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La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

Ho conosciuto Giubilei – I bersaglieri a La Spezia – L’Istituto “Margara” del secolo scorso – Lettere

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Ho conosciuto Giubilei
Al Salone del Libro di Torino ho conosciuto Francesco Giubilei ed ho comprato parecchi suoi libri, di cui è autore o editore. Non ho ancora letto molto, ma la prima impressione è stata positiva. La sua biografia su Leo Longanesi è documentata e pregevole. Altri libri appaiono interessanti. Sono libri da leggere, meritevoli di un confronto aperto. Se penso a certa editoria di destra del passato , vedo un passo avanti qualitativo assai  importante. Devono cessare le scomuniche aprioristiche di cui è stato ancora teatro il Salone di sabato scorso. “Il Venerdì” di “Repubblica” fa dell’ironia gratuita sulla cultura di destra. Si potrebbe facilmente fare dell’ironia su certo rozzo culturame alla O d i f re d d i, ad esempio, che appare rancido, stantio, anzi culturalmente e politicamente quasi putrido, se la parola non evocasse qualcosa di troppo negativo che il vecchio leone dell’ateismo fideistico non merita.
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I bersaglieri a La Spezia
La corsa dei bersaglieri che si ritrovano oggi  al raduno nazionale di La  Spezia travolgerà i pregiudizi contro i fanti piumati che alcuni gruppuscoli locali hanno seminato per contrastare  il raduno delle Fiamme Cremisi. Invitare al sabotaggio gli studenti è  apparso un discorso sciocco e miope. I bersaglieri sono la storia stessa d’Italia dalla prima guerra per l’indipendenza alle steppe di Russia e al deserto di El Alamein. L’invito  da rivolgere ai giovani  dovrebbe essere quello del Foscolo che esortava gli Italiani a studiare la storia. Solo così si può costruire il futuro, liberandoci dai faziosi che ci opprimono, a partire dalla signora Murgia.
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L’Istituto “Margara” del secolo scorso
L’Istituto “Margara“ di via delle Rosine a Torino era una istituzione scolastica molto nota che ospitava un liceo classico e un liceo scientifico. Da anni è chiuso per la morte del suo ultimo proprietario, tal Anselmo,  sedicente ingegnere con la fissa del volo. Un personaggio brusco ed autoritario con tendenze inequivocabilmente di estrema destra. Ma la storia del “Margara” è altra cosa a partire dai fratelli  Giuseppe e Piero Margara, professori che lo fondarono nel primo dopoguerra  con grande successo. Era considerata un po’ la scuola degli asinelli e dei ripetenti, ma questa nomea appare parzialmente ingiusta. Ci insegnarono professori come Navarro che fu preside del classico, Mangini Cazzola, Polacco, Facchinetti, De Blasio  ed altri. Molti figli di gente di sinistra frequentò quella scuola come la figlia del partigiano Mario  Giovana ed esponente del Psiup. Insegnò anche un ex prete  salesiano, tal  Marino Alessandria, persona davvero tanto arrogante come poco colta. Arrivò persino ad impartire lezioni private ai suoi allievi. Io fui chiamato giovane professore dal filosofo Oscar Navarro alla cattedra di letteratura italiana al Classico e fu una bella esperienza . Ricordo ancora con simpatia dei miei allievi. Di una certa Tiziana dai capelli rossi forse mi ero persino inconsciamente innamorato, senza mai darlo a vedere .Ebbi anche come allieva una sciocchina che ,ripresa per la sua disattenzione, mi disse che suo padre, dirigente Rai in quota pci, insegnava molto meglio di me. Poi mi chiesero di assumere anche l’insegnamento allo Scientifico e la mia esperienza fu abbastanza negativa. Ebbi solo un collega molto valido, il prof. Gastone Noci. Alcuni allievi erano dei fascisti ignoranti  maleducati e intolleranti. Finii l’anno e il mio rapporto da esterno si chiuse li’. Non posso non ricordare il proprietario e direttore il prof. Antonino Intelisano di cui finii di diventare amico come lo ero  già di Navarro. Una persona capace, gentile, ironica che aveva casa a Bordighera  come avevo anch’io. Spesso si andava a cena insieme. Peccato sia mancato relativamente giovane. Anche suo figlio, che insegnava  filosofia al liceo “Margara“, era persona piacevole. Anche lui mancato prematuramente in modo drammatico.
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Dai gioielli al Mauriziano
Ho saputo solo di recente che la gioielliera Licia Mattioli è  stata nominata presidente della Fondazione Mauriziana erede di quell’Ordine di cui furono presidenti Badini Confalonieri e Fusi. Che ci azzecca Mattioli?   Urbano Giani
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Conosco la signora Mattioli che è stata presidente dell’Unione industriale, vice presidente della Compagnia San Paolo, vice presidente di Confindustria con ambizione  (non realizzata) di diventarne presidente. Avrebbe anche voluto che il centro – destra la candidasse a sindaco di Torino. E’ donna ambiziosa e spregiudicata che passa da sinistra a destra, magari al terzo polo con grande facilità.  Non la vedo  bene alla Fondazione mauriziana, anche se essa è  piccola cosa, molto diversa dall’Ordine che fu anche presieduto da Dario Cravero. Comunque meglio alla Fondazione che da altre parti. Che l’abbia nominata Draghi un po’ mi dispiace, ma Draghi non è stato così eccelso come era sembrato.
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Lapo ed Evelina
Lapo Elkann ha superato se stesso, definendo la signora Evelina Christillin “grottesca, senz’anima, senza dignità”, come riporta solo il Corriere Torino.
Sono rimasta di sasso.    A. G. ex dipendente Fiat
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Non do giudizi, ma certo stanno volando gli stracci  in casa ex Fiat. La signora del museo egizio è parte integrante di quel deprecabile sistema Torino del quale fanno parte i soliti noti che si scambiano le cariche pur di rimanere sempre al potere.  Il presidente della Compagnia San Paolo è un altro esempio, di attaccamento alle poltrone, il Sistema è una creazione malefica  del Chiampa di Alfieri e compagnia cantante, fino agli eccessi di Soria, che ha rovinato Torino.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni / N° 200

La destra esordisce al Salone del Libro – Alluvione in Emilia Romagna – La congiura del ’94 – Lettere

 

La rubrica della domenica, 200 puntate: un soffio di libertà

Da quattro anni il professor Quaglieni invia puntuale al giornale la sua rubrica, senza mai aver saltato una domenica. Quella che state leggendo è la puntata numero 200 di un appuntamento atteso e amato dai nostri lettori. Nel conformismo dell’informazione locale questo spazio settimanale sul “Torinese” rappresenta una coraggiosa eccezione. Lucido, diretto, a volte scomodo, mai fazioso Quaglieni ci offre ogni settimana, con la sua analisi da storico e liberale, la possibilità di respirare aria di libertà. (cb)

