Le istituzioni piemontesi a confronto sulla Digital Transformation

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza mercoledì scorso  al centro degli interventi di Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte e CEO Digital Magics S.p.A., e Fabrizio Gea, vice presidente Anitec-Assinform e vice presidente di Confindustria Canavese, protagonisti degli Stati Generali “NUOVO” Mondo Lavoro.

Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte, Ceo Digital Magics, incubatore e acceleratore di startup e PMI innovative, la prima realtà del Paese a occuparsi della fase iniziale dell’innovazione, quindi con un’ampia capacità di visione sui trend e i cambiamenti in atto: «Non possiamo parlare di digitale senza citare l’appena varato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che proprio al digitale assegna ben 50 miliardi. Sono risorse incredibilmente importanti per un settore che diventerà centrale. Perché la trasformazione digitale dell’industria più tradizionale potrà portare con sé un aumento di produttività che in Italia è ormai fermo da quasi 20 anni. Il PNRR offre risorse straordinarie insieme ad un piano di riforme ormai indispensabili, che generano qualcosa di assai rilevante: un cambio di visione in grado di porre il nostro Paese su un nuovo orizzonte di politica industriale. E non solo. Ne scaturiscono altri tre fattori. Il primo, il tempo, segnato da un anno preciso, il 2026, come termine di realizzazione dei vari progetti, una scadenza che impone con forza un’accelerazione imprescindibile. E di cui sarà grande protagonista il partenariato tra pubblico e privato. A ciò si aggiunge la programmazione europea 21 / 27: un altro tassello che contribuisce a corroborare la politica industriale. Infine, le competenze, perché qui si giocherà la partita del cambiamento nei prossimi 5 anni, è da qui che passerà il cambiamento della società, delle imprese e della Pubblica Amministrazione».

Fabrizio Gea, vice presidente Anitec-Assinform-Associazione Italiana per l’Information and Communication Technology e vice presidente di Confindustria Canavese, con deleghe a Territorio, Sistemi Produttivi Locali e DIH (Digital Innovation Hub): «In poco più di 12 mesi abbiamo spostato in avanti le lancette del cambiamento di 5/8 anni, anche attraversando una forzata digitalizzazione di massa. Lo stesso PNRR è una risposta one shot a questo enorme cambiamento. I 221 miliardi e mezzo, di cui 50 circa destinati alla digitalizzazione, sono qualcosa di mai successa prima. Ora dobbiamo scegliere come investirli, se meglio o peggio. Secondo quali direttrici muoversi? Principalmente abbiamo 6 driver di riferimento.
Primo: le infrastrutture. Dobbiamo avere autostrade digitali veloci, terminare il piano nazionale banda ultralarga, raggiungere tutti i punti principali (sanità, scuola, imprese) con una velocità di almeno 100 megabit al secondo. Colmando le diseguaglianze perché il digitale deve essere un elemento di riduzione di gap, non di aumento. E ovviamente lavorare sul 5G con tutto quello che comporta.
Secondo, le piattaforme nazionali della pubblica amministrazione: un’anagrafe nazionale della popolazione residente completa, uno SPID ultimato e utilizzato, un fascicolo sanitario elettronico a regime e funzionante. Questioni che portano al tema dell’interoperabilità tra le piattaforme. Con questi tre strumenti bisogna permettere al cittadino di avere accessi unici ai servizi. E una PA più efficiente.
Terzo: i servizi della Pubblica Amministrazione. Lo switch-off al digitale deve essere un obiettivo ineludibile. Abbiamo una PA che pesa come quasi la metà del Pil, un bassissimo utilizzo dei servizi e una reputazione non ottimale. Dobbiamo rendere la parte digitale il più semplice, accessibile e trasparente possibile per l’utente. Cito un dato: in Italia spendiamo 96 euro a persona per le tecnologie digitali della pubblica amministrazione, in Francia sono 186, 207 in Germania, 323 nel Regno Unito.
Quarto driver, la sanità. Dov’è davvero evidente il prima e post pandemia. Un esempio: se fino a un anno fa circa, solo il 32% dei medici utilizzava le ricette digitali, oggi lo fa la quasi totalità. Nella sanità è fondamentale il tema dello scambio di dati clinici: all’interno abbiamo ambienti multipli, ma non un ecosistema univoco e inter-operativo, con il fascicolo sanitario al centro.
Quinto driver: scuola e università, dove il tema delle diseguaglianze è emerso in maniera incredibile. Bisogna attivare il collegamento con banda larga di tutte le scuole con velocità sufficiente, effettuare interventi straordinari sulla didattica on line, che rimarrà in modalità ibrida, senza sostituire la scuola in presenza, ma arricchendola.
Sesta e ultima direttrice: l’economia. Dovremmo andare in due direzioni: una già conosciuta che è quella del Piano Transizione 4.0, con misure per guidare le imprese nella trasformazione digitale. L’altra che vede la necessità di abbassare l’asticella sul distretto digitale dell’agricoltura, dell’artigianato, del commercio e del turismo. Dobbiamo portare le PMI, le grandi e le micro a compiere una trasformazione digitale complessiva.
Siamo di fronte alla tragedia più grande vissuta dal Dopoguerra a oggi. Abbiamo un solo modo di cogliere appieno la nuova normalità che ci aspetta. Churchill sosteneva: “Fare strategia è facile, il difficile è realizzarla”. In questa volontà di realizzazione sta la partita che il nostro Paese dovrà giocare in questi prossimi anni».

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