’altro, prima che il regista e il cameraman dessero in escandescenze, la battuta venne cancellata, con il vicesindaco che non se ne faceva una ragione, masticando amaro ( “Che sfiga, che casa-chiusa-3sfiga..”) e il resto della troupe esasperata. Così, in breve, le riprese terminarono, con grande sollievo dello Sparagnetti, di Don Tullio e della maggior parte della comunità brovellese di sesso femminile. Un po’ d’amaro in bocca rimase, invece, al vicesindaco perché maturò il sospetto, senza capirne le ragioni vere, che l’esperienza della “Brovellowood” era quasi del tutto “andata a puttane”. Esito al quale, inconsapevolmente, aveva contribuito da protagonista, aggiungendo l’ultimo “tocco” di classe quando – rivolgendosi alle due protagoniste – le apostrofò con un sonoro “saprei io come farvi contente se vi avessi tra le mani, gallinelle”. Amleto Ciaccorelli  e la sua troupe se ne andarono da Brovello pronunciando un “grazie” piuttosto freddo e maldisposto. E al vicesindaco non restò che il pensiero, a metà tra l’incuriosito e l’invidioso, di quelle incredibili creature che, dalle acque dolci risalivano fino al Mar dei Sargassi all’unico scopo di copulare e riprodursi.

Marco Travaglini

Utile Fca da record negli Usa, meno in Cina

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Con un utile netto 2018 pari  a 7,3 miliardi di euro, in rialzo del 3% ( e +9% a parità dei cambi di conversione) con margine in calo al 6,3% Fca tocca il record negli Usa. I  risultati sono invece  in calo in Asia, a causa della debole performance in Cina. Qui anche Maserati ha subito un impatto significativo. L’amministratore delegato di Fca, Mike Manley, nel corso della conference call sui risultati ha detto che “il 2019 sarà una pietra miliare perché torneremo a distribuire un dividendo e non succedeva da un decennio”. LA vendita di Magneti Marelli garantirà  inoltre “un futuro alla società e consentirà a Fca di distribuire il dividendo straordinario agli azionisti”.

INDIFFERENTI, CONSAPEVOLI, EQUILIBRATI E FANATICI: I 4 IDENTIKIT DEGLI ITALIANI ALLE PRESE CON GLI INFESTANTI

C’è chi non teme (quasi) nessun infestante e chi ha una vera e propria fobia, tanto da diventare maniacale in fatto di igiene e pulizia: un’indagine Doxa per Rentokil Initial svela i profili degli italiani nel loro rapporto tra infestanti e igiene

 

Oltre 16 milioni di italiani – in maggioranza donne – sono fanatici dell’igiene e terrorizzati all’idea di contrarre malattie anche a causa del contatto con infestanti di varia natura

 

 

 L’unica certezza presente in tutte le case degli italiani è che prima o poi arriveranno a far visita insetti volanti o striscianti, cimici e purtroppo anche scarafaggi o piccoli roditori. Una convivenza forzata che si protrae nel tempo da sempre, ma diverso è il modo in cui ciascuno affronta il fatto che zanzare, vespe, calabroni, blatte, topi e infestanti di ogni tipo possano essere in agguato in ogni momento.Secondo un’indagine condotta da Doxa per conto di Rentokil Initial, leader mondiale in servizi di disinfestazione e derattizzazione e in servizi per l’igiene, sono 4 i profili emergenti quando si parla degli italiani e del loro rapporto con gli infestanti e l’igiene. Indifferenti, Consapevoli, Equilibrati e Fanatici: il quadro delineato dalla ricerca mette in mostra un universo variegato di comportamenti e un crescendo di ansie e preoccupazioni per la presenza di infestanti e la paura di contrarre infezioni a causa della scarsa igiene di cui sono sinonimo. Si va quindi da chi non ha paura quasi di nulla a chi sviluppa vere e proprie fobie che generano atteggiamenti maniacali in fatto di igiene personale e pulizia degli ambienti.