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La destra esordisce al Salone del Libro
L’esordio non è dei migliori con le solite facce del passato. Si tratta di un esordio chiuso al confronto con  le altre culture, quasi bastasse vincere le elezioni per accreditarsi in termini culturali. Capisco che la destra oggi abbia dei buoni motivi per rifarsi da un’emarginazione ingiusta e faziosa di decine d’anni. Di liberale  nell’attuale destra al Salone non credo ci sia nulla, se non il goffo tentativo di appropriarsi di Benedetto Croce  in chiave conservatrice  che non merita neppure una confutazione, tanto è rozza e  strumentale la lettura del filosofo. Si tratta di gente che se la canta e se la suona in modo volgare. Addirittura la ripubblicazione del saggio crociano “Perchè non possiamo non dirci cristiani” con una introduzione che non coglie assolutamente  il significato del più citato saggio di Croce che è anche il meno letto  proprio da chi lo cita impropriamente. Una lettura in chiave populista davvero appare stucchevole. Vedere in D’Annunzio il Dante del Novecento è un’altra deformazione paradossale e perfino incredibile. E’ difficile dialogare con certi personaggi. Io ho sempre difeso la presenza della destra, anche estrema, al Salone e su questo tema ho rotto con Lagioia. Ma se il programma è questo, bisogna considerare la povertà culturale delle proposte  programmate al Salone di quest’anno. Voglio ricordare che molti anni fa proprio al Salone del libro invitai  l’attuale ministro Sangiuliano a presentare il suo bel saggio su Prezzolini che andrebbe ripubblicato. Prezzolini era un conservatore che aveva letto Machiavelli, era  quasi un “maledetto toscano“  libero, liberissimo  pensatore. Provare a leggere o rileggere  Prezzolini  potrebbe essere un’idea. La gazzarra di tipo squadristico di estremisti di  sinistra contro la ministra Roccella rivela la barbarie di una vera e propria aggressione contro Roccella che non può non avere tutta la nostra solidarietà.
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Alluvione in Emilia Romagna
Il disastro in Emilia e Romagna alluvionata e la nostra doverosa e commossa partecipazione al dolore e ai lutti di gente laboriosa, non deve farci dimenticare che forse in quella Regione costantemente governata dalla sinistra e proposta sempre come l’esempio di un prodigioso buongoverno, è mancata la prevenzione e la cementificazione c’è stata come in altre parti d’Italia. Non confondiamo i terremoti con le inondazioni. E ringraziamo l’Esercito per quanto sta facendo, con grande  dedizione per aiutare le popolazioni. Gli Emiliani e i Romagnoli sapranno rialzarsi da se’ come seppero fare i Friulani dopo il devastante terremoto del 1976.
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La congiura del ’94
Nel 1994 venni insignito immeritatamente della medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, un riconoscimento che ebbi ad un’età insolita in quanto esso era abitualmente  conferito al termine della carriera con il contagocce. Quella medaglia mi creò delle meschine invidie  da  parte di persone che cercarono subito di diffamarmi, spargendo la notizia falsa che io avevo avuto l’onorificenza per merito di Berlusconi vincitore delle elezioni e nuovo presidente del Consiglio. La proposta era nata invece  molto prima di Berlusconi e fu accolta dal ministro Rosa Russo Jervolino, per iniziativa del rettore Giovanni D’Inca’. Dopo pochi mesi a mio padre purtroppo  venne diagnosticato un devastante  cancro al cervello, una terribile via crucis durata tre anni.  Io sentii il dovere di assisterlo in modo assiduo, mettendomi  per tre mesi in aspettativa dall’insegnamento per ragioni di famiglia, come previsto dalla legge in casi  gravi ed accertati dall’autorità medica dell’Ospedale Molinette.  Incominciò quasi subito una spietata persecuzione nei miei confronti: mi accusarono di assenteismo anche con testi scritti che io potei leggere molto in ritardo, cosa che mi impedì di difendermi nel modo che avrei voluto con querele tempestive. Si trattò di una persecuzione personale ed anche politica, mista all’invidia. Mi fu molto vicino Giovanni Conso, sommo giurista e indimenticabile  amico che mi telefonava spesso con affetto. Ho letto che è morta oggi una professoressa che si accanì con livore contro di me. Quando l’ho saputo, ho detto una preghiera per la sua anima. Vissi  mesi tragici, ma sono riuscito a resistere. Si tratta di ricordi che avevo messo a fatica nel dimenticatoio, pur  senza  riuscire a perdonare, ma la notizia della morte della collega mi ha fatto rivivere una pagina molto amara, difficile e dolorosa della mia vita che ha indurito il  mio carattere e mi ha tolto ogni illusione sugli uomini in generale: aveva ragione Hobbes  nel ripetere cosa aveva scritto Plauto: homo hominis lupus. In quella circostanza potei  anche contare i veri amici che ebbero il coraggio di difendermi, in primis Giovanni Conso.
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Odifreddi e gli Ex del “Cavour”
Ho saputo che il presidente quasi  a vita degli ex allievi del liceo Cavour Marzano  ha invitato di recente il professor Odifreddi a parlare. Anche in questa circostanza Odifreddi non ha saputo contenersi ed ha dimostrato la sua furiosa faziosità. Perché  al Cavour invitano solo gente di estrema sinistra? E’ un uso di parte di un qualcosa che deve essere invece  pluralista e aperto. Cosa ne pensa?  Gianni Molo
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Non ho stima di Odifreddi per il suo feroce laicismo che offende ogni religiosità e  vede nell’ateismo una fede al contrario. Odifreddi ha studiato da geometra e non sempre  coglie le sottigliezze del pensiero laico che è l’opposto dell’integralismo laicista. Circa il Presidente Marzano non so dirle. Io lo conoscevo quando era un bravo assessore socialista  alla cultura di Torino. Allora era una persona obiettiva, oggi non so dire cosa pensi. Ho trovato casualmente su internet  una sua  fotografia con Indro Montanelli nel 1991. Dopo  di allora è cambiato il mondo  e quindi non so dirle chi siano oggi  gli ospiti  di Marzano,  impenitente ex allievo del liceo di corso Tassoni che io invidio molto  per il suo  gagliardo giovanilismo.

