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STORIA- Pagina 83

Rinasce il Teatro d’acque della Fontana dell’Ercole

Reggia di Venaria, Galleria Grande

Presentazione intervento di recupero e valorizzazione del Teatro d’acque della Fontana dell’Ercole presso i Giardini della Venaria Reale

Oggi viene presentato il risultato dell’ambizioso intervento di restauro e valorizzazione funzionale del
capolavoro seicentesco di Amedeo di Castellamonte.
Alle Aziende e agli Enti Soci della Consulta di Torino si sono uniti l’entusiasmo e il sostegno di prestigiosi
Partners: Fondazione Compagnia di San Paolo, Intesa Sanpaolo, Reale Mutua, Consorzio delle Residenze Reali
Sabaude, A.V.T.A. – Amici Reggia Venaria Reale, Iren solidali nell’intento di aumentare e migliorare la fruibilità
del patrimonio culturale del territorio, nel rispetto della memoria e dell’eredità storica che il presente ha il
dovere di preservare per le generazioni a venire.
Si tratta dell’ultimo tassello del Progetto di recupero della Venaria Reale, avviato nel 1998. Proprio
quest’anno ricorrono i 15 anni di apertura della Reggia di Venaria e i 25 anni del riconoscimento Unesco delle
Residenze Reali Sabaude. La rinascita del Teatro d’acque celebra queste ricorrenze.
Il complesso della Fontana dell’Ercole Colosso, realizzato tra il 1669 e il 1672, era il luogo delle feste: una
straordinaria “macchina scenografica barocca” frutto del dialogo tra natura e architetture.
In origine era costituita da scalinate e padiglioni, ninfei e grotte preziosamente decorati, giochi d’acqua e un
grandioso apparato decorativo, dominato dall’Ercole Colosso, protagonista del contesto e collocato al centro
della grande vasca.
Simbolo del giardino tardo‐manierista l’imponente sito era stato pensato dal Castellamonte come una delle
grandi meraviglie della nuova Reggia voluta dal duca Carlo Emanuele II di Savoia.
Ideato e realizzato per il loisir e impostato su un raffinato gioco di rimandi allegorici e allusioni mitologiche,
dava lustro alla dinastia sabauda, di cui incarnava il desiderio di rivaleggiare con le più grandi corti delle
monarchie europee.
Un mutamento del gusto e gravi eventi bellici ne decretarono lo smantellamento già agli inizi del Settecento.
Il patrimonio decorativo e statuario fu disperso su altre residenze reali e nobiliari e il sito demolito e interrato.
Nei primi anni duemila, nell’ambito del Progetto La Venaria Reale, coordinato dalla Soprintendenza e dalla
Regione Piemonte, vennero realizzati importanti lavori di scavo, liberando i ruderi e riportando alla luce quel
che restava dell’antico splendore.
La Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino ha accolto la richiesta di intervenire su
quello che era stato una delle spettacolari architetture della residenza di caccia dei Savoia, per completare
l’opera di recupero della Reggia di Venaria, andando ad operare sull’ultimo tassello ancora abbandonato al
degrado.
Il progetto ideato dall’architetto Gianfranco Gritella ‐ frutto di studi e indagini accurate ‐ ha richiamato
energie e attivato sinergie tra le principali istituzioni pubbliche e private del territorio nazionale.
“L’intervento di restauro – spiega il Progettista e Direttore dei lavori ‐ ha seguito il principio della
‘progettazione della conservazione’ intesa come garanzia del rispetto delle caratteristiche proprie delle
architetture superstiti. Partendo dallo studio e dalla conoscenza dei manufatti, si è voluto ricucire il rapporto
tra intervento e preesistenza. L’Intero progetto si basa sul concetto di ‘intervento leggero’ richiamato a dare
forza all’idea di un restauro sostenibile, attraverso l’uso di due materiali storici – legno e ferro – entrambi
utilizzati con sistemi di montaggio che ne consentono una completa reversibilità.”
Nei Giardini aulici della Reggia è stata ricreata una preziosa narrazione. Sul tema della Memoria si è rievocato
un mito, la Meraviglia, per offrire un nuovo emozionante motivo per visitare la Venaria e ‐ per chi già la
conosce ‐ una stupenda ragione per tornare.
Michele Briamonte, Presidente del Consorzio delle Residenze Sabaude, ha dichiarato: “L’imponente restauro
e la valorizzazione del complesso monumentale della Fontana dell’Ercole nei Giardini della Reggia,
rappresentano l’ultimo fondamentale atto del compimento generale del progetto di recupero della Venaria
Reale, iniziato ne 2007 e definito come il più grande cantiere d’Europa per un bene culturale. E’ un traguardo
importantissimo che segna la nuova rinascita della Reggia ‐ proprio nel 15° anniversario della sua
inaugurazione – adesso arricchita da un’ennesima straordinaria attrazione. Non posso che esserne orgoglioso
e lieto, e congratularmi anche a nome di tutto il Consiglio di Amministrazione e del Direttore generale Guido
Curto, ringraziando le varie istituzioni, i mecenati e in particolar modo la Consulta di Torino per aver reso
possibile ‐ insieme al Consorzio ‐ con eccezionale generosità, perseveranza e sforzi notevoli questo incredibile
risultato”
“E’ motivo di orgoglio e soddisfazione per le Aziende e gli Enti Soci della Consulta l’aver portato a compimento
il grandioso intervento di riqualificazione del Teatro d’acque della Fontana dell’Ercole. Alla base della
decisione di realizzare il progetto c’è stato ‐ come in ogni decisione dell’associazione ‐ lo sguardo verso il
futuro. Il risultato ‐ realizzato in regime di Art Bonus ‐ è frutto e dimostrazione della capacità del tessuto
imprenditoriale di investire e collaborare con le istituzioni per la salvaguardia e lo sviluppo del patrimonio
storico‐artistico” conclude il Presidente della Consulta Giorgio Marsiaj

Foto Paolo Robino

Torino e il Fumetto: un antico sodalizio, dalla tradizione popolare ai contemporanei cosplayers

Si è concluso da poco l’attesissimo evento Torino Comics, ospitato, come ormai d’abitudine, presso il Lingotto Fiere, tra il 10 e il 12 giugno scorsi; dopo due anni di pausa forzata, dovuta alle restrizioni del periodo pandemico, finalmente gli appassionati di ogni età sono riusciti ad aggirarsi nuovamente tra gli stand dedicati a libri, manga, grafic novel, gadget, action figurs e quant’altro, non solo, alcuni visitatori hanno potuto finalmente presentarsi all’evento vestiti di tutto punto, secondo le caratteristiche dei propri personaggi preferiti, come ben si addice ad un bravo cosplayers.
Tuttavia non sono solo gli appuntamenti con la nota Fiera del fumetto a segnare un certo legame tra il capoluogo piemontese e tale peculiare genere letterario.

