I limiti del “Fronte popolare”

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

Anche il “Fronte popolare” può essere, anzi lo è, un progetto politico. Certo, si tratta di un
progetto alquanto singolare ed anacronistico perchè non nasce quasi mai attorno ad un progetto
politico di governo ma sempre e solo “contro” qualcuno o qualcosa. Ovvero, si individua un
nemico giurato ed implacabile, lo si carica di ogni nefandezza e ci si scaglia contro con una
violenza inaudita perchè, appunto, rappresenta un pericolo mortale per la democrazia, le
istituzioni e il futuro e la prospettiva di un paese.

Ora, per non scomodare altre esperienze europee – mi riferisco, nello specifico, a ciò che è
capitato di recente nella vicina Francia – fermiamoci alla storia del nostro paese. In sintesi, siamo
alla vigilia del decollo del 3° “Fronte popolare”. Il primo, il più importante e anche il più
significativo, è stato quello gestito e pianificato da Palmiro Togliatti, “il migliore” e dal Pci
dell’epoca. Cioè le elezioni politiche del 18 aprile 1948. Obiettivo unico e dichiarato era la
battaglia dura contro la Dc, contro il principale statista e leader politico del momento, Alcide De
Gasperi, contro l’Occidente e il “potere” delle Chiesa cattolica. Sappiamo tutti com’è andata a
finire e l’instaurazione di un regime comunista nel nostro paese svanì.

Il secondo “Fronte popolare” – anche se il termine usato fu “la gioiosa macchina da guerra – fu
quello allestito dal PDS, cioè gli ex e i post comunisti, per le elezioni del 1994. Cambia fisicamente
il nemico ma non cambia affatto la pericolo mortale del nemico. E nel 1948 come nel 1994 il
rischio mortale è sempre lo stesso: e cioè, battere la potenziale “minaccia fascista” e tutto quello
che ne consegue.

Passano altri 30 anni e siamo di nuovo lì. Altro “Fronte popolare”, altro nemico giurato da
annientare e altra “minaccia fascista” e tutto quello che ne consegue all’orizzonte. Dunque,
cambiano – come ovvio e scontato – i personaggi, i partiti, i contesti, le formule politiche – ma non
muta affatto il nemico. Ieri come oggi è sempre quello. Sempre lo stesso. È appena sufficiente, al
riguardo, ascoltare gli interventi quotidiani dei leader delle tre sinistre contemporanee – quella
radicale e massimalista della Schlein, quella fondamentalista ed estremista del trio Fratoianni/
Bonelli/Salis e quella populista e demagogica dei 5 stelle – per arrivare alla semplice conclusione
che siamo sempre di fronte al solito rischio mortale per la conservazione della nostra democrazia.
E quindi, riprendendo il solito ritornello, parliamo sempre di “torsione autoritaria”, “deriva
illiberale”, “negazione delle libertà democratiche”, “violazione dei valori e dei principi
costituzionali”, “libertà di espressione a rischio” e, dulcis in fundo, “minaccia fascista”. Insomma,
ieri come oggi, sempre lo stesso film, sempre la stessa minaccia e, soprattutto, sempre lo stesso
cupo orizzonte.
Ecco perchè la deriva o il progetto del cosiddetto “Fronte popolare” non sono mai destinati a
declinare una vera e propria cultura di governo. Perchè, di norma, si tratta di un banale
pallottoliere elettorale, o di un cartello elettorale che mette insieme tutto e il contrario di tutto pur
di liquidare un nemico che, puntualmente, è inesistente. Certo, se avesse vinto il “Fronte
popolare” di Togliatti e compagni nel 1948 il destino dell’Italia democratica sarebbe stato diverso.
Profondamente diverso. Ma questa è un’altra storia.

Morale della favola. È di tutta evidenza che chi vuole costruire una cultura di governo, chi vuole
perseguire concretamente una cultura e una politica centrista e riformista e chi, in ultimo, lavora
per un vero cambiamento e rinnovamento della politica non può sposare la logica, o la deriva, del
“Fronte popolare” che era, e resta, un approccio funzionale alla sola radicalizzazione della lotta
politica da un lato e alla sub cultura degli “opposti estremismi” dall’altro. Entrambi incompatibili
con la cultura e la prassi democratica e costituzionale.

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