STORIA- Pagina 23

Balconi e bovindo torinesi, meraviglie affacciate sulla città

Visite con lo sguardo all’insù.

Non mi stancherò mai di celebrare le bellezze di questa città romantica, di raccontare le meraviglie che la caratterizzano e che ne fanno un luogo geneticamente unico.

Palazzi eminenti, strade eleganti e signorili, ma anche particolari distintivi e gioielli preziosi rendonoTorino un luogo straordinario, impossibile da imitare.

Da romana felicemente adottata e calorosamente accolta, apprezzo ogni giorno luoghi e scorci di cui  non posso fare più a meno e che cerco regolarmente nelle mie lunghe e piacevoli camminate; mi riferisco soprattutto a certi dettagli e a deliziosi particolari che trasformano ogni passeggiata in una immersione nel fascino e nell’incanto, alludo a tutte quelle opere d’arte meno imponenti, ma allo stesso tempo formidabili e grandiose, che possono essere ammiratequando ci troviamo col naso rivolto all’insù, con lo sguardo rivolto verso l’alto. Tra i capolavori situati in posizione elevata, apprezzabili durante gite urbane nei diversi quartieri di Torino, ci sono sicuramente i bellissimi e artistici balconi e bovindo (adattamento dall’inglese  bowwindows: balconi chiusi o verande). La visione di questi frammenti di arte, perlopiù espressione del periodo liberty ma anche in stile gotico e talvolta squisitamente moderni,richiede una pausa, necessita un passo indietro perapprezzarne il valore estetico e, senza dubbio,innamorarsene . Non è semplice fare una selezione tra itanti poggioli che guardano la città, sono numerosi e ognuno è caratterizzato da dettagli unici e spesso da una simbologia precisa. Tra quelli che mi è capitato di ammirare, un po’ per casualità o grazie ad una ricerca mirata in seguito a letture o segnalazioni di amici, ci sono i piccoli terrazzi della Palazzina Conte a Via Piffetti 12 nel quartiere Cit Turin, il balcone del Pipistrello di Via Madama Cristina 19, il bovindo di Casa Florio a via Pietro Micca e quello di Casa Fenoglio-Lafleur a via Principi di Acaja 11, i due draghi che sorreggono l’affaccio dell’omonimo palazzo e sempre su Corso Francia al numero 6 l’angolare chiuso dai vetri blu del Villino Raby.

Un altro edificio valorizzato da balconi e piccole terrazzedeliziose che valgono una visita è la Palazzina Plevnadetta anche  “bastimento a vaporesita a piazza Sabotino,al Borgo San Paolo. Questo palazzo è stato protagonista e testimone di aneddoti, storie cittadine e curiosità raccontate da diversi scrittori e giornalisti. A piazza Vittorio Veneto angolo via Po, invece, si trova un balcone con una statua moderna che ha attirato la mia attenzione e che ho scoperto essere molto famosa qui a Torino;  si tratta di “Metamorfosi”, una scultura di Paolo Grassino che a prima vista  può destare inquietudine per la sua sagomaparticolare ovvero un uomo incappucciato con dei lunghi rami al posto del volto. Facendo una ricerca ho scoperto, però,  che il significato di questa opera d’arte è positivo, si vuole, infatti, mandare un messaggio propizio sul ritorno alla natura espresso dagli elementi scultorei che rimandano ad un albero che fuoriescono dal copricapo.

Rimanendo nel contemporaneo   sono molto interessanti e gradevoli alla vista, soprattutto in un’ottica green, i terrazzi verdi del condominio di via Chiabrera 25, un esperimento di bioarchitettura ecosostenibile, una sorta di bosco abitabile, un polmone verde progettato dall’architetto Luciano Pia.

Ancora una volta Torino  riserva sorprese meravigliose, assicura, tra arte d’antan e modernità, un panorama urbano e architettonico di infinita bellezza, eleganza e creatività di cui essere orgogliosi.

MARIA LA BARBERA

Ultimi giorni per i “Bizantini” a Palazzo Madama

Ultima settimana per visitare la mostra

BIZANTINI

LUOGHI, SIMBOLI E COMUNITÀ DI UN IMPERO MILLENARIO

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica

Sala Senato

Piazza Castello – Torino

 

fino al 28 agosto 2023

 

 

Cartella stampa al link: https://bit.ly/PM_Bizantini

Lunedì 28 agosto 2023 chiude la mostra, allestita nella Sala Senato di Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino dal 10 maggio, Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario, a cura di Federico Marazzi con il contributo del MANN –  Museo Archeologico Nazionale di Napoli, di Palazzo Madama e del Ministero Ellenico della Cultura e dello Sport e la collaborazione nell’organizzazione generale di Villaggio Globale International.

Oltre 350 opere – sculture, mosaici, affreschi, vasellami, sigilli e monete, straordinari manufatti in ceramica, smalti, oggetti d’argento, preziose gemme e oreficerie, pregevoli elementi architettonici – danno conto delle strutture, dei sistemi organizzativi, dei commerci e dei rituali di una complessa realtà politica, testimoniando nel contempo le eccellenze delle manifatture bizantine, gli incroci di cultura, gli stilemi e i simboli dell’Impero d’Oriente attraverso i secoli. È la creatività artistica del mondo antico che transita verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e con gli innesti del mondo orientale, in particolare della cultura iranica e araba.

