Si avvicina la saga delle primarie – uno degli ultimi dogmi laici del Pd delle origini – e a presto, di conseguenza, conosceremo il come e il cognome di chi guiderà il principale partito della sinistra italiana nei prossimi anni.
E dopo la gara nei circoli, dove ancora una volta – e come da copione – hanno avuto la meglio i ‘pacchi’ di tessere pilotati dalle infinite correnti e gruppi di potere interni al
partito, la palla adesso passa al “popolo” delle primarie. Ed è proprio di fronte alla competizione
tra l’ex comunista Stefano Bonaccini e l’esponente della cosiddetta società civile – anche se ha
già collezionato una lunga serie di incarichi politici e di potere – Elly Schlein che uscirà il vincitore.
Essendo state le candidature di Cuperlo e della De Micheli solo uno strumento per consolidare le
rispettive correnti e per poter ipotecare le prossime personali candidature.
Ora, il gioco cambia. Ed è proprio di fronte a questa sfida, che riguarda ed interessa l’intera
politica italiana e non solo le sorti di un singolo partito, che noi ci auguriamo la vittoria della
Schlein. E questo per un motivo ben preciso. E cioè, dopo la trasformazione definitiva ed
irreversibile del Partito democratico rispetto alla sua impostazione originaria – com’è evidente a
tutti, dirigenti del partito compresi – si rende ancor più necessario dare un profilo politico chiaro e
netto al futuro della sinistra italiana. E se l’eventuale vittoria di Bonaccini non sarebbe altro che laconferma di tutte le contraddizioni di questo partito – dalla molteplicità delle correnti organizzate
alla centralità della “ditta”, dalla logica funzionariale tipica dell’impostazione post comunista degli
amministratori locali delle cosiddette “zone rosse” al sano pragmatismo del potere emiliano
romagnolo – l’affermazione della Schlein avrebbe il vantaggio di caratterizzare in modo più chiaro
e più netto il profilo politico del partito. E, soprattutto, rappresenterebbe anche una vera e
credibile discontinuità rispetto al passato del Partito democratico. Certo, anche dietro alla
Schlein, come tutti sappiamo, ci sono molti capi corrente e alcuni potentati storici del partito. Ma
è indubbio che Schlein rappresenta la novità rispetto agli altri 3 candidati che sono e
rappresentano varianti diverse del ceppo ex e post comunista della sinistra italiana.
Dopodiché, è certamente vera e fondata la definizione intelligente ed acuta di un attento
osservatore delle cose politiche italiane, Luca Ricolfi. E cioè, la Schlein interpreta alla perfezione la trasformazione definitiva del Pd in un “partito radicale di massa”. Un partito, quindi, al di là delle
solite e collaudate chiacchiere propagandistiche e demagogiche, che difende i diritti individuali,
attenta a tutte le discriminazioni, sensibile alle ragioni dell’ambientalismo, non indifferente al
populismo pentastellato, ovviamente giustizialista e manettaro e, in ultimo, teso a criminalizzare –
seppur politicamente – tutti gli avversari che, come da copione, sono e restano nemici da annientare.
Certo, una cultura come quella popolare e cattolico sociale è lontana anni luce rispetto a questa
impostazione politica e culturale. Oserei dire che si tratta di una diversità quasi antropologica,
almeno sul versante politico e culturale. Ma, al di là dei cattolici popolari e sociali, quello che
emerge è che la vittoria eventuale della Schlein segnerebbe un punto a capo chiaro, netto,
inequivocabile nella storia centenaria della sinistra italiana. Una chiarezza necessaria sia per chi
vuole dar vita ad una coalizione con il Pd e sia, soprattutto, per tutti coloro che vogliono creare
una alternativa politica, culturale e programmatica alla sinistra del Pd e alla “sinistra per caso” e
populista dei 5 stelle. Appunto, chiarezza politica, trasparenza culturale e lungimiranza nella
costruzione delle alleanze politiche e di governo. Per questo ci auguriamo che la Schlein vinca, e
vinca bene le primarie di domenica prossima del Partito democratico.
Giorgio Merlo
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE