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Le iniziative del Museo Pietro Micca in occasione di Eurovision

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Eventi al museo Pietro Micca Eurovision 2022 e

316° anniversario dell’assedio di Torino del 1706”

Visite speciali periodo 12-18 maggio

Il 14 maggio 1706 era un bellissimo venerdì, ma già funestato per i francesi da un cattivo presagio avvenuto due giorni prima durante la marcia di avvicinamento per l’assedio di Torino: una eccezionale eclissi solare totale, visibile da tutta Europa, aveva mutato il giorno in notte e oscurato il sole, simbolo di Luigi XIV, detto re sole. Nelle tenebre di quel mattino, al posto del sole, brillava nel cielo la Costellazione del Toro, come una magia celeste che faceva il tifo per i Torinesi.

Difendevano la città possenti mura, sul davanti la cinquecentesca cittadella pentastellata e sottoterra una ragnatela di 21 chilometri di gallerie del sistema di contromina aspettava al varco con gli effetti di un insidioso campo minato.

Quando nella seconda metà dell’Ottocento le fortificazioni furono demolite, rimasero le gallerie a 7 e 14 metri sottoterra a far vivere una città sotterranea unica nel suo genere.

Nel 316° anniversario dell’inizio dell’assedio, che durò117 giorni, tragico come Mariupol per bombardamenti e sacrifici di soldati e popolazione, il museo Pietro Micca ripropone alla visita sempre nuove novità, siti da visitare e emozioni da vivere.

Oltre al normale programma di visite guidate giornaliere(www.museopietromicca.it), ecco le novità:

dal 12 al 15 maggio per Eurovision 2022, il museopropone una ulteriore visita guidata in inglese alle ore 11,30 e visite continuative con audioguide in francese, inglese, spagnolo e tedesco;
sabato 14 maggio, per la notte dei musei, 5 visite guidate straordinarie e a ingresso gratuito agli orari 17,30 – 18,30 – 20.30 -21,30 e 22,30, con la partecipazione straordinaria dei Rievocatori del Gruppo Storico Pietro Micca della Città di Torino;
domenica 15 maggio, apre le porte al pomeriggio la Fortezza del Pastiss, dalle 14,30 alle 17,30 ogni mezz’ora una visita guidata ad uno dei più affascinanti patrimoni sotterranei tornati alla luce;
mercoledì 18 maggio, per l’International Museum Day al museo Pietro Micca intera giornata di visite gratuite e alle 17,30 la conferenza dell’Archeologo Fabrizio Zannoni La dismissione della fortificazione urbana e della Cittadella di Torino
nel normale percorso di visita è visitabile ogni giorno e gratuitamente la mostra Contro le offese dal cielo – Protezione antiaerea durante la Guerra con anche la bottiglia ed i messaggi del 2 maggio 1945 trovati 20 anni fa nelle gallerie ed esposti per la prima volta.

