IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / L’Organizzazione Mondiale della Salute, OMS, che pure ha agito in ritardo in merito al Coronavirus, ha considerato un gravissimo errore quello di non aver messo in quarantena i viaggiatori provenienti da aree a rischio di contagio. Il governo Conte si è infatti limitato a chiudere i voli diretti da e per la Cina, senza considerare affatto i voli triangolati che hanno consentito di aggirare il divieto. Così, all’improvviso, ci troviamo in Italia con il maggior numero di contagi tra cittadini italiani e cinesi un numero destinato a crescere, dice lo stesso presidente Conte
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Chi scrive è molto lontano da Salvini e da ogni forma di uso strumentale, sul piano politico, di un evento drammatico come un contagio, di fronte al quale si deve essere uniti e solidali.
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Ma sorgono almeno due dubbi: il primo riguarda il ministro competente Speranza che si è rivelato vistosamente inadeguato, perché guidato da vistosi pregiudizi ideologici del tutto fuori posto. Si tratta di un giovane politico senza esperienze di governo, se non come assessore a Potenza. La sua nomina a ministro si sta rivelando forse un po’ avventata, per un piccolo politico nato e cresciuto nelle obsolete gerarchie di partito. Il vecchio PCI almeno sfornava funzionari competenti, cresciuti alle Frattocchie. Dopo il delitto Moro il ministro dell’ Interno Francesco Cossiga, che non era certo uno sprovveduto, si dimise. Forse Speranza dovrebbe fare lo stesso. Noi siamo in una situazione drammatica di cui lui è il primo responsabile politico che ha il dovere di rispondere del suo operato davanti alle Camere, come avviene, di norma, in democrazia. Andare in Tv non basta. Mi sembra che molti responsabili stiano annaspando, rivelando di essere dei dilettanti. Chiudere, ad esempio, le scuole e le università, vietare gli spettacoli e i convegni, i musei e i centri culturali, ma non chiudere i supermercati, appare poco comprensibile.
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Le città blindate, peraltro, sono un’illusione, in particolare nelle metropoli. C’è il legittimo timore che si intervenga quando i buoi sono scappati. In circa un mese non c’è stata nessuna reale prevenzione, se non il banale invito a lavarsi le mani. Oggi ci vorrebbero rigore e serietà: non sono compatibili con la drammaticità di una epidemia come questa le improvvisazioni che generano paura e psicosi collettiva. Il fatto che il Paese non possa fidarsi pienamente dei suoi governanti è un fatto grave che porta al pessimismo. Chiudere per una settimana non serve a nulla, equivale, invece, di fatto, a rinviare, senza assumersi responsabilità, un problema che nel frattempo rischia di aggravarsi ulteriormente. Chi ha letto la peste in Lucrezio, in Boccaccio, e in Manzoni sa cosa stiamo vivendo. Peccato non poterci raccogliere anche noi come nel “Decameron”, fuori da Firenze, per evitare la peste, raccontandoci novelle.
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I tempi attuali non consentono evasioni letterarie, c’è bisogno di una concretezza che francamente non si vede. Invece c’è uno smarrimento collettivo palpabile che forse i più anziani non hanno neppure vissuto durante la guerra. La mia generazione non ha mai vissuto una vicenda come questa: essa sta generando inquietudini tormentose che impediscono di prendere sonno, mettendoci di fronte all’idea di morire. E’ un dramma che cambia profondamente la vita, una vita in cui è difficile riuscire a ritagliare un po’ di spazio per un sorriso o un pensiero leggero. L’ unica speranza resta la scienza e, ancora di più, la manzoniana Provvidenza.
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