Gennaio 2018- Pagina 20

Dal Lungo a Chiarabella, vecchi e nuovi nomignoli della politica torinese

di Enzo Biffi Gentili

Denise Pardo sul numero de “L’Espresso” attualmente in edicola dedica un saporoso articolo, intitolato Com’è veloce er moviola, alla figura apparentemente sottotono e all’azione al rallentatore, con qualche compiacimento vernacolare, di Paolo Gentiloni. Nell’occasione, partendo dal soprannome “er Moviola” dato al Presidente del Consiglio, osserva che nella Capitale da sempre vengono affibbiati vividi nomignoli ai politici. A questo irriverente umorismo romano dobbiamo, integrando l’elenco redatto dalla Pardo e risalendo nel tempo, a esempio “er Piacione” per Francesco Rutelli, “Belzebù” per Giulio Andreotti, “lo Squalo” per Vittorio Sbardella, “er Varechina” per Giorgio Moschetti, “er Pennacchione” per Nicola Signorello, “er Monaco” per Alberto Giubilo, “er Pecora” per Teodoro Buontempo “er Caccola” per Stefano Delle Chiaie, “er Puzzone” per Benito Mussolini… Una consuetudine molto romana, ma che trova la sua origine, come la nostra lingua, in Toscana, dove questa tradizione non si è mai spenta: non a caso sin da bimbo Matteo Renzi, per la sua propensione a spararle grosse, era chiamato dai compagni “il Bomba”. Ma occorre fare un po’ di revisionismo storico, rammentando che anche a Torino, tra gli anni ’70 e gli ’80, assistemmo a una straordinaria proliferazione di nickname, molti dei quali nati nell’area socialista, e spesso creati da quel personaggio esuberante che fu Silvano Alessio. Citiamone alcuni, omettendo tuttavia, per rispetto, nomi e cognomi beneficati da nomignoli forse troppo irriguardosi. La narrazione della scena socialista aveva tra i suoi protagonisti, al di là dei piuttosto ovvi “Barbone” per Giusi La Ganga o “Genio” per Eugenio Bozzello o “Scico Scico” per Libertino Scicolone, “il Pavone” per Piergiorgio Boffa, “il Bombo” per chi scrive, “l’Uomo della collina” per lo stesso Alessio, “il Pesce” per Gabriele Salerno, “Fitty Fitty” per Gianni Daffara, “Gambone” per Giuseppe Rolando, “l’Uovo” per Salvatore Gallo e poi i più insolenti “la Pennoira” e “Grondaia”. Anche seconde file, simpatizzanti o lobbysti non sfuggivano al destino: circolavano infatti “Senza collo”, “l’Albino”, “Pallone”, “il Cervo” (evidenti le ragioni della mancata indicazione delle relative corrispondenze). Pure i comunisti non erano risparmiati: “Barbaperu” era Gianni Dolino, “Nasello” Diego Novelli, “il Lungo” Piero Fassino, “Benny Goodman” Giancarlo Quagliotti, per via di suoi improbabili variopinti panciotti (poi diverrà, copyright Bruno Babando, “l’Eminenza grigiastra”). E ora stiamo assistendo a una certa ripresa, vittime i Grillini: al di là della folgorante crasi “Chiappendino”, sempre copyright “Lo Spiffero”, è Gabriele Ferraris a rialimentare questa illustre tradizione: ed ecco comparire “Mainagioia” per l’Assessora alla Cultura Francesca Leon e “Chiarabella” per Chiara Appendino, probabilmente allusiva alla disneyana spilungona e dinoccolata Clarabella, fidanzata del cavallino Orazio Cavezza, ma che ebbe anche una sbandata per Pippo. E che fu tra l’altro la principale attrice della saga a fumetti Gli anni muggenti di Clarabella, nei quali noi tutti ora stiamo vivendo.

 

Il sacchetto di plastica biodegradabile salverà l’ambiente?