Per tutte le attività, la prenotazione dà priorità

INFO e PRENOTAZIONI  

tel. 011 01167580, email info@museopietromicca.it, sito www.museopietromicca.it

Normanni, da Hastings a Torino. La saga dei Burdet

Nel 1066 alla battaglia di Hastings, immortalata nel celebre arazzo di Bayeux, tra i soldati del duca di Normandia Guglielmo che diventerà Guglielmo il Conquistatore, re d’Inghilterra, combattevano anche Hugo Burdet e suo padre Robert I Burdet di Rabodanges.
A Torino vive un discendente di quei Burdet vissuti quasi mille anni fa. Si chiama Carlo Alfonso Maria Burdet. Architetto, appassionato ricercatore storico, ha svolto studi e ricerche in molti archivi esteri, in Francia, Italia, Portogallo, in Vaticano e in Sud America. “Burdet, genti di Normandia, in Savoia tra XIV e XV secolo” è il suo ultimo lavoro riguardante l’antica dinastia normanna alla quale appartiene il suo casato. Nell’undicesimo secolo importanti famiglie normanne lasciarono i Paesi nordici per stabilirsi in altre regioni europee e tra queste dinastie vi era anche quella a cui appartiene Carlo Burdet. Per la verità già nel Mille scopriamo la patria dei Burdet in Normandia per trovare, nei secoli successivi, testimonianze sulla presenza di vari esponenti di questa famiglia in altri Paesi dell’Europa occidentale. Alcuni di loro erano impegnati nell’amministrazione della giustizia e nel notariato mentre altri si occupavano della riscossione dei tributi. Il cognome Burdet si trova nei primi documenti di storia anglo-normanna. Nel 1066, i Burdet, come detto, erano presenti nella battaglia di Hastings contro re Harold II e due anni più tardi Robert Burdet viene nominato Lord di Lowesby.
Questi eventi di novecento anni fa si svolgono in un contesto storico particolare in cui i normanni sono molto attivi non solo nel nord d’Europa ma anche nella nostra penisola e si mescolano con gli italici nelle terre meridionali dando vita a una lunga convivenza. È l’epoca, per esempio, in cui la contessa piemontese Adelaide del Vasto sposa il conte normanno Ruggero I di Sicilia sigillando un’alleanza tra aleramici e normanni. Gli Aleramici, famiglia feudale di origine franca, si è nel tempo molto ramificata creando numerose dinastie come i marchesi del Monferrato, i marchesi di Saluzzo e i marchesi di Savona. Un personaggio rilevante è Adelaide del Vasto, nata in Piemonte nel 1074, figlia dell’aleramico Manfredi II, fratello di Bonifacio del Vasto, marchese di Savona e della Liguria occidentale. Adelaide sposerà Ruggero I di Sicilia e sarà la madre di Ruggero II, re di Sicilia. Non solo i Normanni si recarono in Sicilia ma nella grande migrazione verso sud dell’XI secolo c’erano anche bretoni, fiamminghi, provenzali e appunto gli aleramici dell’Italia del nord. Una presenza confermata dagli studi sui cognomi siciliani e sulla toponomastica e fu proprio la contessa Adelaide ad incoraggiare questa immigrazione da nord a sud. Morto improvvisamente Manfredi, il fratello Bonifacio invia nel meridione d’Italia, appena conquistato dai normanni, i figli di Manfredi, tra cui Adelaide. A sancire l’alleanza tra aleramici e normanni fu proprio il matrimonio tra Adelaide e il granconte normanno Ruggero I d’Altavilla di Sicilia celebrato nel 1087 a Mileto in Calabria. L’effetto immediato di questa unione fu la fondazione di molti paesi e città in Sicilia con migliaia di persone provenienti da Piemonte e Liguria. La popolazione della parte centro-settentrionale dell’isola parla ancora oggi un dialetto simile al piemontese e quindi molto diverso dal siciliano. Ma torniamo allo studio di Carlo Burdet perché le notizie sulla sua famiglia non si fermano certo qui. Nel 1118 un altro Robert Burdet viene nominato conte di Tarragona da papa Onorio II mentre nel 1151 un William Burdet, fondatore del priorato di Aucote, torna dalla Terra Santa dove forse ha combattuto come crociato. Nel 1618 Thomas Burdet di Bramcote diventa Baronetto.
La presenza dei primi discendenti del casato negli stati transalpini è testimoniata dalle carte e nel 1403 Pierre Burdet viene nominato tesoriere generale del conte di Savoia in Piemonte mentre assistiamo al passaggio nelle terre lemaniche dei primi Burdet. “Fin dagli inizi del tredicesimo secolo il cognome Burdet potè comparire tra le Alpi e il Rodano nelle terre dei Savoia, signori già allora imparentati con gli anglo-normanni per via dei re d Borgogna. Le prime presenze dei Burdet in quest’area europea trarrebbero motivo proprio dagli spostamenti che i Conti di Savoia andavano facendo, non solo in Terra Santa al seguito delle Crociate, ma in Inghilterra dove mantennero contatti e spesso furono anche presenti di persona”.
Filippo Re
Le didascalie:
1 Carlo A.M.Burdet
2 Arme di antiche casate anglo-normanne
3 Vista del Castello di Chillon (Montreux) sul Lago di Ginevra
4 Pierre Burdet conti per la Castellania di Chillon (1415-16)

Gianni Alasia e la storia dei lavoratori delle Officine Savigliano

Nell’area che un tempo ospitava a Torino la SNOS, la Società Nazionale Officine di Savigliano, una delle più antiche realtà dell’industria metallurgica piemontese ora c’è un centro commerciale, ci sono palestre e ampi spazi.

 

