redazione il torinese

Brozolo contro la violenza sulle donne

Anche Brozolo compie un gesto simbolico per sensibilizzare la terribile piaga della violenza sulle donne. In occasione della Festa della donna 2019, l’8 maro, sarà inaugurata una panchina rossa, con soggetto del pittore Piero Zannol, per esprimere condanna alla violenza sulle donne. L’inaugurazione si terrà alle ore 11 di domenica 10 marzo e sarà preceduta da incontro e colazione in biblioteca per le donne brozolesi. Venerdì 8 marzo alle ore 21, invece, ci sarà la proiezione in sala  consiliare di un recente film sulle difficoltà e le discriminazioni subite dalle donne di colore nell’America anni ’60. Il cineforum, organizzato dalla Biblioteca civica, e riservato agli iscritti alla stessa, proseguirà nelle date del 15 e 22 marzo, 5 aprile e 3 maggio.
Massimo Iaretti
 

No alla giustizia dimezzata sulla vicenda ThyssenKrupp

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I drammatici fatti del 6 dicembre 2007, quando si verificò il rogo alla ThyssenKrupp di corso Regina Margherita in cui persero la cita sette operai – Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi – è una ferita ancora aperta a Torino. Anche se le condanne dei responsabili non  li riporteranno in vita è però una giustizia dimezzata il fatto che i due manager Harald Espenhann e Gerald Priegnitz, che si trovano in Germania, non abbiano ancora iniziato a scontare quanto dovuto. Qualcosa però sta cambiando. Il Tribunale di Essen ha infatti finalmente dato il via libera all’esecuzione in Germania della pronuncia emessa dalla Cassazione italiana il 13 maggio 2016, che ha confermato le pene inflitte dalla sentenza del 29 maggio 2015 dalla seconda Corte di Assise di Appello di Torino. I due manager tedeschi, però, hanno fatto ricorso: la sentenza è quindi eseguibile in terra tedesca, ma per ora la sua applicazione è sospesa sino ad un nuovo pronunciamenti delle magistratura tedesca. “Il percorso giudiziario si sta finalmente chiudendo – dice l’ex operaio scampato al rogo, Antonio Boccuzzi – Manca l’ultimo tassello per avere una piena giustizia. Aspettiamo da tanti anni giustizia per i miei sette compagni di lavoro e per i loro familiari: ci auguriamo che la Germania rispetti il nostro dolore e la decisione della Suprema Corte. A undici anni dal rogo è ora di fare giustizia”. “La vicenda giudiziaria sembra non avere fine – dichiara Laura Rodinò, sorella di Rosario, ex operaio dell’acciaieria morto nell’incendio – Siamo disgustati e ci aspettiamo una rapida esecuzione della condanna da parte della giustizia tedesca. Mentre due dirigenti italiani (Pucci e Cafueri) sono addirittura già usciti dal carcere, in Germania i principali responsabili della strage di Torino non hanno ancora fatto neanche un giorno di galera: è una vergogna per i lavoratori di tutta Europa e uno schiaffo ai familiari di tutte le vittime sul lavoro”. “La giustizia italiana sta per diventare giustizia europea – ha detto Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro, che ha seguito passo passo tutta la vicenda – Se persone, lavoro e merci possono circolare liberamente in Europa, lo stesso deve avvenire per i diritti alla salute e alla sicurezza dei lavoratori e dei lavoratrici, che devono essere garantiti e resi effettivi allo stesso modo in tutto il continente. Attendiamo con fiducia la concreta esecuzione della sentenza ThyssenKrupp anche in Germania per poter riaffermare con orgoglio la nostra europeità”.

Massimo Iaretti

(foto A. Preteroti)
 
 
 