Per dirla con William Shakespeare, “Much ado about nothing” (molto rumore per nulla), questa potrebbe essere una considerazione legata alla recente vicenda dei sacchetti biodegradabili (quasi) che ha fatto imbestialire gli italiani. Tutti, come per il calcio, hanno detto la loro, ma alcune difese espresse dall’ex premier Matteo Renzi, così come da parte di qualche media, sono inesatte. Non infiliamoci nella polemica perché è stato detto tutto e il suo contrario. Rimane un ulteriore costo per le famiglie, ma in definitiva di gran lunga inferiore a tutti gli altri aumenti, ivi compresi quelli recentissimi dei parlamentari (di cui quasi nessuno sa), dell’Assemblea regionale siciliana e dei dipendenti del Parlamento e via di seguito. Sempre per citare la tragicomica di Shakespeare, la vittoria vale doppia quando il vincitore riporta a casa tutte le sue forze; in questo caso l’unica vincitrice è stata l’AD Catia Bastioli della Novamont che, con brevetto, li produce. Se il sacchetto biodegradabile può salvare l’ambiente, come un feticcio, un totem, perché il problema rifiuti – che equivale ad Ambiente – ci sarà ancora per tanti anni?

 

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Dopo la vicenda su quelli romani che non sono ancora partiti, per lo smaltimento, in Emilia Romagna, in molti si interrogano, come fa l’assessore regionale all’Ambiente Mauro Buschini, su una soluzione possibile. Tuttavia l’accordo con i “colleghi romagnoli” sarebbe già stato stipulato con tanto di quantità stabilite e relativi costi per la trasferta pari a 180 euro a tonnellata. Troppi, a giudizio di Daniele Diaco, presidente della commissione Ambiente del Campidoglio. Il ritardo sarebbe legato ad un ripensamento e alla ricerca di altre soluzioni meno dispendiose, come quella di inviarli in Abruzzo, fino a quella magica di non produrne più! Intanto, fioccano gli esposti, pensando che la Magistratura possa risolvere i problemi della “monnezza”. Se la soluzione degli inceneritori non andava bene ovviamente nemmeno quella, più all’avanguardia, del “tritovagliatore“( trattamento meccanico-biologico) non soddisfa. La domanda che sorge spontanea è se siano meglio le discariche abusive? “Rifiuti zero” potrebbero essere un obiettivo a cui mirare, come dice l’Ad Roberto Cavallo della Cooperativa Erica, qualificata esperta nelle soluzioni ambientali, ma aggiungiamo noi, un pò di riorganizzazione nelle confezioni-imballaggio (packaging) delle merci non guasterebbe .Una speranza, rifiuti controllati, sono molto meglio di quelli lasciati nelle mani della mala o di nessuno.Concludiamo con il mistero e ricordo della giornalista Ilaria Alpi ammazzata, da un commando in Somalia, per un’ indagine sui rifiuti, per rapina o….per insolazione.

 

Tommaso Lo Russo

 

 