Dove oggi i clienti e i curiosi passeggiano, affollano negozi, guidano i carrelli della spesa e s’incolonnano davanti alle casse generazioni di operai si affannarono davanti ai macchinari per la costruzione di materiale rotabile, la realizzazione di macchinari elettrici, costruzioni impiantistiche e carpenteria metallica. Nel 1881, un solo anno dopo la fondazione, l’azienda assorbì la torinese Società Anonima Italiana Ausiliare di strade ferrate, tramvie e lavori pubblici, ereditandone sia gli immobili che le maestranze. Da quel momento in poi la SNOS affiancò alla tradizionale produzione di materiale rotabile quella di macchinari elettrici e altre attività che le consentirono una rapida crescita e a un incremento della manodopera che trent’anni dopo sfiorava le mille unità. Durante la prima guerra mondiale l’azienda modificò le proprie strategie produttive dedicandosi alla costruzione di materiale bellico. Terminato il conflitto il Regio governo affidò alle Officine di Savigliano la costruzione di locomotori e, negli anni successivi, la realizzazione di opere infrastrutturali e impianti idroelettrici. All’alba del secondo conflitto mondiale, la SNOS fu nuovamente chiamata a sostenere lo sforzo bellico con le produzioni di guerra ma vide anche una parte importante dei suoi lavoratori, composti da 300 impiegati e 1300 operai, attivi nella resistenza antifascista. Come ricordano le memorie raccolte all’Istituto storico della Resistenza torinese le mine tedesche e gli scontri insurrezionali danneggiarono i reparti, che ripresero comunque l’attività già nel maggio 1945. Tra molte difficoltà e vicissitudini,  controllata negli anni dalla Fiat e della Cogne, la SNOS ripartì all’insegna delle radio Savigliano, del trattore Ciclope e della locomotiva E444. A partire dagli anni ‘60 l’azienda cedette alla Fiat il comparto ferroviario, abbandonando le lavorazioni edilizie e quelle dei grandi complessi meccanici. A metà degli anni ’70 venne acquisita dalla General Electric e trent’anni dopo, nel 2005, con una manodopera ormai ridotta ad una ottantina di dipendenti, chiuse definitivamente i battenti. Resta solo la storia, la memoria di una classe operaia capace di pensare e produrre, di fare “i barbis alle musche”, i baffi alle mosche. Una storia che Gianni Alasia, indimenticato sindacalista e dirigente politico della sinistra subalpina, scomparso a Torino il primo luglio del 2015 a 88 anni, raccontò in più lavori e in un libro importante dedicato all’esperienza del Consiglio di gestione di quella storica azienda, intitolato “Chi e cos’erano i Consigli di gestione? La SNOS di Torino e Savigliano: una concreta esperienza di fabbrica (1949-1952)”. Era una realtà che conosceva bene perché Alasia, dopo aver partecipato giovanissimo alla Resistenza nelle formazioni partigiane Matteotti, prendendo parte alla liberazione di Torino con il nome di battaglia “Astro”, venne assunto nel dopoguerra presso le Officine Savigliano come impiegato, entrando a far parte del Consiglio di gestione, partecipando a lotte importanti per migliorare le condizioni di lavoro che si conclusero con una sconfitta. Nel 1951 Gianni Alasia fu tra i licenziati. Con lui c’era Bruno Fernex, anch’esso ex partigiano e quadro sindacale, in seguito con Bruno Trentin nella segreteria nazionale della FIOM. Questo testo di Alasia non solo rappresenta una testimonianza  importante ma è uno strumento di grande utilità per ricostruire una interessante vicenda che vide misurarsi i lavoratori di quella realtà con le politiche partecipative e di controllo sul ciclo produttivo. Ovviamente, a oltre settant’anni di distanza quella formula non è ovviamente riproponibile (lo rimarcava lo stesso autore commentando il suo libro, edito nel 2006) ma è interessante l’approccio ormai storicizzato di quell’esperienza che vide i lavoratori misurarsi sul tema del governo della produzione, dello sforzo di intervenire sui temi delle politiche legate all’economia anticipando argomenti che nei decenni successivi sono entrati a far parte a pieno diritto dell’orizzonte dell’iniziativa contrattuale del sindacato. In quelle pagine si ritrovato una parte della storia di una classe operaia matura, capace di offrire un punto di vista proprio sull’organizzazione del lavoro e della produzione. La battaglia della SNOS fu su quel versante piuttosto emblematica, nonostante l’esito infausto e doloroso. La frase di Gramsci con cui chiude il suo diario il segretario  del Consiglio dì gestione della SNOS ne riassume la consapevolezza e l’orgoglio: “Non c’è vergogna nella sconfitta degli operai”. Quelle di Alasia sono pagine che restituiscono lo spirito del tempo, il tratto di forte solidarismo e coscienza di classe, rammentando senza enfasi ma con forte dignità la grande nobiltà dei valori che animarono quell’esperienza. Un filo d’acciaio che non si può spezzare e che aiuta, sotto il profilo storico e sociale, a tener conto di cosa abbia significato per l’economia, la società e la politica di Torino e del Piemonte quell’esperienza e tante altre che furono per molti versi simili.

Marco Travaglini

Il docufilm su Costantino Nigra, da “La rassegna di Novara”

Al Museo Nazionale del Risorgimento si è tenuta martedì 3 maggio scorso l’anteprima 

 

Martedì 3 maggio, alle ore 17, si è tenuto al Museo Nazionale del Risorgimento, in piazza Carlo Alberto 8, l’anteprima del docufilm “La vittoriosa sconfitta” del regista Michele Burgay, prodotto dalla Fondazione Vittorio Bersezio.
L’introduzione è stata affidata allo storico Gianni Oliva, la voce narrante è stata del doppiatore Mario Brusa e protagonista del film è stato l’attore Enzo Brasolin. Oltre ai protagonisti del film sono intervenuti Mario Napoli, presidente della Fondazione Bersezio, e Mauro Caliendo, presidente del Museo Nazionale del Risorgimento.
Il filmato è incentrato sulla figura di Costantino Nigra, personalità di spicco del Risorgimento italiano, e prende spunto da “La rassegna di Novara”, un carme da lui scritto in endecasillabi, all’indomani dell’Unità d’Italia.
“Ho sempre provato una forte simpatia per il re Carlo Alberto, il re dello Statuto e delle Libertà, e una affascinata ammirazione per il diplomatico e politico Costantino Nigra, che fu anche linguista, poeta e studioso dei canti popolari del Piemonte – commenta il Presidente della Fondazione Bersezio, l’avvocato Mario Napoli. Il lavoro di Mario Burgay costituisce la sintesi di due figure determinanti nel secolo di Vittorio Bersezio e la triste vicenda della battaglia di Novara, quale emerge nei commoventi versi del poeta, in cui riceve un doveroso riconoscimento di quel che rappresentò per il Risorgimento e la nascita dell’Italia unita”.
Nigra immagina che il re Carlo Alberto si alzi dalla sua tomba di Superga e vada nella piana di Novara, passando in rassegna i soldati caduti nella battaglia del 23 marzo 1849. Si trattò della prima battaglia combattuta con il Tricolore, imposto dal Re a tutti i reggimenti dell’esercito sardo piemontese.
Il canto riscosse notevole successo sia in Italia sia all’estero, riproposto in antologie e sussidiari, capace di trasmettere la capacità del poeta di consacrare una nuova Italia, ritrovando un orgoglio e una dignità che erano stati smarriti in secoli di dominazioni straniere.
“Sono molto contento – spiega il Presidente del Museo Nazionale del Risorgimento Mauro Caliendo – di ospitare questa interessante rassegna dedicata a Costantino Nigra. Il museo è, infatti, partner della Fondazione Bersezio nella realizzazione di questo docufilm, capace di confermare la nostra volontà di raccontare tutti i personaggi, anche meno noti rispetto ai padri della patria, che hanno contribuito alla realizzazione dell’Italia attraverso le loro gesta. Si tratta di figure fondamentali dalla vita straordinaria, di cui è fondamentale mantenere viva la memoria”.
Questo docufilm rappresenta il primo episodio di un progetto artistico di più ampio respiro, che vuole narrare un’epoca in cui alcuni torinesi, santi o dannati, contribuirono comunque all’unificazione del regno d’Italia.
Seguirà un prossimo ciclo di proiezioni.
Ingresso gratuito nella Sala Cinema, sino a esaurimento dei 65 posti disponibili.

