Il fascino di un Centro autonomo

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Ci sono tre modi diversi, se non addirittura alternativi, per declinare un progetto politico centrista,
riformista e democratico nel nostro paese. Oggi, però, e senza lo sguardo rivolto all’indietro.
Il primo metodo, molto gettonato nell’attuale ‘campo largo’ – cioè l’alleanza di sinistra e
progressista – è quello di studiare e pianificare a tavolino una presenza centrista. È il cosiddetto
“lodo Bettini”. Cioè sancire l’indispensabilità di avere anche un polo centrista – l’ormai famosa
“tenda” – purchè non abbia l’intenzione e nè l’ambizione di condizionare o contribuire alla
costruzione del progetto politico complessivo della coalizione. Che, come tutti sanno, è
saldamente nelle mani delle varie sinistre che compongono il ‘campo largo’. Si tratta, comunque
sia, di una presenza utile per certificare che l’alleanza di sinistra e progressista è anche “plurale”
da un lato ma che, dall’altro, si riduce ad un semplice e quasi statutario “diritto di tribuna” per i
vari rappresentanti di questa sedicente area centrista. Un’area che oggi raggruppa il piccolo
partito personale di Renzi, i cosiddetti “civici” del dem romano Onorato con i rispettivi
amministratori locali, il movimento dell’ex Direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini e chi più ne
ha più ne metta. Compresi, e soprattutto, quelli che escono momentaneamente dal Pd per
approdare in questo agglomerato attraverso il noto e collaudato meccanismo delle “porte
girevoli”.

Il secondo è quello teorizzato e praticato – anche se in forma ancora troppo incerta e debole – dal
partito centrista di Forza Italia all’interno dell’attuale coalizione di governo. Un ruolo e una
funzione politica che, però, per essere realmente credibile e all’altezza della situazione, deve poter
essere decisiva non solo nel rivendicare uno spazio centrista ma anche, e soprattutto, nel
costruire un progetto di governo dove la componente centrista sia realmente visibile, pungente,
forte e capace di incidere nella costruzione delle singole politiche di settore e non solo di settore.
Un nodo che, oggettivamente, e al di là di ogni altra considerazione di parte, ad oggi non è ancora
affatto sciolto nella coalizione guidata da Giorgia Meloni.

In ultimo c’è l’iniziativa concreta e immediatamente percepibile di un Centro autonomo. Che non
significa, come ovvio e scontato, una presenza meramente testimoniale. E quindi di per sè
politicamente irrilevante ed inconsistente. Al contrario, significa rimarcare la bontà di una cultura
politica, di un metodo politico, e, soprattutto, di un progetto politico. Che oggi coincide con
l’essere un progetto autenticamente riformista e democratico. Perchè deve competere con
schieramenti che praticano e coltivano – soprattutto a sinistra – una violenta e persino spudorata
radicalizzazione del conflitto politico accompagnata da un altrettanto inquietante polarizzazione
ideologica. Un progetto che oggi è teorizzato e perseguito principalmente da Carlo Calenda con il
partito Azione e altri movimenti e gruppi politici. È inutile negare che si tratta di una iniziativa
politica che stuzzica e suscita una forte e spiccata attenzione da parte dell’area cattolico popolare
e cattolico sociale. Perchè, semplicemente, si tratta di un progetto che ha attraversato il cammino
concreto di molti cattolici impegnati in politica. Senza citare la cinquantennale esperienza della
Dc, basti pensare al Ppi di Marini e Martinazzoli del 1994 o a quello del CCD di Pier Ferdinando
Casini del 2008; da quello di Monti del 2013 – anche se aveva più un approccio tecnocratico che
politico – a quello del fu “terzo polo”. Ecco perchè riproporre, oggi, il progetto di un Centro
autonomo, distinto e distante dai due schieramenti maggioritari che evocano un lontano ricordo
della deriva degli “opposti estremismi” significa anche, e forse, incrociare cammin facendo
sempre più adesioni ed interesse.

Comunque sia, per chi oggi parla di Centro e di progetto centrista, non può non scegliere uno di
questi tre modelli.

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