SPETTACOLI- Pagina 242

Amori e disamori, Binasco mette in scena il “Sogno” di Shakespeare

Sino al 16 gennaio al Carignano, per la stagione dello Stabile torinese

 

Credo che abbia avuto davvero ragione Valerio Binasco a varare, nel cuore di un gelido inverno, il suo personalissimo  “Midsummer Night’s Dream” shakespeariano, per la stagione dello Stabile di Torino – Teatro Nazionale (in scena al Carignano sino al 16 gennaio). Un “Sogno di mezza estate” per tutte le stagioni. Perché questo “Sogno” è il giusto desiderio di un teatrante di tornare alla normalità e di recuperare gli spazi e il proprio pubblico con un bel sorriso stampato in faccia, di agire con l’invenzione e con l’intelligenza e con il cuore, con un testo che porta in sé tutto il divertimento possibile, con uno spettacolo pieno di colore che gioca con una scenografia a due piani capace di stupire e di catturare, con una compagnia numerosa che diverte e si diverte. Non soltanto una pretesa normalità, non soltanto una gran festa: questa festa facciamola subito, in fretta, visti i chiari di luna che ci attendono e che preannunciano nulla di buono, con un incubo che “è sempre dietro l’angolo”. È un ritorno al Bello, alla finzione come rifugio protettivo, al piacere di entrare tra i velluti rossi di una sala teatrale, di accomodarsi in poltrona e di assaporare un gusto da troppo tempo dimenticato, un meccanismo che gira a meraviglia e non delude mai. Cioè, ce ne fossero di serate come questa in una intera stagione.

Scriveva un critico del secolo scorso: “Il ‘Sogno’ è una grande poetica sbornia piena delle dissonanze, degli stridori, del veder doppio, dei contrattempi e malintesi che sono propri delle grandi sbornie e delle grandi farse”. Non resta che buttarcisi dentro, via alla commedia degli equivoci. Preparare la reggia, dalle bianche sale, il luogo dell’ordine e della freddezza, dove Egeo impone irremovibile alla figlia Ermia di sposare Demetrio anche se la ragazza gli preferisce Lisandro, antico innamorato di Elena: quando Ermia e Lisandro fuggiranno per unirsi lontano in matrimonio, ecco che Elena rivelerà ogni loro progetto a Demetrio, nella speranza che ritorni a lei. Preparare il bosco incantato, il luogo della fantasia e della libertà non soltanto creativa, affondare nell’Eros, che attraversa l’intera commedia, l’Eros dei sentimenti e quello altresì fisico, pervaso dalla più sfacciata sensualità e dalle gelosie più acute e distruttrici, nel suggestivo cambiamento escogitato da Nicolas Bovey (cui si devono anche i raffinati giochi di luci), una landa selvaggia e azzurrina tutta anfratti e luoghi petrosi, entro cui convogliare i sovrani Oberon e Titania, le magie e gli scherzi di Puck, le illusioni e le disillusioni, i falsi risvegli, gli inseguimenti e le baruffe di innamorati, coppie che si formano per poi esplodere all’improvviso, lo zigzagare di innamoramenti e di disinnamoramenti pronti a tramutarsi ancora una volta in innamoramenti, con i matrimoni che ne seguono, per quel mal d’amore che tutti cattura, umani e creature fiabesche. Sino alla recita finale, il dramma di Piramo e Tisbe, allo spettacolo nello spettacolo che mette tutto e tutti d’accordo: i comici e le maschere, un isolotto tutto arancio di pace, sul fondo e di lato, una farsa che tira i remi in barca, un angolo conclusivo di teatro, di atmosfere, di colori, di magico che può riportare alla memoria certi attimi delle messinscene strehleriane.