Mara Martellotta

Prenotazione obbligatoria allo 0115611726 oppure redazione@zipnews.it

Tina Modotti, il fuoco che non muore

Per molto tempo è stata relegata nell’oblio, volutamente confinata in un cono d’ombra perché scomoda, ribelle, anticonformista.

Eppure i suoi scatti, a parere di molti, hanno anticipato i moderni reportage fotografici, creando una memoria visiva che ha documentato in maniera straordinaria culture e realtà sociali. Nella sua vita amò molto uomini, idee, arte, diritti umani, rivoluzione. Una donna straordinaria, Assunta Adelaide Luigia Modotti, detta Tina. Nata il 17 agosto 1896 nel popolare Borgo Pracchiuso a Udine, da un’umile famiglia friulana, aderente al socialismo della fine Ottocento, a soli due anni si trovò costretta ad emigrare in Austria con la sua famiglia.I Modotti tornarono a Udine nel 1905 e Tina frequentò lì le prime classi della scuola elementare. A dodici anni trovò lavoro come operaia nella fabbrica tessile Kaiser, alla periferia della città. Il padre era nuovamente emigrato, questa volta in America, in cerca di lavoro e la ragazza dovette contribuire al mantenimento della numerosa famiglia. Diciassettenne, nel giugno del 1913, varcò anch’essa l’oceano per raggiungere il genitore in California, dove (come ha scritto nella sua biografia Pino Cacucci) “stavano crescendo i grandi movimenti sindacali e la vita culturale e artistica era in gran fermento“. Fu così che a Tina Modotti si dischiusero in un primo tempo le vie del teatro e del cinema, e successivamente della fotografia. Fu musa di artisti importanti, recitò nel cinema muto di Rodolfo Valentino, amò perdutamente il rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella, assassinato nel 1929. Nella vita di Tina Modotti  non mancarono gli incontri straordinari: i fotografi Jane Reece, Johan Hagemayer, Robert Capa ed Edward Weston, che la ritrasse in un nudo bellissimo ; i grandi pittori messicani Diego Rivera e Clemente Orozco; attivisti politici come il comunista triestino Vittorio Vidali, il Comandante Carlos del Quinto Reggimento durante la guerra civile spagnola, conosciuto durante una manifestazione di protesta dopo la condanna a morte di Sacco e Vanzetti ;scrittori come John Dos Passos, André Malraux, Ernest Hemingway. Da donna appassionata qual’era si dedicò alla causa rivoluzionaria in Messico e combatté con le Brigate internazionali in Spagna. Le sue foto hanno sempre narrato i volti e le sofferenze degli ultimi. Sono immagini di campesinos, pescatori, donne che lavano i panni e che allattano bambini. Dedicò molti scatti al Messico, sua terra d’elezione, dove morì a 46 anni e dove venne sepolta. Pablo Neruda scrisse le parole dell’elogio funebre che ancora oggi si possono leggere sulla sua tomba: “Sorella, tu non dormi, no, non dormi: forse il tuo cuore sente crescere la rosa di ieri, l’ultima rosa di ieri, la nuova rosa. Riposa dolcemente, sorella. Perché non muore il fuoco“. Dopo l’improvvisa scomparsa le venne tributato il giusto riconoscimento per la sua personalità umana, artistica e politica, tant’è che per alcuni anni la sua memoria restò ben viva nell’opinione pubblica latinoamericana. Poi cadde l’oblio, lungo quasi trent’anni. Le sue opere, che si trovano in gran parte negli Stati Uniti, vennero tenute nascoste negli archivi dei dipartimenti di fotografia a causa del maccartismo e della sua assurda caccia alle streghe. Una scelta oscurantista, come ricordarono al Centro Cultural Tina Modotti di Caracas , “che rese impossibile, per molti anni e non solo in America, lo studio e la presentazione di un’artista che aveva creato immagini di qualità e militato nel movimento comunista internazionale“. L’inquietudine l’accompagnò per tutta la vita, spesa quasi sempre in credito con la fortuna. Artista, intellettuale, tra i primi fotografi a capire il valore sociale e la forza di denuncia di un’immagine, perseguitata da viva e persino da morta per le sue idee, fu comunque una delle più belle figure di donna che l’Italia seppe dare al mondo.