Quaglieni: “Si’ al crocifisso nell’Aula del consiglio comunale di Torino”

Chiedo di essere ascoltato come studioso della laicità

Che un eccentrico consigliere comunale di Torino voglia digiunare contro il crocifisso nella sala rossa  del consiglio comunale ha certamente poca importanza,  come ha pochissima importanza la vulgata laicista del massone ultracentenario Segre che ripete stancamente  cose che forse la stessa Massoneria non condivide più. Il tema del crocifisso nella sala rossa è tema obsoleto, più volte riproposto inutilmente  nel corso degli anni da gruppuscoli di laicisti intolleranti. Ancora una volta la distinzione netta di Bobbio tra laici e laicisti riappare, così come la fondamentale precisazione di Passerin d’Entreves sulla  laicità che non significa miscredenza, dovrebbe essere ricordata almeno da chi non sia del tutto incolto. I veri laici sono pluralisti sempre e non sono disposti a battaglie di retroguardia del tutto fuori dal tempo. Basterebbe leggere qualche pagina del “Perché non possiamo non dirci cristiani “ di Croce per capire che il Cristianesimo è parte storica della nostra civiltà occidentale e laica. Basterebbe leggere cosa scrisse Natalia  Ginsburg sul Crocifisso, lei ebrea e atea comunisteggiante, per capire cosa significhi  il Cristo crocifisso che da tempo è stato fatto sloggiare dalle scuole. Quando i Francesi arrivarono a Milano , tolsero subito i crocifissi dalla Sala del Comune a Palazzo Marino. Il poeta illuminista Parini che non era distante dalle idee egualitarie della Rivoluzione francese, disse:  “Dove non entra il cittadino Cristo, non entra neppure il cittadino Parini”. Io chiedo in modo formale di essere ascoltato alla Presidente Maria Grazia Grippo  che ha ben altra sensibilità democratica dei suoi predecessori immediati, in primis come studioso della laicità su cui ho scritto saggi conosciuti a livello internazionale.
                 Pier Franco Quaglieni

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

Erano tutti fascisti? – I sindaci invitati a trasgredire alla legge – Poirino in festa – Lettere

Erano tutti fascisti?
Le immagini dei professori della Facoltà di Giurisprudenza dell’ anno accademico 1938/ 39 non lasciano spazio a dubbi:  erano tutti in camicia nera. Il prof . Paolo Greco, il prof. Silvio Romano, il prof. Mario Allara, futuro rettore dell’ Università alla Liberazione, il prof. Silvio Golzio, destinato ad una carriera sfolgorante nella storia repubblicana, il prof. Giuseppe Grosso, futuro presidente della Provincia e sindaco di Torino, il prof. Alessandro Passerin d’Entreves, mio maestro ed amico, furono ritratti tutti in camicia nera. Tra gli studenti su 68 solo  6  erano in camicia e cravatta “normale“, tutti gli altri in camicia nera. Alcuni di quei giovani morirono eroicamente in guerra.
Sarebbe interessante riuscire a decifrare i loro nomi sotto le fotografie. Ma per gli studenti  formati nella propaganda del regime  è tutto abbastanza spiegabile, meno per i loro docenti. Chi scrive ha conosciuto di persona tutti questi professori e di alcuni ha anche scritto persino con una certa deferenza. Sicuramente sia Bobbio che Garin giustificarono l’adesione formale al fascismo, parlando di Nicodemismo, cioè di apparente adesione formale  al regime, mantenendo in se’ stessi una sorta di intimo antifascismo. Negli ultimi anni del consenso al regime il confine tra certo antifascismo e certo fascismo era in realtà difficile da distinguere. Molti, forse troppi intellettuali e professori si lasciarono sedurre dal fascismo e dalla necessità di insegnare  per vivere. Solo poco  più di una dozzina scelse di non giurare al fascismo nel 1931 su circa 1400 docenti universitari. Nelle scuole di ogni ordine e grado  il fascismo ottenne un plebiscito di consensi  che è inutile negare. Il liceo “d’Azeglio” non può vivere di rendita sul solito Augusto Monti che comunque non venne cacciato e andò in pensione, come lui stesso scrive, simulando dei problemi alla vista che non rispondevano alla realtà. Quel liceo che continua ad ostentare il suo antifascismo, ebbe presidi e professori anche di rango in camicia nera.
Non si devono esprimere giudizi morali  su nessuno perché vale sempre la domanda che dobbiamo porci prima di esprimere una valutazione sugli altri:  che cosa avremmo fatto noi se ci fossimo trovati in quei momenti stando  in cattedra? Gli antifascisti del giorno dopo, a costo zero, appaiono oggi risibili. Bisognava essere in quel momento e vivere il dramma di scelte che molti non potevano permettersi. Resta comunque il fatto di quelle fotografie in camicia nera che nessuno tirò mai fuori dagli archivi, come venne fatto per gli scritti fascisti di Luigi Firpo. Forse anche gli altri professori in camicia nera lasciarono degli scritti compromettenti come la prolusione di Nicola Abbagnano che fu anche lui fascista in camicia nera  nel suo insegnamento.
Troppo facile e comodo spiegare l’adesione al regime, riferendosi a Nicomede che di sera  e di nascosto  andava a sentire Gesù e di giorno  simulava  un’adesione  al fariseismo. Il termine venne definito dall’ intollerante Giovanni Calvino per indicare quei protestanti che fingevano pubblicamente di essere cattolici per mancanza di coraggio nel manifestare la propria fede religiosa.
E’ sufficiente a giustificare gli esimi giuristi torinesi parlare di Nicodemismo ? Francesco ed Edoardo Ruffini persero la cattedra per non giurare al regime . Un esempio che è  costato l’ oblio loro riservato nei decenni successivi alla caduta del regime. Ricordo che Italo Lana, pensando di inimicarsi in qualche modo  Bobbio di cui era stata pubblicata una letterina a Mussolini che fece scalpore, ritiro’  la disponibilita’ dell’Accademia delle Scienze che presiedeva ad ospitare un ricordo di Francesco Ruffini . Quell’episodio mi fece scadere l’opinione che avevo di Lana, un latinista oggi del tutto dimenticato.
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I sindaci invitati a trasgredire alla legge
Gustavo Zagrebelsky è stato presidente della Corte costituzionale. Il fatto che inviti i sindaci alla disobbedienza civile nel trasgredire la legge che vieta la trascrizione nei registri dello Stato civile i figli delle coppie omosessuali ci da’ una versione di lui come di persona  sempre più  appiattita sull’ ideologismo.
I sindaci per  il loro ruolo istituzionale devono rispettare e applicare le leggi, al massimo possono auspicare che vengano cambiate. Cosi è anche per i suoi articoli giacobini su “ Repubblica” e per la  sua creatura, la Biennale della Democrazia, che è di fatto riservata a studiosi di un solo orientamento, malgrado sia sostenuta e finanziata da contributi pubblici. Spiace che un uomo di quella cultura e intelligenza, ormai in tarda età, non si liberi dal  virus di una certa  faziosità che la caratterizza fin dalla sua giovinezza.  Anche sul progetto in fieri di modifiche costituzionali discusse con l’opposizione sostiene che il presidenzialismo può incrementare l’odio sociale, una tesi politica  che ha ben poco di giuridico.
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Poirino in festa
Oggi si tiene Poirino la festa dell’ asparago e della tinca. Da tempo in passato  Poirino veniva identificata con le famose  telerie che forse non ci sono più e con il ristorante del Moro molto  celebrato. La sindaca attuale Angelita Mollo ha intrapreso sa anni un’azione insieme ai suoi assessori volta a rilanciare il volto di Poirino anche in termini culturali. La sindaca Mollo rinverdisce anche la storia di Poirino legata alla famiglia Thaon di Revel. L’asparago di Poirino è sempre stato migliore di quello di Santena più noto solo perché Santena è legata al nome di Cavour . La tinca di Poirino e ‘ una specialità ittica e gastronomica legata alla migliore tradizione della gastronomia piemontese, un piatto amatissimo da Mario Soldati. La tinca dimenticata  oggi torna ad essere protagonista a tavola. Da anni ho un’idea: proporre un gemellaggio tra Poirino e Albenga che vanta l’asparago violetto. Due specialità che fanno delle due cittadine un unicum prezioso . Anche il rapporto tra la tinca e il pesce di mare potrebbe essere un’idea. Angelita è davvero una sindaca per passione fuori ordinanza che merita ammirazione. Se non fossi a Sirmione, sarei andato anch’io alla grande festa di Poirino con programmi culturali di alto livello. Davvero Angelita merita un plauso.
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La sessualità è un’opinione?
Le mando questa immagine che potrebbe anche essere scherzosa sul mondo Gay che ho trovato su internet. Davvero la sessualità è diventata un’opinione?      Giuseppe De Caro
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Non saprei dare un giudizio. Vedendo l’immagine io avrei subito pensato a due bellissimi seni femminili e non a due ballerini. Ma sicuramente la tendenza oggi prevalente è quella di eliminare ogni distinzione che non significa di per se’ discriminazione. L’uso dell’ asterisco, ad esempio, è un segno che a me è sempre apparso ridicolo e persino stupido.
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Elezioni in Liguria
Lei ha partecipato alla vita del Ponente ligure dove vive una parte dell’anno. Cosa pensa delle elezioni che si tengono domenica ad Alassio e Laigueglia? Il candidato sindaco Melgrati sarà eletto per la quarta volta sindaco con un vero plebiscito. La sinistra candida un estremista di sinistra che  non raccoglierà neppure i voti del Pd.  Angiolina Aicardi
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Sono stato pochissimo in Liguria in queste settimane e non ho seguito neppure sui giornali la campagna elettorale. In primis metterei  in evidenza l’ex ministro Claudio Scajola, sindaco uscente di Imperia. Scajola ha governato bene ed otterrà una riconferma sicura. Analogamente credo che accadrà con Melgrati che da molti anni  stimo e che è a capo di una  coalizione civica di centro-destra come Scajola. La situazione di Laigueglia mi sfugge. Ho appreso che un mio amico, l’avvocato Chirivi’ che ho apprezzato molto come presidente della Fondazione Oddi è candidato a Laigueglia.  In fondo viene fuori un aspetto che mi sembra importante: i partiti almeno  nelle Amministrative devono cedere il passo agli uomini  e alle donne capaci. Esattamente l’opposto delle liste bloccate alle politiche che snaturano la democrazia.