L’Italia che verrà

DAL 18 GENNAIO AL 30 MARZO

Il Risorgimento raccontato attraverso undici film. “L’Italia che verrà” è il titolo della rassegna cinematografica curata, insieme al regista Davide Ferrario, da Ferruccio Martinotti, direttore del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino (che ospiterà l’evento) e realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema. Gli anni che portarono all’Unificazione del Paese saranno raccontati sul grande schermo attraverso i più importanti classici – a partire dal kolossal “Il Gattopardo” di Luchino Visconti o da “I vicerè” di Roberto Faenza o ancora da “Uomini contro” di Francesco Rosi così come da “Viva l’Italia” o da “Vanina Vanini” di Roberto Rossellini – ma non solo. Il pubblico potrà anche partecipare, fino a venerdì 30 marzo, alla visione di titoli più recenti e, se vogliamo, più “insoliti: dall’originale “La pattuglia sperduta” di Pietro Nelli, fino a “Il brigante di Tacca del Lupo” (una sorta di via italiana al western) di Pietro Germi, all’antiretorico e antiborghese “Le Cinque Giornate” di Dario Argento e a “Piazza Garibaldi” dello stesso Davide Ferrario. “Un luogo crocevia della Storia, una sala cinema, uno straordinario secolo di storia nel quale gettare le reti, un grande uomo di cinema amico del Museo: impossibile – dichiara il direttore Ferruccio Martinotti non saldare l’equazione e generare qualcosa di intrigante”. Come certamente sarà. A partire dall’evento inaugurale, speciale e gratuito, in programma giovedì 18 gennaio dalle ore 18, allorché in Sala Plebisciti sarà proiettata un’autentica e rara chicca: “I mille”, film muto del 1912 firmato da Alberto Degli Abbati e Mario Caserini, su sceneggiatura di Vittorio Emanuele Bravetta, dal diario di Giuseppe Cesare Abba. Per l’occasione, il film – considerato uno dei primi lungometraggi dedicati alla figura di Garibaldi – verrà sonorizzato dal vivo con musica elettronica dal compositore Andrea Costa, autore di molte colonne sonore mentre sulle pareti scorreranno immagini del Museo e di altri film montate da Davide Ferrario. A seguire, tutte le altre proiezioni avranno luogo nella Sala Cinema del Museo e ogni film sarà proposto ai visitatori per un’intera settimana, dal sabato al venerdì successivo, alle ore 11 e alle 14,30 di ogni giorno. Si inizierà sabato 20 gennaio con “San Michele aveva un gallo” dei Fratelli Taviani.

g.m.

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“L’Italia che verrà”

Museo Nazionale del Risorgimento – Palazzo Carignano, via Accademia delle Scienze 5, Torino; tel. 011/5621147 – 5623719 – Dal 18 gennaio al 30 marzo – Ingresso gratuito per i visitatori muniti di regolare biglietto

Per info: www.museorisorgimentotorino.it

Foto
– Dal film “Piazza Garibaldi” di Davide Ferrario
– Ferruccio Martinotti

 

 

Asili sabaudi, i primi della storia a Rivarolo e Agliè

E l’anno successivo, in un setificio di Agliè, il primo asilo aziendale in Piemonte

 

Il 3 agosto 1838 nasceva a Rivarolo Canavese il primo asilo del Regno sabaudo. Nella cittadina a trenta chilometri da Torino, l’annuncio ufficiale venne dato in una cerimonia a palazzo Farina di Rivarolo, durante un incontro tra il sindaco Maurizio Farina –  che fu, in seguito, senatore del Regno – Ferrante Aporti e Camillo Benso, conte di Cavour. Già da un paio d’anni,  nelle terre dei Savoia, esistevano asili per l’infanzia, come quello istituito a Torino nel 1836 dalla marchesa di Barolo, ma la loro funzione era esclusivamente quella di accudire i bambini. L’abate Ferrante Aporti, sfidando conservatori e perbenisti,  sosteneva invece come questi istituti dovessero porsi anche l’obiettivo di fornire ai piccoli dei principi educativi e istruttivi. Un’idea di stampo progressista, mal vista e mal digerita dal potere costituito. Così il Farina , all’inizio del 1838, in qualità  di sindaco del centro  canavesano, si prese la responsabilità di fondare il primo asilo aportiano  senza darne avviso al questore di Torino e informandone solo ufficiosamente il Marchese di Saluzzo, allora Governatore dei Reali Principi. Una scelta che venne poi ufficialmente riconosciuta qualche mese dopo, con la visita di Cavour a Rivarolo. Ferrante Aporti, pioniere dell’educazione scolastica infantile, aveva fondato pochi anni prima a Cremona il primo asilo d’infanzia a pagamento in Italia per alunni da due anni e mezzo a sei anni; un esperimento che poi diffuse nel lombardo-veneto con scuole infantili gratuite finanziate dal governo austriaco. Scopo degli asili era accogliere i figli dei lavoratori, aiutare le famiglie a sostenerli mediante la refezione, curarne l’educazione fin dall’infanzia nello sviluppo intellettivo, religioso, morale e fisico. La scuola di Rivarolo continuò la sua attività e divenne progetto pilota per l’apertura di altre scuole aportiane. Nel centro storico rivarolese, sul fronte di palazzo Farina, una targa ricorda l’azione “di Camillo Cavour e altri nobili uomini” in quest’ impresa. Un anno dopo, nel 1839, sempre nel canavese venne aperto anche il primo asilo aziendale in Piemonte. Lorenzo Valerio, dirigendo un setificio ad Agliè, guidato dalle sue idee liberali e da un’impostazione sociale molto avanzata per l’epoca, non si limitò a questo ma si distinse per l’impegno profuso nel migliorare le condizioni di lavoro delle operaie.  Tra l’altro si adoperò ad aprire scuole femminili e serali, a quel tempo estremamente rare, dimostrando una sensibilità fuori del comune.

