Quando la tv era libera. Renzo Villa e la leggenda di Antenna 3

Le chiamavamo televisioni libere, poi locali, poi private e infine commerciali. Sta di fatto che volenti o nolenti, hanno alimentato il nostro immaginario dagli anni 70, prima dell’avvento della cosidetta “era berlusconiana”. E’stata l’inventiva pionieristica e imprenditoriale di Renzo Villa che nel lontano 1977, in quel di Legnano realizza quel miracolo via etere che è ancor oggi Antenna 3 Lombardia.

 

Ci racconta questa avventura il giornalista Cristiano Bussola, in un agile saggio a metà tra la storia del costume e la sociologia della cultura: “Una fetta di sorriso Renzo Villa, l’inventore della tv commerciale raccontato da chi lo ha conosciuto” ( Paola Caramella editrice, 2022, pagg. 230, €. 18 corredato da un ricco apparato fotografico). In realtà l’autore, Renzo Villa non l’ ha mai conosciuto in maniera diretta. Come precisa nelle pagine introduttive, Villa è stato l’ispiratore principale, del suo avviamento alla professione giornalistica prima cartacea alla “Vita Casalese” poi a Prima Antenna, già Studio Televisivo Padano, come cronista e commentatore politico. Attraverso le interviste (alcune dirette alcune telefoniche) a una carrellata di personaggi (portati poi al successo da Villa) l’autore riesce a ricostruire nei minimi particolari, la realizzazione di quel sogno, nell’arco temporale di un decennio. Teo Teocoli e Massimo Boldi (scoperti al mitico Derby di Milano) poi Donatella Rettore e i Righeira solo per citarne alcuni. Ma anche maestranze e tecnici sentiti sui loro rapporti professionali e umani. Pochi anni dopo la sua prematura scomparsa nel 2010 a 69 anni, la moglie Wally Giambelli, la compagna di una vita, attraverso l’ente “Associazione Amici di Renzo Villa” ne tiene viva la memoria con iniziative di promozione sociale e formazione professionale (per materiale audiovisivo e di testo consultare: viaperbusto15.it ).


Grazie a un mix di volontà, tenacia e capacità non comune di tessere relazioni umane, Renzo Villa lascia il dazio di Varese e prima approda a Tele Biella con Enzo Tortora, imparando tutto sulla televisione, poi dopo mille vicissitudini e traversie, diviene il patron di Antenna 3 Lombardia.

Fa l’intrattenitore, il pubblicitario e addirittura il cantante-attore (sua ambizione giovanile), nel mitico Studio 1 di Via per Busto 15 a Legnano, unendo in qualche modo nelle sue trasmissioni, lo status di direzione a quello di subalternità. In un equilibrato amalgama di assunzione di ruoli. Fino al fallimento nel 1987, determinato dal mercato pubblicitario e dall’accanimento della concorrenza e al passaggio alla nuova proprietà, Espansione Tv, poi dal 2004 passata nel Gruppo Mediapason di Sandro Parenzo, terzo gruppo televisivo privato italiano. Tanto che Silvio Berlusconi gli offrì 9 miliardi delle vecchie lire, per rilevargli il gioiello di Legnano. Ma lui rifiutò, sostenendo, parafraso sintetizzando al meglio il suo essere che: “se la pubblicità è l’anima del commercio, questa non deve divenire commercio dell’anima”. La sua e dei telespettatori. Tra le figure professionali mirabilmente descritte da Bussola nel libro, ne voglio ricordare tre, che più mi hanno colpito.

La prima è Patrizia Ceccarini (in arte Cecchi) che ad Antenna Tre accompagnava da valletta Ric e Gian nei loro sketch, dopo una lunga esperienza al teatro tenda con Vittorio Gassman. Molti anni dopo la sua avventura con Villa, tornò in visita negli studi a Legnano e di fronte alle mura diroccate e dismesse dei locali, si commosse fino alle lacrime, nel ricordare quegli anni meravigliosi, trascorsi lavorando con il con il compianto Renzo Villa.
La seconda è la testimonianza di Gian Paolo Parenti, che come l’autore del volume approdò al mondo della televisione, grazie allo stimolo della televisione stessa, in questo caso citando Karl Popper, divenuta suo malgrado, buona maestra. Oggi è docente di Marketing televisivo al corso di laurea in Media e giornalismo dell’Università di Firenze. Insegna all’Università Cattolica di Milano ed è autore di saggi sulla televisione.
E ultimo ma non ultimo, voglio ricordare il tecnico di trasmissione di Telebiella, conosciuto da Villa all’inizio della sua attività manageriale, Peppo Sacchi, che in parola afferma: “Ormai in tv si assiste a sproloqui di venti minuti. E ogni minuto rubato al pubblico è un minuto rubato alla vita del pubblico stesso. Con il proliferare incontrollato delle televisioni private i cui programmi segnano il trionfo della volgarità, dell’osceno, della violenza, del turpiloquio e forniscono un informazione che quando non è completamente falsa, è incompleta, deformata, tendenziosa, diretta a favorire interessi di parte. È legittimo porsi la domanda: Telebiella fu un bene o un male?”

Ettore Andenna, a destra, con Renzo Villa

Risposta di Sacchi: “Fu sicuramente un bene perché ha dato il via alla televisione privata, favorendo le opportunità di lavoro a decine di migliaia di persone che vivono di televisione. Un male perché aprì la stura a quel gran casino che é la tv di oggi”.  Che non fu quella di Renzo Villa che con Ettore Andenna produsse tra gli altri il programma “la Bustarella” prototipo di ciò che lo stesso Andenna condusse in seguito alla Rai come “Giochi senza Frontiere” che apriva la televisione a una concezione europeista nei contenuti, ancora senza Ue e moneta unica. Concludendo voglio ricordare lo slogan che coniò Marshall McLuhan nel suo scritto “Il villaggio globale” riguardo alla televisione : “Il mezzo è il messaggio”. E allora vigiliamo con la nostra coscienza critica, con l’ausilio dello zapping col telecomando. Senza moralismi. E’ l’unico mezzo di difesa che abbiamo.

Aldo Colonna

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