 

Ecco i 4 identikit degli italiani alle prese con infestanti e igiene:

 

  1. GLI INDIFFERENTI – Sono circa il 14% degli italiani intervistati, pari a circa 6,2 milioni di persone, prevalentemente uomini che vivono nelle regioni del Nord Ovest, tra i 35 e i 44 anni, senza figli.

Non temono insetti volanti o striscianti, ma si dimostrano più ‘sensibili’ alla vista di ratti e topi. Si dichiarano più tolleranti della media in caso di incontri ravvicinati con insetti al ristorante o in palestra e non usano accorgimenti per prevenire l’arrivo di infestanti in casa.

Non sono particolarmente attenti all’igiene – sia in casa che fuori casa – e, in generale, non temono il rischio di malattie causato da scarsa igiene o da presenza di infestanti: al contrario, una parte di loro (21%) ritiene che una situazione di scarsa igiene possa addirittura rafforzare le difese immunitarie.

 

  1. I CONSAPEVOLI – è il gruppo a cui appartengono circa 9 milioni di italiani, il 22% della popolazione intervistata. Anche in questo caso si tratta in maggioranza di uomini nella fascia d’età 25-34 anni, con bambini sotto i 10 anni, residenti al Sud e nelle Isole.

Per questo gruppo, zanzare e blatte sono gli infestanti più sgraditi anche se il vero incubo sono ratti e topi: i roditori infatti fanno ribrezzo, ma generano anche paura per il rischio di essere attaccati e di contrarre malattie, dato che la loro presenza è considerata sinonimo di scarsa igiene.

Per questa ragione sono attenti all’igiene personale e della casa, pur non essendo dei maniaci del pulito: hanno cura di stessi e dell’igiene delle mani, curano i sanitari del bagno di casa, le superfici della cucina, e svuotano i cassonetti della spazzatura con regolarità e frequenza.

 

  1. GLI EQUILIBRATI Quasi 10 milioni e mezzo di italiani (il 24% della popolazione tra i 18 e i 70 anni) appartengono a questo gruppo: sono sia uomini (49%) che donne (51%), residenti nelle regioni del Nord Ovest e senza figli.

Rispetto ai Consapevoli, questo gruppo intende il concetto di igiene in modo più ampio: non si tratta solo di avere cura di sé e degli ambienti in cui si vive, ma anche di assicurare l’assenza di parassiti, insetti e infestanti in generale e la sicurezza degli alimenti. Pur non temendo in modo fobico la presenza di infestanti, sono molto sgraditi scarafaggi e topi, sinonimo di scarsa igiene e rischiosi per la trasmissione di malattie ed infezioni e per danni ai cibi.

Hanno anche paura e provano ribrezzo per insetti striscianti e temono le punture degli insetti volanti. Sono inoltre accorti nella pulizia periodica della casa: dalla lavatrice, ai tendaggi e al divano che vengono puliti con regolarità, così come pattumiere e cassonetti della spazzatura.

 

  1. I FANATICI – è il gruppo più numeroso, costituito da 16 milioni e mezzo di persone, ovvero il 40% degli italiani intervistati. Si tratta in maggioranza di donne tra i 55 e i 70 anni che vivono al Sud e nelle Isole, con figli che hanno superato i 10 anni di età.

Sono affetti da vere e proprie fobie, sono attenti a tutte le situazioni e temono la trasmissione di malattie e infezioni dappertutto. La loro lista degli infestanti più sgraditi è molto lunga: blatte, mosche, cimici, vespe, piccioni, topi, formiche, con picchi di vero e proprio terrore per ratti e topi. Temono la trasmissione di malattie e virus e danni ai cibi causati dagli infestanti e non sono affatto tolleranti quando capita di incontrarli, tanto che richiederebbero subito un servizio di disinfestazione urgente. Ritengono che la scarsa igiene sia la prima causa di una serie di problemi quali malattie, trasmissione di virus, problematiche dermatologiche e molto altro.

Adottano molteplici accorgimenti per tenere lontani gli infestanti e mantenere puliti tutti gli ambienti in cui vivono: monitorano il contenitore dei rifiuti, utilizzano zanzariere, controllano i letti, svuotano i cassonetti della spazzatura; evitano di lasciare all’esterno il cibo degli animali e utilizzano maggiormente un pulitore a vapore.

Italiani e infestanti, Indagine demoscopica realizzata da Doxa per Rentokil attraverso 1.005 interviste online su un campione nazionale rappresentativo della popolazione italiana adulta di 18-70 anni. Le interviste sono state condotte dall’ 11 al 14 maggio 2018.

Il tenente Colombo sotto la Mole

Grandi sorprese in questo inizio di 2019 per il pubblico torinese del grande teatro: a febbraio arriva nel capoluogo sabaudo, l’esclusiva italiana del “Tenente Colombo”, l’ispettore più acuto e geniale quanto bizzarro e divertente che sia mai stato trasmesso dal piccolo schermo

Questa volta il Tenente Colombo appassionerà gli spettatori non a casa davanti alla tv ma seduti alle comode poltrone del Teatro Cardinal Massaia di via Sospello 32/C dove,sabato 9 e domenica 10 febbraio, l’amato inquirente trasporterà i presenti nell’atmosfera originaria di oltre cinquant’anni fa per portare in scena un thriller che in Inghilterra ha già fatto registrare a teatro ben cinque anni di sold out. Il tutto riservando agli spettatori alcune gradite sorprese come l’uso, sul palcoscenico, dell’autentico modello dell’impermeabile del Tenente Colombo, o la rivelazione del dettaglio mai svelato del nome della moglie del noto personaggio. A portare in scena l’emozionante giallo, scritto dagli autori originali della serie TV Richard Levison & William Link, saranno Ivan Fabio Perna, uno dei più acclamati interpreti di teatro americano in Italia, il quale firma anche la regia dello spettacolo ricco di colpi di scena e che lo vede protagonista accanto a Marco Manzini nei panni del freddo e cinico dott. Flemming. Gli interpreti si affronteranno in una tenace sfida, fatta di astuzie e contromosse, nella quale soltanto alla fine uno prevarrà sull’altro, dando vita ad un finale sorprendente! Completano il cast: Barbara Cinquatti, Maria Elvira Rao, Claudio Orlotti, Grazia Audero e Sebastiano Drago.

Quale sarà il caso affrontato dal Tenente Colombo nella sala del Cardinal Massaia di Torino?

