redazione il torinese

Anniversario a corte con le bande militari

 

In occasione dell’Anniversario della Reggia di Venaria e del quinto anno dell’unione con il Parco La Mandria domenica 15 ottobre, a partire dalle ore 16.00, è prevista la grande manifestazione Tattoo da Re – Rassegna musicale delle bande militari italiane, che si ispira al Military Tattoo1 , con la partecipazione della fanfara della Brigata alpina “Taurinense”, fanfara a cavallo della Polizia di Stato, fanfara Nazionale della Croce Rossa Italiana, fanfara Associazione Nazionale Bersaglieri “Roberto Lavezzeri” di Asti. Le formazioni musicali saranno accolte dalla Banda del Corpo Musicale Giuseppe Verdi e dall’Equipaggio di trombe da caccia della Reggia che porgeranno il loro saluto ed accompagneranno le varie fasi dell’evento. Si tratta sostanzialmente di un Festival di formazioni musicali – prevalentemente militari – che abilmente unisce musica e movimento in mix altamente spettacolare con caroselli ed esecuzione di brani musicali che precedono ed accompagnano il tradizionale “Taglio della Torta”.

***

DOVE
Giardini e Corte d’onore della Reggia, Borgo Antico della città di Venaria Reale

QUANDO
Domenica 15 ottobre 2017, dalle ore 15.30

COME
Ingresso libero nella Corte d’onore fino a capienza consentita

CISTERNA D’ASTI, LA MUSICA ITALIANA SI RITROVA ALLA ‘TENUTA LA PERGOLA’

 Grandi artisti in visita alla ultracentenaria cantina astigiana

Prosegue con successo, dopo ‘Cantine Aperte’ di settembre, il cartellone di eventi della ‘Tenuta La Pergola’ di Cisterna D’Asti, dal 1903 a oggi una fra le più antiche e pluripremiate aziende enoiche piemontesi, guidata da Alessandra Bodda, fra le poche quote rosa del vino in Italia.

Domenica 15 ottobre, durante il pranzo delle ore 13.00, la storica cantina ospiterà gratuitamente alcuni grandi nomi della musica leggera italiana tra cui Valerio Liboni, leader del noto gruppo storico del pop nazionale I Nuovi Angeli (celebri le loro hit ‘Donna Felicità’, ‘Ragazzina’, ‘Singapore), affermato music-maker già collaboratore di Fiorella Mannoia, Renzo Arbore, Pippo Franco, Rettore, New Trolls, Little Tony e molti altri.

Con lui anche Gatto Panceri, grintoso cantautore di successo con tre partecipazioni a Sanremo e 10 album all’attivo (è atteso per il 2018 il nuovo cd di inediti dal titolo ‘Pelle d’oca e lividi’) e firma di brani evergreen per Andrea Bocelli (uno su tutti, ‘Vivo per lei), Giorgia, Mina, Mietta, Massimo Ranieri, Fausto Leali, Riccardo Fogli, Paolo Meneguzzi e altri ancora.

Al tavolo degli artisti anche Danilo Amerio, raffinato cantautore astigiano che ha partecipato con successo a tre ‘Festival di Sanremo’ negli anni Novanta, e cui si devono grandi successi per cantanti come Anna Oxa (sua ‘Donna con te’), Mia Martini, Umberto Tozzi, Raf, Giorgio Faletti, Pierangelo Bertoli, Marco Masini, Fiordaliso e Adriano Celentano.

Insieme a loro anche Gae Capitano, stimato paroliere di Fabi-Silvestri-Gazzè nel pluricelebrato disco-evento ‘Il Padrone della Festa’, Ilaria Porceddu (già concorrente di ‘X Factor’ e ‘Sanremo 2013’) e collaboratore del più noto compositore italiano di sempre, Maurizio Fabrizio.

All’evento, alla presenza di un parterre di affermati giornalisti, il noto critico musicale torinese Lele Boccardo, già autore del fortunato romanzo ‘Un futuro da scrivere insieme’ (Seneca Edizioni, 2011), presenterà ‘Il Rullante Insanguinato’ (Sillabe di Sale Editore), il primo noir musicale italiano che reca la doppia prefazione del cantautore Andrea Mingardi e del giornalista, scrittore e critico musicale Maurizio Scandurra, che dialogherà con Lele Boccardo durante l’incontro alla ‘Tenuta La Pergola’.

***

Al termine della presentazione letteraria, gli ospiti visiteranno i locali e i vigneti della storica cantina effettuando al contempo percorsi di degustazione. Per informazioni, www.tenutalapergola.it, 0141 979246, 338 2029588.