L’autobiografia della Vedova Calabresi tra perdono e memoria storica

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Sono stato ad una presentazione del libro  “La crepa e la luce – Sulla strada del perdono” (ed. Mondadori)  di Gemma Capra, vedova del commissario Luigi Calabresi ammazzato dai sicari di Lotta continua nel 1972. La signora Calabresi coglie l’occasione per tracciare una sua autobiografia all’insegna del perdono,  essendo ormai giunta a 75 anni di età.  Incontrandola,  ho detto pubblicamente  che è riuscita a trasformare una tragedia in poesia. Ho seguito con attenzione e anche commozione le sue parole ed oggi ho letto il suo libro.  Sotto il profilo umano emerge una donna fragile e forte ad un tempo che ha trovato nella fede il superamento di ogni odio sicuramente comprensibile in una persona che perdette il marito all’età di venticinque anni.
La Signora Calabresi è mia coetanea ed è anche torinese di origine: la nostra memoria quasi coincide ed ho sentito un’attrazione sentimentale verso questa donna che è riuscita a vivere due matrimoni tanto diversi uno dall’altro. Io ho conosciuto il figlio Mario Calabresi in alcune occasioni. Venne anche al ricordo di Carlo Casalegno che tenni nel luogo in cui subì l’agguato mortale delle Br. Posso dire che la vedova di Carlo Casalegno Dedi  nutriva sentimenti  molto diversi da quelli della Signora Calabresi e di suo figlio Mario. Così debbo dire anche  di un mio carissimo amico, il maestro Massimo Coco, figlio del Procuratore Generale di Genova  Francesco Coco  freddato dai brigatisti con la sua scorta. Massimo Coco ha scritto un grande libro destinato ad entrare nella memorialistica  del Novecento “Ricordare stanca” che ho presentato in diverse occasioni in cui dice anche con chiarezza che lui non è disposto a perdonare perché gli assassini di suo padre non sono mai stati identificati. Gemma Calabresi ha cercato invece nel suo libro addirittura di identificarsi nella vita dei responsabili della morte di suo marito, pensando a gente che avrebbe potuto anche fare del bene oltre che del male. Nel libro si parla  inoltre dei suoi incontri con il pentito Leonardo  Marino e degli “esuli” francesi condannati per l’omicidio Calabresi che non hanno mai fatto un giorno di carcere  per l’accoglienza loro accordata da Mitterand e confermata di recente dalle autorità d’Oltralpe. La comprensione della vedova Calabresi è sicuramente rispettabile, ma poco condivisibile. Con lo stesso metro avrebbe accordato fiducia anche al pluriomicida Battisti.  Sofri, il mandante, il capo supremo di “Lotta continua”, e’ difficile da perdonare non fosse altro perché mando’ allo sbaraglio tanti giovani in anni in cui bastava una parola per uccidere.  Ho chiesto alla Signora Calabresi cosa pensasse del delirante ed infame manifesto pubblicato su “L’Espresso” nel 1971 che raccolse 757 firme di intellettuali o sedicenti tali, il Gotha della cultura oltre che del culturame.
Persone come Giorgio Amendola firmarono il manifesto  insieme a Bobbio che si dissociò  molto tardivamente. Natalia Ginzburg  interrogata anni dopo disse: ”Non so cosa si vuole da me , non ho niente da dichiarare“. Il famoso critico Giulio Carlo Argan disse di “non ricordare nulla e di non volerne più parlare“.
A suo tempo mi sorprese che una storica dell’arte torinese stimata Anna Maria Brizio fosse stata tra i promotori del manifesto insieme a Musatti, Paci e Salinari, quello dell’ agguato di Via Rasella.
Ho raccontato in articoli e in un libro come fosse stata carpita da Moravia a Mario Soldati  la firma.  La signora Calabresi ha minimizzato il significato dell’appello di quasi tutta la cultura italiana  che armò la mano agli assassini del marito, dicendo che molte adesioni vennero ricavate dagli indirizzari di alcune associazioni. Può essere vero, come è vero quanto scrivo io per Soldati, ma solo in pochissimi si dissociarono dopo parecchi  anni. Bobbio espresse orrore per il testo sottoscritto.
Comprendo benissimo che armare la mano degli assassini con delle parole deliranti non equivalga ad ammazzare qualcuno, ma speravo che la signora Calabresi si sarebbe espressa  in un altro modo – pur perdonando tutti – nei confronti del meglio e del peggio della cultura italiana di allora che giudicò quasi coralmente  suo marito un assassino con le mani sporche di sangue dell’anarchico Pinelli. Io non riesco a dimenticare l’infame manifesto e non posso non ricordare che Giampaolo Pansa, Marco Pannella, Alberto Asor Rosa   e Sandro Galante Garrone rifiutarono la firma: rari nantes in gurgite vasto del conformismo e della violenza che sfociò nel terrorismo armato di cui l’ammazzamento di Calabresi fu il tragico inizio.
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La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