 

Marco Travaglini

O. Napoli (FI): “Gabrielli provi a fare il sindaco”

SULL’ORGANIZZAZIONE DEGLI EVENTI PUBBLICI DOPO IL DRAMMA DI PIAZZA SAN CARLO

Le dichiarazioni di Osvaldo Napoli, capogruppo di Forza Italia al Comune di Torino e vice responsabile Enti locali:

“Il capo della Polizia Franco Gabrielli avrebbe potuto, e dovuto, trovare parole diverse per rivolgersi ai sindaci ed evitare in ogni caso di apostrofarli come “questi signori”. Tutti invocano il rispetto delle istituzioni ma se questo viene meno “fra” le istituzioni allora si predica nel deserto, come oggi ha fatto il capo della Polizia. Quanto alla sua circolare sulle manifestazioni pubbliche, Gabrielli evidentemente non può che difenderla. Anche se, mi permetto di suggerirgli una piccola esperienza come sindaco, foss’anche del più sperduto Comune. Si accorgerà che applicare la sua circolare significa per qualsiasi sindaco rinunciare a ogni manifestazione, dalla sagra dei marroni per non dire degli eventi musicali. Perché applicare le disposizioni della circolare Gabrielli significa due cose: o quel Comune ha le casse talmente floride da non sapere dove mettere i soldi oppure che gli abitanti di quel Comune non avranno mai più diritto a un evento pubblico e saranno costretti a rintanarsi in casa. Mi rifiuto di credere che Gabrielli abbia in mente di applicare il coprifuoco negli 8 mila Comuni italiani”.

Piazza San Carlo, botta e risposta tra capo della Polizia e procuratore generale

Quando “avvengono fatti gravi, il magistrato cerca una posizione di garanzia, e molto spesso il questore è il soggetto a cui riferire le responsabilità. Torino docet. Noi abbiamo detto basta siamo stanchi di fare le foglie di fico rispetto a responsabilità che non sono le nostre”. Queste le parole del capo della Polizia Franco Gabrielli che a Torino è intervenuto sulla circolare relativa alla gestione delle manifestazioni pubbliche che definisce  le responsabilità sulla sicurezza. Se qualcuno oggi non organizza  gli eventi “perché non ha i soldi, – ha aggiunto Gabrielli – mi fa sorgere il fondato sospetto che prima si facevano le cose così, perché si è sempre fatto”. Replica a stretto giro di posta  il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo, affermando che sui fatti di piazza San Carlo, la Procura di Torino, così l’Ansa riporta le sue parole “non ha individuato posizioni che possano avere rappresentato la cosiddetta ‘foglia di fico’” e “non si sono voluti sbrigativamente coinvolgere esponenti apicali delle forze di polizia”.  La Procura, quindi “non ha cercato a caso né la posizione del Questore, come sembra trasparire dalla irritata precisazione del Capo della Polizia, né la posizione di altri”, ma l’indagine “ha portato a individuare una serie di soggetti ai quali potrebbero essere attribuite specifiche responsabili. Non per la loro posizione di garanzia, ma per le rispettive competenze”. In serata una nota del Dipartimento di Pubblica Sicurezza precisa che il capo della polizia non intendeva polemizzare con la magistratura di cui ha il massimo rispetto. Gabrielli ha parlato poi con Saluzzo da cui ha detto di aver riscontrato parole di comprensione.