Marco Travaglini

Un affresco del secolo scorso da un atto d’amore per le nipotine

RITRATTO DELL’ITALIA DEL SECOLO PASSATO LA STORIA DI GINO ROTA

Anna Rota Milani non è una scrittrice. La sua ‘appartenenza’ al mondo dell’arte è dovuta soprattutto alla pittura dai caratteri impressionistici. Lo testimoniano le sue opere che impreziosiscono gli ambienti dell’Antico Mulino di Fontanetto Po e la ‘Ca’ San Sebastiano a Castel San Pietro di Camino Monferrato o i suoi atelier a Zoalengo di Gabiano o in via Macrino d’Alba a Torino. Non è una scrittrice, o almeno così non ama definirsi, ma in ‘Gino e i Rota – ricordi di amore e di resilienza’, questa artista torinese di residenza ma dalle salde radici monferrine (anzi della Valcerrina) ha saputo affrescare attraverso il ricordo della persona e della vita del padre Gino (ma il suo vero nome era Michele Marco Luigi, per tutti Gino) classe 1913, famiglia originaria di Ponte San Pietro, paese non distante da Bergamo poi giunta in Monferrato, e della  mamma Salvina di Pozzengo di Mombello Monferrato, la vita quotidiana di una famiglia del Novecento, con sullo sfondo quella che era la società di allora. In quello che l’autrice definisce ‘un atto d’amore per le mie nipotine’ si è voluto ricordare, con colpi di penna che sembrano pennellate, un mondo che non c’è più con Gino e Salvina che si uniscono le loro vite alle 6 del mattino, al buio e al freddo, nella chiesetta di Pozzengo, poi il viaggio di nozze: in bicicletta si spingono sino a Cavagnolo e prendono il trenino per Torino sino a Porta Susa. Poi in un piccolo appartamento in corso Belgio iniziano la loro vita insieme. Vita che non sarà certamente facile nell’Italia della guerra e del dopoguerra, ma Gino e Salvina non sono persone da arrendersi. Così nel 1948 arriva Anna. Il padre in questi anni non sta fermo, cambia lavoro, si ingegna, passa dalla Snia Viscosa, alla profondità delle miniere nelle cave di marna, tra il capoluogo e Gabiano, e poi ancora muratore, portiere, da vero eclettico, come lo definisce con orgoglio la figlia, e poi ancora ‘carbonaio motorizzato’ sino a diventare conduttore di impianti termici sino ad ideare un brevetto per filtrare l’aria destinata al carburatore che proporrà come pezzo di ricambio alle officine meccaniche piemontesi, ottenendo un importante riconoscimento dalla concessionaria Lamborghini. E per qualche anno il ‘Filtro Rota’ verrà prodotto e venduto in centinaia di esemplari. E poi ancora ci saranno la pensione ed il ritorno a Zoalengo. E quanto a genialità e capacità di crescita anche la figlia Anna ha fatto la sua strada riuscendo ad aprirsi una strada nel mondo dell’impresa, certamente non facile anche nell’Italia del secondo dopo guerra. Ma questo aspetto merita sicuramente di ritornarci perché è un altro capitolo che merita di essere scritto.

Il libro, come scrive Giovanni Ponzetti nella presentazione “è un intreccio di curiosità, episodi e anedotti, che hanno rappresentato le vite vissute dei componenti della famiglia Rota fino a conferire identità di storia al racconto stesso”.

Massimo Iaretti

Al Museo del Risorgimento  l’anteprima del docufilm dedicato a Costantino Nigra

 

Trae spunto da “La rassegna di Novara”

Martedì 3 maggio, alle ore 17, si terrà al Museo Nazionale del Risorgimento, in piazza Carlo Alberto 8, l’anteprima del docufilm “La vittoriosa sconfitta” del regista Michele Burgay, prodotto dalla Fondazione Vittorio Bersezio.
L’introduzione è affidata allo storico Gianni Oliva, la voce narrante è del doppiatore Mario Brusa e protagonista del film sarà l’attore Enzo Brasolin. Oltre ai protagonisti del film interverranno Mario Napoli, presidente della Fondazione Bersezio, e Mauro Caliendo, presidente del Museo Nazionale del Risorgimento.
Il filmato è incentrato sulla figura di Costantino Nigra, personalità di spicco del Risorgimento italiano, e prende spunto da “La rassegna di Novara”, un carme da lui scritto in endecasillabi, all’indomani dell’Unità d’Italia.
“Ho sempre provato una forte simpatia per il re Carlo Alberto, il re dello Statuto e delle Libertà, e una affascinata ammirazione per il diplomatico e politico Costantino Nigra, che fu anche linguista, poeta e studioso dei canti popolari del Piemonte – commenta il Presidente della Fondazione Bersezio, l’avvocato Mario Napoli. Il lavoro di Mario Burgay costituisce la sintesi di due figure determinanti nel secolo di Vittorio Bersezio e la triste vicenda della battaglia di Novara, quale emerge nei commoventi versi del poeta, in cui riceve un doveroso riconoscimento di quel che rappresentò per il Risorgimento e la nascita dell’Italia unita”.
Nigra immagina che il re Carlo Alberto si alzi dalla sua tomba di Superga e vada nella piana di Novara, passando in rassegna i soldati caduti nella battaglia del 23 marzo 1849. Si trattò della prima battaglia combattuta con il Tricolore, imposto dal Re a tutti i reggimenti dell’esercito sardo piemontese.
Il canto riscosse notevole successo sia in Italia sia all’estero, riproposto in antologie e sussidiari, capace di trasmettere la capacità del poeta di consacrare una nuova Italia, ritrovando un orgoglio e una dignità che erano stati smarriti in secoli di dominazioni straniere.
“Sono molto contento – spiega il Presidente del Museo Nazionale del Risorgimento Mauro Caliendo – di ospitare questa interessante rassegna dedicata a Costantino Nigra. Il museo è, infatti, partner della Fondazione Bersezio nella realizzazione di questo docufilm, capace di confermare la nostra volontà di raccontare tutti i personaggi, anche meno noti rispetto ai padri della patria, che hanno contribuito alla realizzazione dell’Italia attraverso le loro gesta. Si tratta di figure fondamentali dalla vita straordinaria, di cui è fondamentale mantenere viva la memoria”.
Questo docufilm rappresenta il primo episodio di un progetto artistico di più ampio respiro, che vuole narrare un’epoca in cui alcuni torinesi, santi o dannati, contribuirono comunque all’unificazione del regno d’Italia.
Seguirà un prossimo ciclo di proiezioni.

Mara Martellotta

Ingresso gratuito nella Sala Cinema, sino a esaurimento dei 65 posti disponibili.

Prenotazione obbligatoria allo 0115611726 oppure redazione@zipnews.it

Maddalena e Pellerina, i due parchi di Torino oltre le barriere

A CURA DI TORINO STORIA

Le grandi aree verdi fuori della cinta daziaria. Nella prima si ricordano i caduti delle Guerre Mondiali, sotto il Faro della Vittoria. La Pellerina nasconde le macerie dei bombardamenti del 1942-43

Due dei maggiori parchi di Torino, quello della Pellerina e quello della Maddalena, sono figli dell’espansione della città oltre la cinta daziaria, regolamentata dai piani regolatori del 1906 e del 1913. La crescita dell’area urbana e l’aumento progressivo degli abitanti (che avrebbe conosciuto il suo apice alcuni decenni dopo) imponeva la razionalizzazione degli spazi e la destinazione di alcune aree a verde pubblico.

Continua a leggere:

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L’offerta culturale dei Musei Reali nel fine settimana. Mostre, visite guidate e nuove tecnologie

Prosegue l’attività dei Musei Reali, sempre più apprezzata da residenti e turisti che in questi giorni hanno affollato la città.

 

Da venerdì 29 aprile sarà possibile visitare la mostra Nel segno di Raffaello in Biblioteca Reale. Frutto di un approfondito lavoro di studio e progettata in occasione del cinquecentesimo anniversario della morte del pittore e architetto marchigiano, l’esposizione è volta a individuare all’interno del nucleo dei disegni italiani del ‘500 posseduti dalla Biblioteca, quelli riconducibili alla cerchia di Raffaello. Grazie ad un ricco apparato didascalico, contenente anche immagini di confronto, questa mostra conduce il visitatore alla scoperta dell’articolato mondo della tradizione disegnativa rinascimentale, fatta di citazioni, di copie e di lavori preparatori o studi per altre opere.

Informazioni: Nel segno di Raffaello – Musei Reali Torino (beniculturali.it)

 

Domenica 1° maggio torna l’iniziativa del Ministero della cultura Domenica al museo che offre l’ingresso gratuito ai luoghi della cultura statali ogni prima domenica del mese.

L’ingresso gratuito ai Musei Reali sarà concesso esclusivamente con prenotazione online all’indirizzo https://www.coopculture.it/it/poi/musei-reali-di-torino, a partire da mercoledì 27 aprile.

Le mostre Nel segno di Raffaello in Biblioteca Reale e Vivian Maier Inedita nelle Sale Chiablese saranno visitabili a pagamento, secondo le tariffe abituali.

 

Tra le principali novità, è visitabile la Galleria Archeologica, sezione permanente del Museo di Antichità dedicata alle civiltà del Mediterraneo antico, dove sono esposti oltre mille reperti di rara bellezza e inestimabile valore storico, raccolti in oltre quattrocento anni di collezionismo sabaudo. Un viaggio a ritroso nella Storia grazie a un affascinante percorso espositivo, suddiviso in cinque sezioni, articolato lungo dieci sale e allestito attraverso forme espressive contemporanee. L’ingresso al percorso è compreso nel biglietto ordinario dei Musei Reali.

