Il percorso musicale di Attilio Zanetti, il “profeta” Zeta

 

(*28-6-1944 +19-12-1986), il singolare personaggio monferrino che ha soggiornato a Cereseto negli anni 1974-’78. Di professione musicista e compositore dilettante eclettico e versatile, faceva parte di una categoria di artisti rimasto fuori da un professionismo che avrebbe limitato il suo progetto. Con l’intelligenza e la personalità stravagante e anticonformista che lo distinguevano, costruiva quotidianamente il suo mito personale che si sarebbe stabilizzato nel tempo senza un programma specifico, attorniato da molti seguaci in Monferrato.
Sui muri del piccolo borgo medievale erano apparse scritte come  “è arrivato il profeta, il re serpenzio, viva il nibbio”. Ad una vigilia elettorale casalese degli anni ’70 furono appese delle locandine sui muri della città con le scritte “vota per me coccodè, vota il partito tropicale, il partito che non sta né in cielo né in terra”. Mi confidò che alcuni politici che si erano presentati nelle liste elettorali gli chiesero collaborazione, anche perché i voti che avrebbe consegnato loro erano circa 5000. Questo numero importante era derivato dalle copie vendute nelle edicole monferrine per le sue due pubblicazioni di fine ’76 dal titolo “Zeta il mensile del profeta”, numero zero composto da quattro fogli in omaggio e “Il nuovo Zeta giornalibro del profeta”, numero unico formato da otto fogli al costo di L. 250, entrambi subito andati a ruba.
I due mensili, molto dissacratori, contenevano storie delle nostre genti e interviste ad importanti musicisti come Fausto Leali, l’antidivo e al jazzista Chet Baker, il cacciatore di foche. Naturalmente le pubblicazioni successive furono sospese, dato che l’autorizzazione del tribunale di Casale non arrivò mai. Partecipò come l’ospite più originale ad una serie di trasmissioni televisive locali che venivano trasmesse durante il pranzo serale del fine settimana. La nostra curiosità ci aveva spinti ad assistere a spettacoli di varia natura, il concerto del sassofonista Gerry Mulligan purtroppo molto ubriaco, la grande tecnica del quintetto del pianista Bill Evans, il Mistero Buffo di Dario Fo dove, attratto dalla sua grande teatralità, non esitò a salire sul palco per offrirgli da bere.
Dario, stupefatto, interruppe il suo monologo in grammolot con accento inglese, si accordò con Attilio per una birra e dopo aver acquistato la bevanda al bar Pavia risalì sul palco dalla scaletta posteriore e gli disse “ma lei è troppo bravo, arriva forse dalla luna?”. Ricordo la nostra incredulità durante l’esibizione del Living Theatre, famoso spettacolo anarchico messo in scena nella sala del mercato Pavia da Julian Beck, attore scelto da Pasolini per il suo film Edipo re, dove noi spettatori venivamo aggrediti e provocati dagli attori in scena, eliminando così ogni soluzione di continuità tra il  palcoscenico e la platea. L’amore secondo il sig. G, spettacolo di Giorgio Gaber, spinse Attilio alla pubblicazione di “Olio sesso”, una enciclica antifemminista contenente i nostri malumori e fallimenti sentimentali dell’epoca.
Numerosi i suoi viaggi in Florida, Spagna, Venezuela, Germania e Sud Africa dove conobbe una ragazza e scrisse su una cartolina “ho incontrato una bionda talmente bella che per guardarla devo mettere gli occhiali da sole”. La sua eredità musicale è composta da una ventina di brani registrati su nastro di bassa qualità ma pieni di poesia.
Era stato influenzato dal jazz di Thelonious Monk e dalla bossanova di Antonio Carlos Jobim, definito da Frank Sinatra il Beethoven a ritmo di samba.
Queste influenze musicali si avvertono nei piccoli intervalli, appoggiature, dissonanze e gusto armonico dei suoi brani anche se non era a conoscenza della teoria musicale, ma il suo orecchio sensibile gli permetteva di trasmettere le note trasognate sulla tastiera accompagnate da momenti di tristezza e allegria.
Nel 1974 aveva riscosso successo a Key West esibendosi con alcuni brani al piano solo, presentandosi in pigiama nella TV nazionale della Florida e rifiutando un contratto. Si era esibito anche a Monaco di Baviera il 20-2-1982 con il suo pianoforte Seidler. Il nostro beat monferrino fu il protagonista per eccellenza di un movimento culturale e popolare che ha segnato un’epoca, uno sciamano che, rifiutando ogni tipo di condizionamento o forse per proteggersi, non gliene importava proprio nulla. Chissà quali invenzioni ci avrebbe regalato se avesse incontrato sognatori visionari e surreali come Federico Fellini e Renzo Arbore.
Il sogno della generazione anni ’60 era giunto al termine, unico e destinato a non ripetersi.
Jack Kerouac era ormai lontano.
Armano Luigi Gozzano 
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