Tatiana Andreoli campionessa mondiale Junior a squadre

 
Per la prima volta nella sua storia l’Italia si è laureata campione del mondo con la squadra femminile Junior dell’arco olimpico. E del terzetto azzurro fa parte anche un’arciera piemontese: Tatiana Andreoli. Classe 1999, originaria di San Giorio di Susa e tesserata per la Iuvenilia, Tatiana ha tirato insieme alle compagne Lucilla Boari (Arcieri Gonzaga), classe 1997 e azzurra a Rio 2016, e Vanessa Landi (Arcieri Montalcino), classe 1997. A Rosario, nell’ultima giornata della rassegna iridata giovanile, le tre ragazze hanno sconfitto in finale la Cina di Jiaman Li, Xiaoqing Long e Zhiyun Xu. Una grande rimonta da parte delle azzurre, sotto 4-0 dopo i primi due set (parziali 57-51 e 59-53) ma bravissime a recuperare aggiudicandosi i due successivi (53-51 e 55-50) e rimandando l’epilogo allo shoot off. Nelle tre frecce di spareggio Lucilla, Vanessa e Tatiana hanno tirato due 9 e un 8, totalizzando un punto in più delle avversarie e mettendo al collo la medaglia d’oro.

Il Mondiale della formazione italiana è iniziato con l’ottavo posto in qualifica. Nel primo turno del tabellone degli scontri diretti le azzurre hanno quindi incontrato e sconfitto la Russia allo shoot off. Ai quarti hanno piegato con un netto 6-0 la Corea del Sud e con analogo punteggio si sono aggiudicate la semifinale contro la Polonia, giungendo così alla sfida per il titolo contro la Cina. Da segnalare, infine, che Tatiana Andreoli, Vanessa Landi e Lucilla Boari sono cresciute alla Scuola Federale FITARCO di Cantalupa (Torino). Tutte e tre hanno ottenuto la convocazione anche per i Mondiali Assoluti e saranno in gara a Città del Messico dal 16 al 22 ottobre.

***

Sono così andati in archivio nel migliore dei modi i Campionati Mondiali giovanili, evento dedicato alle classi Junior e Allievi. Oltre a Tatiana Andreoli il Piemonte ha visto impegnati a Rosario altri due arcieri, entrambi tesserati per l’Ar.Co.Arcieri Collegno: Aiko Rolando e Alex Boggiatto, la prima nell’olimpico Allievi, il secondo nel compound Junior. Nella prova individuale Tatiana Andreoli ha chiuso la qualifica al 28esimo posto con 625 punti e ha poi perso allo shoot off contro la spagnola Celia Castanos. Ottima qualifica per Aiko Rolando, decima con 653 punti e poi sconfitta 6-4 dall’altra azzurra Karen Hervat. Bene nelle 72 frecce anche Alex Boggiatto, nono con 683 punti; Alex ha poi superato 136-133 lo svedese Hampus Borgstrom e 143-126 il sudafricano Luke Van Leeuwen, prima di arrendersi 144-131 contro lo statunitense Jesse Clayton. Per quanto riguarda invece le gare a squadre, Aiko Rolando, Elisa Ester Coerezza e Karen Hervat hanno perso al primo turno allo shoot off contro le Filippine, dopo aver concluso le eliminatorie al nono posto. La giovane atleta piemontese ha partecipato anche al mixed team in coppia con Antonio Vozza; i due, noni al termine delle qualifiche, hanno battuto la Gran Bretagna e sono poi stati sconfitti ai quarti dalla Corea del Sud. Alex Boggiatto, Viviamo Mior e Jesse Sut hanno invece chiuso la qualifica in seconda posizione e si sono inchinati ai quarti di finale contro la Gran Bretagna.

Chiusa l’11a edizione di Portici di Carta. Tutto esaurito

Donati oltre 300 libri per le Biblioteche civiche torinesi. E prosegue l’iniziativa Buono da leggere

 

 

Grande affollamento nei due giorni dell’undicesima edizione di Portici di Carta, che ha chiuso i battenti alle 20 di domenica 8 ottobre 2017. Il direttore editoriale del Salone Internazionale del Libro, Nicola Lagioia: «Conclusione in gloria per questo Portici di Carta, con un oratorio di San Filippo Neri stracolmo, così come stracolme sono state le strade di Torino in questi due giorni dedicati ai libri. Grazie. Noi del Salone Internazionale del Libro siamo un po’ stremati ma felici. Ci prendiamo poche ore di pausa, e poi voliamo a Francoforte alla Buchmesse. Tanti editori italiani e stranieri ci aspettano, per costruire tutti insieme il grande progetto della 31a edizione. Appuntamento dal 10 al 14 maggio e già fra pochissimo con la ripartenza dei Giorni Selvaggi». «Grande successo per l’edizione di Portici di quest’anno – commenta l’Assessora alla Cultura della Città di Torino, Francesca Leon – dovuta alla partecipazione di tutti e soprattutto dei cittadini che hanno affollato ininterrottamente le bancarelle e gli appuntamenti del programma culturale, dedicando una “due giorni” alla lettura e ai libri». Sold-out allo spazio eventi dell’Oratorio San Filippo per gli incontri con Erri De Luca, la dedica a Paolo Villaggio, la Premio Campiello Donatella Di Pietrantonio, lo spettacolo di Gabriella Greison dedicato a Marie Curie ed Hedy Lamarr, il reading-concerto di Giorgio Licalzi con Giuseppe CulicchiaAndrea Bajani e Tiziano Scarpa. Sempre affollato lo Spazio Bambini di piazza San Carlo letteralmente preso d’assalto per le fiabe, letture, giochi e animazioni proposte da minibombo editore ospite, dalle Biblioteche civiche torinesi, Associazione Iter e dai ragazzi del Servizio Civile Nazionale.

