13 luglio 1970 – 13 luglio 2020

Nel tardo pomeriggio di lunedì 13 luglio 1970, alle ore 17, iniziò nell’aula ottocentesca del Palazzo delle Segreterie di piazza Castello a Torino (sede gentilmente offerta dalla Provincia), la seduta inaugurale della I Legislatura del primo Consiglio regionale della storia del Piemonte.

Alla presenza dei 50 consiglieri eletti il 7 giugno 1970, di numerose Autorità e con l’esposizione dei gonfaloni dei Comuni insigniti dalla medaglia d’oro, il Consigliere anziano Gianni Oberto Tarena, interpretando appieno la solennità e l’emozione del momento storico che tutti avvertivano, aprì la seduta con queste parole: “Da questo momento la Regione Piemonte, costituita in Ente autonomo, esercita propri poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione”. 

“Il mio discorso deve avere anche un contenuto politico – proseguì Oberto – che riaffermi la fede e i propositi che l’accompagnano in questo nuovo ente che trova la sua collocazione nella volontà politica e per noi adesso nell’adempimento di quel documento fondamentale che è al Costituzione nata dal travaglio ella riscossa e del riscatto che ha avuto e d ha nella lotta di liberazione il suo fermento, il suo lievito, il suo fondamento, il suo insegnamento”.
Proseguendo Oberto fece riferimento alle deleghe di compiti e funzioni alle Province e agli altri Enti territoriali, ai 1209 Comuni prima di tutto. Sottolineando le funzioni della Regione come “essenzialmente normative in senso legislativo e programmatorio prima che esecutivo”. Un cenno nel suo discorso andò anche al tasso di immigrazione che “che per il Piemonte è altissimo: il saldo migratorio nel decennio 1958-1968 si chiude con la impressionante cifra di 521.567 unità e siamo oggi a 4.400.000 abitanti”. Oberto parlò anche dell’imminente stesura dello Statuto della Regione: “i 120 giorni fissati per tale adempimento non sono molti ma la Regione Piemonte, nel solco della sua tradizione di laboriosità, penso vorrà rispettare i termini”.

All’intervento di apertura del presidente provvisorio fecero seguito quelli dei rappresentanti degli schieramenti politici presenti in Consiglio, partendo dai minori per arrivare a quelli più numerosi.
Il primo consigliere a cui il presidente diede la parola fu Mario Giovana (PSIUP-PCI) il quale, dopo aver sottolineato duramente che erano passati ben 22 anni prima di giungere della costituzione delle Regioni, disse: “Riteniamo spetti a questa assemblea farsi momento promotore e collettore delle spinte nuove che emergono dal travaglio di crescita della nostra società, stabilendo rapporti diretti e sostanziosi con quante istanze di democrazia e di autogoverno delle masse vengono maturando in seno al corpo sociale”.
Seguì l’intervento di Domenico Curci, consigliere del MSI, che subito precisò la sua posizione: “Quali rappresentanti dell’unico partito politico che nel parlamento nazionale ha portato coerentemente, sino alle estreme conseguenze, la sua opposizione all’istituzione delle Regioni, ma che come è nella sua morale e nelle sue tradizioni, rispetta istituti, metodi e principi che pur avversa quando essi sono parte integrante della legislazione e degli ordinamenti dello Stato, ci accingiamo a compiere, nella Regione che vede oggi la luce il nostro dovere al servizio della Nazione”.
La parola passò poi ad Aldo Gandolfi, consigliere del PRI, che iniziò il suo intervento dicendo: “…rappresento una corrente, un partito politico che da quasi un secolo conduce una battaglia regionalista. Attraverso una corretta realizzazione delle Regioni passa in concreto la possibilità di realizzare anche nel nostro Paese una moderna democrazia industriale”.
Terenzio Magliano, consigliere del PSU, disse: “… ci accomuna e rende possibile il discorso la convinzione di dover passare, sia pure nel confronto critico continuo, attraverso la sola e unica strada possibile, quella democratica nella quale tutte le riforme sono possibili e tutti gli apporti costruttivi hanno incidenza e lasciano traccia duratura”.
Il consigliere del PLI Cesare Rotta, esordì citando Einaudi: “Come liberali noi siamo assertori del decentramento delle istituzioni e della devoluzione del potere in modo da rendere possibile, al maggior numero di cittadini di conoscere e controllare l’operato della pubblica amministrazione e di occuparsi della cosa pubblica. L’ordinamento regionale non può essere una federazione di sovranità frazionate e divise, deve essere un sistema di autonomie decentrate. Luigi Einaudi ci ammoniva che l’unità del Paese non è data dalle circolari, dalle istruzioni, e dalle autorizzazioni romane; l’unità del Paese deve essere fatta dagli italiani i quali imparino a proprie spese, commettendo spropositi, a governarsi da sé”.
Nerio Nesi, consigliere regionale per il PSI – dopo aver sottolineato con forza la necessità di procedere speditamente alla stesura dello Statuto regionale – così analizzò la situazione del Piemonte di quegli anni: “Qui risiedono alcuni tra i più grandi, gruppi industriali e finanziari europei, ma qui è quasi completamente assente l’impresa pubblica, qui si è riscontrato il più grande fenomeno immigratorio che ricordi la storia del nostro paese, ma qui vi è stata la maggiore diminuzione di occupazione che si sia verificata in questi anni in Italia. Ciò è dovuto soprattutto alla disoccupazione giovanile, fenomeno che diventa sempre più preoccupante ed al massiccio abbandono delle campagne. In questa Regione si costruiscono manufatti perfetti, ma qui si assiste a forme, fra le più odiose, di speculazione e di sfruttamento”.
Conclusero il primo gruppo di interventi i consiglieri dei due partiti politici principali, il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana.
Dino Sanlorenzo, consigliere del PCI, dedicò buona parte del suo discorso alla questione meridionale: “… proprio nel giorno in cui si insediano, insieme al nostro, altri Consigli regionali di alcune Regioni meridionali che hanno tanti loro figli nel Piemonte di oggi, noi, comunisti, vogliamo ricordare a noi stessi e alle forze politiche piemontesi la lezione di Gramsci, la necessità di unire i lavoratori venuti da tutte le Regioni, realizzare intanto qui la saldatura fra nord e sud e al tempo stesso operare perché siano affrontati e risolti con metodi e contenuti nuovi i problemi di uno sviluppo distorto, caotico non programmato secondo gli interessi della collettività, diretto sinora dai gruppi privilegiati che questi problemi hanno mantenuto e aggravato in tutti questi anni”.
L’ultimo intervento fu quello di Adriano Bianchi, rappresentante della forza politica più numerosa in Consiglio regionale, che espresse gli obiettivi della Democrazia Cristiana in Piemonte: “L’azione della Regione – disse Bianchi – non può realizzarsi ed esaurirsi nel rapporto e nel confronto fra gli schieramenti politici, o nella loro iniziativa, ma comporta un collegamento con ogni sede in cui si riveli o possa essere suscitata una esigenza di autogoverno. … La risposta che si coglie nella visione di un’unica polis, di un’unica città-regione, senza periferie e senza mura esterne, nella quale le autonomie locali, anche le più esigue, trovino un quadro di riferimento, un modello, una funzione valida”.