Apparentemente nascoste e inaspettate, in realtà le attività commerciali interamente dedicate alla “nona arte”, come la definisce il critico francese Claude Beylie, sono assai numerose, esse sono oggi un punto di riferimento inalienabile per gli appassionati della “letteratura disegnata”, pubblico che tra l’altro pare essere in costante aumento.
Non sono nemmeno da dimenticare i numerosi eventi che hanno contribuito a sancire, nel corso del tempo, questo peculiare sodalizio tra la subcultura dell’ “arte sequenziale” e la città Sabauda, mi riferisco ovviamente al Torino Comics, che vanta ormai ventisei edizioni, ma anche ad altre occasioni, quali “Diabolik alla Mole”, mostra-evento a cura di Luca Beatrice, Domenico De Gaetano e Luigi Mascheroni, ospitata al piano accoglienza del Museo Nazionale del Cinema, oppure “Gulp! Goal! Ciak!”, esposizione congiunta tra il Museo Nazionale del Cinema e lo Juventus Museum, a cura di Luca Raffaelli, da un’idea di Gaetano Renda.

Un linguaggio immediato, quello del fumetto, vignette e dialoghi alla portata di tutti: un medium cartaceo che attraverso “nuvolette” e didascalie azzera le differenze culturali dei lettori, un linguaggio “di massa” certo, ma anche assolutamente democratico, che attraverso la semplicità della sapienza trasforma Paperino in Dante, affinché anche i più piccoli possano iniziare ad avvicinarsi al Testo letterario per eccellenza, e, al contempo, un mondo che nella sua apparente semplicità, è anche capace di conquistare il Teatro, come si evince dalla commedia musicale di Sergio Tofano “L’isola dei pappagalli con Bonaventura prigioniero degli antropofagi”, allestita da Antonio Latella per il Teatro Stabile di Torino.
È l’immagine dunque l’assoluta protagonista. I disegni, sempre diversi e sempre unici, realizzati sia con tratti semplici, sia con dovizie di particolari, monocromi o pregni di dettagli cromatici, sono talvolta utilizzati per narrare avventure, altre volte esprimono stati d’animo o riflessioni, talora invece si fanno seriosi o satirici. In quest’ottica si inseriscono perfettamente quelle illustrazioni che potremmo considerare antesignane di una caricatura pungente e intelligente, ossia le raffigurazioni de “Il Codino Rosso” settimanale satirico della prima metà del Novecento, tra le cui pagine si cela l’origine della maschera piemontese Gianduja.

Ma andiamo per ordine.
Pensiamo alla Storia, l’uomo da sempre si avvale dell’uso delle immagini per raccontare. La Storia dell’Arte ci viene in soccorso ancora una volta, fornendoci esempi concreti a cui fare riferimento: in Egitto, a Saqquara, è stata rinvenuta la cappella funeraria dedicata all’architetto Ankhmahor, le pareti della tomba presentano soggetti raffigurati inframezzati da iscrizioni, una sorta di fumetto ante litteram a tutti gli effetti; vi sono poi la narrazione a spirale della Colonna Traiana e quella dell’arazzo di Bayeux, racconto per immagini della conquista normanna dell’Inghilterra; da non dimenticare la tradizione medievale della biblia pauperum o le decorazioni delle vetrate delle cattedrali, in cui talvolta piccole didascalie in latino fuoriuscivano dalle bocche dei santi rappresentati; in pittura invece è bene riportare alla mente le opere di Simone Martini, “Annunciazione tra i santi Ansano e Margherita” e del Beato Angelico, “Annunciazione di Cortona”, entrambe raffigurazioni in cui parole dorate si appoggiano alle labbra dei protagonisti, riportandone i dialoghi.
Ecco dunque come può essere considerato il fumetto, un linguaggio mediante il quale, attraverso l’ausilio di immagini, si può raccontare una vicenda o esplicitare un concetto. Parliamo dunque di “arte sequenziale”, poiché esso rientra a pieno diritto nell’amplia definizione di “arte”, soprattutto quando si prende in considerazione un prodotto peculiare, unico, pregno di insegnamenti, lontano insomma dalla serialità e dalla lavorazione meccanica, tipica dell’industria consumistica.

Uno dei primi esempi di narrazione per immagini risale al 1827, quando Rodolphe Töppfer realizza una sequenza di immagini accompagnate da didascalie, titolate “Histoire de M.Vieux Bois”.
Il primo vero e proprio “fumetto moderno” è Yellow Kid, nato dalla mente di Richard Felton Outcault, pubblicato per la prima volta nel 1895, come supplemento domenicale del New York American.
La novità riscuote un grande successo, soprattutto tra bambini e adolescenti: a partire da questo momento il fumetto diviene un mezzo espressivo assai diffuso, il trascorrere del tempo e l’avvento delle tecnologie contribuiscono a far evolvere il nuovo linguaggio e di pari passo anche il mestiere del fumettista assume diverse caratteristiche: dal disegno a mano libera si passa alla grafica, fino alle moderne possibilità date dall’animazione digitale. Emblematica ed esemplificativa è la vicenda di Walt Disney, che con il suo Topolino in bianco e nero ha costruito un impero ancora oggi indiscusso.

È invece del 1908 il primo fumetto italiano, si tratta di un supplemento del Corriere della Sera, una semplice vicenda autoconclusiva senza troppi agghindi grafici, iniziata e finita nella medesima pubblicazione; l’innovazione però piace fino a trasformarsi in una formula che verrà adottata fino agli anni Settanta, nascono i fumetti del Corrierino, illustrazioni e testi in rima dedicati ai lettori più piccoli, le tematiche trattate sono comunque complesse ed elevate, poiché si ritiene che tali fumetti debbano avere finalità educative, atte a contribuire alla formazione dei giovanissimi. Nascono così personaggi intramontabili come il Signor Bonaventura (1917) segnato da un’ironica malasorte che lo costringeva a vivere simpatiche disavventure, o Kit Carson (1937) ispirato all’affascinante mondo del West.