(foto: il Torinese)

Carretta: “Un Pd che torni a capire le periferie”

Finita l’intervista mi porge il documento base per la sua elezione e sornionamente mi chiede di leggerlo. “Sai ho lavorato e discusso molto con i miei collaboratori”. Mimmo Caretta probabilmente sarà eletto segretario del Pd torinese. 42 anni, è nato a Canosa di Puglia, laureato a Bologna con specializzazione a Genova. Laurea in lettere e a 16 anni iscritto e segretario di Sinistra Giovanile. Ed aggiunge: “arrivo da una famiglia democristiana”. Nell’ immagine di whatsapp un giocatore del Perugia alza il pugno chiuso salutando il pubblico. Sicuramente inusuale, sia nel mondo del calcio, sia per un politico. 
Mimmo, come mai questa candidatura?
È nata quasi come provocazione. Poi, diventando unitaria, andando oltre ha acquisito un forte valore politico.
Cioè?
Questo Pd ha avuto e forse avrà troppe divisioni interne che gli fanno male. Più che gli avversari politici.
Ma questo partito esiste?
Assolutamente. Magari acciaccato…ha preso molti colpi. Ma vivo e vegeto.
Primo segretario del Pd di origine meridionale?
No. Forse il primo eletto da un congresso. 
Ma cos’è per te un partito? 
Comunità e condivisione di popolo.
Truppe a disposizione?
10 mila sparsi su tutto il territorio provinciale.
Sufficienti? Veritieri?
Non c è mai limite al meglio…e noi lavoriamo per il meglio. E poi sono le nostre “divisioni” la  maggiore garanzia per un tesseramento trasparente. Io cerco di impegnarmi nel visitare tutti i 90 circoli territoriali. 
Maggiore delusione?
Purtroppo alcune legate alle sconfitte elettorali. In particolare la non rielezione di Fassino
Non ve la aspettavate?
Forse sì, ma si spera sempre, anche in questa occasione. A casa nostra hanno detto : le periferie non ci hanno capito. Io più prosaicamente sostengo che non abbiamo capito le periferie. Conclusione, non ha vinto l’Appendino abbiamo perso noi.
Dei pentastellati locali che ne pensi?
Lasciamo stare…Anzi no, ti dico con un esempio. Alle 8 30 la Sindaca ha convocato una conferenza stampa su bilancio e tagli. 
Ora insolita, aveva paura?
Sicuramente non sopporta domande che la mettono in difficoltà. Montanari gioca nel fare il gruppettaro. Gli altri ” so’ ragazzi”.
Maggiore soddisfazione?
 In politica, farla con amici e perché no con  “paesani”. Anche per questo Torino è proprio un mio nuovo “paese”, anche per questo mi sono candidato a segretario del Pd.
Patrizio Tosetto

Quasi una landa beckettiana, certo un’integrazione con tutte le sue ferite

Ad aprire l’ultima stagione pensata e preparata da Mario Martone per la sempre maggior gloria dello Stabile torinese – poi, dal primo gennaio prossimo, si metterà a tavolino Valerio Binasco, che nel maggio scorso ci aveva promesso un bel “ci divertiremo!”: stiamo a vedere – provvede domani sera nella sala sfavillosa del Carignano (questa sera l’anteprima) Disgraced, ripensato qui con il titolo Dis-crimini, un testo (“necessario” lo definisce qualcuno) quanto mai attuale che sta sopravanzando ogni altra truppa teatrale, grande successo negli States, con all’attivo già in scena o in piena preparazione circa 25 edizioni in lunga tedesca, oltre a quella di casa nostra una messinscena di Jacopo Gassmann per il genovese Teatro della Tosse, forse un qualcosa di meno altisonante, pure lei con il suo bel debutto domani sera e con un augurabile interscambio possibile con l’amico/nemico che sta a nemmeno due ore di macchina, per quelle incomprensibili leggi teatrali che rarissimamente e felicemente capitano sui palcoscenici italiani, cui noi non siamo davvero abituati. Una “lotta” che ha in sé un più che ben augurante confronto. L’autore è un già premiatissimo scrittore di teatro pachistano/statunitense, è nato nel ’70 oltre oceano e dopo la laurea se ne è venuto in Toscana a lavorare con Grotowski, già da molti considerato il più grande nome della scrittura teatrale di oggi, di nome fa Ayad Akhtar, per noi sconosciuto del tutto ma già carico di un Pulitzer nel 2013, di un Obie Award per la Drammaturgia nello stesso anno e l’anno precedente di un Joseph Jefferson Award per il miglior nuovo testo. Il regista è Martin Kušej, austriaco, innamorato della cultura italiana, grande frequentatore di teatri d’opera, abituato ad approfondire Mamet come Albee, Ibsen come Goethe, oggi direttore del Residenztheater di Monaco di Baviera e, passando attraverso una sua versione del Don Carlos di Schiller, pronto ad approdare nella stagione 2019/2020 all’incarico di direttore presso il prestigioso Burgtheater viennese, un punto fermo delle stagioni europee, “tecnici e budget da far impallidire qualsiasi altro teatro”, sottolinea con un pizzico d’invidia Filippo Fonsatti, direttore dello Stabile di Torino, che è più che abituato a far di conto.

Il nome di Kušej non è nuovo da noi, a lui dobbiamo quell’edizione delle Lacrime amare di Petra von Kant che ancora Fonsatti definisce come “lo spettacolo più bello passato da noi negli ultimi dieci anni”, decisamente diretto verso un teatro molto materico, capace di stravolgere e di sconvolgere, nemico di ogni naturalismo. Qui non avrete a sbranarsi quattro personaggi ben definiti (“ ho voluto anche asciugare quei riferimenti che ricollegassero il testo ai riferimenti della upperclass newyorkese”), nel salotto bene di chi ha fatto un invito per una cena, ma quattro individui, molto universalizzati, quasi simboli, pronti ad agire in quello che è divenuto un ring (vedremo qualcosa che s’avvicina parecchio al Carnage cinematografico di Polanski?), una grande quanto immacolata cornice che a poco a poco si mescola e si sporca con un nero tappeto di carbone. Non è più un angolo di mondo, bensì uno “spazio mentale”. Il tutto per dar vita alla battaglia che coinvolge Amir, un avvocato finanziario cresciuto in terra americana ma di origini pakistane, la moglie Emily, pittrice di successo, i loro amici (?) Isaac che è un noto curatore d’arte e Jory: un incontro che è un’amichevole conversazione pronta a scivolare in un’attualità distruttiva, nelle questioni più aspre che coinvolgono il dibattito politico e religioso. Testo necessario, si diceva, lo specchio su di una integrazione che si dava per assodata ma che al contrario si troverà a mettere a nudo tutti i propri lati scoperti e le sue ferite. Testo che potrebbe apparire come un classico testo di conversazione, capace a sviluppare una situazione esistenziale, quasi fosse una landa sconfinata in cui incontrare le parole scarne e i silenzi di Beckett. Gli attori parlano con le nuove parole di Monica Capuani, la drammaturgia è di Milena Massalongo.

Ad impersonare i ruoli principali (con accanto il giovanissimo Elia Tapognani, “un testo fondamentale per il lavoro d’attore, ogni cosa non è mai stata lasciata in superficie, ma estremamente approfondita: ti pare di essere davanti a una partitura musicale”, dice con il tono di chi s’avvicina al mostro sacro per la prima volta) Paolo Pierobon e Fausto Russo Alessi, entrambi di scuola ronconiana (“è stata una passeggiata di salute, con un regista come Martin non si può barare, il suo sguardo ti restituisce autenticità al 100 per 100: tutto si chiarisce e s’approfondisce, luci ombre rapporti sotterranei, dà vita ad un viaggio appassionante”, dice il primo; e l’altro chiosa con un termine inatteso, “destabilizzante”), Anna Della Rosa e Astrid Meloni, in conferenza stampa nerovestita, chiusa nella bellezza del suo collo modiglianesco. A dire tutto il discorso che questa partitura saprà sviluppare, salta fuori in ultimo la notizia che la messinscena torinese sarà ospite a fine stagione del Residenztheater: e Fonsatti allunga il passo, facendo intendere a Kušej future, probabili collaborazioni.

