Gennaio 2018- Pagina 23

Gatto Panceri, “assaggio radiofonico”

Il brano in programmazione spontanea nelle radio da Venerdì 19 Gennaio 

Gatto Panceri è vivo”, come egli stesso ama dire, “sono un vulcano di energia più in forma che mai”.

***

Il noto cantautore lombardo è tra i massimi hitmakers della musica italiana: con la sola ‘Vivo per lei’ portata al successo dal binomio Andrea Bocelli-Giorgia ha venduto oltre 43 milioni di copie nel mondo ed è autore anche di successi per Mina, Mietta, Gianni Morandi, Fausto Leali, Massimo Ranieri, Riccardo Fogli e molti altri. Dopo aver fatto parlare ultimamente di sé anche per via di un drastico e convincente total look (completamente rasato, stile inglese, pare persino ringiovanito di 10 anni) torna ora a bussare, a partire da venerdì 19 Gennaio alla scena radiofonica con il rifacimento di uno dei suoi brani del passato più di successo Un qualunque posto fuori o dentro di te proposta in una versione targata 2018. Il brano in oggetto è un gustoso apripista del nuovo album ‘Pelle d’oca e lividi’, il cui primo singolo inedito è previsto in radio entro la metà del prossimo aprile in contemporanea all’uscita dell’intero cd (l’11° in carriera, come cantautore).

***

Considero ‘Un qualunque posto fuori o dentro di te’ un cadeau per la gente che mi segue dagli esordi e anche per le radio amiche. Nel 1992, dopo il mio debutto ufficiale a Sanremo con ‘L’amore va oltre’, questa canzone incontrò il favore spontaneo delle emittenti che iniziarono, di sorpresa, a programmarlo volentieri nelle proprie play-list, nonostante i miei discografici avessero proposto alle radio come secondo singolo un altro brano”, ricorda Gatto Panceri. A quel tempo, gli speakers, amavano ascoltare interamente gli album: e potevano altresì permettersi di scegliere, a proprio gusto, le canzoni da programmare, come in questo caso, decretandone il successo”. Dal sound intenso e avvolgente di questo primo assaggio si intuiscono i nuovi mondi musicali di cui sono pregne anche le altre 18 canzoni inedite che compongono il prossimo album. Musicalmente, come al solito, il nuovo lavoro è di pregiata fattura, con testi sempre di spessore e una vocalità addirittura migliorata col passare degli anni. Pelle d’oca e lividi’ è un racconto intenso di ben 19 tracce, numeri da cd doppio che sarà però venduto al prezzo di uno.

***

“Ho consegnato a chi lavora nelle radio questa felice anticipazione: lasciando così di fatto, oggi proprio come allora, a loro ogni completa e assoluta libertà di suonarlo, se vogliono”, dichiara sereno il cantautore. Per la prima volta in un mio brano ho suonato – tutti, ma proprio tutti – gli strumenti che compongono l’arrangiamento. Anche degli altri pezzi del nuovo cd sono autore, compositore, arrangiatore, produttore artistico, produttore esecutivo e anche Editore: infatti da poco ho aperto anche la mia edizione musicale, che si chiama ‘Vivo per Lei’. Per i mixaggi ringrazio di cuore il prezioso Roberto Guarino, e i consigli di Patrick Dijvas, il bassista della PFM che nel ‘92, di ‘Un qualunque posto fuori e dentro di te’, produsse e arrangiò la versione originale“. Conclude così Gatto Panceri: “Le emozioni che restano, quelle che scaldano il cuore, non hanno prezzo. Questa volta più che mai non ho badato a spese fisiche e economiche per fermare al meglio il tutto nel mio nuovo cd. Le canzoni che valgono richiedono tempo e dedizione, specialmente se ambiscono a essere eterne. Per questo ho lavorato quattro anni per realizzare, proprio come lo sognavo, il mio undicesimo album. Un grazie sincero in anticipo a tutti coloro che vorranno darmi una mano preziosa a divulgare le mie nuove proposte musicali, a partire da questo assaggio che vi ho spedito in anteprima“. ‘Pelle d’oca e lividi’: il viaggio parte da qui.

