Naufraghi metropolitani, tra prosa e fotografia

 Il nuovo romanzo di Tea Zanetti edito da Paola Caramella editrice

 

“Naufraghi metropolitani”, romanzo scritto da Tea Zanetti, abile fotografa qui nella sua veste di abile autrice, è stato presentato al Salone del Libro di Torino sabato 20 maggio scorso. Edito da Paola Caramella editrice, è qualcosa di più di un semplice romanzo; si tratta, infatti, di un viaggio intimistico in cui Tea conduce il lettore alla conoscenza del suo universo, anche al di là delle rivisitazioni del suo passato.

“La lettura di questo libro rappresenta un’esperienza caleidoscopica – afferma Stefania Tozzi nella presentazione del libro – Man mano che si avanza nella lettura cambia il modo di narrare e di attraversare le pagine da parte dell’autrice e, conseguentemente, si modifica anche la modalità da parte del lettore di porsi di fronte al romanzo.

Molti sono i registri stilistici di cui si serve la narratrice e le tecniche di scrittura che mette in atto. Dalle pagine del romanzo emergono gli aspetti spiritosi di Tea, che è onesta con se stessa al punto di non rinunciare mai alla sua più completa autenticità”.

Tea è una donna che ha lottato contro gli atteggiamenti che si scontrano con la libertà del libero pensiero, tanto da affermare di voler “fare di testa sua”, anche sul piano religioso, in cui in famiglia divergono le opinioni, essendo il padre ateo.

Nelle pagine del romanzo si riflette la purezza compositiva di Tea fotografa, tanto che “Naufraghi metropolitani” risulta il connubio di immagini oniriche che rimandano alla fotografia, di cui sono testimoni dell’originalità della composizione e della lucidità del linguaggio.

Passi di puro intimismo sono quelli che caratterizzano le prime pagine del romanzo, in cui Tea descrive molto efficacemente un incontro amoroso affermando “Potrei dormire nuda solo al tuo fianco. È necessaria una fiducia totale per esporsi così. Non si tratta solo di levare ogni barriera allo sguardo dell’altro sul proprio corpo. In più c’è la rinuncia alla vigilanza. Essere due volte esposti richiede fiducia assoluta”.

Sempre nelle prime pagine del romanzo l’autrice ripercorre i difficili tempi del Covid, ritmati da gesti quotidiani sempre eguali, come la sveglia presto e la colazione, la telefonata alla mamma ultraottantenne che ha vissuto con un pizzico di ironia la quarantena da sola, quindi le fotografie, le pulizie di casa e l’allenamento.

Il romanzo contiene anche pagine molto efficaci di descrizione di Torino, che l’autrice ritiene differente dal resto del Piemonte. La definisce una città “austera, elegante, con strade ampie e piazze ariose”. Con molta precisione descrive al personaggio con il quale dialoga, quindi anche al lettore, la bellezza di via Po, che scende verso il fiume e che grazie alla volontà e capriccio di un re, ha visto costruire i suoi portici via via più alti man mano che ci si avvicinava al fiume. Altrettanto efficace la descrizione dei caffè storici torinesi, da Florio a Pepino, da Baratti a Mulassano, passando per Platti e il Bicerin, dove, in piazza della Consolata, si custodisce l’autentica ricetta del Bicerin che tanto amava Cavour (un terzo di cioccolata amara, un terzo di caffè e un terzo di fiordilatte) o il caffè Elena, dove amava sostare Cesare Pavese. E così descrive il fascino dei cortili nascosti all’interno di austeri palazzi, definiti “autentici gioielli segreti in cui amo intrufolarmi con gran faccia tosta”.

Le persone di Torino, secondo l’autrice, assomigliano alla città, grigie a prima vista, ma di un grigio perla, che fa emergere, a una conoscenza più approfondita, la loro ironia, fantasia e bizzarria.

I torinesi non sono immediatamente amici di tutti, ma chi viene a Torino, in un modo o nell’altro, trova il suo posto.

I passi in prosa si alternano anche a poesie, di cui una molto efficace si intitola “Cimitero di Azul”, un inno alla solitudine ma anche all’angoscia che essa comporta. Quindi alcune pagine sono dedicate al Covid, in cui l’autrice narra la sua disavventura per aver contratto il Covid 19, con pacatezza e un pizzico di ironia.

Molto toccanti le pagine che riguardano il ricordo dei nonni materni, che si cristallizza nell’immagine di loro due abbracciati, mentre li guardavano andare via, verso le vacanze estive ai primi di gennaio. Tra di loro i nonni parlavano in spagnolo, in castellano rioplatense, che è una variante addolcita nella pronuncia che si parla in Argentina. Proprio in Argentina Tea compierà un viaggio iniziatico che la cambierà profondamente.

Le pagine delle poesie si accompagnano ad altre in cui i neologismi si cristallizzano e fanno centro. Parole semplici impreziosite da una acuta indagine psicologica.

Il fil rouge che percorre ogni pagina, ogni virgola del libro rimane la libertà, sognata, desiderata, agognata, cercata e vissuta pienamente.

Mara Martellotta

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