L’omicidio è quello messo in atto dal Dottor Roy Flemming, brillante psichiatra di Los Angeles stanco del logoro rapporto con la possessiva e nevrotica moglie. Con l’aiuto della sua amante, organizza un ingegnoso assassinio basato su una sostituzione di persona, che gli creerà un alibi all’apparenza perfetto. Il piano creato da Flemming sembra andare per il verso giusto, ma il caso viene affidato ad un bizzarro ufficiale di polizia: il Tenente Colombo. Un tipo molto sospettoso che si rivela un formidabile avversario. Il Tenente appare maldestro, smemorato, inetto e burocrate, ma in realtà si dimostra un sagace professionista e un profondo conoscitore della natura umana. Il guanto di sfida è stato lanciato… Anche a teatro si segue dunque l’impostazione della stessa serie televisiva secondo la quale, sin dalle prime sequenze, lo spettatore conosce l’assassino, perché vede compiere il delitto in diretta… ma è poi fortemente coinvolto dal marchingegno di trappole psicologiche che Colombo metterà in atto per arrivare ad avere le prove tali da incastrare l’autore del crimine.  Fra i momenti salienti affrontati dalla regia dello spettacolo figura anche la messa in scena dell’omicidio. Due settimane intense di prove che hanno visto la Cinquatti e Manzini in una drammatica scena di strangolamento iperrealista e mozzafiato che ha fatto letteralmente saltare il pubblico sulle poltrone.  Colombo non è solo uno thriller… è anche un giallo, un dramma psicologico e una commedia: insomma due ore emozionanti, divertenti e irripetibili con l’opportunità davvero singolare di vedere dal vivo l’‘impermeabile acquistato nel 1967 da Peter Falk per girare la puntata pilota. La ditta spagnola di produzione esiste ancora adesso ma il modello è andato perduto: con grande emozione Ivan Fabio Perna è riuscito ad avere copie dei modelli originali e in una corsa contro il tempo l’ha fatto confezionare dalla costumista Dina Lo Tartaro. Questa produzione è l’unica al mondo ad avere il modello del trench originale del Tenente Colombo.  La produzione del Tenente Colombo è di LEWIS & CLARK, compagnia nata nel 1999 con l’obiettivo di produrre e mettere in scena un repertorio di opere teatrali americane e anglosassoni. Particolare attenzione viene dedicata alla restituzione della mise-en-scène in grado di rispecchiare la cultura, il tempo e la struttura drammaturgica sviluppata dall’autore. Anima è Ivan Fabio Perna, esperto conoscitore della commedia americana, nonché autore, regista e attore.  A New York ha lavorato a fianco degli attori americani Randy Danson e Daniel Von Bargen, in Italia con Franca Nuti, Giancarlo Dettori, Franco Branciaroli, ha inoltre collaborato con il Teatro Stabile di Ancona e con il Piccolo Teatro di Milano. È traduttore del commediografo americano Neil Simon ed è stato il regista del musical in tournée nazionale Moulin Rouge tratto dal film B. Luhrmann. Come autore firma le commedie Questioni di Donne, L’Uomo con la Barba, Terapie di Gruppo, Ti Amo da Morire, Questioni di Famiglia e la saga dell’ispettore Mantovani con Sei Personaggi in Cerca di un Cadavere e Il Mistero delle Lacrime di Giada. Dal 2017 è direttore artistico del “Dreams Festival”, la prestigiosa stagione estiva loanese che ha ospitato nomi come Ranieri, Sgarbi, Masini, Turci, Branduardi e tanti altri. Sarà proprio Perna a calarsi nei panni del Tenente Colombo e far rivivere uno dei miti della storia dei gialli, portandolo a teatro, a Torino.

DOPO 5 ANNI DI SOLD-OUT IN INGHILTERRA, IL 9 E 10 FEBBRAIO LO SPETTACOLO, IN ESCLUSIVA ITALIANA, SBARCA IN CITTA’ CON L’IMPERMEABILE ORIGINALE DELL’INFALLIBILE ISPETTORE PIU’ CONOSCIUTO IN TV

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Informazioni e prevendite:

– Presso le biglietterie del Teatro Cardinal Massaia
– Al numero tel. 011.2216128

– E-mail: prenotazioni@teatrocardinalmassaia.it
– Presso la biglietteria on-line Biglietto Veloce –
cliccare su: http://bit.ly/colombo_biglietti

Trailer dello Spettacolo visibile al link: http://bit.ly/trailer_colombo_02

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AL TEATRO CARDINAL MASSAIA

in Via Sospello, 32/c a Torino

Sabato 9 (ore 21) e Domenica 10 Febbraio (ore 16)

LEWIS&CLARK presenta:

Ivan Fabio Perna – Marco Manzini
in

TENENTE COLOMBO

– Prescrizione Omicidio –

di Richard Levison & William Link

 

Giovane migrante muore assiderato al confine francese

E’ morto all’ospedale di Briancon il  giovane migrante ventenne soccorso nella notte sulla strada nazionale 94 del Monginevro. Era stato trovato in grave stato di ipotermia.  La Procura  francese di Gap ha aperto un fascicolo per “omicidio involontario”. Le nevicate dei giorni scorsi rendono più difficili da percorrere i sentieri. Sul confine italo-francese dell’alta Valle di Susa, lo scorso anno erano stati trovati tre cadaveri di immigrati, morti cercando  di passare il confine per raggiungere la Francia.
   