Calenda chiede a Embraco di sospendere i licenziamenti

Il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha richiesto ad Embraco, l’ azienda del gruppo Whirlpool che ha annunciato circa 500 esuberi,   di stoppare la procedura di licenziamento al fine di consentire di valutare eventuali iniziative di reindustrializzazione. Il ministro ha incontrato una delegazione dell’azienda con il direttore generale di Embraco Europe, Emerson Zappone, e  ha chiesto di indicare quali elementi e iniziative potrebbero consentire di mantenere la produzione in Italia. Embraco dovrebbe rispondere la prossima settimana.

Consumatori, ecco il reddito di inclusione

Di   Patrizia   Polliotto*
Per contrastare efficacemente la povertà dal 1° Dicembre 2017 è disponibile il cosiddetto ‘reddito di inclusione’. Il nuovo tipo di sussidio a l momento viene riconosciuto ai nuclei familiari che rispondano a determinati requisiti relativi alla situazione economica. In particolare, il nucleo familiare del richiedente dovrà avere un valore dell’ ISEE , in corso di validità, non superiore a 6.000 euro e un valore del patrimonio immobiliare, diverso dalla casa di abitazione, non superiore a 20.000 euro. In prima analisi, sono prioritariamente ammessi al REI i nuclei con figli minorenni o disabili, donne in stato di gravidanza o disoccupati ultra cinquantacinquenni. Il provvedimento prevede dunque specifiche regole attuative. Non potranno ottenere il Rei i proprietari di imbarcazioni, o auto e moto immatricolati nei 24 mesi precedenti la richiesta del sussidio. A poter avanzare tale richiesta di sussidio sono i cittadini italiani, i comunitari e gli extracomunitari con permesso di lungo soggiorno.
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*   Avvocato,   Fondatore   e   Presidente   del   Comitato   Regionale   del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori

UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI
COMITATO REGIONALE DEL PIEMONTE
TEL. 011 5611800, Via Roma 366 – Torino
EMAIL: UNC.CONSUMATORITORINO@GMAIL.COM

IL PIANO REGOLATORE SI RINNOVA, AL VIA UN’INDAGINE CONOSCITIVA SU 350 AREE DELLA CITTÀ

La città cambia attraverso una revisione del Piano Regolatore. Sono  350 le aree urbanistiche (Zone Urbane di trasformazione, Aree da trasformare per servizi e Aree del centro storico) interessate a un’indagine del gruppo di lavoro che sta operando sul progetto Speciale Piano Regolatore al fine di elaborare una trasformazione di luoghi della Città da molti anni non oggetto di interventi.

Durante i lavori della Commissione Urbanistica è stato comunicato dalla Giunta e dai tecnici comunali, che  sette neo laureati sono stati assunti per uno stage semestrale con l’intento di affiancare i tecnici dell’Amministrazione comunale impegnati nei sopralluoghi conoscitivi delle zone.

A Palazzo Civico la Commissione Urbanistica tornerà periodicamente a riunirsi per verificare lo stato di avanzamento dei lavori e conoscere i primi risultati sulle aree urbanistiche coinvolte dal sondaggio.

Il sito web www.torinosiprogetta.it inaugurato nelle scorse settimane e dedicato alle informazioni su temi, tempi e procedure della revisione generale del Piano Regolatore della Città è in costante aggiornamento.