 

Elio Rabbione

Passo di montagna. Val d’Ossola, autunno 1944

IL RACCONTO  di Marco Travaglini

Il silenzio è rotto solo dal fischio delle marmotte e dai campanacci delle ultime vacche al pascolo. L’acqua scorre attraversando il prato, sgorgando chiara e fresca da una sorgente ai piedi di un enorme masso erratico, circondato dai larici. S’incanala, in fretta e con un allegria vivace, in rivolo per poi  rapidamente crescere in poche centinaia di metri, gorgogliando via veloce. Evitiamo il guado con i sassi e i ciottoli resi scivolosi dal muschio bagnato. Attraversiamo il ponticello, costituito da due malferme travi di legno, risalendo il pendio erboso , segnato dalle tracce del passaggio delle vacche,  fin sopra le baite. Da lì è un attimo guadagnare rapidamente quota, entrando nell’ampio valloncello che conduce al Lago Nero. Martino si rivolge  me con uno sguardo che sembra d’implorazione ma non parla. Ha le gambe dure, pesanti ma dalla sua bocca non esce un solo lamento. Vorrebbe fermarsi, posare lo zaino, magari togliersi gli scarponi mezzo sfondati e sdraiarsi sull’erba. Vorrebbe tirare il fiato, mettersi lì di schiena, a pancia in su, con le braccia sotto la testa a guardare quelle nuvole che viaggiano veloci, spinte dai venti in quota. Lo vorrebbe tanto ma è consapevole che non si può. Per quattro volte in tre giorni abbiamo rischiato di farci beccare dei tedeschi che cercano di tagliarci la strada, presidiando i sentieri che vanno verso il confine con la Svizzera. La zona libera dell’Ossola è caduta. A Domodossola hanno mandato i bambini oltre confine, al riparo, nel “paese del pane bianco”. In Svizzera ci sono andati anche una parte dei cittadini e i fascisti avranno un’amara sorpresa:troveranno la città semivuota, fredda, ostile. Per parte nostra ci siamo battuti con onore ma non potevamo fare di più ed ora, insieme a Gianni , Riccardo e Carmine cerchiamo di sganciarci e di guadagnare il passaggio della frontiera. Un tempo qui attorno, sotto le testate dei monti, si vedevano parecchie bestie al pascolo. Non moltissime, per la verità, ma in numero sufficiente per garantire agli alpigiani di che vivere. Le praterie di alta quota sfoggiano  ancora una rigogliosa flora ma le vacche si possono contare sulla dita di una mano, forse due, non di più. In questi tempi di fame guerra  la miseria è cosa seria. Il sentiero diventa un corridoio sassoso e s’avverte la ghiaia scricchiolare sotto gli scarponi. Si sale, arrancando, con il mitra a tracolla e lo zaino che, zuppo d’acqua, è diventato pesante al punto che verrebbe voglia di toglierselo di dosso e lasciarlo lì. Il temporale di ieri ha buttato giù pioggia a secchiate  e quando abbiamo trovato riparo eravamo già fradici fino al midollo. Buttar via lo zaino, liberarsi del suo peso sarebbe una gran cosa ma non si può e , stringendo i denti, bisogna tener duro. Passo dopo passo, masticando fiato e fatica, ci lasciamo alle spalle i monti di Devero. Quelli che hanno scelto l’alta Formazza saranno già in salvo, oltre Passo San Giacomo, in Val Bedretto. Noi invece ci siamo infilati quassù e non possiamo deviare verso est.  Martino è il più giovane di noi, con i suoi diciassette anni ancora da compiere. Si volta e tira un lungo sospiro. Con la manica della camicia si frega gli occhi ma non riesce a nascondere le lacrime. Anch’io sento un nodo in gola. Mi dice: “Marco, torneremo ancora a vedere le aguzze cime del Cornera? E il Cervandone, al fianco dalla Punta della Rossa? E là dietro,la mole  nera e incombente dell’Helsenhorn? E il Cistella?Ho paura che queste montagne, le nostre Lepontine, non le vedremo più”. La sua voce si spezza nel pianto. Gli stringo le spalle. Cerco di consolarlo ma non ho una risposta. I crucchi sono dappertutto e noi siamo rimasti in pochi. Io e Martino della IIª Divisione d’Assalto Garibaldi “Redi”, Carmine della “Valdossola” e i due fratelli Grondini della “Valtoce”. In giro ce ne saranno senz’altro degli altri, ma dove? Faccio segno ai miei compagni di fermarci. Martino ha bisogno di riprendere fiato. Il larice al quale m’appoggio emana una fragranza di resina che inebria. Più in là, dove la macchia arborea è più fitta, la luce disegna dei giochi in chiaroscuro. Giù, più in basso, il grande ovest del Devero pare ci voglia salutare con dei colori da brivido in quest’autunno che sembra non voler lasciare il passo alla cattiva stagione. La sosta è breve e , doloranti, si riparte. Davanti a noi ci sono la Scatta d’Orogna e il Passo di Valtendra. Solo le cime più alte hanno già incontrato la neve ma sappiamo bene che basta un vento malefico ad ammassare nuvole e aria fredda. Si sale ancora e poi, dal passo si scende lungo il ripido pendio di erba e detriti fino al Pian Sass Mor. Non c’è tempo per fiatare e via, verso la sorgente dove possiamo bere e riempirci le borracce. E poi giù ancora, veloci e col passo lungo verso  il Pian dul Scricc  e da lì, in mezzo ai faggi, in direzione del grande pianoro dell’Alpe Veglia. E’ l’ora del Vespro, la luce s’affievolisce nel crepuscolo e siamo sfiniti. “In campana, ragazzi. I tedeschi non si fidano a venir qui ma non si può esserne del tutto certi. Prima delle case di Cornù bisogna tenere gli occhi aperti. Aspettiamo a muoverci dopo il tramonto, scendiamo all’alpe e ci attestiamo vicino alla sorgente dell’acqua minerale”. Così facciamo. Con cautela, attenti a dove mettiamo i piedi prendiamo possesso, se così si può dire, della vecchia casera del Nando Denti, un alpigiano di Varzo che conosco da prima della guerra. Il tetto è malmesso ma per fortuna non piove. L’acre odore selvatico delle capre è tremendo ma nemmeno noi, dopo una marcia forzata di giorni, profumiamo di bucato. Gianni  e Riccardo crollano sulla poca paglia del pavimento e quasi all’istante ronfano come due gattoni. Martino sembra in catalessi e, qualche minuto dopo, con la schiena appoggiata al muro, s’addormenta pure lui. Carmine e io montiamo di guardia. Dei crucchi non c’è nemmeno l’ombra, a quanto pare. Ma è meglio non fidarsi. Ho ancora del trinciato forte e, sinceratomi che il tabacco non s’è bagnato, mi arrotolo una sigaretta. La fumo tenendo le braci nascoste tra le mani. Carmine, intanto, mi racconta di quando i ferrovieri avevano sabotato la ferrovia giù a Villadossola, qualche mese dopo l’insurrezione popolare dell’8 novembre 1943. Lui ed altri tre si erano dati da fare, sbullonando i binari dalle traversine appena fuori della stazione,  e la locomotiva era deragliata, portandosi appresso i  primi due vagoni del convoglio che trasportavano materiale bellico della Wehrmacht, rovesciandosi su un fianco tra le stoppie del granoturco appena tagliato nel campo del Giosuè Merico.“I tedeschi hanno fatto un casino del boia, minacciando di fucilare tutti ma poi, convintisi che era opera dei partigiani di Barbarossa, hanno pensato che in fondo noi ferrovieri gli tornavamo utili per far girare i treni”. Carmine era “salito al Nord” da piccolo, dalla Campania, quand’aveva due o tre anni ed era “figlio d’arte” essendo anche il padre un macchinista ferroviere. E così, pure lui,  era entrato a far parte della grande famiglia dei “musi neri”. Sempre in piedi nella piccola cabina aperta, a far correre la macchina a vapore in ogni stagione e con qualsiasi clima. Il volto esposto al calore del forno e al vento della corsa, sotto la luce accecante del sole o  nell’oscurità della notte, con l’occhio sempre vigile ai segnali e nelle orecchie il possente respiro della macchina e il continuo martellare dei giunti. Carmine, ad un certo punto, aveva scelto di salire in montagna perché non ce la faceva più a starsene lì con le mani in mano. Ed era diventato partigiano con Superti. Fazzoletto verde al collo, fucile a tracolla, zaino affardellato e via, con passo lesto sui sentieri di montagna a “dar filo da torcere” ai fascisti e ai loro amici germani. La preoccupazione più grande era però legata a sua moglie, Antonietta. Infermiera al San Biagio, aveva scelto di rimanere nel nosocomio domese per curare i feriti che riempivano i reparti. Era una donna coraggiosa e Carmine era orgoglioso di lei, anche se la sua decisione di non salire sull’ultimo treno verso la Svizzera l’aveva reso nervoso, preoccupato. La stanchezza si fece sentire e  un poco alla volta la voce di Carmine s’affievolì e, di punto in bianco, s’addormentò anche lui. Con il mitra tra le gambe, seduto sull’uscio della casera, guardai le stelle. Un’infinità di astri luccicanti riempiva ogni angolo del cielo. Erano talmente tante e tanto luminose che sembrava potessero riscaldare l’aria di questa notte di fine ottobre. Così, ricorrendo i pensieri fin quasi alle prime luci dell’alba, anche i miei occhi si fecero pesanti e, ricevuto il cambio da Riccardo, il più giovane dei fratelli Grondini, m’addormentai come un sasso. Tre ore più tardi, Gianni, mi svegliò scuotendomi un braccio. Suo fratello e Carmine avevano perlustrato la zona e non c’era ombra dei nemici. Così, decidemmo cosa fare. Gianni ,Riccardo e Martino sarebbero saliti alla bocchetta d’Aurona e da lì, scendendo sulle pietraie fino al Passo del Sempione, avrebbero raggiunto l’Ospizio dove i canonici della Congregazione del Gran San Bernardo non rifiutavano di certo l’accoglienza che s’usava con viandanti e  pellegrini. E lì si era già in territorio svizzero. Ma bisognava far presto perché la neve aveva appena incipriato le vette ma di lì a poco sarebbe stata un’altra storia e, con le prime nevicate vere, il passaggio sarebbe diventato pressoché impossibile. Io e Carmine, invece, saremmo scesi per il sentiero verso Ponte Campo e da lì, costeggiando la strada, a San Domenico e Varzo. Ci accomiatammo con un lungo abbraccio, reprimendo a fatica l’emozione e ricacciando indietro le lacrime che invece scesero a fiotti sul volto disperato di Martino che voleva tornare a valle per combattere. Non volli sentir ragioni e dopo un’ultima stretta di mano, ci separammo. Senza fare brutti incontri, dopo una marcia di alcune ore, anche noi due, raggiunta la periferia di Varzo, ci salutammo, imboccando strade diverse. Carmine, grazie ad alcuni suoi amici ferrovieri, intendeva recarsi a Domodossola e da lì, con sua moglie, salire in Valle Vigezzo dove, passato il confine a Ribellasca, si sarebbero consegnati alle guardie rossocrociate di Camedo. Io, dopo aver preso contatto con due boscaioli che appoggiavano la resistenza, avevo un ordine da eseguire: raggiungere il capitano Mario e i suoi uomini della 85° brigata Garibaldi “Valgrande Martire”. Iniziava una nuova avventura. O forse, più semplicemente, era quella di prima  che non era ancora finita.