Napoli e Londra – Il circolo dei lettori e il finto liberalismo dei dilettanti – Laus e la presunzione di innocenza- Lettere

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Napoli e Londra
La squadra di calcio del “Napoli” trascina una  intera città al  delirio. Lo scudetto riesce a far sentire unita Napoli, alta e bassa, di gente per bene e di camorristi. Londra, anzi tutto il Regno Unito,  festeggia quasi in contemporanea l’incoronazione di Carlo III, certo neppure confrontabile con la madre Elisabetta.
Carlo è stato oscurato dalla madre ed è giunto al trono dopo un lungo, interminabile apprendistato che forse gli ha insegnato qualcosa. La sua vita privata non è stata certo impeccabile come non è stata impeccabile parte della sua famiglia  che ha creato scandali e disaffezione degli inglesi nei confronti della monarchia. Eppure gli inglesi e i londinesi stanno dimostrando un grande entusiasmo. A Napoli si va in estasi per una squadra di calcio come ai tempi di Achille Lauro che fu sindaco e presidente della squadra. A Londra si festeggia un nuovo re, vedendo in lui una tradizione che da’ sicurezza  e rappresenta la continuità della storia e dello Stato.  Una distanza molto significativa che segna una differenza storica tra l’Italia e l’Inghilterra. Il repubblicano mazziniano Francesco Crispi sostenne che la monarchia unisce. Forse- malgrado la sua involuzione autoritaria – diceva una verità.  Il matematico Pier Giorgio Odifreddi –  il tuttologo- ha definito i reali inglesi dei “parassiti“ fuori dal tempo. L’unica osservazione che credo vada evidenziata  è il fatto che il Re sia anche il capo della Chiesa anglicana. Questo aspetto è in pieno contrasto  con i principi della laicità e della separazione dei poteri. In realtà non si può dire che l’Inghilterra non sia laica. Ma questo miscelarsi tra religiosità e laicità è anche la forza multisecolare della Dinastia inglese, quella che ha rinvigorito la monarchia nei tempi tragici  della Seconda Guerra mondiale e  anche degli scandali e scandaletti dei diversi rampolli reali.
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Il circolo dei lettori e il finto liberalismo dei dilettanti
Ho letto casualmente un piccolo libretto informativo delle attività del  Circolo dei lettori di maggio, ormai definito il Circolo, come se non esistessero altri circoli, in primis quello degli Artisti e della Stampa che hanno ben altra importanza storica  e ben altri fondatori rispetto alla dottoressa Antonella Parigi, catapultata da Chiamparino all’assessorato alla cultura della Regione Piemonte con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. In detto libretto non c’e’ traccia, neppure minima, dell’ evento – clou del mese di maggio a Torino, il Salone del Libro, di cui il Circolo ha perso il controllo dopo la nomina del nuovo direttore Annalena Benini. Offeso dall’essere stato escluso, il Circolo ignora il Salone, mentre dedica due pagine al Festival dell’ economia. Un fatto in più, quasi ce ne fosse bisogno, per capire cos’è oggi  il Circolo per  antonomasia. Sfogliando l’opuscolo ho colto una chicca davvero significativa. Un corsetto di storia del liberalismo (!) in tre lezioni in cui si parla di Pericle accomunato in modo bizzarro ai maestri del liberalismo anglosassone, mentre tra i liberali francesi viene accolto Rousseau che fu il maestro del giacobinismo illiberale e si ignora totalmente Tocqueville il vero e unico ispiratore del pensiero liberal-democratico dopo il fallimento della Rivoluzione francese. Nel terzo incontro altra piccola follia: si mettono i padri fondatori degli USA con Piero Gobetti, ignorando Cavour, Luigi Einaudi e  Benedetto Croce  per non parlare di Popper e gli altri liberali austriaci. Se Nicola Matteucci avesse letto delle vere e proprie aberrazioni storiche si sarebbe rivoltato nella tomba. Un programma da Comitato di quartiere San Salvario o luoghi similari  dove non si va tanto per sottile e si fanno lezioni degne del Bignami del tempo che fu. Il direttore del Circolo, Elena Lowenthal   che è donna di alta  e raffinata cultura non può certo condividere queste iniziative da dilettanti della domenica.
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Laus e la presunzione di innocenza.
Ho conosciuto l’0n. Mauro Laus solo occasionalmente e lo ritengo un apprezzato politico che si è fatto da se’ e che gode di un larghissimo seguito elettorale. Nel Pd è un’ eccezione perché in Piemonte predominano le mezze figure. In questi giorni Laus è nell’occhio del cliclone di chi ritiene che i processi non vadano fatti in tribunale, ma sulle pagine dei giornali, come ha insegnato a fare il “giornalista killer” Travaglio. Esiste una legge Cantarbia che vieta agli uffici della Procura della Repubblica ed agli Ufficiali di Polizia Giudiziaria di fornire informazioni sugli atti di indagine senza formale e motivata autorizzazione.
torino processo sonnambule I Il Torinese
La conseguenza più evidente è che gli interessati vengono messi a conoscenza di un’indagine a loro carico senza averne avuta prima alcuna informazione ufficiale. Di fatto apprendono dai giornali notizie che sarebbero comunque coperte dal segreto istruttorio. Un ex segretario regionale  del Pd che voleva fare il deputato ad ogni costo, ha perso anche questa occasione  per tacere: sensibile quasi soltanto ai diritti dei gay,  sembra non conoscere il Diritto in generale e il diritto costituzionale  alla presunzione di innocenza è cosa che ignora. Stiamo tornando ai massacri di 30 anni fa con Tangentopoli?  O a quelli grillini di qualche anno fa? Ho letto che Laus non intende mollare e anzi è partito all’attacco come è giusto che sia. Da liberale e da garantista sono idealmente al suo fianco.