Svelato il “cuore” romanico del Santuario della Consolata

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Presentati gli affreschi dell’antica Chiesa di Sant’Andrea

Tra il dicembre 2016 e il dicembre 2018 duecentosettantotto donatori – la maggior parte torinesi, ma pure dalla provincia, come da Asti e Cuneo, come dalla Lombardia al Lazio, dalla Sicilia alla Sardegna alla Puglia, agli Emirati Arabi anche, i più con una sola donazione, una persona di donazioni ne ha fatte dieci – hanno raccolto oltre 67 mila euro che grazie al raddoppio operato dalla Fondazione Crt sono divenuti 134, una eccellente politica di fundraising che ha dato vita ad un nuovo, preciso impulso archeologico. Ad opera di quella stessa Fondazione che, ha spiegato in conferenza stampa il presidente Giovanni Quaglia, “da sempre principale sostenitore privato del Santuario della Consolata, cui ha storicamente destinato 4 milioni di euro, continua a mettere a disposizione risorse economiche, competenze e idee progettuali per la valorizzazione e la salvaguardia di questo meraviglioso “gioiello”, confermando il proprio impegno per il patrimonio artistico ecclesiastico”. “Un atto di filantropia innovativa – ha ancora sottolineato Quaglia -, dal momento che al nostro interno stiamo raccogliendo una vera sensibilità per il restauro collegato alla comunità di riferimento, interpretando la restituzione come strumento di inclusione sociale. Nei prossimi mesi avvieremo un progetto che prevede il coinvolgimento di santuari nel Piemonte e nella valle d’Aosta”. A segno di gratitudine, saranno quelle 278 persone a poter ammirare prima di ogni altro gli affreschi portati alla luce sulle pareti che furono le prime campate della chiesa di Sant’Andrea, costruita nell’XI secolo, su cui dietro l’invito di Giovanna Battista di Savoia-Nemours l’abate Guarini costruirà il capolavoro barocco nel 1675.

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Quell’architettura barocca che si pone come eccellenza e che rende famoso e visitato il capoluogo piemontese, cifra di richiamo che tuttavia non dovrebbe passare sotto silenzio un passato protocristiano e medievale di cui Torino non è certo ricca ma che pure torna alla luce (si pensi alla basilica risorta sotto la costruzione modernissima della “Nuvola” Lavazza o ai resti delle tre chiese sotto l’edificio del duomo della città), un precedente panorama dove le cronache inscrissero la chiesa, di cui ammiriamo all’aria aperta oggi il campanile, definita come il luogo sacro più bello e più importante della città. Un bell’esempio di ritrovamento artistico, un lampo di storia e di vita che riappare e a tratti sembra ancora voler trattenere gli aspetti di una chiara lettura, è il lavoro – al di là della campagna di ricerca nel 2008, che lasciava intravedere come la parte absidale dell’antica chiesa romanica si fosse conservata -, con 240 giorni di cantiere, portato avanti da un Protocollo d’intesa che ha visto la collaborazione del Santuario della Consolata (il Rettore, Mons. Giacomo Martinacci, ha tracciato la storia del complesso e ha espresso tutta la speranza che il percorso avviato possa dare ulteriori frutti, come il restauro della settecentesca Cappella dell’Abate), della Curia Metropolitana, della Soprintendenza nella persona dell’architetto Luisa Papotti, del Politecnico e dell’Università, della Fondazione Crt e soprattutto del Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”.

Oggi quella che è stata la Cappella invernale dei sacerdoti che abitano il Convitto del Santuario cambia veste. Antica, meravigliosa, pronta ad accogliere nuovi interventi, che gli studi stanno avvicinando a esempi rintracciabili nell’Abbazia della Novalese e nella Collegiata di Sant’Orso ad Aosta. Rimossi gli intonaci posteriori e lo coloriture moderne, anche con l’utilizzo del laser, sono apparsi questi pressoché inattesi gioielli. Sulla parete sud ha preso forma una grande figura, la mano destra protesa verso l’alto e la sinistra a reggere un cartiglio, da cui si evince che potremmo identificare il personaggio con il profeta Abramo.