 

MILANO, PIANTATO UN PICCOLO ULIVO PER LA PACE    

CRONACHE ITALIANE DALLA LOMBARDIA

Un ulivo in memoria di tutte le persone cadute nell’adempimento del dovere.

 

Nei giardini di via De Castillia, a Milano, accanto alla Casa della Memoria e di fronte al palazzo della Regione, si è tenuta una cerimonia ideata e fortemente voluta dall’Associazione Lombardia-Israele, presieduta dal Professor Enrico Mairov, e dal Municipio 9 del Comune di Milano, insieme a numerose altre Associazioni. In memoria di tutte le persone, cadute in Italia nell’adempimento del dovere, è stato piantato un piccolo ulivo.  L’ulivo proveniva dalla Foresta presidenziale di Tzorà, non lontana da Gerusalemme, dove una delegazione italiana, guidata dai magistrati Piercamillo Davigo e Stefano Amore, nel mese di settembre, a venticinque anni dall’assassinio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, aveva piantato un bosco di 27 alberi, dedicati ai giudici italiani caduti in servizio per la Patria. Nella carrellata di discorsi e riflessioni, dopo il benvenuto di Giuseppe Lardieri, presidente del Municipio 9, e del ministro di Israele Ofra Fahri, è intervenuto Sergio Castelbolognesi presidente di KKL Italia (Keren Kayemeth LeIsrael), la più antica organizzazione ecologica al mondo, fondata nel 1901, che da oltre un secolo opera a beneficio dello sviluppo, della bonifica e del rimboschimento della terra di Israele e di molti altri Paesi. Piantando alberi su alberi, Israele ha vinto il deserto, trasformandolo in foreste e giardini. “Faremo fiorire il deserto” già aveva promesso David Ben Gurion, negli anni Trenta. E così è stato. Quello che colpisce ancora di più è che, come da consuetudine, non la sola Israele usufruisce delle ricerche innovative dei propri scienziati, ma quelle stesse diventano preziosi contributi per altre realtà, per tutta l’umanità infine. Piantare alberi fa parte della tradizione ebraica: si sono sempre piantati alberi per festeggiare la nascita di un bambino, o per accompagnare e ricordare un defunto. Si pianta un albero per le generazioni future, come importantissimo filo per legare tra loro passato e presente. Piantare un albero significa rinnovare la vita, creare ponti, avere fiducia e speranza in rapporti buoni tra noi e gli altri. Questa tradizione fonda la sua origine sull’Albero della Vita ebraico, la cui base sta sulla terra e la cui cima s’innalza fino al cielo. Attraverso quello, le anime sono scese, per poi risalire, nel proprio cammino evolutivo, attraverso i tre pilastri di Amore, Forza e Compassione. Quanti auspici cela in sé un minuscolo ulivo simbolo di Pace, piantato a settant’anni dalla fondazione dello Stato di Israele. Questo di Milano amplia il proprio respiro, nel suo essere dedicato, non solo ai magistrati e alle Forze dell’Ordine, ma anche a tutte le persone che silenziosamente e nascostamente, giorno dopo giorno, compiono il proprio dovere e sono “modelli di coraggio” come ricordato, nel proprio intervento, dal Magistrato Piercamillo Davigo, che ha anche sottolineato l’importanza di trasmettere alle nuove generazioni i nostri valori, per impedire che si disperdano. A tutti questi – invisibili ma importantissimi – si rivolge infatti il progetto “Lombardia Regione Sicura” del prof. Enrico Mairov: “ispirandosi al modello israeliano, si aggiunge alla sicurezza, connotata come “ordine”, quella sanitaria assicurata a prezzi ragionevoli, e anche a distanza, a tutte le categorie deboli partendo da anziani, fragili, malati.  “Albero, vita e cure a Milano” è stato infatti il tema anche dell’intervento del Dottor Renato Gandini a ribadire che dal piccolo può nascere e crescere il grande, che i miracoli infine esistono. Basta crederci. “Se lo vorrete non sarà un sogno! già affermò Theodor Herzl, nell’agosto 1897, quando si riunì a Basilea il primo congresso sionista.