Ottobrata torinese, trionfa il bel tempo. Giovedì massime quasi estive sui 25 gradi

Il bel tempo e l’alta pressione africana sono presenti anche in pieno ottobre, ampliando il periodo di siccità e favorendo temperature superiori alla norma, con massime tra i 23 e i 25 gradi. Questo  il quadro meteorologico che secondo Arpa si presenterà soprattutto da giovedì, quando anche lo zero termico salirà a quote estive fino a 4.000 metri. Le massime in molte località hanno raggiunto o superato già ieri i 25 gradi, la massima registrata in centro di Torino. Solo qualche nube mercoledì.

 

(foto: il Torinese)

Al via “Rights on the movie”

“Il cammino verso la conquista dei diritti umani ha bisogno non solo della volontà di vedere rispettati i principi di uguaglianza e dignità di ogni singola persona, vicina e lontana, ma richiede anche la conoscenza e la condivisione delle storie, delle diverse realtà, delle culture in cui quei diritti devono e possono essere rispettati e affermati”. È con questo spirito, dichiara il presidente del Consiglio regionale e del Comitato Diritti umani Mauro Laus che il Comitato organizza, anche quest’anno – in collaborazione con Agiscuola – la rassegna cinematografica Rights on the Movie, che si apre lunedì 9 ottobre alle 10.30 al cinema Monterosa di via Brandizzo 65, a Torino, con la pellicola Boyhood di Richard Linklater. Giunta alla terza edizione, l’iniziativa, dedicata agli studenti delle scuole secondarie di primo e di secondo grado e ai cittadini, si focalizza quest’anno sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. “Un’occasione – prosegue il presidente Laus – per capire cosa siano i diritti e quando vengano negati, per conoscere la realtà di oggi in diversi contesti e paesi del mondo. Abbiamo scelto di farlo raccontando le vite di uomini, donne e bambini che sperimentano sulla propria pelle la negazione dei più importanti diritti. Dare visibilità a questi temi, ai diritti fondamentali, sanciti dalla Costituzione e dai Trattati internazionali, significa denunciare le situazioni di crisi, ma anche e soprattutto far conoscere percorsi reali per affermare una nuova e più rispettosa coscienza civile e sociale nella vita di tutti i giorni, nella politica, nell’economia e nella società civile”. Rights on the Movie prevede, a cadenza quindicinale dal 9 ottobre al 20 novembre, la proiezione mattutina di quattro pellicole per gli studenti e, dal 10 ottobre al 5 dicembre cinque proiezioni serali per la cittadinanza.