Per una Bisanzio, legata al territorio piemontese, che vedrà nel Principato d’Acaia, fin dalle origini proiettato verso l’Oriente greco e bizantino, l’origine della dinastia dei Savoia-Acaia ma anche una strettissima connessione con la dinastia dei Paleologi.

Chi non avesse ancora avuto l’opportunità di visitare la mostra, che ha registrato, dal 10 maggio al 20 agosto 2023 , 32.375 visitatori in 90 giorni di apertura – con una media giornaliera di circa 360 persone – può farlo in quest’ultima settimana.

 

 

INFO UTILI:

 

SEDE ESPOSITIVA E DATE                                 Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica,

piazza Castello, Torino

Dal 10 maggio al 28 agosto 2023

ORARI                                                                  Lunedì e da mercoledì a domenica: 10.00 – 18.00. Martedì chiuso
Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura

BIGLIETTI                                                              Intero € 12,00 | Ridotto € 10,00

                                                                               Gratuito Abbonamento Musei e Torino+Piemonte card

Mostra + museo: Intero € 16 | Ridotto € 14

INFORMAZIONI                                                  palazzomadama@fondazionetorinomusei.it   – t. 011 4433501                     www.palazzomadamatorino.it

PRENOTAZIONI                                                  011 5211788 o via mail a ftm@arteintorino.com

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Il primo volo passeggeri italiano? A Torino nel 1926

Dalla capitale subalpina fino a Trieste il battesimo italiano dell’aviazione civile.

La storia italiana del volo deve molto a Torino, nei primi anni del 1900 sui cieli della città , per esempio,   si avvistò lo Zeppeling, un dirigibile  ad ossatura metallica, mentre nel 1908 a Piazza d’Armi avvenne un esperimento di volo con un percorso di 250 metri a 60 km l’ora. Il primo vero decollo, però, si vide sui prati diMirafiori il 13 gennaio del 1909 con il Triplano Spa-Faccioli, progettato e costruito a Torino dall’ingegner Aristide Faccioli, ex direttore tecnico della Fiat. Il figlio Mario fu il fortunato pilota di quella memorabile avventura e il primo italiano ad ottenere il brevetto; nello stesso anno Luigi Mina e Guido Piacenza stabilirono il record mondiale di altezza con il pallone aerostatico.

Non è finita qui, una fabbrica di aeroplani venne avviata nelquartiere Crocetta nel 1909 (i primi aerei ad essere costruiti furonoi biplani “Farman” e i monoplani “Blériot”) e nel 1912, nella città della Mole,  Modesto Panetti fondò il primo laboratorio d’aeronautica che diventò in seguito  la Scuola di Aeronauticaampiamente apprezzata anche da Italo Balbo. Il 10 luglio 1916 venne inaugurato l’aeroporto Torino-Aeritalia, uno dei più anzianitra quelli operativi sul nostro suolo dove si potenziò gran partedell’industria aeronautica italiana, e proprio da qui, la capitale subalpina vantò il primo servizio di posta area che avvenne il 22 maggio 1917 fino Roma con a bordo 200 chili di posta e 100 copie del quotidiano La Stampa.

Nel 1926, precisamente il primo di aprile, dallo specchio d’acqua del Po, all’altezza del Parco Valentino, piccoli idrovolanti partirono per il primo volo passeggeri italiano alla volta di Trieste con soste a Pavia e Venezia. Per la somma di 300 lire, con grande spirito di avventura ed entusiasmo per l’ incredibile novità, si attraversava la Pianura Padana sfruttando come punti di riferimento sulla  rotta linee ferroviarie e fiumi (in quell’epoca non esistevano i radar!). All’inizio gli idroplani, dei CANT 10, erano in grado di portare 3 persone ma con l’andare del tempo si potenziò il servizio arrivando fino a 6 viaggiatori. I passeggeri dei primi voli furono  rappresentati istituzionali e giornalisti e in verità qualche problema meccanico si ebbe tanto che una volta si dovette anche ammarare, ma questo non impedì ottimismi e operatività fino al 1936 quando la linea fu poi soppressa. I dieci anni di servizio ebbero comunque molto successo  con più di 570 collegamenti, circa 1590 ore di volo e quasi 1600 passeggeri.

L’utilizzo degli idrovolanti all’inizio fu considerato molto comodo perché non richiedeva infrastrutture dove far decollare e atterrare i velivoli e gli hangar per parcheggiarli potevano essere nelle vicinanze, poi però la necessità di avere un corso d’acqua nei pressi delle destinazioni divenne un limite e fu così che nel caso di Torino si optò per la costruzione di un vero aeroporto, il Gino Lisa, accanto a quello militare a Mirafiori da dove nel 1929 un Fokker inaugurò il volo Torino –  Milano – Roma che con 5 ore scarse raggiungeva la sua destinazione finale, mentre nel 1936 otto passeggeri arrivarono direttamente a Roma con un aereo Fiat che viaggiava a 300 chilometri, i prezzi non erano proprio competitivi ma neanche impossibili. Dopo un breve periodo i voli partirono da Collegno, ma nel 1953 nacque l’aeroporto di Caselle, l’attuale scalo del capoluogo piemontese.