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Gli 80 anni del prof. M o l a
Il prof. Aldo Molo storico cuneese di grande vaglia ha compiuto 80 anni. Nessuno lo ha festeggiato neppure come presidente della consulta dei senatori del regno? D’accordo che più di trent’ anni fa venne coinvolto in un processo per una vicenda scabrosa che coinvolgeva una signora, ma questo nulla toglie allo studioso di Cuneo che merita di essere festeggiato.         B.A.
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Lei sbaglia doppiamente. Credo che si riferisca al prof Aldo M o l a  di Torre San Giorgio e non al prof. Molo. Ma soprattutto mi preme dirle che in quella vicenda relativa ad una sua vicina di casa  a cui avrebbe riservato un’attenzione impropria e comunque non gradita, il professore venne assolto in appello con tanto di testimoni che attestarono che egli non era in quel giorno a Torre San Giorgio. Mi raccontò l’epilogo favorevole al  M o l a  l’avvocato che tutelava gli interessi della vicina di casa. In appello le cose vennero ribaltate.  Questo modo di scrivere cose inesatte sulle persone  va censurato. Io che non amo particolarmente M o l a, colgo l’occasione per fare al professore i più cordiali auguri per l’importante compleanno. Sicuramente i festeggiamenti ci saranno o ci sono già stati a Saluzzo dove è stato preside del locale Istituto magistrale.

Antifascismo, anticomunismo, antitotalitarismi

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Gian Luca Favetto su “Repubblica” ha scritto un articolo dal titolo  “Il 25 aprile: un verso di passione, colori, memorie e profumi “ in cui ad un certo punto ha  scritto quanto segue:  “Il 25 aprile deve sventolare fiero contro tutti i fascismi, nazismi, totalitarismi“. Nunzio dell’Erba mi ha segnalato l’articolo che mi era sfuggito.
In tutto il suo appassionato pezzo, che rivela il  valore del critico letterario capace, ma non certo dello storico, non compare mai la parola anticomunismo. A Fratelli d’Italia si imputa la colpa di non voler mai pronunciare la parola antifascismo, ma Favetto e tanti militanti e dirigenti della Sinistra non  si dicono mai  anticomunisti, commettendo  un identico errore. Il comunismo non è stato da meno del Nazismo, anzi dal 1917 al crollo del Muro di Berlino ha seminato milioni di morti, per non parlare della Cina  maoista e post maoista. Non basta prendere le distanze dallo stalinismo perché Krusciov che era antistalinista, invase l’Ungheria. C’è nel comunismo un’anima totalitaria che lo collega al giacobinismo della Rivoluzione francese, inasprito dalla visione marxista – leninista. Nella  ideologia totalitaria di Lenin ed anche di Trotsky c’è  il naturale ricorso alla violenza e al terrore  come armi di conquista e di mantenimento del potere. Stalin non fu una degenerazione di Lenin, ma la necessaria conseguenza, la normalizzazione di un regime che non poteva vivere in una “rivoluzione permanente“. Portare il socialismo in Russia stravolse tutti gli schemi utopistici di Marx che comunque, come colse subito  molto bene Mazzini, portava in sé una carica anche prussiana  di autoritarismo negatore di ogni  libertà individuale. Come vide Croce, non era possibile passare dalla dittatura del proletariato  del socialismo alla libertà del comunismo.
Dopo l’ esperienza dei dissidenti russi, da Solzeniskcin  a Sacharov, che hanno scoperchiato il vaso di Pandora del comunismo, non è più possibile non dirsi anticomunisti. Girare attorno a questo tema come fanno molti ex missini con l’ antifascismo è un atto di ipocrisia intellettuale e politica. Certo basterebbe una  chiara condanna comune nei confronti dei totalitarismi del Novecento, purché non sia un modo elegante per occultarne una parte come fa Favetto. Riccardo Lombardi arrivo’ a teorizzare l’acomunismo, prendendosi la severa critica filosofica  di Nicola Abbagnano; ci sono intellettuali novecenteschi che vennero accusati di afascismo, mentre molti  loro colleghi si fecero comprare dal regime e ne cantarono le lodi , salvo poi diventare comunisti dopo il 25 aprile 1945. L’ elenco sarebbe lungo. A tanti anni dalla caduta del regime forse anche definirsi afascisti potrebbe avere un senso, ma oggi la polemica politica incandescente richiede chiarezza assoluta. In ogni caso non devono essere i politici a scrivere o a riscrivere la storia, ma debbono essere gli storici. E se ci mettiamo su un piano storico il discorso non  appare  più riguardare il presente, ma il passato. E in questa dimensione può essere collocato anche il discorso di una possibile riconciliazione nazionale come sul terrorismo degli anni di piombo in parte si è realizzato.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

Giustizia è fatta – Le monetine contro Craxi – L’ufficiale in bicicletta – Lettere