***

Questi i film e gli orari delle proiezioni

– Boyhood di Richard Linklater, che affronta il tema dei genitori separati, lunedì 9 ottobre alle 10.30 al cinema Monterosa di via Brandizzo 65 e martedì 10 alle 20.30 al cinema Massimo di via Verdi 18, a Torino;

– Un bacio di Ivan Cotroneo, sul bullismo, lunedì 23 ottobre alle 10.30 al cinema Massaua di piazza Massaua 9 e martedì 24 alle 20.30 al cinema Massimo, a Torino;

 Vai e vivrai di Radu Mihaileanu, sui temi dell’adozione e dell’integrazione, lunedì 6 novembre alle 10.30 ai cinema Monterosa di via Brandizzo 65 a Torino, Cristallo di via Battisti 7 ad Acqui Terme (Al), Lumiere di corso Dante 188 ad Asti, Verdi di via Pozzo 2 a Candelo (Bi), Vittoria di via Cavour 20 a Bra (Cn), Pellico di piazza Cattaneo 24 a Trecate (No), Sociale di via Carducci 2 a Omegna (Vco) e Lux di via Calderini 9 a Borgosesia (Vc) e martedì 7 alle 20.30 al cinema Massimo di via Verdi 18, a Torino;

– Vado a scuola di Pascal Plisson, sul diritto allo studio, lunedì 20 novembre alle 10.30 al cinema Monterosa di via Brandizzo 65 e martedì 21 alle 20.30 al cinema Massimo, a Torino.

La rassegna si conclude martedì 5 dicembre alle 20.30 al cinema Massimo di Torino con la proiezione di Mustang di Deniz Gamze Ergüwen sul tema dell’autodeterminazione femminile.

Tutte le proiezioni sono ad ingresso gratuito, fino a esaurimento posti.

.

 

www.cr.piemonte.it

Trenitalia – Regione, ecco l’accordo per rinnovare le ferrovie e migliorare il servizio

Investimenti in nuovo materiale per 102 milioni di euro, maggior controllo e monitoraggio da parte di Regione e Agenzia, un più efficace sistema di penali a tutela dell’utenza, il superamento del “Catalogo” e la possibilità di scorporare linee per affidarle ad altri gestori. E’ quanto prevede l’accordo tra Trenitalia e Agenzia per la mobilità piemontese, che  hanno sottoscritto un “contratto ponte” quadriennale per il periodo 2017-2020. L’obiettivo è garantire la continuità in attesa dell’esito delle procedure di affidamento del Servizio ferroviario metropolitano e del servizio dei treni regionali, attualmente in corso secondo le modalità del confronto competitivo e che si prevede si concluderanno entro i primi mesi del prossimo anno.

Ecco gli aspetti più significativi dell’accordo :
· impegno di Trenitalia per investire nel rinnovo e nell’adeguamento del materiale rotabile (effettuando nell’immediato gli ordini di fornitura) per 42 milioni di euro, mentre ulteriori 60 milioni saranno finanziati dall’Amp grazie ai trasferimenti della Regione; i treni acquistati con queste risorse saranno completamente di proprietà della Regione e rimarranno nella sua disponibilità anche alla scadenza;
· un più stringente sistema di monitoraggio e controllo sulla qualità del servizio attraverso determinati indicatori di puntualità e parametri qualitativi, a tutela dell’utenza, anche in linea con le direttive dell’Autorità di regolazione dei trasporti;
· un sistema di penali che garantirà maggior potere sanzionatorio all’Amp in caso di mancato raggiungimento degli standard minimi di qualità definiti;
· obbligo di Trenitalia a fornire dati essenziali come i ricavi da traffico (debito informativo);
· superamento del sistema a catalogo con un meccanismo più flessibile che consentirà alla Regione e all’Amp una migliore programmazione del servizio, pur garantendo l’equilibrio economico-finanziario al gestore;
· facoltà per Regione di scorporare alcune linee ed affidarle a gestori terzi.

“L’intento della Regione – spiega l’assessore ai Trasporti, Francesco Balocco – è arrivare prima della scadenza del contratto ponte al nuovo assetto del sistema ferroviario, sia per il nodo torinese e l’SFM, sia per il lotto dei regionali veloci con le sue adduzioni, e alcune linee cosiddette secondarie potranno rientrare nelle gare integrate di bacino con il  sistema gomma o essere scorporate ed affidate a operatori diversi. Lo stesso dicasi per le linee sospese. Interventi più significativi ed innovativi saranno certamente oggetto dei contratti che scaturiranno dalle procedure di confronto competitivo”.

Il contributo regionale sarà stabile fino al 2019 e verrà incrementato nel 2020. Sono previsti aumenti da ricavi nel quadriennio del 9%, dovuti sia a incrementi da traffico (maggior utenza e maggior controllo all’evasione), sia ad un diverso ed innovativo sistema tariffario che favorisca ed incentivi l’utilizzo continuativo dei mezzi pubblici.

 

(foto: il Torinese)