MARIA LA BARBERA

Una domenica al castello di Marchieru’

Domenica 27 agosto potremo continuare a godere questo periodo estivo immergendoci nella storia raccolta in una Dimora duecentesca visitandone le sale arredate e rievocando con i proprietari le Casate da cui discendono e che vi hanno soggiornato, rinfrescandoci all’ombra di un albero secolare ed ammirando il parco e l’antico giardino all’italiana.

Stavolta potremo anche profittare dell’evento per prolungare la giornata con un  ”pic-nic libero”

                        CASTELLO DI MARCHIERU(VillafrancaPiemonte * via S.Giovanni 77)

Visite guidate dai proprietari, discendenti dei primi feudatari del 1220 che intratterranno sulla vita in una dimora nobiliare e sulla storia del castello, delle sale, del parco, della cappella gentilizia e delle scuderie settecentesche ( ore 10/11*15/16/17)

Dalle ore 12,30 pic nic “libero” nel parco del castello, appagando il desiderio di vita all’aria aperta, su un prato all’ombra di alberi secolari, utilizzando tovaglie e cuscini forniti dalla Casa.

Prenotazione obbligatoria al 3480468636/3394105153segreteria@castellodimarchieru.it

Contributo ingresso per pic nic e visita guidata  :   adulti € 8 / gratis bimbi fino ad 8 anni

Un tour nella borgata di Lidia Poët

LIDIA POËT: NEL PINEROLESE IL TOUR SUI LUOGHI DOVE E’ NATA, CRESCIUTA E SEPOLTA 

Dalla casa natale nelle piccola borgata Traverse a Pinerolo dove incontrava Edmondo De Amicis

Sarà esposta e mostrata eccezionalmente la sua toga insieme ad altri oggetti, dalla cuffia valdese alle borsette da teatro

DEBUTTO SABATO 26 AGOSTO, GIORNO DEL COMPLEANNO DI LIDIA

Dopo lo straordinario successo della serie tv dedicata a Lidia Poët, per mesi in vetta alle classifiche internazionali di Netflix, premiata con il Nastro d’Argento come migliore serie crime dell’anno, debutta il tour che porta nei veri luoghi dove nacque e visse questa donna valdese, prima avvocatessa d’Italia, come la sperduta borgata di Traverse, a Perrero. Un lavoro che ha impegnato per oltre cinque mesi il Consorzio Turistico Pinerolese e Valli che ha contattato non solo i discendenti della Poët ma anche tutte le amministrazioni coinvolte seguendo le orme della donna.  Ne è nato il tour “La toga negata” che deve il suo nome al fatto che sarà eccezionalmente mostrata ai partecipanti proprio la toga di Lidia Pöet. Il percorso debutterà in una data simbolica, il 26 agosto, giorno del suo compleanno. Previste due navette: una parte da piazza Carlo Felice a Torino alle 8, l’altra alle 8,45 dalla stazione di Pinerolo.

Il titolo omaggia anche il libro “La toga negata” di Clara Bounous, che ha narrato figura della Pöet, riportata in auge, a livello nazionale, anche da “Prime… sebben che siamo donne. Storie di italiane all’avanguardia” di Bruna Bertolo.  «Anni fa “Elisa di Rivombrosa” portò alla ribalta Agliè e il Canavese. La differenza è che noi non abbiamo avuto la troupe a girare sul territorio: la serie diventa l’occasione per andare a vedere proprio dove Lidia è nata e vissuta. I luoghi veri, quelli della sua storia» sottolinea Rossana, Turina, la presidente del Consorzio Turistico Pinerolese e Valli. «Traverse, dove nacque Lidia, è una piccolissima frazione di Perrero: vederla fa molto più riflettere sul fatto che questa donna sia stata la prima avvocatessa d’Italia. Poteva incarnare questo ruolo una donna di Torino, invece lo è stata Lidia che arrivava da questo angolo di Val Germanasca». Lidia fu paladina di una battaglia ultradecennale per ottenere, fra il 1884 e il 1920, l’iscrizione all’Albo degli Avvocati, ma fu anche protagonista di battaglie sociali per l’emancipazione femminile (nel 1922 divenne la presidente del Comitato pro voto donne di Torino), si impegnò  a favore dei minori, e fu promotrice di tante attività in campo giuridico e culturale.  «La storia personale di Lidia Poët oggi è tornata con grandissima forza e ha raggiunto un pubblico enorme proprio grazie alla serie che Netflix e Groenlandia hanno scelto di raccontare, portando sullo schermo uno spaccato delle sue tante battaglie intraprese».  Così commenta il Presidente di Film Commission Torino Piemonte Beatrice Borgia, aggiungendo che «siamo molto soddisfatti di aver sostenuto fin dall’inizio un progetto di forte impatto produttivo e di poter ospitare ora le riprese delle seconda stagione. Il successo internazionale della serie ha trovato un corrispettivo locale molto significativo, facendo nascere percorsi e tour nei reali luoghi della vita di Lidia Poët: un segnale davvero positivo che dimostra ancora una volta il potere del cinema e la sua capacità di creare un immaginario o, come in questo caso, di riportarlo alla luce».