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Giustizia è fatta
Che la Cassazione abbia posto fine al martirio giudiziario e mediatico del Generale Mori non può che far gioire tutti gli Italiani onesti. Io conobbi il Generale  Mario Mori per merito di Fabrizio Priano e gli conferii il Premio Pannunzio Alassio insieme al Sindaco Enzo Canepa.
Era il 2018. Conobbi un uomo deciso che non si era lasciato piegare dalle accuse false ed  infamanti contro di lui. Apprezzai la sua cultura, la sua umanità e la sua schiettezza. Cenammo insieme con grande piacere. Spero di rivederlo presto. Riprendo la lettera di un magistrato milanese al “Foglio” che è il più bel commento ad un processo imbastito sul nulla, anzi sulla  mistificazione politica dei fatti.
Le monetine contro Craxi
Sono  esattamente trent’anni da quando il 30 aprile 1993 Bettino Craxi subì l’ aggressione di stampo squadristico con lancio di monetine e altri oggetti  contundenti come pezzi di vetro e pietre all’uscita dall’ Hotel Raphael di Roma. Fu una manifestazione di ex comunisti aizzati da un discorso furioso di Ochetto e di fascisti del MSI. Un bell’articolo  di Fabio Martini  su “La Stampa” documenta i fatti e i commenti di ieri e di oggi.
Nessuno condannò l’aggressione considerata come espressione spontanea della furia popolare. Io mi vidi un articolo rifiutato scritto non in difesa di Craxi, per riconfermare il rifiuto della violenza squadristica rossa e nera e il giustizialismo mediatico e giudiziario di Di Pietro e dei suoi colleghi milanesi, mettendo in risalto già allora il gesto coraggioso di Tiziana Parenti che si dissociò dal pool. Ora coloro che tacquero si sono pentiti, addirittura i nemici giurati di Craxi riconoscono l’episodio come inaccettabile e incivile. Ci sono voluti trent’anni   per riconoscere la verità e un giornalista serio che ha scritto un articolo meritevole di essere letto soprattutto da chi non ha vissuto quei terribili anni, in cui si realizzò un vero colpo di Stato che pose la parola fine alla I Repubblica.
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L’ufficiale in bicicletta 
E’ uscito il libro di Bruna Bertolo e di Ornella Testori  L’ufficiale in bicicletta. Storia partigiana di Lucia Boetto Testori“ ed. NEOS.
Ho conosciuto la partigiana autonoma Boetto Testori che venne a parlare della Resistenza degli Autonomi insieme alla Medaglia d’oro Edgardo Sogno che non parlò restando sul tema assegnatogli, ma fece un discorso violentissimo contro la sinistra che provocò proteste tra il pubblico. Dovetti intervenire, ricordando che Sogno tentò di liberare Parri, per consentirgli di finire la relazione del tutto fuori luogo. In quell’occasione apprezzai ciò che disse la Boetto che dalle pagine storiche scritte da Bruna Bertolo e dalle testimonianze della figlia Ornella ha finalmente riconosciuta l’importanza avuta nella Resistenza . Già il suo comandante Enrico Martini Mauri, che fu mio amico, aveva lasciato una testimonianza molto importante: <<Lucia accetta di compiere le missioni più rischiose come se fossero le più naturali ; affronta disagi e privazioni di ogni genere senza lamenti o recriminazioni >>. Molto belle nel libro le testimonianze di Luciano Boccalatte e di Nino Boeti che ambedue hanno sempre valutato a pieno il contributo degli Autonomi e delle Divisioni Alpine alla Guerra di Liberazione. Si tratta di un libro di valore storico volto a valorizzare il ruolo delle donne nella storia , un tema che riguarda quasi l’intera opera di Bertolo che scrive con il distacco necessario,  rifiutando le mitizzazioni che sono l’esatto opposto della storiografia.

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Il pornodivo all’Alfieri
Sono indignata che lo storico liceo “Alfieri “ abbia fatto parlare agli studenti un pornodivo. Mi vergogno di essere stato un allievo di quel liceo. Antonina Finello
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Direi che la montatura dei giornali ha dato troppo risalto al fatto. Mi sono informato da un autorevole docente di quel liceo e i fatti sono diversi. Si è trattato di un evento nell’ autogestione studentesca che non sarebbe autogestione se non fosse libera. All’autogestione non debbono partecipare i docenti, come mi pare di tutta evidenza. Io sono
per la libertà nella scuola come diceva Bobbio. L’unica cosa che mi dispiace e’ quella di non essere più invitato come tante volte accadde in passato a parlare in quel liceo, che ritengo tra i migliori di Torino anche per il suo corpo docente molto qualificato.
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Groscavallo e il 25 aprile
Ho seguito le polemiche giustamente sollevate dal giornalista Andrea Parodi consigliere comunale di Groscavallo.
E’ andato il 25 aprile da solo a rendere omaggio ai Caduti perché il sindaco del paese ha ritenuto di non organizzare una manifestazione per la festa della Liberazione. Ma la libertà non è anche quella di non celebrare? Altrimenti siamo alle celebrazioni obbligatorie del regime.  Gino  Savona
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Non concordo. Ciascun cittadino è libero di festeggiare o non festeggiare, ma un Comune non può ignorare una festa nazionale.  Non può sottrarsi al suo ruolo istituzionale, al di là del colore politico del sindaco. Andrea Parodi va ringraziato per aver posto il problema.  Il Sindaco avrebbe potuto anche essere assente, ma il Comune non poteva non promuovere un ricordo pubblico.

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

XXV Aprile e Natale di Roma – A pancia scoperta – Giovanna Biffi Gentile, la signora della politica -Lettere 