“Green Book” miglior film, a Lady Gaga la statuetta per la miglior canzone

Gli Oscar? Una grande frammentazione, così quasi da non voler scontentare nessuno, un pulviscolo cinematografico come le cinquanta star che si sono avvicendate sul palcoscenico del Dolby Theatre a distribuire premi e a legare numeri e dichiarazioni, al posto del vecchio maestro di cerimonie, più o meno spiritoso,più o meno allentatore di tensioni, che raccoglieva intorno a sé l’intera serata. Certo non è più l’epoca dei titoli che si portavano appresso carrettate di statuette, ma anche tutto quel frazionare non è per molti versi un convincente segnale. Tra dimenticanze ed errori (considerati al gusto personale), tra supremazie inesistenti, tra scelte che badano assai più al politicamente corretto che al squisitamente cinematografico. Se ne torna a casa a mani pressoché vuote Vice – L’uomo nell’ombra, che ha portato a casa soltanto il premio per il trucco, se ne torna a casa Glenn Close, arrivata alla sua settima nomination senza poter mai assaporare che cosa realmente significhi “quel” premio, immeritatamente sconfitta da una pur straordinaria Olivia Colman, chapeau!, esuberante quanto altalenante d’umori e sofferente regina Anna della Favorita (un ex aequo, proprio no?), unico zio Oscar per un titolo che aveva ben dieci nomination al proprio arco, e che rischiava di rimanere a secco, qualcuna davvero dritta al centro (perché si è preferita Regina King del melenso Se la strada potesse parlare alla prova straordinaria di Rachel Weisz del film di Yorgos Lanthimos quale migliore attrice non protagonista? perché non si sono considerate appieno quei costumi, quelle scenografie e la “nuovissima” fotografia di Robbie Ryan?), se ne torna con la statuetta tra le mani Mahershala Ali per il film di Peter Farrelly (qui nelle vesti del pianista Don Shirley, già pochissimo convincente due anni con il gonfiatissimo Moonlight) come miglior attore non protagonista. E questo davvero ti spinge a dover guardare amaramente “oltre” il cinema.

Green Book, di un autore come Farrelly che sembra aver cambiato la sua strada abituale, vince il titolo di miglior film dell’annata (gli appartiene anche il premio per la migliore sceneggiatura originale, dove ha collaborato Nick Villalonga, prole del vecchio Villalonga che nel film uno straordinario quanto dimenticato Viggo Mortensen, gradasso e poco affine alla gente di colore, tratteggia a piccolo capolavoro), lontano da parecchie convinzioni e capace di far arrabbiare il coloratissimo Spike Lee che aveva sperato fino all’ultimo nel suo BlacKkKlansman e che invece s’è dovuto accontentare della statuetta alla migliore sceneggiatura non originale. Nel giro di pochissimi anni, in buona compagnia dei suoi amici Inàrritu e Guillermo del Toro, Alfonso Cuaròn porta con la targhetta miglior regia un ulteriore premio in terra messicana, esempio di passione e di autentica maestria, di un universalismo culturale che nulla hanno a che fare con i muri da erigere o no.

Roma – che è l’esempio migliore dell’abbraccio di Hollywood a Netflix (altro punto da non sottovalutare di questa 69ma edizione degli Oscar) e che incamera anche i premi per la migliore fotografia ed il miglior film straniero – resta una delle più convincenti e commoventi opere dell’annata, già Leone d’Oro a Venezia (un’altra dose di buon fiuto per Alberto Barbera), un’autobiografia raccontata teneramente, punteggiata da alcuni momenti davvero alti che si fanno sempre più rari nel cinema della nostra epoca. Ha vinto Black Panther, primo fumettone ad arrivare al maggior traguardo, per i costumi, la scenografia e la colonna sonora, un giocattolo che ha raggranellato dollari al botteghino e andava premiato. Quegli stessi botteghini che stanno omaggiando, dopo un percorso partito con leggera incertezza, anche Green Book e che hanno già fatto fare un gran bel pezzo di strada a Bohemian Rapsody, da cui esce il miglior attore dell’anno, Rami Malek (con i migliori suono e montaggio sonoro), lontanissimo dalle apparizioni di Una notte al museo, che nel discorso di premiazione ha ricordato con orgoglio le proprie radici egiziane. La nota più bella della serata, con buona pace delle mire registiche di Bradley Cooper, che certo parecchio di più in questi mesi ha sperato per la sua opera prima (otto nomination iniziali), è stata la voce di Lady Gaga (con quella di Bradley al seguito, certo) che ha riproposto Shallow tratta da A star is born, la più bella canzone dell’anno cinematografico. Con lei lo zio Oscar ha accontentato tutti quanti.
 