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Sulla parete nord, sono comparse due grandi figure inquadrate da elementi architettonici, che recano in mano ancora dei cartigli: alla sommità delle pareti, nelle fasce decorate, a lato di variopinte greche intrecciate, si riconoscono due volti. Uno maschile con grandi occhi, naso affilato e barba, il cui copricapo ci dice che potrebbe trattarsi di un monaco, probabilmente San Benedetto, come suggeriscono alcune lettere dipinte a lato (i primi monaci della chiesa di Sant’Andrea erano benedettini), l’altro femminile, con il capo velato, caratterizzato da un intenso sguardo. I lavori non hanno coinvolto esclusivamente le pareti, anche il catino absidale ha visto riapparire una decorazione floreale, probabilmente secentesca, a ghirlande e motivi vegetali. Soprattutto Luisa Papotti ha messo in luce gli aspetti storici e artistici del ritrovamento: “Davanti ai nostri occhi, ricompare l’architettura imponente della antica basilica conventuale, che i monaci fuggiti da Novalesa ricostruirono intorno all’anno 1000 nell’angolo nord-occidentale della città medievale. Ne ritroviamo la muratura laterizia esterna scandita da lesene, fregi di archetti pensili e monofore, ma anche le decorazioni interne, animate da fregi policromi e da ieratiche figure di santi e profeti”. Il visitatore si troverà quindi dinanzi ad un’importante testimonianza del medioevo torinese, che richiede ancora un lungo lavoro di indagine, ma che in futuro potrà forse veder riapparire parte delle proprie strutture, risalenti all’indomani delle incursioni saracene, che videro altresì l’apporto di due figure di primo piano come quelle di Gezone, abate di Breme, e di Bruningo, monaco architetto.

 

Elio Rabbione

 

 

Credits photo Delmastro – Distefano – architetti

Le immagini degli affreschi riscoperti, nell’ordine: sulla parete sud, il patriarca Abramo; i personaggi raffigurati sulla parete nord e uno scorcio della parete stessa. In ultimo, la posizione di uno degli affreschi ritrovati nella ricostruzione dell’antico complesso religioso di Sant’Andrea.

Bimba a scuola in limousine, è polemica

DALLA PUGLIA Una limousine di 5 metri è andata a prendere una bimba di 8 anni e alcuni dei suoi compagni di classe all’uscita da una scuola pubblica. “Già lottiamo con il mito di calciatori e  ballerini di Amici, adesso dobbiamo solo più  spiegare ai nostri figli il mito della limousine per il compleanno degli 8 anni”, così una mamma scrive su Fb rivolgendosi alla preside dell’istituto vicino a  Bari, scuola frequentata dai suoi figli. Molti commenti negativi per questa esibizione di sfarzo ma anche qualcuno positivo: “Se un genitore può permettersi di regalare un giorno così alla sua bambina, perché  deve essere messo alla gogna?”. 

Ventagli delle montagne

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In contemporanea con la mostra omonima esposta al Museo nazionale della Montagna, la Galleria Spagnuolo di Palazzo Lascaris ospita fino all’8 marzo una selezione di 40 ventagli promozionali a tema montano, insieme ad una trentina di carte da collezione, manifesti e fotografie realizzati tra metà Ottocento e gli anni ‘40 del ‘900. Tutti i materiali provengono dalla collezione del Museomontagna. Da giovedì 7 febbraio a venerdì 8 marzo la mostra “Ventagli delle montagne” è visitabile a Palazzo Lascaris dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 17, con ingresso gratuito. Il ventaglio promozionale nasce in Europa a metà Ottocento come veicolo di promozione turistica per alberghi, luoghi termali ed eventi, come le grandi Esposizioni nazionali e internazionali. Con l’inizio del ‘900 il ventaglio diventa strumento per pubblicizzare le più svariate tipologie di servizi e prodotti: il produttore di scarpe, il droghiere, le sale da ballo e le imprese di servizi, prime fra tutte quelle di onoranze funebri che lo utilizzano come biglietto da visita. La mostra è realizzata dal Museo nazionale della Montagna in collaborazione con il Consiglio regionale del Piemonte e la Camera di Commercio di Trento ed è esposta in due sedi: il Museo della Montagna di Torino e Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale del Piemonte. L’esposizione sarà visitabile anche a Trento, Palazzo Roccabruna, dal 12 aprile all’11 maggio 2019 in occasione del Trento Film Festival.