Il tour arriva da Perrero, borgata Traverse, dove Lidia nacque il 26 agosto 1855La strada è talmente stretta che una navetta farà la spola tra il bus e la casa natale.

Si racconterà l’infanzia, la storia della famiglia, di fede valdese. Si entrerà nel cimitero di località San Martino, davvero particolare: è per metà valdese e per metà cattolico e le due parti sono divise da un muro. Una tappa è proprio dedicata alla tomba dove oggi Lidia è stata sepolta: è morta, a 93 anni, nel 1949.

Subito dopo, è prevista una sosta a La Chabranda, agriturismo di Pomaretto che preparerà un menù su ricette di inizio Novecento.

Quindi tappa a San Germano Chisone dove oggi vivono una parte dei discendenti della donna: qui a Villa Widemann, edificio faceva parte delle proprietà di Vittorio Widemann, titolare del locale cotonificio chiuso nel 1977,  si potrà eccezionalmente vedere la toga appartenuta a Lidia. Grazie a un lavoro di ricerca portato avanti in questi mesi dal Consorzio, e alla collaborazione del Comune che ha messo a disposizione i locali, sarà inoltre esposta la sua cuffia, quella tipica dell’abito valdese, e uno scialle. E, poi, alcune borsine usate per andare in teatro, i libri di Lidia, in inglese e che riportano le sue annotazioni, l’abito di una pronipote che proprio Lidia aveva cucito a mano.

Quindi, Pinerolo. Non è nota la casa dove Lidia visse ma si farà tappa a San Maurizio dove era solita incontrarsi con quell’Edmondo De Amicis, scrittore e giornalista noto per il libro “Cuore”, ma anche caro amico di Lidia. Dopo si andrà a vedere il Teatro Sociale: Lidia era solita accompagnare il fratello agli spettacoli. Ultima tappa nella Biblioteca di Pinerolo che conserva scritti e carteggi della prima avvocata d’Italia.

Costo, comprensivo di bus, navette, guida turistica abilitata, assicurazione sanitaria e pranzo tipico, 80 euro da Torino; 70 euro da Pinerolo. Per partecipare: prenotazioni@turismopinerolese.it. Il tour, dopo la data del 26 agosto, sarà poi ripetuto, il 17 e 24 settembre e 1 e 8 ottobre, con stessi orari e costi.

L’Abbazia e i Cavalieri del fuoco sacro

Indossavano una tunica e un lungo manto nero con una croce azzurra cucita sopra il cuore e li chiamavano i Cavalieri del fuoco sacro. Anche se il nome incuteva a prima vista un certo timore non erano guerrieri armati in partenza per la Terra Santa ma pacifici e scaltri monaci che sul finire del XII secolo all’imbocco della Valle di Susa misero in piedi un complesso religioso-ospedaliero per assistere i pellegrini sulla Via Francigena e per curare i malati di herpes zoster, il terribile “fuoco di Sant’Antonio”, che cercavano aiuto e conforto nei santuari di Sant’Antonio Abate. Erano i canonici ospedalieri dell’Ordine medioevale di Sant’Antonio di Vienne, noti come Antoniani, chiamati anche “i cavalieri del Tau”, che nel 1188 crearono la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso a Buttigliera Alta, a una ventina di chilometri da Torino tra boschi e antiche cascine agricole. Le Precettorie erano domus medievali composte dalla chiesa con chiostro, le camerette dei monaci, l’ospedale, i magazzini per gli alimenti, fattorie e terreni agricoli. Il suono delle campane di Ranverso accoglieva pellegrini e mercanti che dai valichi del Moncenisio e del Monginevro, lungo il sentiero della Via Francigena, tra l’Abbazia di Novalesa e la Sacra di San Michele, scendevano verso Rivoli e Torino. In questo luogo di sosta, di riposo e di spiritualità c’era anche la foresteria per i viandanti e un piccolo ospedale di cui resta solo la facciata a capanna del ‘400 decorata con intarsi in terracotta, una sorta di lazzaretto per chi veniva colpito dal “fuoco” che, a quei tempi, mieteva molte vittime non esistendo una cura, un po’ come quando dilagava la peste. Fu il conte Umberto III di Savoia, nato nel castello di Avigliana, a donare ai monaci antoniani il terreno su cui costruire il complesso monastico. La Precettoria godette per secoli della protezione dei Savoia e, quando l’Ordine ospedaliero Antoniano fu soppresso e assorbito dall’Ordine di Malta nel 1775, passò all’Ordine Mauriziano cui appartiene ancora oggi. Sant’Antonio abate nacque in Egitto nel III secolo da genitori cristiani copti, ricchi mercanti, abbandonò ogni ricchezza per vivere da eremita dedicando la sua vita alla cura dei sofferenti. Morì a 105 anni. Gli Antoniani fondarono ospedali che si diffusero velocemente in tutta l’Europa grazie a rendite, elemosine e all’allevamento dei maiali. Nel Quattrocento assistevano migliaia di pazienti, oltre 4000, in centinaia di ospedali sparsi nel Continente. Nei dipinti Sant’Antonio viene sovente raffigurato vicino a un maiale il cui grasso veniva usato per tentare di bloccare l’herpes zoster. Negli stessi ospedali vennero isolati gli ammalati di peste quando il morbo si diffuse nella seconda metà del Trecento. La chiesa a Buttigliera Alta, costruita all’inizio del Duecento in stile romanico, assunse in seguito forme gotiche e fu ampliata e modificata nei secoli successivi. L’edificio religioso, così come l’Ospedaletto, fu dotato di una facciata a ghimberghe in cotto con pinnacoli per volontà del priore del tempo mentre il campanile gotico risale al XIV secolo. All’interno spiccano gli affreschi del torinese Giacomo Jaquerio, attivo nella prima metà del Quattrocento e ideatore del gotico internazionale in Piemonte e il Polittico della Natività con i Santi Rocco, Sebastiano, Antonio abate e Bernardino da Siena realizzato nel 1531 dal chivassese Defendente Ferrari come voto per volere di Moncalieri durante l’epidemia di peste di quell’anno. La Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso è un luogo di notevole interesse storico e artistico: quando si transita da queste parti è consigliabile fare una tappa qui, lungo la statale per Avigliana. È aperta da mercoledì alla domenica con orario 9,30 -13,00 e 14 -17,30.                    Filippo Re
nelle foto:
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso (Buttigliera Alta)
Cavaliere del fuoco sacro o cavaliere del Tau
interno Abbazia con Polittico di Defendente Ferrari
facciata Ospedaletto

Antichi Stati di Savoia, a settembre il rinnovo dei voti di Superga

SABATO 9 SETTEMBRE CONVEGNO A SAN FILIPPO NERI SUL TEMA “TORINO 1706-2023: LA FESTA DEL RINNOVO DEI VOTI GIA’ FESTA NAZIONALE DEGLI STATI DI SAVOIA – ASPETTI STORICI, MILITARI E RELIGIOSI”

DOMENICA 10 SETTEMBRE TRADIZIONALE FESTA DEL RINNOVO DEI VOTI ALLA BASILICA DI SUPERGA CON LA SFILATA DEI GRUPPI STORICI, LA SANTA MESSA, L’OMAGGIO ALLE TOMBE REALI

Torna anche quest’anno a Torino l’ormai tradizionale appuntamento con la cerimonia del “Rinnovo dei voti” di Superga e “Festa nazionale degli antichi Stati di Savoia”, una duplice ricorrenza che ricorda la liberazione dell’allora capitale sabauda dall’assedio franco-spagnolo del 1706 e rinnova il voto religioso con cui il duca di Savoia (poi re) Vittorio Amedeo II si impegnò edificare una grande chiesa in onore della Madonna, la futura Basilica di Superga.

L’importante avvenimento, promosso dalla delegazione “Piemonte e Stati di Savoia” del movimento culturale “Croce Reale – Rinnovamento nella Tradizione” con il sostegno della Presidenza del Consiglio Regionale del Piemonte e la collaborazione della direzione della Basilica di Superga, affidata alla comunità religiosa del SERMIG (Servizio Missionario Giovani) di Torino, avrà inizio sabato 9 settembre, presso la sala oratoriana della chiesa di San Filippo Neri, nel cuore della Torino sabauda, con il convegno sul tema “Torino 1706-2023: la festa del Rinnovo dei voti già festa nazionale degli Stati di Savoia – aspetti storici, militari e religiosi”.

L’incontro, in programma a partire dalle ore 16.30, sarà preceduto dai saluti di Fabrizio Giampaolo Nucera, presidente del movimento culturale “Croce Reale – Rinnovamento nella Tradizione”, e dall’introduzione storica a cura di Paolo Barosso, e vedrà la partecipazione di quattro esperti relatori: Alessia Maria Giorda, Referente della Valorizzazione del Patrimonio Artistico e Storico del Museo e della Residenza Sabauda di Rivoli, che interverrà sul tema “La Fojada, vardé bin, i lass-roma pa pijé Turin. Storie torinesi durante l’Assedio di Torino del 1706”; Eugenio Garoglio, formatosi presso il dipartimento di Studi Storici dell’Università di Torino, cultore di storia militare e armi antiche e oplologo per il Ministero della Cultura, che parlerà di “L’eclissi del Re Sole. L’assedio di Torino del 1706”; Pier Giuseppe Menietti, studioso e ricercatore, collaboratore volontario del Museo «Pietro Micca e dell’Assedio di Torino del 1706», che illustrerà al pubblico la figura e le opere del beato Sebastiano Valfrè con una relazione dal titolo “Padre Bastiano nella città assediata”; infine padre Simon Parada, che concluderà l’incontro focalizzandosi sulle vicende storiche e religiose della “Confederazione dell’oratorio di San Filippo Neri”.

Il programma della giornata di sabato prevede anche un’iniziativa all’insegna della convivialità con la cena in bianco organizzata a Pianezza (To) dalla Pro Loco a partire dalle ore 19.30 e allietata dall’accompagnamento musicale della fisorchestra che eseguirà brani dedicati.

La manifestazione entrerà poi nel vivo domenica 10 settembre sul colle di Superga dove alle ore 9.30 avrà inizio la tradizionale Festa del Rinnovo dei Voti con la sfilata dei gruppi storici in costumi d’epoca seguita alle ore 11.30 dalla celebrazione della Santa Messaall’interno della basilica e alle ore 12.15 dall’omaggio alla Beata Vergine delle Grazie e atto del Rinnovo dei voti. La cerimonia si concluderà alle ore 13 con la discesa alle Tombe Reali e l’omaggio agli esponenti della dinastia sabauda.

Sempre nell’ambito della cerimonia del Rinnovo dei voti e della Festa nazionale degli antichi Stati di Savoia, si terrà sabato 23 settembre alle ore 11, presso la Real chiesa di San Lorenzo, nella centrale piazza Castello a Torino, la seconda edizione del tradizionale concerto “Festival sabaudo di musica sacra”.

L’evento di Superga perpetua la memoria del voto fatto dal duca Vittorio Amedeo II per la liberazione della capitale sabauda dall’assedio del 1706: salito il 2 settembre, in compagnia del cugino principe Eugenio, sulla cima del colle, punto di osservazione ideale per concertare il piano di battaglia, il duca Vittorio Amedeo II, come racconta la tradizione, si raccolse in preghiera dinnanzi all’effigie della Madonna nel piccolo oratorio di Santa Maria sub pèrgolam, implorandone l’intercessione e promettendo di far edificare sulla vetta della colle una grande chiesa dedicata alla Vergine, che avrebbe poi visto la luce a partire dal 1717 con la posa della prima pietra della grandiosa Basilica di Superga, frutto dell’ingegno dell’architetto messinese Filippo Juvarra.

Sempre nel quadro delle celebrazioni legate al Rinnovo dei voti e Festa nazionale degli antichi Stati di Savoia, è in programma nella giornata di sabato 23 settembre, con inizio alle ore 11, la seconda edizione del tradizionale concerto “Festival sabaudo di musica sacra”, che andrà in scena nella splendida cornice barocca della Real Chiesa di San Lorenzo, nella centrale piazza Castello.

L’evento del “Rinnovo dei voti” e “Festa nazionale degli antichi Stati di Savoia” si collega alla vittoria conseguita il 7 settembre 1706 dall’esercito austro-sabaudo, guidato dal duca Vittorio Amedeo II di Savoia e dal cugino, principe Eugenio di Savoia-Soissons, contro l’armata franco-ispanica, forte di 45.000 soldati, che dal mese di maggio cingeva d’assedio la città di Torino, capitale degli Stati di Savoia, nel quadro del conflitto di portata europea conosciuto come “Guerra di Successione Spagnola” (1701-1714).

Il lungo assedio, segnato da continui bombardamenti sulla città con palle di pietra e bombe incendiarie, ebbe termine con la battaglia del 7 settembre, che obbligò i franco-ispanici alla ritirata: negli anni successivi alla grande impresa si affermò, a Torino e nell’intero territorio degli Stati Sabaudi, la consuetudine di celebrare la ricorrenza della vittoria e della liberazione dall’assedio come una grande festa nazionale, e questa gloriosa tradizione, interrotta per un lungo periodo, è stata in tempi recenti riportata in auge, coinvolgendo gruppi e delegazioni provenienti da tutte le province storiche degli antichi Stati, in particolare Nizza e Savoia.

RINNOVO DEI VOTI DI SUPERGA E FESTA DEGLI STATI DI SAVOIA

Per informazioni sull’evento e prenotazioni scrivere a: superga1706@gmail.com

Dai bruciaprofumi ai candelieri ai vassoi, in mostra al “MAO” l’arte islamica medievale

“Metalli sovrani”

 

Fino al 17 settembre

Dopo la suggestiva rassegna “Lustro e lusso dalla Spagna islamica”, il “MAO-Museo d’Arte Orientale” di Torino continua il suo viaggio di avvicinamento alla grande mostra del prossimo autunno, incentrata sull’arte dei “Paesi tra Estremo Oriente e Centro Asia fino alle sponde del Mediterraneo”, con la presentazione, all’interno della “galleria islamica” e fino a domenica 17 settembre, di un progetto espositivo dedicato ai più raffinati oggetti di arte islamica medievale in metallo. Dal titolo “Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale”, la mostra – curata da Veronica Prestini – rappresenta la prima collaborazione fra il “Museo” di via San Domenico e la britannica “The Aron Collection”. Bruciaprofumi, bottiglie porta profumo, portapenne, candelieri, vassoi, bacili e coppe: in esposizione troviamo una mirata selezione di quella “metallistica” datata XII – XV secolo che, insieme alla “miniatura”, può essere considerata fra le più alte espressioni della creatività artistica islamica e che dalla Persia raggiungeva a Oriente l’India e la Cina, arrivando in Occidente fino alle pendici dell’Atlante e alla stessa Europa, dimostrando quanto le percezioni estetiche viaggino sempre per conto loro, assolutamente incuranti di frontiere politiche e religiose. Fra i soggetti preferiti, in fase di decorazione, al primo posto é sicuramente quello della “caccia”, in particolare l’iconografia del re a cavallo affiancato da alcuni animali (falconi e ghepardi, soprattutto) e da una schiava (artista scienziata o musicante); non meno “gettonati” i temi dell’“astronomia” e dell’“astrologia” che rivestivano un ruolo centrale nella vita dei sovrani, influenzandone le scelte politiche, militari e perfino amorose. Altri soggetti, realizzati non di rado dagli artigiani del tempo, erano le “scene di festa e banchetto”, legate al genere letterario Bazm-o-Razm, ovvero “banchetto e battaglia” ad indicare come le piacevolezze della pace non potessero mai disgiungersi dal ciclico ardore dei combattimenti. E’ dunque un repertorio artistico “straordinario e metafisico”, quello che possiamo leggere in mostra, associato ad uno stupefacente “rigore calligrafico” applicato in prevalenza negli oggetti destinati all’illuminazione, quali candelieri e lampade, fondamentali nella vita quotidiana, ma anche nella più sfarzosa dimensione spirituale e sacra.Fra gli oggetti più raffinati in esposizione troviamo un “Portapenne incrostato in argento” (Mosul, Iraq, fine XIII secolo), che reca una raffigurazione del sole circondato dai pianeti (motivo iconografico tipico degli oggetti destinati a governanti e ad altri membri dell’élite nonché emblema dell’iconografia astrologica nell’Islam medievale) e un grande “bacile in ottone inciso e ageminato in argento” (Fars, Iran meridionale, XIV secolo) dalla decorazione altamente simbolica, con scene di caccia che ricorrono su tutta la superficie dell’oggetto, espressione di una prerogativa reale che, rimandando alle eccezionali qualità di combattente del sovrano, ne legittimavano il potere.

Piacevolissima sorpresa (ma neppure tanto, essendo pratica ricorrente per le mostre del “MAO”), la volontà di intrecciare arte antica e contemporanea, con l’esposizione dell’opera “Monochrome bleu” (1959) del francese, precursore della Body art, Yves Klein(1928-1962). E mai intreccio, come in questo caso, fu più centrato e illuminante. L’opera esposta di Klein (uno degli oltre mille dipinti monocromi da lui realizzati a partire dal ’56) appartiene al periodo del “solo blu”, tinta che “doveva unificare il cielo e la terra e dissolvere il piano dell’orizzonte”, quel blu oltremare “saturo e luminoso” (da Klein addirittura brevettato col nome di “International Klein Blue” che però non venne mai prodotto) che, in qualche modo rappresenta il compiersi di una ricerca che ha origini antichissime.  Il blu oltremare, il cosiddetto “blu di Persia”, domina infatti nelle pregiatissime miniature islamiche medievali ed è spesso sapientemente accompagnato dall’uso della “foglia oro”. In quest’ottica “Monochrome Bleu” permetterà di “apprezzare l’evoluzione della sapienza tecnica, artigianale e artistica, in continua tensione espressiva, divenuta un modello filosofico nell’interpretazione di Klein, e poter godere appieno della profondità dirompente del suo colore”.

Gianni Milani

“Metalli sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale”

MAO-Museo d’Arte Orientale”, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it

Fino al 17 settembre

Orari: da mart. a dom. 10/18. Lunedì chiuso

Nelle foto:

–       Particolare dell’allestimento, Ph. Perottino

–       “Portapenne (qalamdam)”, Iraq (Mosul), XIII sec, Lamina di ottone, battuta, incisa ed incrostata d’argento e oro, Ph. Valerio Ricciardi

–       Yves Klein: “Monochrome bleu”, 1959, Pittura su carta, Collezione privata, Torino, Ph. Paolo Mussat Sartor

Nel cuore di Susa una cripta di 1000 anni fa

Il lungo telone rosso separa la zona degli scavi dal resto della chiesa in cui si tengono regolarmente le funzioni religiose. Si continua a scavare nella cattedrale di Susa dopo l’eccezionale ritrovamento di una cripta dell’XI secolo rimasta sepolta sotto l’abside per mille anni. È la cripta della cattedrale romanica di San Giusto venuta alla luce di recente durante i lavori di restauro del coro ligneo del Trecento. L’hanno individuata gli archeologi della Soprintendenza di Torino dopo uno scavo di 3-4 metri sotto il pavimento dell’abside. Una scoperta inaspettata e affascinante. La cripta dell’XI secolo era sepolta sotto metri di macerie e sono state trovate pitture, una scala ad anfiteatro con sei gradini in pietra, stucchi di animali, reperti in bronzo del Duecento e il reliquario che potrebbe essere proprio quello di San Giusto.
Si tratta di un ambiente che in Piemonte non ha precedenti in altri edifici religiosi poiché nei documenti antichi non si fa mai cenno all’esistenza di una cripta dentro una cattedrale. La chiesa originaria, consacrata nel 1027, quasi 1000 anni fa, fu fatta costruire dal marchese di Torino Olderico Manfredi II per conservare le spoglie di San Giusto Martire e nel Settecento divenne cattedrale. È l’epoca di uno dei matrimoni più influenti nella storia del Piemonte, quello tra la contessa Adelaide di Torino e di Susa, figlia di Olderico e cugina di Matilde di Canossa, e il marchese Oddone di Savoia. Nozze importanti perché consentirono ai Savoia di penetrare in Piemonte dalla Francia e dare vita ad una delle più grandi e potenti dinastie del mondo.
Secondo gli esperti la copertura della cripta romanica, appena riemersa, risalirebbe al XIV secolo. Si tratta di una scoperta davvero sorprendente che ha colto tutti di sorpresa. Quello in corso da alcune settimane non è un lavoro semplice: l’altare barocco della cattedrale è stato smontato e verrà rimesso al suo posto a fine lavori mentre il pavimento di tutta l’area absidale è stato rimosso. È una scoperta importante perché il cantiere, del costo di un milione di euro tra fondi della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) con l’8 per mille e fondi del Ministero dei Beni Culturali, metterà in risalto le vestigia romane e medievali individuate al di sotto dell’altare. Resta una domanda: perché la cripta è stata coperta lasciando tutto al suo posto? Forse la causa è da ricercare in un terremoto o in qualche altra calamità. Ulteriori studi daranno forse una risposta certa. Ora si guarda al 2027 per celebrare i mille anni di vita della cattedrale.
Filippo Re

Uno storico anniversario torinese. 160 anni fa nasceva il Cai

Accadde Oggi: 𝗱𝗮𝗹𝗹𝗮 𝘃𝗲𝘁𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗠𝗼𝗻𝘃𝗶𝘀𝗼 𝗮𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗮𝘀𝗰𝗶𝘁𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗔𝗜

«Nell’estate del 1863 a Torino scoppia improvvisamente la febbre del Monviso», scrive lo storico Pietro Crivellaro. Due anni prima, il 30 agosto, i britannici Mathews e Jacomb, accompagnati dalle guide Michel Croz e Jean-Baptiste Croz, avevano portato a termine la prima ascensione del Re di Pietra; l’anno successivo era poi toccato a Francis Fox Tuckett, accompagnato tra gli altri anche dal portatore italiano Bartolomeo Peyrot. I tempi sono maturi per la prima ascensione di una cordata interamente italiana, e nell’estate del 1863 sono documentati almeno tre tentativi andati a vuoto, uno dei quali ad opera di Alessandra Boarelli, che riuscirà poi nell’impresa nel 1864.

La sera del 9 agosto, il biellese Quintino Sella, classe 1827, già Ministro delle Finanze nel governo Rattazzi (ruolo che ricoprirà nuovamente a partire dal 1864), parte per Saluzzo in compagnia del barone Giovanni Barracco, anch’egli deputato e buon alpinista. Ai due si aggiungeranno Paolo Ballada di Saint Robert e Giacinto di Saint Robert; la comitiva verrà infine rinforzata dalla presenza di tre guide locali, Raimondo Gertoux, Giuseppe Bodoino e Giovanni Battista Abbà.

Numerose lettere scritte da Sella, tra cui la più nota indirizzata all’amico Bartolomeo Gastaldi, segretario della Scuola per gli ingegneri, permettono di ricostruire minuziosamente la salita. Scrive Sella: «attorno a noi guglie tagliate a picco, precipizii, orrori veramente sublimi. Massi enormi parevano attendere alla montagna per poco più di un filo, e certe piramidi acutissime sembravano doversi precipitare in basso con lieve spinta […]. Regnava quel singolare silenzio sepolcrale che fa tanta impressione sulle alte montagne al di sopra dell’abitato, delle foreste e dei torrenti».

La cordata arriverà in vetta il #12agosto, 160 anni fa, per quella che oggi è considerata la “via normale”: «Carissimo, siamo riesciti; ed una comitiva d’italiani è finalmente salita sul Monviso. […] Il Monviso! Questa meravigliosa montagna che forma la parte la più originale, più graziosa e più ardita dell’impareggiabile cornice che corona il panorama dell’Italia settentrionale…».

L’impresa darà linfa all’idea di Sella, condivisa con Saint Robert, di creare un sodalizio di appassionati di montagna, coniugando al progetto alpinistico lo studio scientifico dei territori montani e l’aspetto laico e pedagogico, da proporre ai giovani destinati a formare la classe dirigente della nuova Italia unita.

Scrive sempre Sella a Gastaldi: «A Londra si è fatto un Club Alpino, cioè di persone che spendono qualche settimana all’anno nel salire le Alpi, le nostre Alpi! […] Anche a Vienna si è fatto un Alpenverein. Ora non si potrebbe fare alcunché di simile da noi? Io crederei di sì!».

Il 26 agosto la scalata al Monviso verrà ripetuta da Giuseppe e Luigi di Rovasenda, che – accompagnati da Gertoux e Bodoino – ricalcano esattamente l’itinerario della cordata di Sella. Entrambi saranno tra i primi soci del CAI. L’interesse per l’alpinismo e per il Monviso contagia gli appassionati di montagna, i naturalisti, gli intellettuali, la stampa.

Il 23 ottobre dello stesso anno, a Torino, al Castello del Valentino, verrà fondato il #ClubAlpinoItaliano.

 

(testi e foto Facebook CAI)