 

Le novità digitali

Tra le novità che accompagnano la visita ai Musei Reali, l’inedita applicazione di gamification “MRT Play” è disponibile gratuitamente sui principali store. Ideata dai Musei Reali in collaborazione con Visivalab SL e il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, nell’ambito del bando SWITCH_Strategie e strumenti per la digital transformation nella cultura, l’applicazione di realtà aumentata offre una nuova esperienza di fruizione innovativa e accattivante, per approfondire la conoscenza delle opere attraverso giochi e indovinelli, in compagnia di personaggi storici e professionisti della cultura.

 

Per visitare Palazzo Reale, la Galleria Sabauda e il Museo di Antichità con curiosi personaggi pronti a raccontare le loro coinvolgenti storie è disponibile l’Audioguida Kids, realizzata dai Servizi Educativi dei Musei Reali in collaborazione con CoopCulture. Lungo il percorso sono presenti dei QR-code da scansionare per ascoltare gratuitamente le tracce audio pensate per i giovanissimi visitatori, per un’esperienza di visita coinvolgente e divertente (età consigliata: 5/12 anni).

 

Le attività con CoopCulture

Sabato 30 aprile alle ore 11.00 e alle ore 15.30 appuntamento con Benvenuto a Palazzo. Le guide e gli storici dell’arte CoopCulture vi aspettano per accompagnarvi in una visita guidata alla scoperta delle sale di rappresentanza del primo piano di Palazzo Reale e dell’Armeria, un itinerario per scoprire o riscoprire la storia e la magnificenza di questo luogo.

Costo dell’attività: € 7 oltre al biglietto di ingresso ridotto ai Musei Reali (€ 13 ordinario, € 2 da 18 a 25 anni, gratuito under 18).

Biglietti online su Musei Reali di Torino | CoopCulture – e-mail info.torino@coopculture.it

 

Sabato 30 aprile alle ore 11.30 proseguono le visite dedicate ai possessori dell’Abbonamento Musei con la visita Tavole imbandite, un tour alla scoperta delle collezioni dei Musei Reali tra argenti, porcellane e cristalli per ricreare l’atmosfera di un tempo nelle splendenti sale di Palazzo Reale. Per informazioni e prenotazioni https://piemonte.abbonamentomusei.it/

 

È inoltre possibile prenotare una visita ai percorsi speciali dei Musei Reali:

– Venerdì 29 aprile alle ore 16 il pubblico potrà visitare i magnifici appartamenti della regina Maria Teresa al primo piano di Palazzo Reale, il Gabinetto del Segreto Maneggio e le suggestive Cucine Reali per rivivere gli antichi usi di Corte.

– Sabato 30 aprile alle ore 16: visita guidata al secondo piano di Palazzo Reale.

– Mercoledì 3 maggio alle ore 16: visita speciale al percorso Tavole imbandite.

Costo delle visite speciali: € 20 ordinario (€ 13 per Abbonamento Musei).

Biglietti online su Musei Reali di Torino | CoopCulture – e-mail info.torino@coopculture.it

 

Le mostre in corso ai Musei Reali

Dal 17 marzo al 17 luglio la Sala da Pranzo del Palazzo Reale ospita Splendori della tavola, inedito allestimento curato da Franco Gualano e Lorenza Santa, incentrato sul fastoso corredo da tavola in argento realizzato a Parigi da Charles-Nicolas Odiot per re Carlo Alberto. Commissionato nel 1833 e trasferito al Quirinale tra il 1873 e il 1874, comprende oggi 1832 elementi ed è annoverato tra le maggiori committenze delle Corti europee dell’epoca. I Musei Reali hanno inaugurato questo nuovo allestimento per celebrare i 161 anni dell’Unità d’Italia.

Il nuovo allestimento Splendori della tavola è compreso nel biglietto ordinario dei Musei Reali.

Oltre alla visita della Sala da Pranzo, inclusa nel normale percorso, è possibile ammirare altre suggestive tavole apparecchiate, con visite guidate su prenotazione.

Il percorso speciale Tavole imbandite è visitabile con CoopCulture.

Info e prenotazioni: Tavole imbandite | CoopCulture; 011 19560449; info.torino@coopculture.it

 

Fino al 26 giugno, le Sale Chiablese ospitano l’esposizione Vivian Maier Inedita con oltre 250 scatti, tra cui molti inediti, video Super 8 e oggetti personali della fotografa americana. Curata da Anne Morin, la mostra presenta anche una sezione dedicata alle fotografie che Vivian Maier realizzò nel 1959 durante il suo viaggio in Italia, in particolare a Torino e Genova. Dopo una prima tappa al Musée du Luxembourg di Parigi, l’esposizione arriva in Italia e ha come obiettivo quello di raccontare aspetti sconosciuti o poco noti della misteriosa vicenda umana e artistica della fotografaVivian Maier Inedita è organizzata da diChroma Photography e dalla Réunion des Musées Nationaux – Grand Palais ed è prodotta dalla Società Ares srl con i Musei Reali, con il patrocinio del Comune di Torino. L’esposizione è sostenuta da Women In Motion, un progetto ideato da Kering per valorizzare il talento delle donne in campo artistico e culturale.