XXV Aprile e Natale di Roma
Il 21 aprile Natale di Roma e il 25 aprile, festa della Liberazione,  non sono di per sé  incompatibili, anche se l’enfatizzazione della “Romana grandezza sui colli   fatali di Roma“ rende storicamente contrastanti le due date. Credo sia  stata la prima volta che un presidente del Consiglio dell’Italia repubblicana  abbia ricordato il Natale di Roma. Giustamente Giulio Andreotti diceva che gli Italiani preferiscono mezzo pollo allo spiedo rispetto ad un’aquila  romana. E credo che Andreotti avesse ragione.  Posso capire che la romana de’ Roma Meloni ricordi la nascita di Roma, ma questo discorso non vorrei che ci sviasse dalla data del XXV Aprile che resta una ricorrenza decisiva  della storia italiana che deve  e può unire tutti gli Italiani intorno ai valori della democrazia e della libertà, al di là della guerra civile che ha lacerato il Nord Italia nel ‘43 /‘45. Occorre un XXV Aprile  tricolore che significa in sintesi  la fine della Seconda Guerra mondiale, la  fine della dittatura fascista, la liberazione dal giogo tedesco. Questi tre elementi storici sono oggi indiscutibili. Chi non concorda con  queste tre constatazioni si pone contro la storia in nome di nostalgie improponibili e perfino ridicole. Dobbiamo sperare in  un discorso di valore storico dalla Presidente Meloni il XXV Aprile che chiarisca fino in fondo la sua  posizione. Io non pretendo che dica come Fini che il fascismo fu un male assoluto perché nella storia non ci sono mai  nè il bene né il male  assoluti. Tutto nella storia  è sempre relativo. Lo insegnò anche il grande  Federico Chabod. Ma la Presidente Meloni deve dire che il fascismo fu un grande male per l’Italia. Restare nell’equivoco di La Russa non credo sia ne’ intelligente ne’ politicamente opportuno, in primis per la destra italiana che deve liberarsi del fantasma di Mussolini che va invece  consegnato alla storia.  Il socialista Craxi portò un mazzo di fiori nel luogo in cui il duce venne fucilato, pur combattendo  con vigore il fascismo vecchio e nuovo. Un esempio  quello di Craxi su cui meditare a maggior ragione oggi.
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A pancia scoperta 
Ho visto in un servizio televisivo dal Trentino Alto Adige una giornalista con un’attraente pancia scoperta -come in passato solo  le ragazzine – che riferiva sulle sorti dell’orso da uccidere o salvare. Ho visto recentemente una  bella signora della Torino- bene che in una nota  salumeria esibiva anche lei, sotto un cappotto molto chic, la pancia nuda e un bellissimo ombelico. Ormai è una moda anche invernale. Molti anni fa al liceo classico d’Azeglio una professoressa cinquantenne con un corpo piuttosto avvenente e un viso un po’ volgare  si presentò nel mese di settembre  a far lezione con un reggiseno striminzito e dei pantaloni a vita bassissima. Fini’ persino su “ Specchio dei tempi “ senza che il preside pro tempore avesse nulla da eccepire. Oggi nessuno avrebbe sicuramente  nulla da obiettare. Sono cambiati i costumi. In strada con la pancia nuda ci sono sono sempre più donne che sfidano senza problemi  il freddo. In spiaggia negli ultimi anni  il bikini è sempre più ridotto, anche se il monokini non lo indossa quasi più nessuna, neppure in Francia. Su Facebook ci sono sempre piu‘  frequenti nudi  femminili allusivi e seducenti. Tutto questo è un segno di libertà o è un’esibizione sessuale di dubbio gusto? O un segno della rilassatezza di un certo modo di vivere dei nostri tempi? Non saprei rispondere. Certo, rispetto alla castigatezza apparente  e  perbenista del passato, è molto più piacevole vedere donne così. Il pudore femminile, di cui parlava Benedetto Croce, non esiste più?
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Giovanna Biffi Gentile, la signora della politica
E’ mancata ultracentenaria Giovanna Biffi Gentile, consigliera comunale repubblicana di Torino  eletta nel 1970; fu anche tra il 1974 e il 1975 assessore. Su un consiglio comunale di ottanta eletti fu tra le sei donne consigliere insieme a Frida Malan. Ci conoscemmo allora ed ebbi modo di apprezzare il suo stile sempre garbato che sapeva evitare le polemiche inutili che in quella consiliatura furono dominanti fino a lacerare la maggioranza che fu sostituita dai comunisti nel 1975. Poi fu presidente del nuovo ospedale “ San Luigi “ di Orbassano, sede della seconda Facoltà di Medicina. Ci ritrovammo su Facebook tanti anni dopo e si stabilì tra noi  un rapporto molto cordiale anche perché i nostri pensieri spesso coincidevano. Era la mamma di Enzo Biffi Gentile, spirito libero e colto, che ebbe il coraggio di parlare, durante le giunte rosse, di “ cultura sommersa“. Gliela fecero pagare e fu una delle prime vittime insieme a Carla Spagnuolo e Libertino Scicolone, del giustizialismo subalpino che coinvolse anche i comunisti.
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Satira e/o volgarità
E’ giusto condannare la vignetta sulla moglie del ministro Lollobrigida  che starebbe per  scoparsi  un nero, ma vorrei ricordare un’altra indegna vignetta  che riguardava Craxi  e che vorrei Lei  ripubblicasse. Anche  questa vignetta è indegna e non riguarda certo il diritto di satira, ma l’aggressione armata contro gli avversari , anzi i nemici politici. Nessuno protestò e nessuno espresse un qualche dissenso per questo attacco a Craxi. Incominciò così il regime giustizialista.    Renato Casula
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Concordo  quasi totalmente con lei. La satira è altra cosa , come dimostrò  il grande Forattini caricaturizzando  Craxi e Spadolini. Quella contro la signora Lollobrigida e Craxi è volgarità pura che rivela la miseria e la pochezza di chi vorrebbe contrabbandare la satira (che oggi sembra morta) con l’attacco personale  dei soliti faziosi del “Fatto quotidiano“.

Griffa: latinista insigne, preside coraggioso

IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni

All’ età di 103 anni è mancato un grande latinista torinese, il prof. Lodovico Griffa ,autore di innumerevoli libri scolastici che continuano ad avere molte adozioni, è stato un preside storico del liceo classico “Cavour “. Iscritto alla Federazione nazionale dei docenti fondata da Salvemini e Kirner e presieduta da Gliozzi, seppe difendere le ragioni di una scuola seria nel diluvio universale provocato dal ‘68. Al liceo scientifico di Moncalieri seppe tener testa ad una violenta contestazione negli anni 70.
Era un preside – studioso, come lo fu Giovanni Ramella e come continua ad essere Gianni Oliva, e non di quei presidi burocrati ed ottusi che spesso governano le scuole in modo grigio ed alcune volte senza  possedere le qualità  minime richieste ad un dirigente scolastico. Il coraggio di decidere a Griffa non è mai mancato. Credo che al Liceo Cavour sia ricordato insieme ai grandi Presidi a cui  purtroppo sono succeduti molti personaggi , ubbidienti, fino al ridicolo ,al politicamente corretto, persino adottando gli *, condannati dall’ Accademia della Crusca nel catalogare gli allievi, anzi alliev*. Non è casuale che l’ ultraottantenne Presidente a vita  degli ex allievi del” Cavour”  abbia ignorato la morte del prof. Griffa che lascia un’opera immensa editoriale  per la scuola .Almeno gli ex allievi dovrebbero ricordarlo e il presidente ha l’età per aver conosciuto Griffa.
Era un uomo modesto e schivo  che non amava comparire, ma non è possibile ignorare la sua figura di Maestro di più generazioni di studenti. L’ultima volta che ci siamo visti all’Università mi prese da una parte e mi disse: ” Tieni duro, guai se molli”. Nei momenti più difficili ho pensato spesso a quelle parole così affettuose ed imperative. Per me Griffa resterà un maestro di vita morale e intellettuale come lo fu il comune amico Oscar Navarro. Grandi figure lontane di monaci del sapere ,ma anche uomini decisi e molto concreti nel condurre una scuola nelle acque agitate più insidiose di anni bui e difficili, tutt’ altro che “formidabili“.
Con Ludovico Griffa e altri pochi amici tra cui Luciano Perelli e Italo Lana abbiamo combattuto la battaglia in difesa della cultura e della scuola classica  che soltanto Concetto Marchesi ebbe il coraggio di condurre. Abbiamo tenuto testa alla demagogia di chi riteneva Omero e Catullo superflui e classisti. Griffa ci ha insegnato come lo studio del Latino serva a far crescere in noi la capacità di ragionare come si deve, per dirla con Pascal . Forse si potrebbe ancora dire oggi che aver studiato o non aver studiato il Latino costituisce una differenza  che non ha nulla a che fare con il classismo E’ stato insieme a Luigi Vigliani un grande preside del Liceo “Cavour “, ma è stato soprattutto il difensore di una certa idea di “scuola seria, libera e laica “che abbiamo condiviso nella FNISM e nel Centro Pannunzio negli anni dei furori ideologici che avrebbero voluto travolgere il nostro patrimonio culturale e civile.