In Arizona c’erano vari modi per dare nell’occhio negli anni Sessanta: vestiti dai colori sgargianti, look anticonformisti, comportamenti iconoclastici, frequentazioni insolite
A Phoenix c’era chi ricorreva a “mezzi non convenzionali”, talvolta gironzolando per la città a bordo di un’autofunebre Cadillac del 1949 con le tendine di velluto viola: era la band George Washington Bridge (nota anche come GWB o The Bridge). Il gruppo sorse nel 1965 sulle ceneri dei The Exceptions e nei ranghi annoverava il solo Dwayne Witten (V, batt) tra i membri originari della band precedente; si aggiunsero subito dopo Mike Winn (V), Sam Ganem (chit), “Pud” Gaffney (chit) e Steve Thomas (b). Le cover dei gruppi della British Invasion (in primis Beatles, Rolling Stones, Animals, Them e Kinks) era il repertorio prediletto della prima fase musicale della band; dance clubs (sia adult che teen), feste universitarie, pool parties erano gli scenari più consueti dove “farsi le ossa” rapidamente e con calendari di gigs piuttosto serrati. Frequenti erano le occasioni di esibizione al Jack Curtis’ Club di Phoenix, gestito da quel Jack Curtis fondatore dell’etichetta Mascot records, punto di riferimento di svariate band dell’Arizona soprattutto tra 1965 e 1967. Le capacità di adattamento della band alle più diverse declinazioni musicali in voga all’epoca consentirono ai George Washington Bridge di modellare il proprio stile a partire dal garage rock classico fino alle soluzioni più audaci dello psichedelico; quest’ultimo era integrato e rafforzato nei concerti da suggestivi light shows con luci stroboscopiche o con effetti di colori fluorescenti su sfondi neri, che coinvolgevano soprattutto i movimenti del batterista. Il carattere fluo-style delle esibizioni non passò inosservato e consentì alla band di affiancare in più occasioni altri gruppi locali di livello, tra cui The Spiders e The Nazz (le bands di esordio di Alice Cooper), The Twentieth Century Zoo, The Superfine Dandelions e i P-Nut Butter. E’ da rilevare soprattutto il fatto che i George Washington Bridge furono opening act in svariati concerti nell’area di Phoenix di gruppi del calibro di Buffalo Springfield, Beau Brummels, Beach Boys, Music Machine e Country Joe & The Fish. Nel 1967 la band incise l’unico 45 giri: “Butterball” [Ganem – Winn – Witten] (M-120; side B: “Train Ride” [Ganem – Winn]), inciso sotto la supervisione di Jack Curtis con etichetta Mascot records. Dall’uscita del singolo la vena psichedelica della band venne aumentando e si definì del tutto dal giugno 1968, allorquando “Pud” Gaffney venne sostituito da Alex Walter (org); nelle successive esibizioni veniva lasciato spazio a lunghi percorsi strumentali, in cui Walter era in grado di sfruttare le potenzialità dell’Hammond B-3 (nonostante le difficoltà di trasporto causate dalla stazza dello strumento) a due altoparlanti Leslie. Nella formazione definitiva con Alex Walter i George Washington Bridge (nome che in quel tempo mutava sovente in “The Bridge”) fecero comparsa nello show locale di Phoenix per teenagers “The Indispensables” nel novembre 1968, dove eseguirono l’originale Good Morning, Happy (di cui è rimasto il riversamento dall’acetato originale); di altri brani originali non restano attualmente che dozzinali registrazioni “home made” realizzate probabilmente nella seconda metà del 1968, fuori commercio. La band cercò tra fine 1968 ed inizio 1969 una nuova veste musicale e stilistica, mutando il nome in “Trigger”; tuttavia continui dissidi interni e insanabili differenze su futuribili progetti portarono rapidamente allo scioglimento definitivo, realizzatosi nel marzo 1969.
Gian Marchisio
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE