Come siamo arrivati a questo livello di orrore nella Striscia di Gaza? E’ mai possibile che questa crisi non possa trovare degna soluzione?
Secondo differenti fonti questi potrebbero essere i principali motivi.
Lo spaventoso attacco dell’ottobre 2023 da parte di Hamas è probabilmente avvenuto per più di un motivo, tra i quali le azioni provocatorie israeliane nella moschea Al-Aqsa, ma certamente anche come reazione ai continui, nuovi insediamenti in territori occupati dai Palestinesi (attualmente Israele sta vivendo una sorta di far west americano, versione medio orientale del XXI secolo).
Per dar risposta all’arrivo di massicci immigrati ebraici (soprattutto dall’Est Europa), la risposta dello Stato continua ad essere quella di spingerli nelle zone ancora ‘libere’ per farne nuovi coloni/agricoltori; detti territori sono però già abitati da popolazioni autoctone (spesso chiamate Filistei, biblici nemici di Israele) di impaccio ai nuovi arrivati, dei quali molti sono armati e spesso responsabili di violenze anti palestinesi, spesso sotto gli occhi di un indifferente esercito della Stella di Davide.
Si potrebbe forse considerare che Tel Aviv – nonostante una giustificatissima, iniziale, indignazione – abbia approfittato del feroce attacco di Hamas come motivo per una prima ritorsione, per poi attivare in un secondo tempo, una sorta di Soluzione Finale del problema palestinese.
Non è lecito fare paragoni con la Shoah perpetrata dai nazisti novanta anni fa, ma la letalità in essere verso inermi civili arabi sembra non aver limiti.
Con la scusa che i residenti civili siano scudi umani o collaboratori di Hamas, la politica del biblico ‘Occhio per occhio, dente per dente’ si scatena nei modi più brutali e gratuiti e è da tutti computabile che le quasi 1300 vittime israeliane non siano numericamente paragonabili alle 50.000 palestinesi (di cui più di 11.000 bambini).
Questa responsabilità coinvolge principalmente le fasce più estremiste della politica e della Forza Armata israeliana. La strage del 7 ottobre ha, però, attivato uno Stato di Guerra fino al 2024. Attualmente il governo è tornato civile ma con deroghe e prerogative esecutive di emergenza riguardante la tematica bellica. Ciò garantisce poteri straordinari al Knesset (il Parlamento).
Inoltre resta irrisolta la liberazione degli ostaggi, liberati con il contagocce da Hamas, ma che scandalizza la popolazione israeliana per il cinismo del suo governo.
Nonostante un isolamento internazionale e per molti versi interno, Benjamin Netanyahu – navigato politico con gravi carichi penali sulla testa (esecutivamente sospesi a causa della crisi) – esercita ancora legalmente i pieni poteri del suo mandato e per ora sembra inamovibile dalla sua carica.
L’accusa alla comunità internazionale di essere solo profondamente antisemita si sta trasformando in un suo ulteriore boomerang politico.
Una persona di fede ebraica (residente in ogni parte del mondo, oltre che in Palestina) non può essere responsabile delle azioni politiche prese da uno Stato laico e DEMOCRATICO (l’unico in Medio Oriente) come lo Stato di Israele.
Il singolo deve godere di tutte le libertà concesse dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma lo Stato, ogni Stato può essere soggetto di legittima critica per le sue forme di governo.
Purtroppo il profondo odio fra Hamas, propugnatore del folle progetto ‘dal Giordano al mare’ … cioè di uno Stato Palestinese che arrivi al Mediterraneo, dopo aver distrutto lo Stato ebraico, autorizza implicitamente una reazione opposta e contraria del suo nemico.
Di mezzo ci sono, però, inermi civili che, governati da un governo terrorista – al potere per difenderli dagli oppressori israeliani – ne sono diventati ostaggi.
Per finire, esiste forse (pur se non ancora provata) un’ulteriore motivazione dell’attacco del 2023: gli Accordi di Abramo.
Questi accordi, firmati nel 2020 fra Stati Uniti, Israele e Emirati Arabi prevedevano il riconoscimento della nazione israeliana anche in Medio Oriente, con l’apertura di ufficiali sedi diplomatiche. Il progetto avrebbe inoltre incluso una fattiva collaborazione di sviluppo economico e tecnologico fra le nazioni dell’area e Israele, piccola realtà ma ricca di capacità innovative e mezzi finanziari, già in essere dall’anno della sua fondazione.
Gli Accordi di Abramo, controversi sotto molti aspetti (anche attivati in chiave anti iraniana dai tre firmatari), con il tempo avrebbero forse indirettamente facilitato il progetto detto ‘Due Popoli, due Nazioni’, però inviso sia alla destra israeliana sia alla politica terrorista di Hamas.
Con l’assalto del 7 ottobre gli Accordi si sono congelati. Forse non è azzardato il sospetto di un vergognoso accordo sotto banco fra Enti ufficialmente nemici ad oltranza, ma uniti dal progetto di sopraffarsi a vicenda, fatto irrealizzabile in caso di due paritarie e statuali autonomie.
Ferruccio Capra Quarelli
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