Sono invece degli anni Sessanta le prime “opere fumettistiche” che oltre ad una particolareggiata narrazione, presentano indiscussa valenza artistica, un esempio per tutti: la serie di racconti di Hugo Pratt e del suo Corto Maltese.
Gli anni Ottanta sono invece segnati dai personaggi di Andrea Pazienza, protagonisti della cultura “controcorrente” del periodo, in massima parte pubblicati sulla rivista Frigidaire.
Il fumetto, nel corso della sua evoluzione, si instaura a tutti gli effetti tra i mezzi di comunicazione di massa, influenza di fatto i lettori e colpisce l’immaginario comune attraverso personaggi, atmosfere e stili che rispecchiano il variegato mondo dei fumettisti.
Impossibile non citare, all’interno di un seppur generale discorso sul fumetto, il lavoro di Roy Lichtenstein, celeberrimo esponente della Pop Art, il quale attraverso la trasposizione pittorica delle vignette fumettistiche mette in relazione la cultura “alta” della pittura e il linguaggio “basso” della massificazione, segnata dagli ideali del consumismo.
Una particolare terminologia contraddistingue il genere: con la parola “fumetto” si fa riferimento alla “nuvoletta” presente all’interno delle vignette, utilizzata per riportare pensieri o dialoghi tra i personaggi, “nuvolette” similari a sbuffi di fumo che assumono tratti differenti a seconda della necessità (riflessioni, pensieri, dialoghi diretti); altre caratteristiche testuali altrettanto importanti per contraddistinguere il genere sono le onomatopee, ed i “cartigli”, ossia le didascalie interne ed esterne alle scene.

La realizzazione di un fumetto non è così veloce o semplice, essa comprende un iter di passaggi concatenati che possono richiedere diverso tempo: scelta del soggetto, stesura della sceneggiatura, a cui seguono studi e documentazioni utili per realizzare lo storyboard; si procede poi con il disegno a matita, l’inchiostrazione, la colorazione ed infine il lettering.
Numerosissimi sono i personaggi nati dall’inchiostro e dalle idee di altrettanto numerosi autori, citarli ad uno ad uno pare un’impresa impossibile, mi limiterò infatti a fare accenno ad alcune situazioni utili al nostro discorso principale, ossia il sodalizio tra Torino e il mondo del fumetto.
Vorrei partire allora accennando ad uno dei simboli di Torino, la maschera Gianduja, una figura assai più complessa di quella che può apparire di primo acchito. Gianduja è infatti insieme rivoluzionario e conservatore, elegante e bonario, una doppia anima che in realtà rispecchia la natura dei Torinesi.
Per comprendere appieno le vicissitudini del personaggio è consigliabile andare a visionare il Museo Gianduja, presso le Serre di Grugliasco; cuore della collezione, la cui figura di riferimento è Alfonso Cipolla, è la “Via Crucis di Gianduja”, un vero capolavoro di satira risorgimentale ad opera del disegnatore Teja. Qui sono anche presenti altri esempi a metà tra satira e fumetto ad opera di celebri qutori quali Guido Gonin, Enrico Gamba, Gec ed Alessandri.
Di natali milanesi, ma naturalizzato italiano è Il Signor Bonaventura, un personaggio immaginario, ideato nel 1917 da Sergio Tofano. Caratterizzavano l’alto personaggio la giacca ed il cappello rossi, larghi pantaloni bianchi e, soprattutto, il fido compagno bassotto. I testi dei fumetti erano tutti composti da distici di ottonari a rima baciata, e iniziavano con le parole: “Qui comincia la sventura/ del Signor Bonaventura…”

Se da una parte il personaggio entra a far parte della cultura di tutti, è proprio un teatro torinese che decide di accoglierlo sul palco.
Nel 2019, dal 28 di maggio fino al 16 giugno, era possibile assistere allo spettacolo “L’isola dei pappagalli con Bonaventura prigioniero degli antropofagi”. Riprendendo il celebre personaggio dei fumetti, Latella struttura un’avventura in rima, sulle note di Nino Rota, e si diverte a realizzare uno spettacolo un po’ “gioco d’infanzia”, un po’ “cabaret dadaista”; gli attori mettono in scena il naufragio dell’eroe dei fumetti di Tofano e del suo inseparabile bassotto e l’incontro tra i due e i “cannibali brutti e pappagalli belli”. La commedia è apprezzata soprattutto per gli effetti linguistici, parole che si ripetono, altre invece puramente inventate, echi e pensieri interrotti, dialoghi che sono vere e proprie filastrocche, tutte basate sulla semplicità delle rime. Al termine della disavventura però il Signor Bonaventura non riceve la solita ricompensa, in questa versione infatti non vi è premio, ma solo un nostalgico ritorno a dove tutto è iniziato, “dove il primo bacio era una rima baciata, e purtroppo da noi tutti dimenticata.”
Fumetto però è anche cinema, è innegabile il rapporto quasi simbiotico tra le due arti. Proprio questo aspetto ha indagato “Gulp! Goal! Ciak!”, la mostra che si è tenuta a Torino, sempre nel 2019, vedendo per la prima volta in collaborazione il Museo Nazionale del Cinema e lo Juventus Museum.
L’esposizione esalta la ricchezza iconografica che lega lo sport, soprattutto il calcio, il cinema e il mondo del fumetto, il tutto attraverso materiali esposti, pagine di giornali, vignette e proiezioni multimediali. La mostra, che parte dall’Aula del Tempio nel cuore della Mole Antonelliana, nasce dall’idea di sottolineare come la storia della passione per il calcio sia stata raccontata spesso nel fumetto, e da come quest’ultimo, da sempre, influisca positivamente sull’immaginario comune delle persone. Gli oggetti visionabili seguono un ordine cronologico, si parte da immagini bianco e nero, fino a giungere alle vignette contemporanee, colorate anche con tecniche digitali. L’esposizione, geniale e peculiare, risulta anche occasione per riflettere sull’evoluzione che il tempo e le nuove tecnologie hanno portato – e imposto- a tutti gli ambiti qui presi in esame.

Non si cambia location per “Diabolik alla Mole”, mostra dedicata al “Re del terrore” delle sorelle Giussani. L’evento ha celebrato con elegante anticipo i sessant’anni dell’antieroe mascherato, e con precisa puntualità l’uscita del film dei Manetti Bros, con Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea e Alessandro Roia. Anche in questa occasione il fumetto si compenetra con il cinema; sono anche presenti alla mostra-evento materiali inediti, risalenti alla versione cinematografica diretta da Mario Bava nel 1968 e di quella -mai realizzata- del 1965 da Seth Holt, con l’attore francese Jean Sorel. Nella sede è possibile visionare fumetti, tavole e disegni originali, nonché rarità provenienti dall’archivio della casa editrice Astorina e da collezionisti privati, il tutto confluisce nella ricreazione di un clima tetro di una metropoli del Nord Italia, a metà tra Torino e Milano, in cui è impossibile non parteggiare per l’affascinante coppia di criminali. Tocco di classe dell’esposizione: la colonna sonora del film, le musiche di Pivio & Aldo De Scalzi, che fanno da sottofondo ai disegni, alle tavole e agli oggetti di scena qui esposti.
Appuntamenti, questi a cui ho accennato,frequenti ma non periodici né assidui, al contrario del Comics, fiera annuale che con rassicurante ricorrenza, rende felici i torinesi appassionati del mondo del fumetto.