Binasco – qui, oltre che regista, anche adattatore e traduttore con la collaborazione di Antonio Calenda e tra gli interpreti, nel doppio ruolo di Teseo e di Oberon: un factotum che sa che cosa è un palcoscenico – padroneggia a meraviglia, senza facili soluzioni e con gran divertimento, la materia non facile da sistemare, considerando le tante sottotrame che vi circolano, la scrittura tutta giravolte, lo scomporsi continuo delle situazioni. Lo fa con occhio moderno, a cominciare dal guardaroba degli attori (i costumi sono di Alessio Rosati), risparmiandoci trascrizioni e riletture forzate o assurde quali ormai infestano i nostri palcoscenici, rendendoci pacificamente il plot in un susseguirsi amabilissimo di fuochi d’artificio. Che il pubblico sottolinea in un susseguirsi (in una delle repliche cui ho assistito, ma nulla ha potuto negare il grande successo nelle serate successive: se ancora non s’è capito, uno spettacolo da vedere) di chiamate e applausi. Della compagnia in scena, tutti giocano a costruire il proprio personaggio, nella piena consapevolezza che ognuno per un piccolo istante diventa protagonista, dal Quincey di Nicola Pannelli all’imperdibile Puck di Francesco Russo al Bottom di Michele Di Mauro che, nella voce e nei gesti, dopo l’exploit delle “Sedie”, si guadagna un bello spazio all’interno del nostro Stabile; certamente, le due coppie di innamorati, Giordana Faggiano e Fabrizio Costella come Ermia e Lisandro e Lorenzo Frediani e Dalila Reas nelle vesti di Demetrio ed Elena (forse i giovanotti più a proprio agio, le attrici un po’ troppo vocianti: ma sarebbe voler cercare il pelo nell’uovo), e ancora Olivia Maniscalchi e Franco Ravera.

 

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Luigi De Palma

Prospettive: arte e musica dialogano tra loro

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PROSPETTIVE

Dal 15 gennaio al 4 giugno 2022

Anche quest’anno, per il quarto anno consecutivo, Fondazione Torino Musei, OFT – Orchestra Filarmonica di Torino e Abbonamento Musei propongono il progetto di collaborazione che avvicina il pubblico dell’arte a quello della musica e viceversa.

 

Per chi ama esplorare l’arte nelle sue mille sfumature, i tre grandi musei della Città di Torino – GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, MAO Museo d’Arte Orientale e Palazzo Madama Museo Civico d’Arte Antica –  ogni sabato precedente il concerto propongono una visita guidata, a rotazione, al proprio patrimonio museale, traendo ispirazione dalla stagione concertistica dell’Orchestra Filarmonica di Torino.

 

L’iniziativa è a cura dei Dipartimenti Educazione della Fondazione Torino Musei e di Abbonamento Musei.
Le visite sono condotte da Theatrum Sabaudiae.

 

Visite guidate a pagamento. Costo: 6 euro per il percorso guidato + biglietto di ingresso al museo secondo tariffe (gratuito con Abbonamento Musei e Torino Piemonte Card).

Info e prenotazioni: t. 011 5211788 (lun-dom 9-17.30); prenotazioniftm@arteintorino.com • è possibile effettuare l’acquisto on-line

Maggiori info su

www.oft.it www.fondazionetorinomusei.it www.abbonamentomusei.it https://www.arteintorino.com/

Steve Della Casa direttore artistico del Tff

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Stefano Della Casa è il nuovo direttore artistico della 40° edizione “straordinaria” del Torino Film Festival. Succede a Stefano Francia di Celle che, al termine del suo mandato, ha scelto di non prorogare il suo contratto decidendo di tornare in Rai dopo due anni di aspettativa.

 

Il Presidente Enzo Ghigo, il direttore Domenico De Gaetano e il Comitato di Gestione del Museo Nazionale del Cinema ringraziano Stefano Francia di Celle per l’ottimo lavoro svolto, per l’impegno e la passione che ha dedicato al TFF in questi anni non facili e gli fanno i migliori auguri per il ritorno in Rai in un momento di grande trasformazione per l’azienda.

 

Steve Della Casa è tra i fondatori del Festival Cinema Giovani – poi Torino Film Festival – di cui è stato direttore dal 1998 al 2002. Della Casa si appresta a dirigere l’edizione che celebrerà i 40 anni del Torino Film Festival, un anniversario importante che oltre a ribadire la sua identità, ancora attuale a distanza di anni, dovrà anche segnare un momento di passaggio, nel solco della tradizione e innovazione che da sempre caratterizzano il TFF. A lui e alla sua squadra i migliori auguri di buon lavoro.

 

Nato a Torino il 25 maggio 1953. Laureato in storia del cinema con il prof. Rondolino con una tesi sul western americano. Nel 1974 è tra i fondatori del Movie Club di Torino, uno dei più importanti club cinema italiani. Nel 1982 è tra i fondatori del Festival Cinema Giovani, poi Torino Film Festival, di cui sarà direttore dal 1998 al 2002. È presidente della Film Commission Torino Piemonte tra il 2006 e il 2013 e direttore del Roma Fiction Fest fino al 2014. Dal 1994 è autore e conduttore del programma Hollywood Party su Radio Rai3. È dicente di storia del cinema all’Accademia d’Arte Drammatica. Ha pubblicato saggi sul cinema in Italia e all’estero (Centre Pompidou, Museum of Modern Arts di New York, George Lincoln Center). Ha diretto documentari presentati ai festival di Venezia, di Roma, di Locarno, vincendo nel 2016 un Nastro d’Argento. È tifoso del Toro.

 

Al Baretti “Le cinque rose di Jennifer”

Marina Bassani porta in scena con Lorenzo Bartoli il testo più simbolico del drammaturgo campano in una rilettura essenziale che pone al centro l’isolamento e la fragilità di coloro che non si riconoscono nel binarismo di genere

Torino, gennaio 2022 –Le cinque rose di Jennifer”, uno dei primi testi teatrali che ha come protagonista un femminiello, andrà in scena presso il Cineteatro Barettimercoledì 12, giovedì 13 e venerdì 14 gennaio alle ore 21Marina Bassani, interprete e regista, affronta per la prima volta un testo di Annibale Ruccello scegliendo il capolavoro che nel 1980 impose il drammaturgo all’attenzione di pubblico e critica per aver portato in teatro la storia di un femminiello, figura iconica e complessa della cultura napoletana e che oggi potremmo definire travestito.

Le cinque rose di Jennifer”

Protagonista indiscusso dell’opera è Jennifer (Lorenzo Bartoli), femminiello malinconico e romantico. Accerchiatodalla sua collezione di scarpe, vive in attesa della telefonata di Franco, uomo col quale sogna di sposarsiPersonaggio eccentrico e a tratti istrionico, Jennifer vive sola in un quartiere di travestiti nella periferia di Napoli, lasciando atelefono e alla radio il compito di metterla in contatto con il mondo. Un isolamento sofferto ma inevitabile, che verrà interrotto solo dall’arrivo di Anna (Marina Bassani), anziana vicina di casa, ambigua figura che, chiusa nel suo bigottismo, rappresenta il doppio di Jennifer e che diventa uno specchio tragico per la protagonista. Gli squilldel telefono, quasi rintocchi di un orologio cosmico, scandiscono il passare del tempoportando verso un epilogo dalle tinte noir le vicende dei due personaggi.

La regia

Marina Bassani, attrice e regista che negli anni ha collaborato con alcune delle principali realtà teatrali di Torino come il Teatro Gobetti, il Teatro Astra e il Festival Spiritualità e che da2015 collabora con Lorenzo Bartoli, porta in scena il testo che negli anni ‘80 rivelò il talento di Annibale Ruccello e che continua a essere più attuale che mai: un’opera lungimirante che anticipò la condizione di vita di coloro che rifiutano il binarismo di genere e che non si sentono rappresentati in una categoria rigorosamente maschile o femminileMarina Bassani, che ha curato anche i costumi di scena, fa una rilettura dell’opera essenziale e a tratti astratta, per dissacrare gli stereotipi che accompagnano le persone transgender e far parlare solo l’essere umano dietro di essi.

Il femminiello

Prima che emergesse la questione di genere e che parole come trans, bisessuale o queer diventassero comuni, a Napoli c’era il femminiello, figura culturale prima che linguisticaLegato al contesto urbano dei quartieri spagnoli degli anni ‘70 e ‘80 il femminiello ha un ruolo chiave nella comunità poiché sintetizza, all’interno della società, laspetto magico e quello religioso. Figura eccentrica e spettacolare che anima i vicoli, ha una funzione centrale all’interno di alcuni riti collettivi come il battesimo, il matrimonio, la tombola natalizia o l’annuale processione al Santuario di Montevergine, la madonna dei femminielli.

Superficialmente lo si potrebbe definire un omosessuale effeminato ma non conosce chirurgia né transizione, rappresenta semmai un essere umano dalla grande forza simbolica, in costante metamorfosi. È una femmina non propriamente femmina, un maschio dalla grande fluidità identitaria, qualcosa di incompleto e affascinante. Una personalità molto radicata nel contesto casalingo e nel rito familiare ma che, allo stesso tempo, esprime la parte più trasgressiva della cultura partenopea.

Le cinque rose di Jennifer

con Marina Bassani e Lorenzo Bartoli

regia Marina Bassani

mercoledì 12, giovedì 13, venerdì 14 gennaio 2022

Cineteatro Baretti, via Baretti 4

ore 21

costo biglietti

intero €15;

ridotto under 26 e over 65 €12

gruppi (sopra 5) €10

Per prenotazioni scrivere a

selig@teatroselig.it

Torino Comedy Lounge con Chiara Becchimanzi

Il primo spettacolo del nuovo anno promosso dal collettivo Torino Comedy Lounge è  in programma martedì 11 gennaio al Cubo Teatro di Off Topic.

L’ospite sarà Chiara Becchimanzi, sul palco di via Pallavicino 35 con la sua Terapia di gruppo: una performance innovativa in cui la stand up comedian romana coinvolgerà direttamente il pubblico e “costruirà” con quest’ultimo uno show improvvisato, dando vita a un esilarante flusso di coscienza che tenterà di decostruire retaggi vetusti, futili stereotipi e incontrollabili paure.

Il risultato è, dunque, uno spettacolo catartico e sempre diverso, in grado di alleggerire gli spettatori con risa liberatorie e spensierate e farci sentire meno soli.

Chiara Becchimanzi, oltre a essere un’autrice e attrice di successo, è anche una comica particolarmente nota sul piccolo schermo, grazie alla partecipazione ai programmi di Comedy Central Stand Up Comedy e Comedians Solve the World Problems e alla trasmissione Battute?, in onda su Rai 2. Recentemente, ha anche pubblicato il suo romanzo d’esordio, A ciascuna il suo.

La maestria di Spielberg e il ritmo indiavolato di una storia senza tempo

“West Side Story”, eccellente rivisitazione, oggi sugli schermi

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

C’è  una scritta sul finale del film, “For Dad”. “West Side Story” nasce oggi con questo ricordo, è dedicato a un padre che è scomparso durante le riprese e che fece conoscere al suo Steven, allora quindicenne, la colonna sonora della prima edizione, quella firmata dall’accoppiata Robert Wise/Jerome Robbins, e Spielberg a innamorarsene e a cantarla ininterrottamente attraverso le stanze della casa, ad ogni ora del giorno. Quella storia e quelle musiche il regista, oggi settantacinquenne, se le è portate dentro per una vita intera, ha attraversato il risveglio di mostri preistorici e marini o l’incontro con creature venute da altri mondi, le avventure di archeologi alle prese con nazisti feroci o quelle di un tranquillo americano che se la deve vedere con le spie della guerra fredda e tanto altro ancora. Un musical mai, con quelle musiche a girargli tutto il giorno in testa il musical no, non gli andava, non arrivava mai il momento giusto. Alla fine s’è detto che proprio quel “West Side Story” che aveva fatto innamorare un ragazzino poteva essere il titolo giusto.

Non ha fatto un’operazione copia/incolla che sarebbe stata povera e inaccettabile cosa (chi ricorda più l’anonimo sfacelo di Gus van Sant con l’hitchcokiano “Psyco”, ricercato in ogni inquadratura?), ha affidato la sceneggiatura a Tony Kushner, già suo collaboratore per “Munich” e “Lincoln”, autore di quel capolavoro teatrale che è “Angels in America”, ha costruito un film che non poggia a tutti i costi su un terreno di nostalgia ma che, pur avendo ben presente la “classicità” del lavoro, s’aggiorna da solo là dove lo spettatore ripensi alle vicende che gli States stanno vivendo giorno dopo giorno. Chiamiamola rivisitazione o come ci pare, con grande rispetto, rimettendo a tratti un ordine fra le canzoni, “I feel Pretty”, ad esempio, tornata al proprio posto originale, come da partitura teatrale, Spielberg ha richiamato a sé, a distanza di sessant’anni esatti, le coreografie di Jerome Robbins, le musiche di Leonard Bernstein e le liriche di Stephen Sondheim (scomparso poche settimane fa), che avevano reso assai più grande e forte un genere che fu tra le glorie di Hollywood. Nelle mani di Spielberg tutto si anima, diventa pieno di vibrazioni sino all’inverosimile, il ritmo si fa sempre più incalzante, la fotografia di Janusz Kaminski ariosa e piena di luce negli esterni o più calda e raccolta all’interno delle camere dei protagonisti ambienta egregiamente la vicenda e segue vorticosamente ogni movimento di questo “Romeo e Giulietta” shakespeariano trasportato ai giorni nostri.

Nel 1957 (proprio l’anno della prima rappresentazione teatrale), in una New York che vede la ricerca continua del proprio ammodernamento (i luoghi della vicenda saranno cancellati dal Lincoln Center), e cede alla demolizione di vecchi quartieri, tra caseggiati che cadono e grattacieli che nasceranno, due gruppi, due gang, come nel film feroce di Scorsese, a darsi battaglia per mantenere quegli stessi territori. I Jets, ad affermare la supremazia dei bianchi, e gli Sharks, di origine portoricana, da troppo poco tempo sbarcati in città. Sin dalle prime immagini è un miracolo di riprese, di macchina da presa in perenne movimento, di un montaggio indiavolato che invade zuffe raccontate con tracotanza e altrettanta ferocia, ma anche con una buona dose di humour (gli interventi dei poliziotti). A seguire l’intreccio del grande inglese, ogni cosa s’aggrava con la festa, con gli sguardi tra Maria e Tony, lei è la sorella di Bernardo che guida i portoricani, lui ha dato vita con Riff ai Jets e cerca di starsene fuori delle mischie a espiare un anno di prigione, tranquillo impiegato nel negozio di Valentina, una bravissima Rita Moreno che già aveva rivestito gli abiti di Anita e si era portata via un Oscar quale migliore attrice non protagonista (ricordiamo che il film di Wise di statuette ne raccolse dieci); la voglia di rivedersi, l’appuntamento per il giorno dopo fissato tra le griglie e le scale saliscendi di un vecchio caseggiato, proprio mentre Bernardo dall’interno chiama severo, proprio come in antico avrebbe fatto la vecchia nutrice. Ma le lame dei coltelli sono lì a luccicare, lo scontro è inevitabile e Tony deve tornare per le vecchie strade per un’ultima resa dei conti.

C’è vitalità, c’è energia, c’è la consacrazione irruente di un sogno a lungo e inconsapevolmente accarezzato. Mentre l’interpretazione di Ansel Elgort (Romeo) è più “tranquilla” se  immersa nel panorama fuori controllo dell’intera vicenda e nell’intelligente caos orchestrato da Spielberg, la vera sorpresa è Rachel Zegler, una Maria dagli occhi neri e profondi, un inno alla vita e alla distruzione di ogni pregiudizio, un simbolo di innocenza e di felicità cancellata e di naturalezza interpretativa come di rado se ne sono visti al cinema, qui alla sua prima prova, capace di farci dimenticare i sentimenti e i sospiri di Natalie Wood, cui anche chi scrive è stato da sempre attaccato, come Spielberg al proprio sogno sempre rinviato.

“Il Risveglio della Principessa” In tv il cortometraggio dedicato alla OM 469 Sport del Mauto

Visibile in TV durante la puntata di Gentleman Driver in replica fino al 6 gennaio su Sky Sport canale 229 MS Motortv, Tivùsat canale 55 e Digitale Terrestre.

“Il risveglio della Principessa”, cortometraggio ideato e prodotto da Adrenaline24h, agenzia di comunicazione italiana dedicata al motorismo storico e dal Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, è un omaggio alla splendida e unica” OM 469 Sport del 1922 del MAUTO e alla sua partecipazione alla 1000 Miglia 2021

Un vero e proprio documentario emotivo che testimonia tutte le fasi di preparazione della vettura e i quattro giorni di gara, che si sono svolti dal 16 al 19 giugno 2021, attraverso i borghi e le città tra le più belle d’Italia.

L’avventura della “Principessa” OM 469 Sport è iniziata quando Ermanno De Angelis, Co Founder di Adrenaline24h, l’ha notata al MAUTO e ha pensato di interrompere il suo lungo “sonno” durato 70 anni e farla tornare nel suo habitat naturalela stradae le competizioni.

Il “risveglio” della vettura è iniziato con l’arrivo presso l’officina di Bontà Classic Garage (Viterbo) dove Gianluca Bontà, titolare dell’azienda e tutto il suo staff, hanno iniziato il restauro completo e minuzioso, durato circa 2 anni, con la supervisione del Centro di Restauro del Museo.

Un compito decisamente arduo e faticoso che ha visto riportare all’ antico splendore le parti meccaniche della OM, seguendo metodi di lavorazione specifici in modo tale da rispettare l’originalità della vettura.

Con questo metodo e criterio lavorativo, è stato affrontato anche il rifacimento totale degli interni intrapreso da Trinchero 1957(Venaria Reale Torino) che, grazie ai suoi “sarti” e alla documentazione offerta dal MAUTO, ha potuto ricostruire l’interno dell’abitacolo e i 4 sedili come erano all’epoca, utilizzando materiali e pellame coerenti con l’età della macchina.

Grazie alla loro esperienza e competenza, sono riusciti a preparare la vettura per la 1000 Miglia 2021, dove è risultata essere l’auto più anziana che abbia partecipato e terminato la gara.

Infatti, la OM 469 Sport, sapientemente guidata dall’equipaggio di Adrenaline24h composto da Ermanno De Angelis e Nunzia Del Gaudio, è riuscita a concludere tutte le tappe della gara e a tagliare il traguardo finale di Brescia.

In questo docufilm è raccontata e racchiusa, l’essenza del motorismo storico: storia, cultura, passione, sfida, emozione. Estata una grande avventura durata due anni tra mille difficoltà, sembrava una sfida impossibile, che invece grazie alla passione di tutti, è stata superata. Dichiara Ermanno De Angelis – Co Founder di Adrenaline24h, Il docufilm che è stato possibile realizzare in virtù del progetto media strutturato da Adrenaline24h, è messo a disposizione di tutti i club, organizzazioni, che vorranno proiettarlo, divulgarlo ed utilizzarlo come strumento di comunicazione e condivisione, proprio nei confronti dei giovani.

Il cortometraggio è ora visibile in TV durante la puntata di Gentleman Driver Tv in onda fino al 6 gennaio su Sky Sport canale 229 MS Motortv, Tivùsat canale 55 e Digitale Terrestre.(per sapere gli orari visitare il sito www.adrenaline24h.com)

Tutti i club, associazioni, sodalizi e circoli che condividono la passione per il motorismo storico, possono richiedere ai produttori la disponibilità gratuita del cortometraggio “Il Risveglio della Principessa” per organizzare attività presso i propri club e/o sodalizi.

Il risveglio della Principessa on-line

Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=aeuST5IROC4

Adreneline24h.com: https://www.adrenaline24h.com/2021/12/il-cortometraggio-il-risveglio-della-principessa/

Facebook: https://fb.watch/acmbCQ7vAV/

Teatro dialettale a Moncalieri

Sabato 8 gennaio 2022

XXXIII RASSEGNA TEATRALE DIALETTALE
La cosa pi’ bela

Moncalieri, ore 21

Teatro Matteotti, via Matteotti 1

Sabato 8 gennaio, alle ore 21, la 33a Rassegna teatrale in lingua piemontese propone il suo terzo spettacolo in cartellone: una commedia in due atti di Tonino Ranalli. Sul palco del Teatro Matteotti di Moncalieri, in arrivo da Mondovì, c’è la Crica del Borgat con “La cosa pi’ bela”.

Letizia ed Enrico, già genitori di una creatura, stanno per sposarsi. Sul coronamento del loro sogno d’amore incombe l’ombra della mamma di lui, donna di vecchio stampo che sta per arrivare a conoscere la famiglia della nuora e anche la nipote nata fuori dal matrimonio, di cui non sa ancora nulla. Sui singolari componenti di questa famiglia sta per posarsi un turbine di novità e colpi di scena, con sorpresa finale. La rassegna è a cura delle compagnie moncalieresi Gruppo Amici di San Pietro, Siparietto di San Matteo e J’Amis del Borg, con il patrocinio della Città di Moncalieri e il sostegno della Pro Loco Moncalieri.

La nostra rassegna della commedia in lingua piemontese al Matteotti è da 33 anni uno degli appuntamenti fissi più amati anche ben oltre i confini di Moncalieri – commenta soddisfatta l’assessore alla Cultura Laura Pompeo – Ed è un’iniziativa che sosteniamo convintamente, nell’ottica di valorizzare quel che Moncalieri ha di peculiare, gli echi più profondi e caratterizzanti della sua storia. Ben lungi dal rimanere ancorati al passato, l’obiettivo è prima di tutto far vivere e diffondere, grazie all’intenso, metodico lavoro di rete con le compagnie del territorio, quanto c’è di più vivo nella cultura e nell’identità moncalierese”.

Abbonamento a 8 spettacoli: € 50,00

Biglietto singolo: € 8,00 (ridotto per under 12: € 6,00)

Info e prenotazioni: tel. 328.6894390 dalle ore 15,30 alle 19 Mail: annafalconieri50@gmail.com

 

Museo del Cinema, un’ottima annata

Sono 237.000 i visitatori che hanno visitato il Museo Nazionale del Cinema di Torino alla Mole Antonelliana (+45% rispetto al 2020), mentre il Cinema Massimo, la multisala del museo, ha avuto 36.000 spettatori, festival esclusi, in linea con i risultati del 2020.

 

Ottimi risultati per un anno ancora profondamene segnato dalla pandemia, che ha obbligato il museo a spostare due dei suoi festival e a reinventarsi per trasformare le opportunità in nuove sfide in un momento di profonda trasformazione culturale, sociale e tecnologica che la situazione mondiale ha notevolmente velocizzato. In questo contesto, la fondazione nella sua interezza (museo, multisala, bibliomediateca, 3 festival e Torino Film Lab) ha organizzato mensilmente e in maniera continuativa uno o più eventi di importanza nazionale o internazionale.

 

Il museo ha riaperto al pubblico il 19 maggio con l’inaugurazione di CineVR, la nuova area dedicata alla realtà virtuale. Realizzata in collaborazione con Rai Cinema, nasce con l’obiettivo di rafforzare la divulgazione della cultura digitale, dell’innovazione e delle nuove tecnologie legate al cinema. È la prima sala cinematografica italiana permanente completamente dedicata al VR, con una programmazione giornaliera continuativa che propone film ideati e concepiti con questa tecnica. La programmazione si arricchisce ogni mese con nuovi contenuti che mai avrebbero potuto avere questa visibilità e da maggio a dicembre ci sono state più di 53.000 visioni. Nel 2021 il museo è stato anche una delle città satelliti di Venice VR Expanded, ospitando temporaneamente una selezione di contenuti della sezione della Biennale Cinema, così come accade in occasione di festival ed eventi.

 

Il 20 luglio, giorno del 21° compleanno del museo alla Mole Antonelliana, viene inaugurata Photocall. Attrici e attori del cinema italiano, la mostra fotografica – a cura di Domenico De Gaetano e Giulia Carluccio, con la collaborazione di Roberta Basano, Gianna Chiapello, Claudia Gianetto, Maria Paola Pierini – ripercorre oltre un secolo di cinema italiano attraverso i corpi e i volti delle attrici e degli attori che lo hanno reso famoso in tutto il mondo.

 

Il 16 dicembre Diabolik alla Mole – a cura di Luca Beatrice, Domenico De Gaetano e Luigi Mascheroni – inaugura il nuovo spazio espositivo al piano di accoglienza della Mole Antonelliana, finora mai utilizzato e recentemente rinnovato nella struttura e nell’allestimento e che completa il percorso di visita tradizionale rendendo il museo flessibile e in continua trasformazione. Diabolik alla Mole, inaugurata il giorno di uscita del film Diabolik dei Manetti bros, è stata preceduta da uno straordinario spettacolo di videomapping sui 4 lati della cupola della Mole e completata da un contenuto VR esclusivo proposto nel CineVR del museo. Non solo una mostra-evento, ma anche film, videomapping, VR, un concetto visivo attorno a cui si aggregano cinema, fumetto, virtual reality, arte e design.

Nel corso del 2021 il Museo Nazionale del Cinema ha portato avanti il programma di Masterclass alla Mole Antonelliana, eventi unici che hanno come protagonisti i grandi nomi del cinema contemporaneo internazionale e legati alla mostra Photocall. Gli ospiti di quest’anno sono stati Tim Roth, Barbara Bouchet, Monica Bellucci, Matilda De Angelis, Paola Minaccioni e Francesco Montanari.

 

Anche nel 2021, in alcuni periodi dell’anno, i quattro lati della Mole Antonelliana si sono animati con spettacoli di videomapping, dei veri propri eventi realizzati appositamente da artisti di fama internazionale, come Luca Tommassini e David Cronenberg, e presentati in anteprima mondiale. Uno spettacolo molto suggestivo, che ha coinvolto anche la realtà virtuale, visibile da buona parte della città e il cui audio è disponibile in sincrono tramite l’applicazione MNC XR.

 

Il Cinema Massimo, la multisala del museo, ha riaperto il 29 aprile, offrendo una programmazione di qualità di prima visione affiancata da omaggi, retrospettive, incontri, appuntamenti con le scuole, rassegne. Oltre a diversi festival cittadini, il Cinema Massimo ha ospitato i tre appuntamenti festivalieri che afferiscono al museo e che quest’anno si sono svolti tutti in presenza: Lovers Film Festival, Festival CinemAmbiente e Torino Film Festival.

Addio a Martinotti, protagonista della musica tradizionale

Se n’è andato a sessantotto anni Maurizio Martinotti, uno dei nomi più noti nella storia della musica tradizionale italiana.

Nato a Casale Monferrato nel 1953, dopo aver frequentato il liceo classico ‘Balbo’ ha dedicato gran parte della sua vita alla ricerca ed alla musica. Nel 1977 fondò ‘ La Ciapa rusa’, in piemontese ‘La pezza rossa’ soprannome con cui veniva chiamata una famiglia di cantori tradizionali di Bozzole. Neglianni il gruppo, ha raccolto registrazioni e filmati degli anziani cantori e suonatori, effettuando così una notevole operazione di recupero della memoria delle tradizioni musicali che altrimenti sarebbe andata perduta, soprattutto nell’area delle Quattro Province (Alessandria, Piacenza, Pavia e Genova). Nei vent’anni di attività, sino al 1997 ha prodotto 7 dischi, uno dei quali ‘Ten da chent l’archet che la sunada l’è lunga’ ha ottenuto nel 1982 il premio della critica discografica italiana. E Roberto Leydi, critico ed etnomusicologo italiano di grandissimo spessore già negli anni Settanta aveva scritto che ‘La Ciapa Rusa’ era uno dei principali e maggiormente meritevoli di attenzione gruppo di musica tradizionale a livello italiano. Il gruppo fu apprezzato anche a livello internazionale con tournee in Europa ed in Nord America. Maurizio Martinotti fu anche il motore della ‘Folkermesse’, rassegna internazionale di musica tradizionale nata nel 1983 quando assessore alla cultura era Guido Cattaneo (un politico casalese che pose le basi delle tante iniziative culturali di cui la città ha goduto negli anni successivi, dalla Gipsoteca Bistolfi, al Museo Civico, alla riapertura del Teatro e, appunto alla Folkermesse). La rassegna, collegata con il festival francese di Lorient ha calato definitivamente il sipario nel 2020.

Maurizio Martinotti è mancato nel giorno di San Silvestro all’ospedale di Alessandria. Era malato da tempo. Lascia la moglie Maura Guaschino che aveva conosciuto anni fa proprio durante delle ricerche sulle tradizioni musicali e con cui aveva effettuato anche diversi altri lavori. Lascia anche il fratello Massimo, che vive all’estero da diversi anni e la sorella Marina. E proprio grazie a Marina, mia compagna di scuola, avevo conosciuto ‘Martinez’ come lo chiamavano una vita fa, nella loro casa vicino al Duomo di Casale tanti anni fa, quando entrambi frequentavamo il Ginnasio ed il Liceo. Maurizio lo ricordo nella sua grande stanza, piena di dischi e libri , una prima volta che ero stato a casa loro per studiare insieme con Marina non ricordo se latino o greco. Ci siamo poi sentiti diverse volte negli anni Ottanta quando per ‘Vita Casalese’ seguivo le prime Folkermesse. Storie di altri tempi e dei primi anni Ottanta. Poi negli anni ci siamo, via via, persi di vista come sovente accade, anche se i nostri sporadici incontri sono sempre stati all’insegna della reciproca stima e cordialità. Sino ad aver appreso la notizia la mattina del 1 gennaio. La sua dipartita si farà sentire per tutto quello che di buono e di bello ha fatto in tutti questi anni nel campo della cultura e della musica.

 

Massimo Iaretti