Elio Rabbione
 
Nelle immagini  “La favorita”, “Green Bokk”, “Roma” e “A star is born”

La danza dei due Mattei

Non si preoccupi il potenziale elettore pro Tav di Matteo Salvini. Un’ altra volta Giggino è stato preso in mezzo e con lui tutti i suoi. Il nostro Fregoli sta passando la settimana in Sardegna per la campagna elettorale. Lui è uno specialista in questo. Lo hanno sentito parlare in sardo. Molto di più che un dialetto. Una vera e propria lingua. Nell’Isola un voto per il 49% pentastellato . Ora l’ arrabbiatura dei pastori sardi è sotto gli occhi di tutti. Facile prevedere una  vittoria leghista ed un ulteriore crollo dei pentastellati. Per un po’ varrà la legge secondo la quale tutto ciò che  di negativo fa o non fa il governo è colpa di Giggino. Il meglio se lo prende il Matteo Fregoli. Strana questa nuova legge della politica italiana e torinese. Va in difficolta Giachino. In nome del Si tav aveva già tutto pronto.  Lista civica nel centro destra e magari un assessorato ai Trasporti per lui.  Il Capitano ( Salvini ) non perde tempo.  Presto vinte le elezioni in Sardegna. Fatto alcuni comizi da Bolzano a Lampedusa e magari bloccato qualche bagnarola d emigranti avamposto in Italia dell’Isis si concentrerà anche sul Piemonte. Dategli un po’ di tempo è risolverà anche questo problema. Non può fare tutto lui. Ma volendo pensarci sempre e solo lui fa sapere che Cirio candidato di Forza Italia  non esiste proprio. E Berlusca ridotto (nei sondaggi) al 5 % può fare ben poco. Palese : è tornato alla grande . Mi sa  che stavolta  non è sufficiente.  Come è tornato l’altro Matteo Nazionale.  Il Toscanaccio. Renzi che alla cultura del Marchese del Grillo ha dato il suo contributo. Per l’ età e per qualche arresto di troppo un po’ emaciato ma sempre lui. Il vecchio e famoso proverbio “chi nasce tondo non muore quadrato” è sempre valido. Non arretra di un millimetro. Appunto è nella sua natura. E poi chi glielo fa fare? Un Pd in ritardo su tutto e tutti. Certi errori si pagano due volte.  Renzi non demorde assolutamente e il libro al Lingotto è un’ occasione per dire: sono tornato.  Con una certa classe indubbiamente. “No non mi candido alle Europee. Primo, non vi dico chi voterò alle primarie.  Anzi ci ho ripensato ve lo dico.  Voterò per Giachetti.  Non farò un altro partito. Anzi, vi tengo sulle spine, si vedrà”.  Mi sembra chiaro : anche lui rimanda tutto al dopo elezioni .
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Intanto manda il suo in bocca al lupo al Chiampa. “Dai Sergio, sono sicuro che ce la farai. Ho fiducia nei piemontesi che non possono votare i pentastellati. Ne’ possono votare il centro desta troppo diviso”. Difficile riprendere quota. Ma il Matteo Renzi non demorde. “Io non sono la causa  di tutte le disgrazie del dopo sconfitta. Vediamo che cosa faranno i miei successori”. Insomma i due Mattei sono pienamente in campagna elettorale. Confronto a distanza.  Magari per essere i Leader di due schieramenti opposti. Torino almeno per una volta crocevia di dispute non solo locali ma di respiro nazionale. Renzi lanciò da Torino la sua sfida per la rottamazione. E ora ci riprova. Anche per questo il Matteo Fregoli continua nel dormire sonni tranquilli. Renzi che presentando il suo libro non ha sciolto il dubbio sulla sua presenza ancora nel Pd. Così a distanza i due Mattei continuano nel loro confronto. Ed intanto i partiti non esistono più. Salvini che fa segretario e ministro in un colpo solo. Pd  sull’ orlo di una crisi nervosa. E Casaleggio Junior vero Vate che come Kim Jong Ung ha ereditato dal Padre.  Altro che congressi ed iscritti che pagano con i loro soldi la tessera. Lui i soldi li incassa.  Per l’ esattezza 300 euro mensili da deputati e senatori per la sua piattaforma Rousseau.  Berlusca appare un dilettante. Con l’apparizione di un ultimo sospetto: tre milioni di euro di finanziamento di Putin a Salvini per le Europee. Quel Salvini salvato dal voto taroccato sulla piattaforma Rousseau di proprietà di Casaleggio con il fattivo contributo dei parlamentari pentastellati eletti dal popolo italiano. Inquietante.
Patrizio Tosetto

''La' dove Finisce la terra''

Domani, martedì 26 febbraio, alle 18 presso la libreria Bodoni in via Carlo Alberto a Torino, Renzo Sicco presenterà il libro ”La’ dove Finisce la terra” di Desirèe e Alain Frappier (edizioni Add), con prefazione di Luis Sepùlveda. Si tratta di una graphic novel che attraverso la storia di Pedro, un ragazzo libanese emigrato in America Latina racconta, con chiarezza esemplare, la storia del Cile tra il 1948 e il 1970. Un viaggio nella memoria di un Paese che il regista di Assemblea Teatro ha conosciuto e amato realizzandovi spettacoli e collaborazioni importanti. Sicco presenterà il libro  insieme al giornalista-scrittore Darwin Pastorin, altro grande conoscitore del Sud America. I due hanno collaborato recentemente alla realizzazione dello spettacolo ”Penarol. Una storia di calcio e immigrazione” che e’ stato rappresentata l’anno scorso nel Teatro  Solis di Montevideo. 