L’avventura inizia nel 1994, presso il padiglione 4° di Torino Esposizioni, in Viale Boiardo; l’anno successivo si riconferma l’appuntamento, stesso padiglione, stesso periodo, ma i giorni aumentano, partecipano in quest’occasione nomi altisonanti quali Guido Silvestri, in arte Silver, Giorgio Cavazzano, Ade Capone, Claudio Chiaverotti e Giovan Battista Carpi. Il Torino Comics da quell’anno non conosce sconfitte, non salta un’edizione e ogni ricorrenza è caratterizzata da una tematica principale che fa da fil rouge per le giornate dedicate all’evento. Occasione particolare che incide non poco a far scoprire al grande pubblico un’altra realtà altrettanto peculiare come quella dei cosplayers. Un cosplayer è un appassionato che si traveste per interpretare un personaggio di fantasia. Il termine cosplayer deriva dal termine cosplay, che tradotto significa “recitare con un costume”.

Se i più fanno risalire tale abitudine esclusivamente ad una moda tutta giapponese, è giusto far riferimento alle feste e ai balli in maschera delle corti europee, che per secoli sono stati occasione di intrattenimento per nobili e aristocratici. Altri “fan-costuming” importanti sono da ricercarsi nelle Science Fiction Conventions statunitensi tipiche del Novecento, antichi ritrovi che oggi portano semplicemente il nome di “conventions”. Un momento di svolta si ha però nel 1984, quando durante il World Con di Los Angeles, il reporter giapponese Nobuyuki Takahashi utilizza per la prima volta il termine “cosplay”. Da qui in avanti il fenomeno si diffonde a macchia d’olio, complici i mezzi di comunicazione, l’immaginario manga, quello dei fumetti europei e americani e i videogiochi.
Non si tratta solo di cucire un vestito e procurarsi accessori e parrucche, concetto essenziale del “cosplay” è “diventare il personaggio, assumendone tutte le caratteristiche ed i modi di fare”. Il cosplay è quindi un’esperienza complessa, una passione a cui è necessario dedicare tempo, passione e dedizione: da una parte infatti il costume va creato con le proprie mani – è quindi opportuno saper cucire e avere in generale una buona manualità – e dall’altra è necessario sforzarsi in una sorta di recitazione, per immedesimarsi nel personaggio amato.

Inutile dire che esistono numerose community sul web, dove è possibile fare amicizia con persone già esperte in materia e con cui condividere l’interesse per questo hobby così particolare.
Tutto un mondo da scoprire quindi, quello del fumetto. Una realtà dai labili confini e dalla storia antica e complessa, come ben si addice a qualsiasi forma d’arte.
Anche sotto questo aspetto la nostra Torino si dimostra attenta e presente, una vera città contemporanea che offre ai suoi cittadini la possibilità di mantenersi curiosi e di scoprire cose nuove.
Un’ultima domanda cari lettori: in quale personaggio vi piacerebbe travestirvi?

Alessia Cagnotto

A Parigi durante la Belle Époque: il nuovo podcast di Brachetti

SU AUDIBLE ARRIVA “ET VOILÀ! LA BELLE ÉPOQUE”

 

IL NUOVO PODCAST DI ARTURO BRACHETTI PRODOTTO DA STORIELIBERE.FM IN ESCLUSIVA PER AUDIBLE

 

La rivoluzione dello spettacolo e del modo di concepire il varietà e l’intrattenimento

raccontata dalla leggenda del trasformismo

 

 

Disponibile ora  esclusiva su Audible.it

 

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Un viaggio alla scoperta di un’epoca leggendaria di grandi trasformazioni, e del suo epicentro, Parigi, per raccontarci come quegli anni abbiano contribuito in maniera decisiva a delineare il mondo in cui viviamo oggi 

 

Il podcast dà voce agli oggetti, ai luoghi simbolo e ai protagonisti che hanno cambiato la storia dello spettacolo d’intrattenimento, il varietà, una forma d’arte che rappresenta un capitolo importante della nostra storia individuale e collettiva

 

14 puntate da circa 50 minuti ciascuna in cui Arturo Brachetti, maestro indiscusso dell’arte del trasformismo e showteller, ci conduce alla scoperta di una dimensione mitica della storia, Parigi durante la Belle Époque

Torna la processione della Consolata

La sera di lunedì 20 giugno, dopo due anni di assenza a causa della pandemia, torna la processione della Consolata, il santuario da secoli più caro ai torinesi, ben più del Duomo, la vera chiesa della città nonché uno dei luoghi di culto più antichi di Torino. Nel giorno della festa della patrona della città e della diocesi, lunedì 20, alle ore 11 il nuovo arcivescovo di Torino mons. Roberto Repole presiederà la concelebrazione che sarà seguita alle 12,30 dalla Messa celebrata dal rettore della Consolata mons. Giacomo Maria Martinacci e alle 18.00 dalla funzione celebrata da mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo emerito. Alle 20,30 sarà la volta della processione guidata per la prima volta dal nuovo arcivescovo Roberto Repole e sarà seguita, come sempre accade, da decine di migliaia di fedeli. Da 150 anni il santuario della Consolata è curato dal clero diocesano subentrato alle comunità di religiosi che dal X secolo si sono susseguite, dai Benedettini ai Cistercensi, dagli Oblati di Maria Vergine ai Francescani Minori.
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La nuova collezione Bistolfi

