IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni
L’intervista a Giordano Bruno Guerri su “La Stampa del 2 giugno rappresenta qualcosa di importante sia perché è un fatto davvero inusuale che il giornale di Giannini dia voce a personalità libere come Guerri, sia perché essa chiarisce in modo inequivocabile la posizione dello storico e dello scrittore, attuale presidente del Vittoriale. Guerri ha spiegato in modo ineccepibile che occuparsi in termini storici di fascismo , non significa affatto essere nostalgici. L’accusa di aver sdoganato il fascismo con la sua opera storica colpì in primis Renzo De Felice e venne rivolta a tutti coloro che con il necessario distacco storico si occuparono del Ventennio e vennero accusati di revisionismo.
L’aver scritto di Bottai, di Marinetti, di D’Annunzio “per cambiare una vulgata sbagliata“ è stato il nobile compito che Guerri si è assunto ,infrangendo la feroce egemonia culturale che ha gravato pesantemente sulla cultura italiana per decenni. Guerri ha anche dichiarato di detestare il fascismo ed ha aggiunto che sarebbe stato “ un furioso antifascista durante il regime “ l’unica scelta che resta importante perché esserlo oggi senza rischi, anzi con molti vantaggi, appare del tutto fuori tempo. L’antifascismo dei molti che cambiarono camicia dopo il 25 aprile 1945 ,andando in soccorso ai vincitori, come diceva Flaiano, non ha nulla di eroico, anzi esprime il più volgare opportunismo che non riguardò solo gli intellettuali ma tanti italiani qualunque. Ernesto Rossi che subì’ carcere e confino ,scrisse in una lettera a Salvemini che molti a Firenze salutavano con il pugno chiuso perché, se avessero aperto la mano, sarebbe caduto in terra il distintivo fascista che avevano appena tolto dal bavero.
Guerri ha evidenziato nell’intervista come l’egemonia culturale del PCI appaia un fatto storico indiscutibile. De Gasperi e i partiti laici scelsero la gestione del potere, Togliatti rivolse la sua attenzione alla cultura che finì di prostrarsi al PCI : gli intellettuali – ha ricordato Guerri – “non sono leoni e sappiamo bene da dove vengono , dal Rinascimento stipendiati da un signore”.
Guerri ha anche spiegato come Berlusconi abbia sottoscritto un tacito accordo con la sinistra, tenendo per se’ le televisioni e la cultura di massa. Il resto lo ha lasciato alla sinistra.” Secondo Guerri” non ha mai usato Mondadori o Einaudi a fini politici perché a lui non interessava. Sarebbero stati strumenti formidabili; anche sotto Berlusconi la cultura alta di destra è rimasta orfana.”Una verità sui limiti abissali di Forza Italia che ha i premiato spesso gli sprovveduti e gli incolti, lasciandosi scappare i “professori”, ma non soltanto quelli.
Nell’ intervista Guerri (che ha appena pubblicato un nuovo libro su D’Annunzio “Gabriele D’Annunzio. La vita come opera d’arte” – Rizzoli 2023 ) ha anche spiegato le distanze del Vate dal fascismo come è ormai assodato dalla storiografia più seria. Guerri ha anche raccontato un episodio emblematico: “Quando sono arrivato al Vittoriale fuori c’erano bancarelle con paccottiglia varia, i gagliardetti, gli Eja Eja Alalà, i manganelli, le magliette con la scritta “me ne frego“. Prima gli imposi di vendere anche le magliette con Che Guevara. Quando scadde la concessione, sono riuscito a far rimuovere le bancarelle e a Gardone non si trova più un accendino con il duce. Per questo mi sono inimicato un sacco di gente a destra, prima di tutti Casa Pound.”
Conosco Guerri ed ho letto quasi tutti i suoi libri. Egli è davvero un intellettuale libero e la sua laicità è davvero un aspetto importante della sua opera. E’ un chierico che non ha tradito, se vogliamo evocare il grande e dimenticato libro di Julien Benda.
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