Il 25 gennaio in sala Rossa a Torino un convegno su Elvira Berrini, “mamma Pajetta”

Elvira Berrini Pajetta. Donna,madre,educatrice e militante”. Questo è il titolo del convegno che la città di Torino e l’Associazione Consiglieri Emeriti del capoluogo piemontese dedicheranno giovedì 25 gennaio alla figura di una tra le donne più popolari nel secondo dopoguerra. Il pomeriggio di studi su “mamma Pajetta” si terrà alle 14,30, nella Sala Rossa di Palazzo Civico a Torino. Introdurrà e coordinerà il convegno Giancarlo Quagliotti, presidente dell’Associazione Consiglieri Emeriti Città di Torino. Le relazioni saranno svolte da Elvira Pajetta,autrice del libro “Compagni”, sulla vita della famiglia Pajetta, e daMaria Grazia Sestero su “Elvira Pajetta: assessore e consigliere comunale (1945- 1956)”.  Seguiranno le testimonianze di Aldo Agosti, Sante Bajardi, Gisella Giambone, Diego Novelli e Gaspara Pajetta. Lia Tomatis eseguirà alcune letture tratte dal diario di Elvira Pajetta.

Nata a Novara nel 1887, figlia di una contadina e di un ingegnere, dipendente delle Ferrovie, Elvira  Berrini frequentò le scuole a Torino dove ottenne il diploma di maestra e insegnò nelle scuole elementari. Nel 1910 sposò Carlo Pajetta. Insegnò nel quartiere popolare e operaio di borgo San Paolo, il “borgo rosso”. Lì divenne amica e compagna di lotta di Camilla Ravera e sempre lì nacquero i suoi primi due figli,  Gian Carlo  – nel 1911 – e Giuliano, quattro anni dopo. Il terzo e ultimo, Gaspare, nacque il 27 giugno del 1925 a Taino,  il piccolo paese lombardo sulle pendici collinari della sponda “magra” del lago Maggiore,  di cui la famiglia era originaria. Nel 1927 Gian Carlo venne arrestato per la prima volta per antifascismo e dovette espatriare per ragioni politiche. Rientrato in Italia nel ‘33 fu nuovamente arrestato a Reggio Emilia e condannato a 21 anni di reclusione dal Tribunale Speciale fascista. Giuliano, il secondogenito, a sua volta espatriò nei primi anni ’30 e combattè in Spagna e nella resistenza in Francia. Una volta rientrato in Italia, arrestato dalle SS a Milano, venne internato a Mauthausen. Gaspare, salito in montagna con una formazione partigiana nel dicembre del ’43, morì a diciotto anni in combattimento il 13 febbraio dell’anno successivo a Megolo, in Val d’Ossola. Arrestata col marito per l’impegno politico dei figli maggiori, esonerata dall’insegnamento, “mamma Pajetta” (come sarebbe stata affettuosamente chiamata nel secondo dopoguerra) fu tra le animatrici a Torino del “Soccorso rosso” e fece spesso la spola con la Francia, quando Giuliano vi si era rifugiato. Neppure la dolorosa perdita di Gaspare la indusse a desistere dalla lotta antifascista, anche se ne rimase profondamente segnata e quando si incontrò a Torino con Ada Gobetti, per continuare quell’impegno attraverso i Gruppi di Difesa della Donna, quest’ultima intuì che “anche se straordinariamente forte, anche se sorretta da una fede senza debolezze e dall’amore dei figli rimasti, non può più essere come prima”. Al termine della guerra Elvira venne nominata ispettrice a Torino, per incarico del Comitato di Liberazione, nel 1946 venne eletta assessore e l’anno seguente tornò all’insegnamento. Nel 1956, assistette all’ultima seduta del Consiglio Comunale e concluse la sua vita politica. Nel 1962 morì il marito Carlo e Elvira, già colpita da un malore alcuni anni prima, si trovò a scrivere parole amare e sofferte: “solitudine, rimpianti, poca salute, nessuna voglia di vivere”. Un anno dopo, nel settembre del ’63, si spense nel novarese, a Romagnano Sesia,  e venne sepolta nella stessa tomba che il giovane Gaspare divideva con l’amico Aldo Carletti, nel piccolo cimitero di Megolo, una delle frazioni di Pieve Vergonte, in bassa Val d’Ossola. Nello stesso luogo all’ombra del Cortavolo dove, nel tempo, l’intera famiglia Pajetta si è riunita per sempre.

Marco Travaglini