DAL PIEMONTE / Casale Monferrato 

Nel lontano 1984 un’esposizione di gessi di Leonardo Bistolfi (nato a Casale Monferrato nel 1859 e deceduto a La Loggia nel 1933) , fortemente voluta dall’allora assessore alla cultura Guido Cattaneo anticipò alcuni grandi eventi culturali che interessarono Casale Monferrato negli anni successivi: la nascita della Gipsoteca che porta il suo nome, l’apertura del Museo Civico nel complesso di Langosco – Santa Croce nel 1995 e della Pinacoteca. Sabato, a quasi 38 anni di distanza, nel Salone Vitoli (un tempo sede della Corte d’Appello) si è tenuta la presentazione ufficiale della niova Collezione Bistolfi, donata al Comune di Casale Monferrato nel gennaio 2021 da Vanda Martelli, torinese, in memoria del marito Andrea Bistolfi, nipote di Leonardo, scultore e uno dei maggiori protagonisti della vita artistica e culturale, non solo piemontese ma italiana, a cavallo tra l’Ottocento ed il Novecento, insieme ad Angelo Morbelli e Giuseppe Pellizza da Volpedo. Il contenuto della donazione è stato trasportato a Casale Monferrato grazie al contributo della Fondazione Cassa di risparmio di Alessandria e della Fondazione Crt, sottoposto ad una serie di interventi conservativi, inserito all’interno di arredi museali appositamente acquistati e collocata nella Sala delle Lunette. Questa è diventata così un deposito visitabile ed aperta al pubblico, che sarà comunque sempre accompagnato. Complessivamente si tratta di una scultura in marmo, 20 in terra cotta e terra cruda, 263 in gesso, 9 in metallo, 21 plastiline, 52 dipinti, 22 medaglie in gesso e 38 in metallo, circa 600 disegni e grafica che costituiscono il vero piatto forte, 35 taccuini e poi ancora stoffe, onorificenze, mobili (la scrivania su cui scriveva di notte), articoli personali come il suo cavalletto, senza dimenticare un ingente dotazione archivistica, comprese dediche che gli di personaggi della levatura di Marinetti, D’Annunzio, Sibilla Aleramo. “Questo per noi è un punto di partenza, non un punto di arrivo” ha detto il sindaco di Casale Monferrato, Federico Riboldi, presente insieme al vice Emanuele Capra ed all’assessore alla cultura Gigliola Fracchia. L’obiettivo dell’amministrazione casalese è quello di portare le opere bistolfiane all’interno di quello che era il vecchio carcere di via Leardi, recentemente acquisito in proprietà dal Comune. La personalità artistica di Leonardo Bistolfi è stata poi approfondita da Aurora Scotti che ha delineato l’influenza che ebbero sulla sua formazione lo studio milanese a Brera, piuttosto che all’Accademia Albertina a Torino, l’esperienza della scapigliatura i collegamenti con il positivismo torinese. “Bistolfi era una mente fertile – ha detto – capace di dialogare con tutte le esperienze, autore di opere che sono un unicum nella produzione artistica italiana”. Sandra Berresford, curatrice dell’Archivio Bistolfi, era stata una delle autrici del catalogo sulla mostra del 1984. Oggi a tanti anni di distanza ha tenuto una relazione di approfondimento sulla sua figura, alternando alcuni aspetti legati all’arte ma soprattutto quelli maggiormente inediti dedicati all’Uomo, al figlio di un umile falegname diventato amico ed intimo della maggior parte del mondo culturale del suo tempo, conosciuto a livello internazionale, ad un amore per l’arte coltivato sin da giovanissimo (come dimostrano i disegni che faceva già a 13 anni), al genio instancabile che non staccava mai, all’artista che soffre e che lotta nella vita, per il quale l’arte  una missione.

A cooordinare i lavori è stata, conservatore del Museo civico di Casale Monferrato, mentre Gabriele De Giovanni ha illustrato il lavoro di mappatura digitale delle opere digitali dello scultore nel mondo. In tutto sono stati censiti 262 luoghi e 355 opere di cui 21 a Casale Monferrato, escluse quelle della Gipsoteca Bistolfi, 304 in Italia e 30 nel mondo, tra Europa, Giappone e Americhe.

Nei fine settimana successivi a quello dell’inaugurazione il Museo proporrà il sabato e la domenica quattro momenti giornalieri di visita alla collezione con i seguenti orari fissi: alle 11,00, alle 12,00, alle 16,00 e alle 17,00. La prenotazione, anche in questo caso, non sarà richiesta.

Durante i mesi di giugno e luglio, inoltre, il conservatore del Museo, Alessandra Montanera, terrà quattro momenti di approfondimento sulla Collezione. Le date in calendario sono: 23 e 30 giugno, 7 e 14 luglio. L’appuntamento per queste speciali occasioni è fissato alle ore 17,00 e non è necessaria la prenotazione.

Massimo Iaretti

Escoffier e Cavallito: il rapporto tra il “re dei cuochi” e il suo discepolo italiano

L’AMICIZIA E IL CARTEGGIO TRA AUGUSTE ESCOFFIER E IL SUO PRIMO DISCEPOLO E COLLABORATORE ITALIANO, IL PIEMONTESE SILVESTRO CAVALLITO, AL CENTRO DI UN CONVEGNO INTERNAZIONALE

 

“L’ORO DI SILVESTRO CAVALLITO”, 21 GIUGNO 2022 ALL’AGRITURISMO

OSTERIA DELLA POMPA A COCCONATO (ASTI)

 

 

“Carlton Hotel, Pall Mall, London. 14 mai 1918. Mon cher Silvestro, bien que mon temps soit très limité je ne veux pas vous faire attendre la recette…” Inizia così una delle lettere indirizzate dal grande chef francese Auguste Escoffier al suo primo discepolo italiano, un piemontese, più precisamente originario di Cocconato d’Asti: Silvestro Cavallito.

Questo epistolario, oltre a un prezioso quaderno di cucina del Carlton Hotel  databile a cavallo tra ‘800 e ’900 contenente molte ricette inedite e varianti, menù per importanti eventi dell’epoca, alcuni di Escoffier e molti altri di grandi chef della brigata di cucina al lavoro sotto la sua guida – danno conto del rapporto di collaborazione e amicizia che si era instaurato tra Escoffier e Cavallito e saranno al centro del convegno “L’oro di Silvestro Cavallito – Collaboratore e primo discepolo italiano dello chef Auguste Escoffier” che si svolgerà a Cocconato il prossimo 21 giugno, a partire dalle 18, organizzato dall’associazione Antares.

L’evento si svolgerà all’Agriturismo Osteria della Pompa (Strada Maroero 47 Cocconato, Asti), che Cavallito iniziò a costruire negli anni Venti e inaugurò nel 1924, dopo aver trascorso molti anni in Inghilterra, dove aveva avviato la sua carriera di chef e aveva incontrato Escoffier. A quel tempo ormai, Cavallito era rientrato definitivamente in patria, ma la sua grande esperienza di cucina fatta al di là della Manica si rivela anche nei dettagli della progettazione di questo locale, il cui nome originale era “Bottiglieria della Pompa”, da una complessa opera ingegneristica in facciata che consentiva di spingere l’acqua fino al terzo piano e da lì, per caduta, ai servizi di quelli sottostanti. Oggi il locale è di proprietà di Adriano Cavallito, lontano parente di Silvestro: proprio ad Adriano fu consegnato, quando acquistò l’edificio, il carteggio tra il “cuoco dei re e re dei cuochi” e il suo avo, ristoratore di Cocconato.