 

 

L’iniziativa è stata sostenuta da:

Municipio 9 del Comune di Milano,

Keren Kayemeth LeIsrael,

Associazione F.A.B.I.I.U.S.,

Associazione Lombardia-Israele,

Nova Itinera –Percorsi del diritto nel XXI secolo,

Mediterranean Solidarity Association,

KKL Italia Onlus,

N’nai B’rith Milano,

Walking Angels,

Associazione Vittime del Dovere,

Associazione Nazionale Amici d’Israele.

Professore abusava della studentessa minorenne

DAL LAZIO

Avrebbe  abusato sessualmente di una sua studentessa minorenne durante le ripetizioni private nei locali dell’istituto Massimo di Roma, all’ Eur. E’  stato arrestato dalla polizia un insegnante di italiano e latino  di 53 anni, dopo la denuncia dei genitori della ragazza. Il professore avrebbe anche  utilizzato il cellulare per inviare messaggi alla ragazza, intercettati  dai genitori insospettiti anche dallo strano comportamento nei loro confronti . I due hanno scoperto che da due mesi loro figlia era vittima di abusi sessuali nell’aula  dove il professore – docente delle medie che dà ripetizioni ai ragazzi delle superiori – teneva lezioni private. Si tratta di un’aula diversa da quella dove si svolge la normale attività scolastica.

 

Il degrado di Torino incomincia dai semafori

Il degrado di Torino è palpabile già nel suo centro. Se sembra leggermente migliorata la situazione in galleria San Federico, dove fino a inizio gennaio sostavano permanentemente numerosi cartoni, che rappresentavano la casa di circa una decina di senzatetto, non è certo migliorata, invece, la condizione della sicurezza stradale cittadina. Il Comune di Torino non ha soldi e, così, ha deciso, di mantenere spenti alcuni semafori che risultano assolutamente necessari per la sicurezza di automobilisti e pedoni. È il caso di quelli di via Caboto e via Colombo, angolo corso De Gasperi, che rappresentano due incroci piuttosto trafficati. Ora il Comune di Torino monitora la situazione a semafori spenti. Stessa cosa accade nella centrale via Roma, dove da mesi non viene riparato il semaforo all’incrocio con l’altrettanto centrale e trafficata via Gramsci. Ciò significa che il Comune sta dimostrando scarso senso di responsabilità; da un lato si punta all’estensione della Ztl e a trasformarla a ingresso a pagamento, dall’altro non si salvaguardano i cittadini, pedoni e automobilisti, nella normale circolazione stradale.

 

Roberta Siciliano

Coordinatrice  Cicas Torino e provincia

Cirio, i “pelati” nati a Torino

/

cirio1A Torino, a nord-ovest del centro storico,  c’è Porta Palazzo  (Pòrta Palass o Pòrta Pila in piemontese). E’ lì, in piazza della Repubblica, la più estesa della capitale subalpina, che quotidianamente viene ospitato il mercato all’aperto più grande d’Europa. Ed è lì che, davanti al numero 24, s’incontra una lapide dedicata – nel lontano 1910 –  a Francesco Cirio. Le lettere un po’ consunte ci informano come “con una fede iniziatrice, con ardimentosa energia , fra gioie e dolori ,suscitò gloriose fortune per gli agricoltori italiani insegnando nuovi commerci, nuove vie e nuovi mercati”. E’ noto che nel dire Cirio si è sempre pensato al pomodoro e viceversa, parlando dei “pelati” in latta,  veniva naturale associarli alla ditta che porta quel nome. Francesco Cirio, uno dei pionieri dell’industria conserviera, nato a Nizza Monferrato il giorno di Natale del 1836 e trasferitosi a Torino, riuscì con le sue intuizioni a portare i prodotti ortofrutticoli del paese “del sole e del mare” su tutti i mercati del mondo. Sì, perché Il famoso “pelato” Cirio non vide la luce a Napoli, come si potrebbe pensare, ma nella città della Mole, dove Cirio, dall’astigiana valle Belbo, vi arrivò a quattordici anni, squattrinato ma con una grande determinazione e alcune idee geniali. Prima garzone , poi  commerciante in proprio di frutta e verdura a Porta Palazzo, Francesco Cirio – trasportando la merce con un carretto – rivendeva in periferia la verdura che comprava a prezzo di realizzo al mercato durante l’ora di chiusura. Ma come conservare piselli, peperoni, pomodori, cetrioli , carciofi per più giorni o in modo che si potessero consumare fuori cirio2stagione ? Nel 1856, a soli vent’anni, trovò la riposta applicando – per primo in Italia – il metodo inventato nel 1795 dal cuoco e pasticciere francese Nicolas Appert (detto appunto “appertizzazione”) che consisteva nella sterilizzazione di cibi cotti in contenitori chiusi ermeticamente. Fu un successo e di lì a poco Cirio inaugurò la sua prima fabbrica di conserve in scatola, la “Cirio-Società Generale Conserve Alimentari”. Nella prima e nella seconda Esposizione Agraria di Torino, nel 1864 e 1865, gli furono tributati grandi onori mentre la definitiva consacrazione del “re delle conserve” avvenne nel 1867 all’Esposizione Universale di Parigi, a cui fece seguito l’apertura di stabilimenti in altre zone d’Italia. Nel 1880 la produzione di conserve Cirio superava i 10.000 quintali e i 49.000 quintali cirio-3l’esportazione di prodotti ortofrutticoli all’estero (resa possibile grazie alla collaborazione con le Ferrovie Italiane e all’uso di appositi vagoni refrigeranti). Francesco Cirio lavorò alacremente ai suoi progetti , con esiti e fortune alterne. Poco prima della sua morte, a sessantatre  anni da poco compiuti, ai primi di gennaio del 1900, avvenne lo spostamento della “Ditta Cirio-Società Generale Conserve Alimentari “da Torino a San Giovanni a Teduccio, vicino a Napoli e il passaggio del pacchetto azionario di maggioranza nelle mani della famiglia Signorini. Cirio, che riposa al cimitero Monumentale di Torino, legò comunque il suo nome ai celebri “pomodori pelati” e , in fondo, è giusto che sia così se si pensa che la prima capitale d’Italia è la più grande città meridionale del paese dopo Napoli e Palermo,come disse, a suo tempo, il sindaco di Torino Diego Novelli.

 

Marco Travaglini

La torpediniera che affondò nella tempesta sul lago Maggiore

“Pattuglia senza ritorno” è un racconto storico di Elio Motella che si legge tutto d’un fiato, proponendo  – nel quadro di una ben congegnata storia d’amore tra la maestra elementare Assunta Pedroli e il fuochista di Marina Matteo Ferrari – uno dei misteri ancora insoluti del lago Maggiore: quello del naufragio della “Locusta. La narrazione è costruita attorno a questo tragico evento realmente accaduto nella parte alta del lago Maggiore, quasi al confine tra le acque italiane e quelle svizzere, in una gelida notte d’inverno di fine ‘800.  Mescolando realtà e finzione, l’autore tratteggia la vita sulla sponda occidentale del Verbano tra il 1893 al 1896, dove i protagonisti sono i marinai e i militari della Guardia di Finanza del locale distaccamento, addetti al controllo lacuale con le torpediniere, gli “sfrusitt” ( i contrabbandieri) che sfidavano leggi e autorità dedicandosi – tra fatiche e mille peripezie – al contrabbando, considerato a quel tempo una delle poche risorse per la sopravvivenza degli abitanti del lago, la gente e i luoghi della sponda piemontese tra Cannobio e Pallanza. Le rare foto d’epoca, a corredo degli avvenimenti, rendono bene l’atmosfera dell’epoca in quella terra di frontiera. Ma veniamo alla storia della “Locusta”, la torpediniera della “Regia Finanza” che affondò la notte tra l’8 ed il 9 gennaio 1896 dopo esser salpata dalla base di Cannobio per un normale servizio di pattugliamento sul Lago Maggiore. L’ unità, classificata come “torpediniera costiera di quarta classe” (lunga 19,20 metri, capace di una velocità di 17 nodi e dotata di un cannone a ripetizione “Nordenfeldt” )  figurava tra quelle acquistate dalla Regia Marina nei cantieri Thornycroft di Londra nel 1883, per essere imbarcata su navi da battaglia. All’atto pratico si dimostrò inadatta  all’impiego bellico e quindi  fu dislocata sul lago Maggiore, affidata alla “finanza” per essere adibita alla vigilanza doganale sul confine con la Svizzera. Cosa accadde quella notte, è rimasto un mistero, come se la torpediniera fosse sparita in una sorta di “buco nero”. Dalle cronache dell’epoca si evince che era salpata da Cannobio in direzione di Maccagno, sulla sponda lombarda, e il tempo risultava buono: “cielo sereno e lago calmo, con una fredda brezza spirante da nord dalla vicina Svizzera”. L’equipaggio era al completo. Erano in dodici, a bordo: otto marinai della Regia Marina e quattro guardie di finanza. Stando sempre alla cronaca, alla partenza, si trovavano a bordo anche il tenente dei “canarini”, comandante del reparto di confine, e un elettricista, che però sbarcarono poco dopo sulla linea confinaria , al valico di Piaggio Valmara, per effettuare una ispezione a terra. Durante la navigazione notturna sul lago, all’improvviso, il tempo volse al brutto: si alzò un vento impetuoso con raffiche di tramontana e, subito dopo la mezzanotte,si scatenò una furiosa tempesta. Le acque si agitarono, le correnti diventarono impetuose, i lampi squarciarono il cielo gonfio di nubi nere. La “Locusta”, sorpresa dall’improvvisa burrasca, dovette mutar rotta ,dirigendosi verso la vicina Punta Cavalla sulla riva lombarda del lago, per cercare riparo alla violenza della tramontana. Il riflettore della torpediniera venne avvistato da Cannobio per l’ultima volta poco dopo la mezzanotte del 9 gennaio 1896. Poi il buio e più nulla.Non ricevendo risposta ai ripetuti segnali di richiamo lanciati da terra, venne subito fatta uscire la torpediniera-gemella – la “21T Zanzara”- per le ricerche immediate e il soccorso ai naufraghi, ma nonostante la lunga e minuziosa perlustrazione su tutto lo specchio d’acqua tra Cannobio e Cannero ( sulla sponda piemontese), Maccagno e Pino ( su quella lombarda), non venne rinvenuta traccia alcuna di superstiti o di relitti. Il lago si era letteralmente“inghiottito” l’unità navale con tutto l’equipaggio di bordo. I dodici militari risultarono così“dispersi in servizio, nell’adempimento del dovere”. Cosa accadde alla “Locusta”, quella notte, fu oggetto di molte ipotesiForse il natante venne “rovesciato da una raffica impetuosa” e le acque si rinchiusero sull’equipaggio “rifugiatosi sotto coperta per ripararsi dalla burrasca, tranne il capo-timoniere comandante, bloccato anch’esso, ma nella cabina di governo”. Non si poteva neppure escludere che “in quel momento fatale, furono i portelli aperti dell’osteriggio di macchina, a determinare l’allagamento dei locali di bordo”. E come non prendere in considerazione l’eventualità di “ una esplosione delle caldaie esterne, dovuta a un’onda improvvisa”. Supposizioni a parte, resta il fatto che tutte le ricerche e anche l’inchiesta che venne aperta non diedero alcun risultatoAnche i vari tentativi intrapresi nel tempo, basati sulla ricostruzione della rotta e delle posizioni indicate dalle cronache dell’epoca, si sono conclusi senza fortuna e nessun successo. Qausi un secolo dopo, negli anni ’80,  il relitto era stato oggetto di due ricerche: dapprima con il batiscafo dell’esploratore e ingegnere svizzero Jacques Piccard, poi con l’intervento di un’unità della marina militare italiana, guidata da un ammiraglio, con l’intento di recuperare  almeno il natante per esporlo al museo nazionale di Ostia, in quanto unico esemplare rimasto della serie di torpediniere costruite all’epoca. Ma, come già detto, ambedue le immersioni diedero esito negativo poiché il fondale del lago è coperto da grandi depositi di terra e di melma. E anche gli ultimi tentativi non hanno sortito alcunché.  A memoria dei dodici dell’equipaggio della “Locusta” resta il monumento ( un timone sorretto da putrelle di ferro sopra un blocco di pietra con i nomi delle vittime), realizzato  sul Poggio delle Regie Torpediniere, nei pressi del porto militare della Guardia di Finanza a Cannobio. Elio Motella, docente di matematica in pensione, con il suo “Pattuglia senza ritorno”, ha avuto il merito di riportare all’attenzione del pubblico questa vicenda. E di farlo con un libro davvero ben costruito e ancor meglio scritto.

Marco Travaglini

 

Un’altra armonia. Maestri del Rinascimento in Piemonte

Che dire? E’ proprio tutta “un’altra armonia”, per restare al titolo del progetto. Dal 16 dicembre scorso i più grandi nomi del Rinascimento piemontese hanno infatti trovato, al piano terra della Galleria Sabauda di piazzetta Reale a Torino, un nuovo, meno dispersivo e dunque meglio fruibile allestimento permanente: uno spazio di 380 metri quadri loro dedicato e destinato ad ospitare circa cinquanta opere, fra dipinti polittici sculture libri miniati e pale d’altare, che raccontano un momento fondamentale e di grande apertura alle novità più “esterne” – dalle influenze pittoriche dell’Italia centrale fino a quelle d’oltralpe o di matrice fiamminga- della storia dell’arte in Piemonte dalla metà del ‘300 fino all’avvento del Manierismo. Si tratta di una svolta importante per il complesso museale torinese, in un momento particolarmente florido che nel corso del 2017 ha registrato il 20,5% in più di visitatori (pari a circa un + 50mila) rispetto all’anno precedente. “Adesso i Musei Reali di Torino – sottolinea la direttrice Enrica Pagellahanno superato la prima fase. Sono state riaperte porte, riallacciati rapporti, è stato dato un nuovo nome e una identità visiva unica. C’è ancora molto da fare, ma stiamo lavorando per rendere i nostri Musei più accessibili, innovativi e inclusivi, perché credo che possiamo giocare alla pari con le grandi istituzioni museali internazionali”. Sono nove le sezioni in cui si articola il nuovo percorso espositivo, la maggior parte completata da una parte multimediale e interattiva, di cui quattro quelle monografiche, dedicate a singoli Maestri del tempo. A partire da Giovanni Martino Spanzotti (Casale Monferrato, circa 1455 – Chivasso, ante 1598) cui dobbiamo la monumentale parete affrescata con i cicli della “Vita di Cristo” nella Chiesa di San Bernardino ad Ivrea, per passare al suo allievo e collaboratore (certa la collaborazione dei due nella realizzazione, fra il 1502 e il 1510, del “Polittico della Compagnia dei Calzolai” e del “Battesimo di Gesù” conservati nel Duomo di Torino) Defendente Ferrari (Chivasso, 1480/1485 – dopo il 12 novembre 1540) nelle cui opere appare ancor più marcato il gusto al preziosismo decorativo e l’indubbia attrazione verso quella pittura fiamminga che tanto aveva affascinato il suo maestro nei periodi del soggiorno milanese accompagnata alla preziosa lezione architettonica del Bramante e del Bramantino, non meno che a quella di Vincenzo Foppa e del borgognone, attivo anch’egli e parecchio in Piemonte, Antoine de Lonhy. Le altre due sezioni rendono invece omaggio a Gaudenzio Ferrari (Valduggia, circa 1475 – Milano, 1546), pittore scultore e musicista, certamente il più colto e noto artista rinascimentale piemontese, considerato il Raffaello del Nord, e a Macrino d’Alba, pseudonimo di Gian Giacomo de Alladio (Alba, 1460/1465 – circa 1520), studioso a Roma della pittura toscana e umbra (Luca Signoretti e il Perugino) e forse allievo del Pinturicchio per certe affinità stilistiche legate al gusto del colore acceso così come alla forte attrazione per le ardite architetture rinascimentali nonché per i paesaggi ricchi di ruderi e antiche rovine romane. Le rimanenti cinque sezioni tematiche documentano invece, in un più vasto insieme, alcuni tratti pittorico-stilistici accomunabili in specifiche esperienze operative nonché esempi di vita e di costume artistico propri del periodo. Ecco allora l’obiettivo puntato sull’“Eleganza gotica” fatta di ridondanti cromie e abbondante uso dell’oro, cui guardano i vari Francesco Filiberti (con la sua “Madonna in trono con Bambino”, terracotta con tracce policrome), così come Barnaba da Modena o Giacomo Pitterio con le loro raffinate tempere e oro su tavola; a seguire l’attenzione si concentra sugli “Altari del Piemonte” ( con i “Polittici” a più scomparti, molto comuni nelle chiese piemontesi fino a tutto il ‘500) per poi passare agli “Eccentrici”, di cui il belga (ma attivo a Casale dal 1521) Pietro Grammorseo è uno dei principali esponenti, con le sue opere dalla “creatività mutevole e inquieta” in cui esperienze fiamminghe mirabilmente si fondono con motivi propri del figurativismo piemontese e con suggestivi influssi leonardeschi. All’“Organizzazione della bottega” e al “Manierismo” guardano infine le ultime due sezioni. Fiorente bottega in Vercelli fu, nella prima metà del ‘500, quella di Gerolamo Giovenone; in essa lavorò anche il genero (nativo di Mortara, ma diventato il principale artista sulla scena vercellese) Bernardino Lanino. Con quest’ultimo, soprattutto, si chiude in Piemonte il capitolo dell’alto Rinascimento, fondendosi con le peculiarità del nascente Barocco in un processo di decorativismo manieristico, per il quale i modelli di Raffaello e Leonardo diventano sempre più un riferimento imprescindibile.