M.Tr.

Il pop di Eros Ramazzotti e il jazz di Yazz Ahmed

Gli appuntamenti musicali della settimana

Lunedì. Al Milk suona il trio composto da Luigi Tessarollo alla chitarra, Ares Tavolazzi al contrabbasso e Enzo Zirilli alla batteria. All’ARTeficIO Music Club si esibisce il trio di Ivano Icardi. Al Jazz Club è di scena il trio Not Only Swing.
Martedì. Al Jazz Club si esibiscono le cantautrici Agnese Conforti e Joe Elle.
Mercoledì. All’Off Topic è di scena Sipolo.
Giovedì. Al Folk Club si esibisce la cantante sarda Elena Ledda. Alle Ogr suona il cantautore svedese The Tallest Man on Earth mentre all’Hiroshima Mon Amour è di scena Dimartino. Al Cafè Neruda suona il trio di Max Carletti.
Venerdì. Al Circolo della Musica di Rivoli si esibisce Bianco, affiancato dal trombettista Stefano Piri Colosimo. Al Jazz Club suona la trombettista e flicornista britannica, di origini persiane Yazz Ahmed. Al Blah Blah si esibiscono i Proliferhate. Al Magazzino sul Po è di scena Bonetti mentre all’Off Topic si esibisce Giuvazza.

Sabato. Omar Pedrini ripropone “Viaggio senza vento “ dei Timoria, allo Spazio 211. Al Pala Alpitour arriva Eros Ramazzotti. Al Magazzino di Gilgamesh il blues della vocalist Delores Scott. Al Jazz Club suona l’Ubik Trio mentre al Blah Blah Massimo Zamboni si esibisce in quartetto, con lo spettacolo “Onda improvvisa di calore”.
Domenica. All’Istituto Musicale di Rivoli suona il pianista Fabrizio Paterlini mentre al Blah Blah si esibiscono i Downtown Boys.
 

Pier Luigi Fuggetta

Bimbo di sette mesi muore soffocato

E’ morto soffocato, un  bimbo di 7 mesi, a Premia, un piccolo borgo della valle Antigorio, nel Verbano-Cusio-Ossola. Trasportato con urgenza all’ospedale San Biagio di Domodossola sono state inutili le manovre di rianimazione cardiocircolatorie dei medici. La morte sarebbe stata provocata dalla sindrome Sids (sudden instant death syndrome), la cosiddetta  morte in culla. La procura ha disposto l’autopsia.

Sarajevo, le olimpiadi invernali del "magico febbraio" 1984

 