All’incontro prenderanno parte il presidente europeo “Discepoli di Escoffier” Jean Alain FavreAldo Rodino, storico e consigliere dell’associazione I Discepoli di Escoffier, sezione Piemonte e Valle d’Aosta, i delegati dell’Accademia della Cucina Italiana Massimo Malfa e Alberto GoriaDonatella Clinanti, responsabile del Centro Studi dell’Accademia della Cucina Italiana. In apertura il saluto istituzionale del sindaco di Cocconato, Umberto Fasoglio e dell’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopapa.

Il convegno sarà moderato da Mario Averone.

Seguirà una cena a cura dell’Associazione “Discepoli di Escoffier”. Ecco il menù: aperitivo d’onore, crostino con fette di pane di Cocconato e robiola del Caseificio Balzi, prosciutto crudo del Salumificio Ferrero su grissino stirato a mano; servizio di cucina e credenza: ostriche Belon servite con germogli primaverili, paté di fagiano in crosta con gemme al passito di Moscato Stella Lucente, quiche lorraine, crespella ai porri di Cervere su vellutata di pomodoro, quaglia alla moda del Delfinato, pesca Melba, friandise di Fabrizio Galla e in chiusura Vermouth Classico Casa Martelletti.

Il servizio cantina sarà cura del Consorzio Cocconato – Riviera del Monferrato:

Chiaretto Monferrato Doc 2020 Vin Gris, Az. Agricola San Bartolomeo

Sauvignon Piemonte Doc 2021 Maciot, Azienda Biologica Demeter

Grignolino Asti Doc 2020 Poggio Ridente, Azienda Biologica

Monferrato Rosso Doc 2018 Rosa Bianca, Az. Agricola Marovè

Barbera Asti Sup. Docg 2018, Az. Agricola Nicola Federico

Malvasia di Castelnuovo Don Bosco Doc 2021, Az. Vinicola Dezzani

I morti del Martinetto nel ricordo di Pansa

 IN ‘VIVA L’ITALIA LIBERA !”

 

‘Vent’anni fa, nel freddo mattino del 5 aprile 1944, un carrozzone cellulare uscì dalle Nuove, le carceri di Torino. Nel furgone c’erano otto condannati a morte, un sacerdote missionario della Consolata, e due militi fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana’. Con questo incipit viene descritta la vicenda che portò alla morte per fucilazione al poligono di tiro del Martinetto di 8 componenti del primo Comitato militare del Cln piemontese: Giuseppe Perotti, Franco Balbis, Quinto Bevilacqua, Giulio Biglieri, Paolo Braccini, Errico Giachino, Eusebio Giambone e Massimo Montano.

L’episodio è riportato in un agile volumetto a cura dell’Istituto per la storia della Resistenza in Piemonte, ‘Vita l’Italia libera ! – Storia e documenti del primo Comitato Militare del Cln regionale piemontese’, editato nel 1964 a vent’anni da quell’inutile eccidio, la cui realizzazione venne affidata come scrisse Gian Carlo Anselmetti, presidente del Comitato per le celebrazioni ad ‘un giovane studioso della Resistenza’, opera ‘destinata specialmente ai giovani’. E quel giovane studioso era un ‘certo’ Giampaolo Pansa avviato a diventare una delle più grandi firme del giornalismo italiano.

La pubblicazione, che precede la monumentale opera ‘Guerra partigiana tra Genova e il Po. La Resistenza in Provincia di Alessandria’ del 1967, è un agile ricordo dei fatti, scritto con la penna del giornalista, ma anche la meticolosità del ricercatore, arricchito da una preziosa documentazione che comprende, tra gli altri la sentenza del Tribunale speciale per la difesa dello Stato e due lettere di Duccio Galimberti alla moglie di Massimo Montano, uno dei giustiziati e un profilo di ognuno di coloro che diedero la vita per l’Italia.

E’ un Pansa sicuramente diverso da quello degli ultimi anni, quando raccontò i ‘Vinti’, ovvero i ragazzi e le ragazze che fecero la scelta della Repubblica Sociale, senza per questo mai mutare la propria posizione di antifascista.

Ed è comunque un Pansa che vale, ora come allora, la pena di leggere.

Devo ringraziare un’amica che donandomi questo volumetto mi ha permesso di conoscere anche questa opera, che non mi risulta sia mai stata ristampata, almeno in tempi recenti.

Massimo Iaretti

 

La magia e le neuroscienze. Due epoche a confronto

La classe medico scientifica dei secoli passati aveva grande considerazione per la magia e le tecniche magiche, prima che la notevole espansione culturale del Novecento, con il suo apporto scientifico, avesse chiarito molti dei lati, fino a quel momento, poco comprensibili dell’essere umano, in particolare per alcuni aspetti relativi al comportamento e all’interazione fra le persone. La magia fu collocata dall’ambiente Accademico fra gli argomenti privi di qualsiasi verità; tale posizione, oggi pressoché universalmente accettata, continua a conservare il suo mistero e il fascino antico che residua in alcune correnti di pensiero.

La Magia era intesa come pratica delle proprietà psichiche acquisite durante i diversi gradi dell’iniziazione e prevedeva l’appartenenza a un gruppo ristretto di persone capaci di comunicare segretamente tecniche in grado di poter sviluppare in un individuo notevoli potenzialità, al di fuori della portata delle persone comuni, impegnate a soddisfare le esigenze spicce, relative alla propria sopravvivenza, tutte intente a soddisfare le inevitabili necessità legate alla vita elementare, ovvero alle incombenze familiari, alla vita spicciola legata al proprio mantenimento e alla risoluzione dei problemi che possono derivare dalla attività lavorativa.

In epoche lontane dalla nostra si pensava che il mondo visibile fosse riprodotto in un mondo invisibile da cui è compenetrato, che attorno a noi vi fosse una dimensione in grado di sfuggire all’azione dei sensi, poiché completamente spirituale.

La dimensione invisibile era ritenuta popolata da esseri spirituali, insensibili al bene e al male, con la possibilità di diventare strumenti sia dell’uno sia dell’altro, chiamati “Elementali” e che, inoltre, in questa dimensione avrebbero albergato le nostre idee, intese dalla mentalità dell’epoca come esseri reali, capaci di agire come vere e proprie creature autonome e diffondersi nell’ambiente circostante. Tale teoria si deve a uno dei principali studiosi del Cinquecento, Tefrasto Bombasto Paracelso, medico e mago, il quale lasciava intuire che la diffusione delle idee e dell’apprendimento fosse possibile grazie alla fusione dei nostri pensieri con le forze semi-intelligenti dei Regni della Natura: questo meccanismo ne avrebbe permesso la diffusione consentendo, di conseguenza, l’apprendimento per emulazione.

Principio suggestivo sostenuto da più di uno studioso antico, ma privo di ogni fondamento scientifico.