 

Gianni Milani

***

“Un’altra armonia. Maestri del Rinascimento in Piemonte”

Galleria Sabauda, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106 – www.museireali.beniculturali.it

Orari: dal mart. alla dom. 8,30-19,30

***

– Defendente Ferrari: “Polittico con Madonna che allatta il Bambino”, tempera e oro su tavola, circa 1520

– Gaudenzio Ferrari: “Compianto sul Cristo morto”, olio su tavola, 1535-1540
– Macrino d’Alba: “Madonna con il Bambino in gloria”, tempera su tavola, 1498
– Enrica Pagella, direttrice Musei Reali di Torino
– Un particolare del nuovo allestimento
Crediti fotografici: Daniele Bottallo

SANITA’: VIGNALE (MNS): IMPOSSIBILE IL RINNOVARE IL CONTRATTO DEI DIPENDENTI DELLA SANITA’

“OGGI SAITTA SCOPRE CHE MANCANO 900 MILIONI NON STANZIATI DAL GOVERNO GENTILONI?” 

Nel Consiglio regionale di ieri l’Assessore Saitta ha risposto ad una mia interrogazione a risposta immediata relativamente al rinnovo del contratto dei lavoratori del comparto Sanità.

“Come purtroppo avevamo già denunciato sarà impossibile rinnovare il contratto di tutto il comparto della sanità non avendo stanziato il governo del PD neppure un euro nella legge di stabilità, denuncia Vignale”.

“Ci saremmo aspettati che l’Assessore Saitta in qualità di rappresentante di tutti gli assessori regionali alla Sanità avesse “alzato la voce” nei confronti del governo prima dell’approvazione della legge di bilancio dello Stato, continua Vignale”.

“Invece rimasto fino ad oggi in silenzio nei confronti del Governo di centrosinistra, nella risposta data in Consiglio –forse anche consapevole che difficilmente il centrosinistra tornerà a governare- si è tardivamente scoperto paladino delle regioni affermando che chiederà al governo i 900 milioni di euro mancanti”.

“L’unica verità è che il PD al governo nazionale e regionale impedirà che nel 2018 si rinnovi il contratto a più di 50.000 professionisti sanitari in Piemonte”

***

COMUNICAZIONE AI LETTORI

In vista delle prossime elezioni politiche il quotidiano “il Torinese” pubblicherà gratuitamente in questo spazio interventi, comunicati e notizie inviatici da candidati o esponenti politici di movimenti e partiti. Scrivere a: edizionibest@libero.it

Treni puntuali all’89%. Migliorano anche pulizia e sicurezza

Nell’immaginario collettivo non sarà così, ma ben nove treni regionali su dieci sono puntuali sui binari delle stazioni torinesi e del Piemonte nel suo complesso. Solo lo 0.3% delle corse  è stato cancellato per cause dovute a Trenitalia e migliorano pure gli indici di gradimento del servizio: l’89,8% dei clienti, infatti,  si dichiara soddisfatto del viaggio nel suo complesso, registrando una crescita  di 6,6 punti percentuali negli ultimi due anni. Questi i dati di Trenitalia a proposito della corse ferroviarie regionali gestite nel 2017, più di 250 mila con 44 milioni di viaggiatori a bordo. La puntualità reale dei treni regionali piemontesi – entro i 5 minuti dall’orario previsto – è  pari all’89,3%: più 4,8% rispetto al 2014. A confronto con novembre 2016 i trend di maggiore crescita riguardano la pulizia a bordo (+5,8%), la pulizia del treno (+5,6%) e security (+5,3%).