Per informazioni: www.vivianmaier.it – 338 169 1652 – info@vivianmaier.it

 

La Biblioteca Reale

La Sala Lettura della Biblioteca Reale è aperta per le consultazioni dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 15.15 ed è chiusa il sabato: dovranno essere prenotate con almeno 24 ore di anticipo scrivendo all’indirizzo mr-to.bibliotecareale@beniculturali.it, indicando tutte le informazioni disponibili per la richiesta. Per conoscere le modalità di accesso e registrazione consultare la pagina Orari e modalità di apertura della Biblioteca Reale – Musei Reali Torino (beniculturali.it).

 

Caffè Reale

Nella suggestiva Corte d’Onore di Palazzo Reale è possibile rigenerarsi con una pausa al Caffè Reale Torino, ospitato in una ambientazione unica ed elegante, impreziosita da suppellettili in porcellana e argento provenienti dalle collezioni sabaude. Informazioni e prenotazioni al numero 335 8140537 o via e-mail all’indirizzo segreteria@ilcatering.net.

 

Museum Shop

Per rimanere aggiornati sulle pubblicazioni dei Musei Reali e per dedicarvi un pensiero, il Museum Shop è aperto.

È disponibile anche online Musei Reali (shopculture.it).

 

Dal 1° aprile 2022 per l’accesso ai percorsi museali non è più richiesto il Green Pass (D.L. 24/03/2022 n. 24, art. 7).

 

Armenia oggi, tra passato e futuro

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Una mostra sull’Armenia per ricordare il genocidio degli armeni nell’Impero ottomano durante la Prima guerra mondiale e per raccontare la storia di un popolo antichissimo con i suoi luoghi sacri, chiese e monasteri. È allestita al Polo del ‘900 in corso Valdocco 4/A fino al 15 maggio.

Una sezione della mostra fotografica, curata da Garen Kokcijan in collaborazione con il Centro Federico Peirone e la Fondazione Donat-Cattin, presenta fotografie e drammatiche testimonianze della deportazione della popolazione armena cristiana realizzate da Armin Wegner, ufficiale medico dell’esercito tedesco, alleato degli Ottomani, che documentò, rischiando la vita, il genocidio turco degli armeni nel 1915 mentre era in servizio nei territori dell’Impero. Le sue fotografie sono una chiara e drammatica testimonianza di quel che accadde all’inizio della Prima guerra mondiale in Asia Minore. Un milione e mezzo di armeni, e forse anche di più, furono sterminati dai turchi. Nella seconda parte della rassegna viene raccontata la storia dell’Armenia, si vedono monasteri e chiese armene, la natura selvaggia del Caucaso e gli antichi khachkar, croci di pietra dichiarate Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. L’esposizione è stata organizzata in occasione del Giornata della Memoria Armena che ogni anno viene celebrata il 24 aprile. Gli armeni l’hanno chiamato il Grande Male (Metz Yeghern) ed è la storia del genocidio turco degli armeni che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento fece sparire oltre un milione e mezzo di armeni cristiani colpevoli solo di appartenere ad un’etnia diversa e a una religione di minoranza.
È una delle pagine più tragiche e meno conosciute del secolo scorso che riguarda la scomparsa di uno dei più antichi popoli della regione anatolico-caucasica. Uno sterminio di massa, una pulizia etnica che in una ventina di anni cancellò tutte le comunità cristiane che vivevano nell’Impero Ottomano, armeni in particolare, ma anche assiri e greci, deportati e uccisi con intere famiglie mentre chiese e scuole cristiane venivano date alle fiamme. Prima del 1915 gli armeni erano il 30% della popolazione, circa due milioni, e dopo la Grande Guerra sono rimasti appena l’uno per cento. Secondo gli ottomani le minoranze cristiane erano in grado di mettere in pericolo l’unità dello Stato attraverso rivolte appoggiate da interventi stranieri. Gli armeni erano in sostanza considerati una quinta colonna nell’Impero pronta ad aiutare nemici e invasori e pertanto da eliminare. Con questo pretesto gli Ottomani misero in atto un piano di pulizia etnica ideato dal sultano Abdul Hamid II nell’ultima decade dell’Ottocento, proseguito dal movimento dei Giovani Turchi e dal governo repubblicano di Ataturk. Tra il 1894 e il 1924 si contarono tra il milione e mezzo e i due milioni di cristiani uccisi da turchi, curdi, ceceni e arabi. L’arresto di centinaia di armeni il 24 aprile 1915 a Costantinopoli e in altre città dell’Impero diede il via alla persecuzione di massa che portò all’eliminazione del popolo armeno. Quel giorno è diventato la Giornata della Memoria Armena, la data ufficiale per la commemorazione dell’eccidio. Gli storici, e tra di loro anche qualche turco, parlano di genocidio vero e proprio e la documentazione non manca. La Turchia continua a negare il genocidio ma documenti, carte, appunti, le fotografie delle esecuzioni, diari, dispacci e telegrammi autentici con gli ordini da eseguire inchiodano i turchi alle loro gravissime responsabilità. La mostra è visitabile fino al 15 maggio al Polo del ‘900 in corso Valdocco 4 con orario 10-18.
Prenotazioni: 011 0883200 o reception@polodel900.it
Filippo Re