Si trattava del tentativo di dotti curiosi e intelligenti di riuscire a comprendere un meccanismo fondamentale del funzionamento della nostra mente che, solo da qualche anno, riusciamo a trattare, svincolati da ipotesi tanto fascinose, quanto inconsistenti.

Negli ultimi decenni si sono compiuti passi da gigante nello studio e nella comprensione dei meccanismi alla base della interazione sociale umana, grazie alla scoperta di una particolare tipologia di neuroni presenti nel cervello, cui è stato assegnato il nome di “neuroni specchio”.

La caratteristica fondamentale consiste nel fatto che i neuroni specchio rispondono alle azioni che osserviamo negli altri attivandosi allo stesso modo quando ricreiamo in noi stessi quell’azione.

Detto in altre parole, quando osserviamo qualcuno compiere determinati movimenti, nel nostro cervello si attivano gli stessi gruppi neuronali necessari a compiere quell’azione, come se la stessimo compiendo noi, anche se restiamo semplici osservatori.

In più, oltre all’imitazione, sono responsabili di una miriade di altri sofisticati comportamenti umani e processi di pensiero. I difetti nel sistema dei neuroni specchio sono collegati a disturbi come l’autismo.

Sono stati scoperti per la prima volta nel cervello di una scimmia. Nell’uomo, un’attività cerebrale coerente con quella dei neuroni specchio è stata trovata nella corteccia cerebrale in determinate aree, quali le zone preposte all’attività motoria e somatosensoriale.

I dati sui bambini hanno dimostrato che il sistema dei neuroni specchio si sviluppa prima dei 12 mesi di età e che questo sistema può aiutare i piccoli a comprendere e a imitare le azioni di altre persone.

I neuroni specchio sono associati a uno degli aspetti più intriganti del nostro complesso processo di pensiero, ovvero la “comprensione dell’intenzione”.

Ci sono due distinti processi di informazione che si possono ottenere osservando un’azione compiuta da un altro individuo: osservando una persona attiva di fronte a noi, consciamente, ma anche inconsciamente, ci si domanda quale sia l’azione che questi sta compiendo; quindi ci si interroga sul perché stia compiendo tale azione, fase assai importante dell’osservazione perché, in quegli istanti in cui guardiamo agire un soggetto, i nostri neuroni specchio sono in grado di prevedere l’azione futura che deve ancora verificarsi.

Grazie alle indagini del tessuto cerebrale, con la risonanza magnetica, è stato possibile esaminare l’intero cervello e si è scoperto che esiste una rete molto più ampia di aree cerebrali che mostrano proprietà speculari negli esseri umani, ben più estesa di quanto si pensasse in precedenza. Queste aree aggiuntive includono la corteccia somatosensoriale e si pensa che siano in grado di permettere a colui che osserva di intuire anche quali siano le sensazioni che sta provando il soggetto su cui è appuntata l’attenzione.

Con la scoperta dei neuroni specchio è stato fornito un deciso supporto alla teoria gestuale, esaminata in precedenza con esperimenti da cui era stata intuita e elaborata la tesi secondo la quale il linguaggio umano è sorto in origine grazie a posture e gesti corporei e, solo successivamente, è subentrata la parola, come avviene tutt’ora tanto che il nostro linguaggio moderno è costituito da parole associate ad una gestualità caratteristica.

I neuroni specchio permettono dunque di creare un collegamento diretto tra il mittente di un messaggio e il suo destinatario. Grazie al meccanismo dello specchio, le azioni compiute da un individuo diventano messaggi che vengono compresi da un osservatore senza alcuna mediazione cognitiva.

Questo meccanismo è, così, un vero e proprio meccanismo capace di connettere le nostre menti e trasmettere informazioni, consentendo un valido apprendimento, in assenza di creature elementari che trasportano nell’etere i nostri pensieri, come immaginavano antichi studiosi, come detto curiosi ed estremamente intelligenti, che si interrogavano su come potessero avvenire determinate manifestazioni della mente umana, giungendo a risposte incongrue si, ma per il semplice motivo che, all’epoca in cui si trovavano a vivere, non potevano disporre dei supporti tecnologici di imaging, con cui oggi sondiamo con sempre maggiore raffinatezza le meraviglie dell’organo più misterioso che più di ogni altro garantisce la nostra crescita evolutiva.

Rodolfo Alessandro Neri

Che FAI stasera? Alla scoperta dei circoli storici sportivi

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In occasione della nomina del Piemonte a Regione europea dello Sport 2022, un titolo prestigioso assegnato per la prima volta a una regione italiana, il Gruppo FAI Giovani di Torino promuove la scoperta di alcuni luoghi storici dello sport organizzando tre aperture speciali in orario serale con visite
accompagnate dai narratori FAI.

Il programma prevede più turni di visita della durata di circa trenta minuti.
Contributo minimo a sostegno della missione del FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano a partire da:

– 8€ per gli iscritti FAI;
– 10€ per i non iscritti FAI;
Sarà possibile iscriversi al FAI in loco.
Quota di Benvenuto FAI Giovani con iscrizione a 15€ dai 18 ai 35 anni.
Prenotazione consigliata sul sito FAI, si prega si presentarsi con almeno 10 minuti di anticipo.

Giovedì 23 giugno, dalle ore 18:30 alle 21:30 – Corso Moncalieri, 88
Che FAI stasera? Una passeggiata tra canottaggio e natura al Circolo Eridano
Prima tappa dei quattro appuntamenti dedicati alla scoperta e al racconto dei luoghi dello sport nella nostra  città è il Circolo Eridano, uno dei più antichi club remieri d’Italia. Luogo di sport, tra canottaggio e canoa, ma anche centro culturale che ospita mostre e conferenze.
Raccontare il Circolo Eridano significa parlare di oltre 150 anni di storia legata alla città e al meraviglioso paesaggio del Po e delle sue rive. L’Eridano nasce sulla sponda sinistra del Po nel 1864, subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia, e successivamente viene trasferito sulla sponda destra per dare spazio ai padiglioni dell’Esposizione Internazionale del 1911. Viene così costruito un nuovo edificio progettato nelle sue splendide forme dall’architetto Giuseppe Velati-Bellini e arricchito dalle decorazioni del pittore Giuseppe Bozzalla e dello scultore Giovanni Riva.
La storica società di canottaggio si apre alla comunità culturale e la accoglie nei suoi spazi con l’arrivo del Circolo degli Artisti. Il rapporto tra queste due realtà viene mantenuto fino ai primi anni del nostro secolo. Oggi il Circolo Eridano continua a proporre un programma sportivo, ricreativo e culturale mantenendo viva la
storia culturale e sportiva della città.