Venne poi eletto l’Ufficio di Presidenza, che risulterà così composto: Paolo Vittorelli (PSI) presidente (eletto con 46 voti favorevoli e 4 schede bianche su 50), Gianni Oberto Tarena (DC) e Dino Sanlorenzo (PCI) vicepresidenti, Stanislao Menozzi (DC) e Cesare Rotta (PLI) Consiglieri Segretari.

Il neo presidente del primo Consiglio regionale del Piemonte, il senatore Paolo Vittorelli, tenne quindi il suo discorso di insediamento sottolineando i caratteri peculiari del nuovo ente.
“Noi non siamo un ente autonomo come gli altri. Non pretendiamo di essere un Parlamento. Ma, nello stesso tempo, noi dobbiamo essere consapevoli che il Consiglio regionale è qualcosa di diverso dal Consiglio delle altre Amministrazioni autonome – disse Vittorelli -. Non foss’altro che per la struttura della quale noi siamo dotati; struttura che presenta alcune analogie con quella degli organi di carattere nazionale. Non è per puro caso che il Consiglio regionale, diversamente dai Consigli provinciali e dai Consigli comunali, è dotato di organi assembleari e di organi di governo; e la distinzione delle loro funzioni è diretta conseguenza delle caratteristiche che la Regione assume nella Costituzione della Repubblica, caratteristiche secondo le quali la Regione è il primo ente autarchico al quale sia stata conferita potestà legislativa e al quale, nello stesso tempo, siano state attribuite funzioni di controllo sugli altri enti locali”.
“Nello stesso tempo – proseguì Vittorelli – come ente autonomo, siamo anche un ente dotato di una propria sfera, sia pur limitata, di sovranità, fissata negli articoli 117 e 121 della Costituzione della Repubblica. Sfera di sovranità che consente alla Regione, su materie esplicitamente enunciate, di emanare norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti nelle leggi dello Stato….. Si tratta di una innovazione importante nel nostro ordinamento amministrativo, in quanto la Regione assume, in questo modo, una responsabilità che, fino ad oggi, in tutta la storia delle nostre autonomie locali, nessun ente locale era riuscito a conseguire”. ” Vorrei, per concludere, Signori Consiglieri, ricordare che la nostra non è una Regione come le altre. Questo non soltanto perché è una Regione industrialmente sviluppata, ma anche perché ha avuto una funzione importante nella storia del nostro Paese. Non voglio ricordare per esteso la funzione che essa ebbe cent’anni fa: desidero soltanto ricordare a questo riguardo che da questo territorio partì una tradizione di correttezza amministrativa che, con la complessità dei problemi sorti dopo l’Unità d’Italia, andò a poco a poco disperdendosi. In questa Regione noi possiamo ricostituire le condizioni di questa correttezza amministrativa, anche perché i problemi che ci stanno davanti sono problemi di una gravità estrema”.

Alle 20.45 di un caldo lunedì sera, il 13 luglio 1970, il presidente Vittorelli pronunciò le solenni parole conclusive: “La seduta è tolta”. Da quella importante serata ebbe inizio la storia della Regione Piemonte che è arrivata oggi, a 50 anni da quel giorno, alla sua undicesima legislatura.

Dall’Ufficio stampa di Palazzo Lascaris

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