 

(foto: il Torinese)

La meglio gioventù di Voltolini

STORIE DI CITTA’  di Patrizio Tosetto
.
Una  fredda serata, vai in una libreria per la presentazione del libro scritto da Dario Voltolini e ti trovi 45 anni di ricordi che partono dal liceo. E come tutte le strade fatte di ricordi nulla é lineare, fanno mille curve con gli inevitabili sali e scendi . Pacific Palidases . Si leggono coralmente pagine ed inevitabilmente si ricorda cosa eravamo e cosa siamo diventati. Dario mi devi un intervista!
“Assolutamente, dove ci vediamo? Io sono ritornato a vivere in barriera”.  Allora ci si vede in barriera. Facciamo martedì mattina, ore 10 in Largo Brescia….
Aggiudicato. Puntuali come due soldatini. 
Dario, ne è  passato del tempo…
Sì, anche se l’altra sera con le tue battute sembrava che non ne fosse passato cosi tanto.
Dai, bando ai convenevoli, Dario. Che hai fatto dopo la laurea?
Fino al ’94 ho lavorato per Olivetti in équipe di ricerca, scritto qualche libro. Poi la crisi Olivetti mi ha indotto a scrivere ed insegnare.
Dove?
Scuola Holden, nel 2007 sono stato anche direttore didattico. Ogni giorno ne inventavamo una e i ragazzi partecipavano a questa dimensione creativa. Poi ho collaborato con Beatrice Merz, la sua casa editrice e la Fondazione Mario Merz
Il rapporto con la critica?
Ottimo. Annovero pochissime stroncature. Forti quando ci sono ma non fanno male perché rare.
Rapporto con il pubblico.
Questo, diciamolo, è un po’ più complicato. La mia è una scrittura di nicchia. Non scrivo romanzi “con l’assassino”. Scrivo ciò che mi sento.
Hai qualche tecnica particolare?
No, ci penso molto. Questo si, e generalmente incontro il ricordo personale”.
Onirico?
Questo non so….ma ti ripeto, il ricordo é per me molto importante. 
Ritorniamo al rapporto con il pubblico. L’altra sera hai raccontato del Premio Ischia…
Già,  carino. Eravamo all’inizio degli anni ’90 ed un mio libro era finalista al premio Ischia.  Raccontavo della Torino post industriale e del mio ricordo dei colori della nebbia come delle mura di cinta delle fabbriche…Mi piaceva riviverle e ricordarle. La giuria era composta anche da una scolaresca. Una ragazza commentando mi disse: ma allora a lei la nostra isola non piace …non le piace venire qui. Ho sorriso…mi sono schermito ed ho precisato: la vostra isola mi piace tantissimo ed io arrivo semplicemente da Torino.
Posso definire il tuo metodo di scrittura naif?
Assolutamente, ma per scrivere bisogna anche essere capaci di leggere. O perlomeno io ho seguito questo metodo. Un’estate mi sono imposto, riuscendoci, di leggere tutto Alla ricerca del tempo perduto di Proust. 
Tutto? 
Si, tutto, perché  me lo chiedi?
Sei tra i pochi, Dario. E poi mi racconta di altri scrittori contemporanei. Dimostra di non essere invidioso, di saper ascoltare e leggere per sapere scrivere. Tanti piccoli e grandi episodi. Alla fine gli chiedo:  
al liceo eri iscritto a qualche gruppo politico?
Come si diceva allora “cane sciolto” dentro il mare magmatico del movimento.
Stavolta sorrido io:
come in questi ultimi 30 anni?
Forse. Ma la mia libertà è stare dentro un “movimento” conoscendo e cercando di capire.
***
Dario fa proprio parte della “meglio gioventù.
Patrizio Tosetto