In Bosnia, dice lo scrittore Giacomo Scotti, quando si vuol dire raccontare “si usa la parola divaniti, dalla radice del turco divan, cioè sofà, canapè, ottomana. Per alludere a un raccontare disteso, lento, da fare (e ascoltare) in compagnia, come un rito. Chi racconta bene è tenuto in grande considerazione qui, come una sorta di eroe nazionale”. Sarajevo è una città dove tutti hanno una storia da raccontare, che sia simile a tante o nuova e diversa, poco importa. Ciò che davvero conta è il racconto in sè. Meglio se lo si ascolta seduti davanti ad una tazza di tè verde, magari fumando la Šiša o bevendo rákija, la grappa. L’uomo che racconta, seduto davanti a me nel piccolo locale, ha un’età indefinibile. Può essere un vecchio di settant’anni o averne molti di meno e portare in volto e sulle mani le rughe di una vita intensa, difficile. Il timbro della voce,malgrado sia flebile, quasi inciampasse tra i denti, denota un certa sicurezza e un piglio orgoglioso. Racconta in un italiano fluente del tempo in cui la città era imbandierata a festa e nei locali si bevevano birra e Zilavka bianco della valle della Neretva (considerato dagli esperti il migliore vino della ex Jugoslavia) per salutare il resto del mondo che guardava, sul finire dell’inverno del 1984, alle montagne innevate attorno a Sarajevo. Il Trebević , bello come il sole, l’Igman severo e impettito, la Bjelašnica – immensa, bianca principessa delle nevi – e la Jahorina, con le sue piste da sci. Sui monti e in città, allo Stadio Olimpico Koševo e nel Palaghiaccio Zetra, andavano in scena le gare dei XIV° Giochi Olimpici Invernali. Per ospitare l’evento a cinque cerchi erano stati scelti un paese e una città del tutto nuovi nel panorama degli sport invernali: la Jugoslavia, orfana di Josip Broz Tito, e una delle sue città simbolo, Sarajevo. “Eravamo un paese senza grande storia, sotto il profilo degli sport sulla neve e sul ghiaccio. Nessuna medaglia conquistata ai Giochi invernali, pochi risultati nelle varie discipline. Ma avevamo dalla nostra l’entusiasmo contagioso e un grande senso dell’ospitalità. Un entusiasmo che esplose con l’impresa del nostro slalomista Jure Franko. Fu lui, il portabandiera della Jugoslavia, a rompere il tabù portandoci per la prima volta sul podio con l’argento conquistato nello slalom gigante”. S’illumina, parlando di questa medaglia e della ‘prima volta’ di un figlio del paese degli slavi del sud che saliva sul podio, dell’emozione per la bandiera della Federazione che sale sul pennone e dell’inno nazionale cantato, in piedi e con la mano sul cuore, da tutto lo stadio. Si sente ancora jugoslavo, anche se non c’è più quel paese che veniva descritto come un’entità fatta da “sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito“. Franko diventò molto popolare e in città, come racconta questo amico, si diffuse un motto che diceva più o meno così: “Volimo Jureta više od bureka”, cioè “amiamo Jure più del burek”, la torta salata ripiena di carne e cotta sotto le braci ardenti. S’intuisce che il ricordo è ancora vivido, potente. Il narratore dimostra di avere una certa cultura in fatto di sport. “Il programma prevedeva 39 gare, a contendersi le medaglie furono 1.272 atleti divisi in 49 rappresentative”. E per compiacermi aggiunge: “Gli italiani erano 76, 15 dei quali donne”. Lo guardo meravigliato: ha immagazzinato tutto nella sua memoria, come un computer. Parlando prende colore, si anima. “La sfilata delle delegazioni dei Paesi del mondo, con bandiere e cartelli. Che spettacolo! Le telecamere delle televisioni di cento e cento paesi che scrutavano tutto e tutti con i loro occhi magici, riflettendo in ogni angolo del pianeta le immagini della mia città, così bella e intelligente e capace di stupire il mondo!”. L’uomo ci sta raccontando dell’impossibile sogno della pace, della felicità, dell’orgoglio e della nostalgia. Purtroppo, archiviate le Olimpiadi, il futuro per Sarajevo e per la Bosnia portò i segni, negli anni Novanta, delle atrocità e della devastazione delle guerre seguite alla disgregazione della Jugoslavia, dell’assedio e del tiro a segno dei cecchini, fino al lento e faticoso ritorno alla normalità dopo tanta morte e

distruzione. Ma il suo racconto è sospeso nel tempo e si ferma a quei giorni di metà febbraio del 1984 quando per fortuna si parlava solo di sport. Con invidiabile precisione narrativa ci rimanda indietro a quel tempo. “Nello sci alpino, a parte il nostro Jure, furono i fratelli Phil e Steve Mahre ad imporsi con l’oro e l’argento dello slalom. Americani come William Johnson, vincitore della discesa. Iniziava così la scalata delle Alpi da parte degli sciatori a stelle e strisce”. Storce un po’ la bocca. Si vede che, sportività a parte, figli e nipoti dello Zio Sam non gli stanno tanto simpatici. S’infervora nuovamente, viceversa, parlando della coppia di pattinatori inglesi di Nottingham, Jane Torvill e Christopher Dean, che raccolsero un incredibile successo nella danza su ghiaccio contro i rappresentanti dell’allora Unione Sovietica Natalja Bestemianova e Andreij Bukin, allenati dalla leggendaria Tatjana Tarasova. Fu una gara che passò alla storia del pattinaggio e che nessuno riuscirà mai a dimenticare. Era il 14 febbraio, giorno di San Valentino. La coppia dell’URSS presentò nella danza libera, ultima prova della disciplina, la Carmen di Bizet, ma Torvill e Dean trionfarono letteralmente sulle note del Bolero di Ravel, un’interpretazione che mise i brividi agli spettatori. “Un sogno. Qualcosa di irripetibile. Sembravano appartenere ad un altro mondo. Un

Jane Torvill & Christopher Dean perform Ravel’s Bolero during their gold medal routine

programma perfetto il loro, che meritò dodici 6.0, il massimo punteggio raggiungibile allora. Mai visto niente di simile. Li guardavamo e ci scendevano le lacrime per l’emozione”. Ci confida anche a voce bassa il ricordo di Katarina Witt, stella tedesca dell’Est, molto brava nell’aggiudicarsi l’oro del pattinaggio artistico individuale, ma soprattutto indimenticabile per la sua bellezza. “La sua avvenenza lasciava senza fiato ed era molto forte, come tutti i tedeschi. Non a caso, in quell’edizione e per la prima volta, il medagliere lo vinsero gli atleti della Germania Est (9 ori, 9 argenti 74 e 6 bronzi) davanti all’Unione Sovietica e agli Stati Uniti che pure vinsero la gara di pattinaggio singolo maschile con Scott Hamilton”. Lo metto alla prova. Gli chiedo, a bruciapelo,dell’Italia. Sorride, senza scomporsi e risponde subito: “Siete arrivati decimi, con due medaglie, entrambe d’oro: Paul Hildgartner nello slittino singolo e Paola Magoni nello slalom, dopo una strepitosa seconda manche, appuntandosi sul petto la medaglia d’oro, impresa mai riuscita prima a nessuna sciatrice italiana. Ti dico di più: era il 17 febbraio del 1984. Un venerdì”. Come non detto, l’enciclopedica memoria di quest’uomo è davvero a prova di bomba. È tardi. Non ci siamo quasi accorti che il tempo passava e che si è fatto scuro. Pago io le consumazioni e mi sembra il minimo. Marchi convertibili ben spesi in compagnia di un amico. Dopo i saluti usciamo e veniamo sferzati da un’aria gelida. Comprendo adesso il significato dei bollettini meteo quando, in Italia, annunciano “venti freddi dai Balcani”.

 

Marco Travaglini

Più di 700 partecipanti al concorso”Diventiamo cittadini europei”

Al concorso “Diventiamo cittadini europei. Per un’Europa più unita, più democratica e più solidale” hanno partecipato 59 istituti scolastici del Piemonte

Su un totale di 2018 temi svolti nelle scuole, 734 sono stati selezionati da 85 insegnanti e inviati per la partecipazione al concorso. Il Consiglio regionale del Piemonte e la Consulta europea, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte e l’Ufficio del Parlamento Europeo a Milano avevano bandito per l’anno scolastico 2018/2019 la 35^ edizione del concorso riservato agli Istituti d’Istruzione secondaria di II grado del Piemonte. Finalità dell’iniziativa è la formazione delle giovani generazioni in una prospettiva sovranazionale per formare le cittadine e i cittadini dell’Europa unita in un mondo interdipendente.

I partecipanti alla 35a edizione hanno scelto tra due temi:

1) Dal 23 al 26 maggio 2019 si svolgeranno nei 27 stati membri dell’Unione europea le none elezioni del Parlamento europeo. Dal 1979, ogni cinque anni, le cittadine e i cittadini dell’UE possono scegliere le proprie e i propri rappresentanti al Parlamento europeo: se dovessi spiegare a un tuo collega studente ed a una tua collega studentessa di un paese non membro dell’UE le competenze e le funzioni del Parlamento, da dove partiresti? Che cosa sentiresti più importante mettere in rilievo delle sue funzioni ed eventualmente dei suoi limiti d’azione?

2) La parità uomo-donna e la lotta contro le discriminazioni sono elementi fondamentali anche della politica sociale dell’Unione europea. Affronta l’argomento in una lettera da inviare a un tuo coetaneo/tua coetanea.

Lo scorso anno, al fine di formare le studentesse e gli studenti in relazione ai temi del concorso, sono state organizzate 20 conferenze in tutte le province piemontesi, tenute da docenti universitari ed esperti di tematiche europee. Le vincitrici ed i vincitori parteciperanno nel corso del 2019 a viaggi-studio ad istituzioni europee ed internazionali, alla 33^ edizione del Seminario di formazione alla cittadinanza europea di Bardonecchia e alla Festa dell’Europa promossa dal Parlamento Europeo a Milano. La cerimonia di premiazione si svolgerà entro la fine dell’anno scolastico.