Per prenotazioni:
https://faiprenotazioni.fondoambiente.it/evento/che-fai-stasera-una-passeggiata-tra-canottaggio-e-natura-al-circolo-eridano14946/?_ga=2.170274848.1830236958.1654635414-1146666210.1593422161

Giovedì 30 giugno – Dalle ore 18:30 alle 21:30 – Corso Casale 144
Che FAI stasera? Una visita tra ciclismo e storia al Motovelodromo
Un luogo che appartiene alla memoria collettiva della città per essere stato palcoscenico di alcuni tra i più grandi eventi di ciclismo, calcio e rugby a Torino. Progettato dall’architetto Vittorio Ballatore di Rosana – esponente del liberty torinese – viene costruito nel secondo decennio del Novecento e oggi rimane l’unica architettura sportiva di Torino risalante a quell’epoca. Una pista lunga 393 metri dove si conclusero alcune tappe del Giro d’Italia e della Milano-Torino, gare che videro partecipare grandi campioni come Bartali e Coppi. Negli anni ospita i più differenti sport e svariate competizioni, come il rugby ma anche il calcio, proprio qui il Torino vinse i campionati del 1925-26 e del 1943-44. Dallo sport alla musica, il Motovelodromo ha ospitato anche alcuni concerti come quelli dei Pooh e di De Gregori. Dopo i lavori di ristrutturazione, nell’aprile di quest’anno riapre come spazio comune, di incontro e condivisione,
sono diverse le discipline ospitate, per onorare la sua eredità storica e sportiva in un continuum tra passato, presente e futuro.

Per prenotazioni:
https://faiprenotazioni.fondoambiente.it/evento/che-fai-stasera-un-racconto-tra-ciclismo-e-storia-al-motovelodromo14951/?_ga=2.207474647.576487683.1654602903-773687210.1589966832

Giovedì 7 luglio – Dalle ore 18:00 alle 20:30 – Via Magenta 11
Che FAI stasera? Un’esperienza alla scoperta della Reale Società Ginnastica
Dove la ginnastica è stata ideata e ha preso vita, la “Magenta”. Fondata nel 1844, ancor prima che si formasse il Regno d’Italia, da un gruppo di illustri guidati da Rodolfo Obermann che si fecero portavoce di un progetto innovativo: l’istruzione di ginnastica educativa. Ancora una volta tutto nacque a Torino: re Carlo Alberto chiamò il «ginnasiarca» svizzero come direttore-maestro della Scuola di Ginnastica militare per il Corpo di Artiglieria. La Società ha visto la fondazione della propria sede prima nella rinomata Villa Glicini, successivamente trasferita in un edificio a due piani fuori terra affacciato su Corso Re Umberto, per poi arrivare alla sede definitiva nell’omonima via nel 1866, prima ancora denominata Contrada della Ginnastica. Costituita da una grande palestra all’aperto e un cortile caratterizzato dalla presenza da alti ippocastani, dove le attività venivano svolte principalmente all’esterno.
L’archivio della Reale Società Ginnastica è stato riconosciuto dalla Soprintendenza come di interesse storico in quanto testimonianza dell’attività di cui si faceva portavoce e della sua importanza nel contesto cittadino. A questo proposito si trova al suo interno la bandiera dono di re Carlo Alberto (la prima è invece conservata nel Museo del Risorgimento) il busto commemorativo di Ernesto Ricardi di Netro, primo Presidente della Società, 700 trofei artistici, 60 medaglie, 84 allori e rami dorati e d’argento dei vincitori della Scuola. Oggi è un luogo avvolto dalla storia, tradotto in molteplici oggetti e documenti conservati in differenti e numerose teche.

Per prenotazioni:
https://faiprenotazioni.fondoambiente.it/evento/che-fai-stasera-un-esperienza-alla-scoperta-della-reale-societa-ginnastica15025/?_ga=2.227846489.576487683.1654602903-773687210.1589966832

Welcome Tour Moncalieri, alla scoperta della città

Duemila anni di storia, un Castello Reale già residenza dei Savoia e patrimonio Unesco dal 1997, un centro storico pieno di fascino: sabato 18 giugno, come ogni terzo sabato del mese, si può partire alla scoperta di Moncalieri con il Welcome Tour® Moncalieri, il tour guidato della cittadina realizzato da Turismo Torino e Provincia in accordo con il Comune di Moncalieri.

Ogni terzo sabato del mese dalle ore 15 alle 17 la città di Moncalieri – comune risalente al 1228 e conosciuto come la “Città del Proclama” dal nome del celebre documento che fu episodio del Risorgimento italiano – può essere scoperta con una visita guidata che prevede l’entrata al Real Castello di Moncalieri per ammirarne le sale e una passeggiata a piedi nel centro storico.

Alle ore 15 gli ospiti vengono condotti alla scoperta del Real Castello di Moncalieri, una delle più antiche fra le Residenze Reali (Patrimonio Unesco dal 1997) che si erge in tutta la sua pacata monumentalità a guardia del Po, poco distante da Torino; edificato in epoca medievale con scopi difensivi, fu trasformato dai Savoia in “luogo di delizie” molto amato dai personaggi femminili di Casa Savoia, come la regina Maria Adelaide e le principesse Clotilde e Letizia.

Alle ore 16 la visita prosegue nel borgo antico alla scoperta delle principali attrattive: dalla Collegiata di Santa Maria alla statua di Nettuno denominata “Saturnio” che domina la centrale piazza Vittorio Emanuele II sino al Regio Collegio Carlo Alberto per concludersi all’arco, la “Porta Navina”, l’unica porta rimasta delle originarie porte medievali a carattere difensivo.

Il Welcome Tour® Moncalieri va nella stessa direzione perseguita da diverso tempo da noi, quando mettemmo in piedi 4 anni fa il pacchetto Moncalieri Experience del sabato pomeriggio che inglobava in un unico format le visite guidate a Castello e centro storico, e la navigazione sul Po in dragon boat – sottolinea Laura Pompeo, Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Moncalieri – Siamo certi che i risultati si ottengano solo con un percorso condiviso e facendo rete con l’ampio comparto turistico e di attrazioni che gravita intorno a Torino”.

Il Welcome Tour® Moncalieri ha una durata di 2 ore ed è proposto in italiano/inglese. L’appuntamento è presso la biglietteria del Castello di Moncalieri in Piazza Baden Baden. Il costo comprensivo dell’entrata al castello è di 19,00 €; 16,00 € ridotto per over 65, studenti under 25, 11,00 € per possessori di Torino+Piemonte Card e Abbonamento Musei, per i quali l’ingresso al Castello è gratuito.

Il numero massimo di partecipanti è di 25 persone ed è obbligatorio indossare la mascherina.

La visita guidata può essere prenotata su www.turismotorino.org