“Complimenti, prof.! Lei non cambia mai!”

Diario minimo urbano…vedere e ascoltare per credere

Gianni Milani

Mi capita spesso. E, devo essere sincero, per un verso mi rallegra e mi fa il “pieno” di narcisistico piacere. Per un altro, però… però però. Mi dà anche un po’ di fastidio. Eh, la fate semplice voi. Perché? Ve lo dico subito. Perché mi costringe, qualche minuto dopo l’avvenuto “complimento” a fare i conti con la nuda e cruda verità. Il tempo passa e, per chi è vissuto ben bene a cavallo fra la metà del secolo breve e il terzo millennio  in corso, con i piedi ormai saldamente piantati a molte miglia dalla giovinezza e, in numero considerevole, dalla mezza età (non quella dantesca del mezzo del cammin di nostra vita che ai tempi del Sommo Poeta equivaleva pressappoco alle trentacinque primavere)  il conto degli anni sul groppone si fa un tantinino pesante. Di solito rispondo ma quindi ero già vecchio allora! Dai, a quanti di voi sarà capitato. E per voi mi riferisco a quelli che si ritrovano a par mio nello spazio temporale problematico (per vari motivi che vi lascio immaginare) di cui prima parlavo. Però, complimenti! Li porta proprio bene i suoi anni! In tanti ce lo siamo, almeno una volta nella vita (confessatelo!) sentito dire all’esplicita dichiarazione della nostra età. E, perbacco, l’ho detto, fa pure piacere. Ma significa anche quanto sei vecchio! E questo, confessiamocelo, fa un po’ meno sorridere. Diciamo pure pane al pane e vino al vino! Qualche mattina fa l’ennesima riprova. Solita sgranchiatina di gambe per rodare e oliare le giunture. Il giardino a due passi da casa. Imbocco via Rosta (che ancora oggi lo scemotto che l’ha trasformata con un geniale colpo di pennello in “via Crosta” non s’è ancora deciso – o chi per lui – a cancellare), allungo, si fa per dire, il passo fino al solito bar per il solito caffè, quand’ecco, all’angolo con via Bianzé, un ciuffo scatenato di capelli ricci affrontare su una vecchia (anche lei!) due ruote la curva – direzione corso Francia con la grinta e l’abilità di uno spavaldo trapezista voleggiante e pienamente a suo agio a dieci metri d’altezza. Manco fosse Top Gun – Filippo Ganna da Verbania. Ci guardiamo. Gli occhi si cercano nella memoria. Una frazione di tre, dico, tre secondi. Martina, gridacchio (grido e ridacchio). Prof., ma allora mi ha riconosciuta! Battuta ben comprensibile. Sarà passata una ventina abbondante d’anni, dall’ultima volta che ci eravamo visti. Terza (non ricordo più la sezione) alla media “Pascoli” di piazza Bernini. Allora lei avrà avuto un tredici anni, oggi ne ha trentasei. Insegna per una cooperativa che si occupa (mi pare d’aver capito) di disagio minorile alla vicina media “Nigra”. Bravissima alunna, intelligente, socievole, sveglia, perspicace. Ottimo elemento. Sarà anche, non ne ho dubbi, un’ottima insegnante. Salutoni, baci (io con tanto di fedele mascherina al naso) e abbracci. E mamma? E il fratellone? Gira che ti rigira si arriva al (solito) dunque. Ma, prof., sa che lei è sempre uguale! Non dimostra proprio i suoi anni! E solita, amara risposta. Sarà che già vent’anni fa dimostravo più anni di quelli che avevo! Grazie, comunque, Martina. E’ stato bello rivederti. E bello anche l’immediato riconoscerci a vicenda. Al primo colpo d’occhio. Oggi i miei primissimi alunni, se conto anche quelli delle prime supplenze ante-laurea, saranno tutti fra i 40 abbondanti e i 50. Quelli della “Pascoli” li vedo abbastanza di frequente. Compresi i loro genitori, più o meno miei coetanei. Abitiamo tutti in zona. Un abbraccio ancora e poi Martina scappa, vola, sempre alla Top Gun – Filippo Ganna da Verbania. Deve correre a lezione. Io mi avvio per il solito caffè. Mi sento felice. Felice di aver visto Martina. Felice, penso, di aver seminato per strada, negli anni, parole e parole che hanno in fondo lasciato buoni segni. Certo, rimane il doppio rimbombo nel cuore di quel solito “complimento” – “avvertimento”. Complimenti, prof., lei proprio non dimostra la sua età! Ma quanti anni sono passati? Quanti ne porto sulle spalle! Hai un bel dire – a parte i soliti inghippi alla schiena, alle spalle, alle gambe che quando mi alzo da una sedia ci vanno dieci minuti per fargli riprendere il giro – mi sento ancora lo spirito dei ven’anni! Lo spirito, sì! Ma tutto il resto? E via! Mi vengono in mente le parole del caro vecchio Mark Twain La vita sarebbe infinitamente più felice se potessimo nascere all’età di ottant’anni e gradualmente avvicinarci ai diciotto. Non male. Ma a queste preferisco pur sempre la bizzarra genialità di quelle della grandissima Alda Merini  Ci sono adolescenze che si innescano a novant’anni. Mitica Alda! Lo volesse il Cielo!

Gianni Milani

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