SPETTACOLI- Pagina 135

“Torino, un PO”, parole e musica sulle rive del Grande Fiume

REUNION ZANETTI-MEZZINO-GIOVANNINI

Sabato 22 ottobre ore 20,45

Musica e parole in Sala Scicluna

“Torino … un Po” è una piccola passeggiata con calma e senza affanni attraverso strade, piazze, angoli, momenti, personaggi di questa città che da duemila anni si specchia sulle rive del grande fiume.

Quel po non è un avverbio con tanto di apostrofo, bensì proprio il fiume Po.

Basta togliere l’apostrofo e rendere maiuscola la P, nessun altra città potrebbe farlo.

Gli accordi di chitarra di Rodolfo Mezzino e le note della fisarmonica di Luca Zanetti ci condurranno nelle atmosfere tipiche di questa città e accompagneranno le storie raccontate nei testi di Alberto Giovannini Luca e di alcuni artisti come Guido Gozzano, Gipo Farassino e Gianmaria Testa.

La scelta della parlata torinese, con cui vengono interpretati alcuni testi, non è un controsenso con l’odierna realtà multietnica di Torino, ma vuole ricordare che nel caleidoscopio di linguaggi e dialetti, che farciscono la nostra quotidianità, vi è anche e ancora il dialetto locale che ci riporta a una Torino un po’ provinciale, come direbbe Guido Gozzano, ma fresca e genuina.

Interpreti: Rodolfo Mezzino chitarra classica; Luca Zanetti fisarmonica; Alberto Giovannini Luca voce recitante.

Lo spettacolo rientra nella stagione 2022/2023 di Sala Scicluna, dal titolo “Una centrata luminosa presenza”

Ingresso a offerta consapevole, soltanto su prenotazione con messaggio o whatsapp al numero 347 4002314.

SALA SCICLUNA, VIA R. MARTORELLI 78, 10155 TORINO – INTERNO CORTILE

“Il crogiuolo” di Miller/Dini, un crescendo perfetto tra streghe e maccartismo

Sino a domenica 23, nella sala del Carignano

Arthur Miller debuttò a Broadway con “Il crogiuolo” nel  gennaio del 1953, quando l’America era in pieno maccartismo (da noi il testo lo propose Visconti nel ’55 con la coppia Santuccio/Brignone, e nel 1971 Sandro Bolchi ne offrì una ripresa televisiva con un più che convincente Renzo Montagnani che si può rivedere su youtube; il cinema, per inciso, se ne appropriò in più occasioni, dal “Prestanome” a “Come eravamo”, da “Indiziato di reato” a “L’ultima parola”, ovvero il calvario dello sceneggiatore Dulton Trumbo, a “Good Night Good Luck”, significativa opera diretta da George Clooney) – il senatore del Wisconsin Joseph McCarthy era alla caccia delle streghe rosse che infestavano la sua nazione – e ad un anno da quando l’amico Elia Kazan pensò bene di denunciarlo all’Attività Anti-americane (salvo poi tentare di spiegare nel personaggio di Marlon Brando in “Fronte del porto” i propri tormenti nella ricerca di una giustificazione). Un dramma che in filigrana denunciava il presente di delazioni, tradimenti, suicidi e condanne, rifacendosi alla narrazione dei fatti cruenti successi a Salem, nel Massachusetts, nel 1692, tra una comunità socialmente e religiosamente salda e intransigente, ferrea nei propri principi, fondata su regole rigidissime, derivata da quei padri pellegrini che settant’anni prima, un centinaio di persone, sotto i tre alberi del “Mayflower”, avevano attraversato dalle coste inglesi l’Atlantico e raggiunto quei territori.

Tutto era iniziato con il “comportamento bizzarro” di due ragazzine, Abigail Williams e Elizabeth Parris, l’una nipote e l’altra figlia del pastore della comunità, pronte a rompere le leggi prestabilite infangando il buon nome di un uomo, John Proctor, cui Abigail s’era un tempo legata, e della moglie, in un clima di violenza e di paura, di menzogna e di vendetta, di egoismi senza freni che andava crescendo di giorno in giorno. Mettendo in campo visioni e danze sfrenate nei boschi, sabba e l’intervento malefico di una strega, coinvolgendo l’intero paese nella ricerca obbligata di quel diavolo che aveva preso la giovinezza delle due ragazze e aveva distrutto l’armonia di sempre. Menzogne e delazioni che portarono all’impiccagione di diciannove persone e all’arresto di altre centocinquanta, nei tanti mesi in cui la parola stregoneria fu sulla bocca di tutti.

Il carico di follia che s’impossessa di ognuno, il panorama di terrore che s’instaura, la religiosità cieca e antica, le buffonate di una certa medicina (o antimedicina), le piccole dittature dello stato, i parroci che tentano di riaffermare i loro privilegi, la sessualità e la libertà, l’imperativo dei diritti, ogni attimo di quella quotidianità pare riflettersi nel nostro presente, in cui la metafora di Miller scena dopo scena si scopre sempre di più, divenendo lucida e amaramente accusatrice. La vendetta di una ragazzina prende contorni sempre più ampi, quelli che conducono al patibolo: soltanto Proctor, rifiutando un passato di uomo colpevole, legato alla fisicità, pronto a promettere e ad abbandonare quelle promesse fatte in una frettolosa relazione, riacquista il proprio prestigio ed il coraggio di uomo consapevole ed eroico, “civile”, rifiutando – come fece Miller – di fare i nomi dei suoi compagni e affrontando il supplizio.

Filippo Dini, presentando nel programma di sala lo spettacolo che ha diretto ad inaugurare la stagione dello Stabile torinese – uno spettacolo teso, cupo, ferreo, narrato con estrema ricchezza di toni, espresso in piena modernità ma senza ricorrere a mezzi che cancellassero forzatamente un’epoca, applauditissimo in una delle repliche a cui ho assistito in un Carignano ahimè non affollato nei vari ordini di posti come al contrario meriterebbe, forse troppo caotico e urlato nella prima parte ma arrivando a qualcosa che somiglia ben da vicino ad un personale capolavoro nella seconda, saggiamente coadiuvato dalle scene di Nicolas Bovey, dai costumi moderni di Alessio Rosati e dalle luci di Pasquale Mari, mentre in sala o in un angolo della scena la chitarra elettrica di Aleph Viola sottolinea la tensione dell’intera operazione – parla in una soppesata quanto ragionata escalation di fobie/paure/metastasi: e mi pare che queste siano davvero le componenti esatte dello spettacolo, il graduale annientamento della ragione, la ricerca sviluppata attraverso i molti e differenti tratti di un Demonio che possa essere la motivazione dell’intera tragedia.

Il dramma è imponente, come la propria struttura, come l’ossatura che deve reggerlo. Ovvero gli attori, una quindicina, e non si crea dall’oggi al domani qualcuno che abbia il desiderio e la forza di sobbarcarsi un simile peso. Lo ha fatto lo Stabile di casa nostra, tre settimane di repliche (sino a domenica 23 ottobre) e una tournée con nove piazze, tra cui la capitale e poi Milano e Genova e Napoli), un impegno certo non indifferente, come una risorsa e un patrimonio non indifferenti. Gli attori, quindi: da Manuela Mandracchia a Nicola Pannelli, crudelissimo e plumbeo vicegovernatore Danforth, anche narratore e chiosatore della vicenda, da Andrea Di Casa che è un parroco “morto” nelle proprie convinzioni e nel vecchiume più incancrenito a Gennaro Di Biase. Tra le giovani leve, una convincente Caterina Tieghi, magari da tener d’occhio per il futuro.

Elio Rabbione

Nelle foto di scena di Luigi De Palma, alcune immagini dello spettacolo

Sapori d’autunno tra jazz, arte e pizze contemporanee

PIANOB ospita ancora una volta l’innovazione della musica manouche interpretata in live dal duo Alessandro Di Virgilio (di AccordiDisaccordi) e Giacomo Rosso, con le suggestioni di gusti mediterranei rappresentati dalle pizze contemporanee create a doc dal suo eccellente pizzaiolo Angelo.

Un mix di tre tipi di pizze variegate tra loro, con le commistioni dei sapori e dei profumi della zucca, delle castagne, dei funghi e delle noci, capaci davvero di deliziare anima e gusto .
Fra i protagonisti della serata esporrà le sue opere anche l’artista Fabrizio Riccardi.

Un momento davvero unico questo, capace di far incantare e riaffiorare lo spirito di una Torino che vanta l’ospitalità storica del jazz, del gusto e dell’arte.
Non potete mancare a questo appuntamento amabilmente autunnale !!!!
Incentiviamo la città avallando la bellissima iniziativa che il PIANOB ha creato per noi, presenziando quindi numerosi a questo evento unico nel suo genere, al fine di riabbracciare i valori preziosi che la contraddistinguono, essendo così anche grati ai locali come questo per aiutarci a farlo.

PIANOB : via Mazzini 23/C
Chiamare per prenotazioni il numero : 011.884377

A ‘NotizieOggi Lineasera’ su ‘Canale Italia’ torna Maurizio Scandurra

TELEVISIONE

Il popolare giornalista e opinionista cattolico, spesso ospite a ‘La Zanzara’ di Giuseppe Cruciani, è ospite del talk-showcondotto da Vito Monaco venerdì 21 ottobre.

Venerdì 21 ottobre dalle 20.00 alle 22 in diretta nazionale su ‘Canale Italia’ torna ospite a ‘NotizieOggi Lineasera’, con tua la sua dirompente vis verbi e carica analitica, Maurizio Scandurra, il giornalista e saggista cattolico spesso ospite de ‘La Zanzara’ di ‘Radio24’ condotta dalla coppia d’attacco Giuseppe Cruciani e David Parenzo.

Nel salotto televisivo allestito nello Studio 12 di Padova (il più grande del Nord Italia dopo quelli di ‘Mediaset’ a Cologno Monzese, nel Milanese), all’interno del programma magistralmente condotto dal Direttore delle News della rete Vito Monaco (giornalista seguitissimo e di lungo corso insignito di tutte le maggiori onorificenze di Stato), l’argomento cardine della puntata è: ‘Tutta colpa di Putin?’.

Per me assolutamente no”, esordisce schietto Maurizio Scandurra. “Il problema vero – riflette con dovizia di argomenti il saggista – sono gli americani, il loro finto liberalismo che si chiama invece delirio di onnipotenza liberistico, la brama di dominio assoluto globale spacciata per strategia della verità in nome della libertà. Putin resta il solo leader cristiano presente al mondo, l’unico che ha il coraggio di parlare di Dio: il demonio sta di casa al di là dell’Atlantico. Se il pianeta è privo di valori, ha distrutto il diritto divino e umano, ha violentato e dissacrato l’istituzione della famiglia mettendo al mondo una masnada di trogloditi fautori dell’ideologia teorica del gender, lo dobbiamo agli Usa e all’abominio della diffusione di una pericolosa informatica e tecnologia del contatto prona al loro pensiero unico dominante con cui Biden e Compagni, in tutti i sensi, hanno annebbiato e annichilito lo spirito critico dei popoli occidentali contemporanei”.

Questo, in sintesi, il modo di vedere le cose del grintoso opinionista (che cura altresì ai microfoni di Francesco Vergovichuna rubrica settimanale sul canale nazionale 253 di ‘Radio RadioTv’) che ne parlerà in studio insieme ad altre autorevoli voci tra cui Francesco Carraro (avvocato e giornalista de ‘La Verità’), Ornella Mariani (Storica, studiosa e politologa), Antonio Maria Rinaldi (Parlamentare Europeo) e il noto cantautore Giuseppe Povia.

Oltre che su ‘Canale Italia’ e su ‘Sky’, ‘NotizieOggiLineasera’, scritto e condotto da Vito Monaco con la regia di Giuliano Tristo (con le consuete videopillole editoriali settimanali dello stesso Scandurra), va in onda anche in diretta mondiale su YouTube sul canale video dell’emittente. Le fotografie di studio sono di Federico Badoer.

Maggiori informazioni sul sito www.canaleitalia.it

Il maestro Fabio Luisi dirige l’Orchestra RAI nell’inaugurazione della stagione con la “Resurrezione” di Mahler

Più di 180 musicisti saranno coinvolti nel concerto inauguraledella stagione dell’Orchestra RAI mercoledì 19 ottobre prossimo.Verrà eseguita l’opera sinfonico-corale simbolo della spiritualità trionfatrice sulla morte, la Resurrezione di Gustav Mahler, che vede protagonista l’Orchestra Sinfonica della RAI di Torino e il suo direttore emerito Fabio Luisi. Sul palco anche il Coro del Teatro Regio di Torino diretto da Andrea Secchi e le voci soliste delle soprano Valentina Farcas e del contralto Wiebke Lehmkuhl.

La pagina di Mahler è particolarmente significativa per la recente storia della RAI di Torino, essendo stata eseguita già nel gennaio 2006 sotto la bacchetta di Raphael Fruhbeck di Burgos, per la riapertura dell’Auditorium RAI dopo otto anni di restauri. Negli anni successivi fu riproposta nel marzo 2014 da Jurai Valcuha e nel gennaio del 2020 da James Conlon, entrambi direttori principali della compagine.

La sinfonia, che coinvolge più di 110 strumentisti sul palco, cui si aggiungono settanta voci e due cantanti soliste, rappresenta un ritorno alla normalità di una grande orchestra come quella della RAI, dopo la programmazione a ranghi ridotti resasi necessaria a causa della pandemia.

La Seconda sinfonia è stata composta tra il 1888 e il 1894 quando Mahler era direttore del Teatro dell’Opera di Budapest e Amburgo e costituisce il lavoro che ha richiesto al compositore il tempo di gestazione più lungo. L’opera risulta, infatti, un grandioso monumento corale, iniziato da un ragazzo di 28 anni e terminatosei anni dopo da un uomo di trentaquattro, già affermato.

Mahler aveva raggiunto la consapevolezza del suo crescente ruolo come direttore d’orchestra, ruolo capace di conferirgli una autorità decisamente nuova.

I primi tre movimenti furono diretti dallo stesso compositore il 4 marzo 1895 a Berlino, senza particolare successo. La prima esecuzione integrale, il 13 dicembre dello stesso anno, a Berlino decretò un immenso successo di pubblico, dovuto all’aggiunta del Lied per contralto.

La serata inaugurale in programma all’Auditorium  RAI ha fatto registrare il tutto esaurito e il concerto sarà poi  proposto anche al teatro Nuovo Giovanni da Udine, venerdì  21 ottobre prossimo, in occasione del 25esimo anniversario della costruzione del teatro principale del capoluogo friulano.

La Sinfonia n. 2 in do minore per soli Coro e Orchestra, nota con il titolo di “Resurrezione”, fu scritta nello stesso periodo della Prima Sinfonia, tra il 1888 e il 1894.

La risoluzione di Mahler di completare la Sinfonia testimonia una sensibilità non lontana dalla volontà di riaffermazione contenuta nell’eterno ritorno di Nietzsche. Raramente la musica ha tentato, con più pathos, di superare se stessa e Mahler, per la prima esecuzione berlinese del 1896, cedendo alle insistenze del giovane critico e compositore Max Maschalk, stese un programma propedeutico all’ascolto della Seconda Sinfonia. L’esordio dell’opera è dominato da scabri frammenti della scala in do minore, che paiono quasi “arrampicarsi” su qualcosa che li respinge. La vitalità cupa dei bassi non si interrompe nel momento in cui legni e ottoni espongono un loro movimento di marcia. L’atmosfera tragica è allontanata dalla cantabilità degli archi, che deriva da Lieder coevi.

In origine la seconda Sinfonia era stata pensata quale conclusione della Prima Sinfonia in Re maggiore, del marzo 1888. La pagina sarebbe stata completata provvisoriamente e dotata di un titolo a se stante, “Totenfeir”, ovvero rito funebre, modellato sull’esempio del poema sinfonico. Il Totenfeier avrebbe trovato un seguito soltanto nel 1893. Proprio nella metà  di quell’anno l’opera non riusciva a progredire, in attesa di essere conclusa. Lo stesso Mahler intuiva che, in una forma di grandi proporzioni, con l’impiego di un’orchestra colossale, spettasse alla parola redentriceil compito di completare l’idea musicale, che arrivò nel 1894, quando il compositore assistette, alla fine del marzo 1894, alla cerimonia funebre in onore di Hans con Bulow, direttore d’orchestra appena scomparso, che aiutò molto Mahler nel periodo di Amburgo.

Dopo la celebre cerimonia funebre del primo movimento, anche chiamato Totenfeir”, Mahler voleva uno stacco di alcuni minuti per segnare il polo negativo da cui risalire per approdare alla Resurrezione celebrata nel finale.

La prima tappa è rappresentata dal secondo movimento, la cui dolcezza fa pensare alla frase di Adorno, derivata dal DocktorFaustus di Mann, in cui si afferma che “la musica di Mahler accarezza esternamente i capelli a quanto si rivolge”. Il terzo movimento ha funzione di Scherzo e si fonda sulla melodia di un Lied composto in precedenza, “La predica di Sant’Antonio ai pesci”, ricavata da una celebre raccolta di canti popolari. In questo movimento, di grande impatto emotivo, l’affiorare e l’inabissarsi dei pesci dà origine a una ronda sinistra in seguito all’entrata in scena di oboe, clarinetto e timpani.

L’entrata del Coro è preparata da una calma piena di promesse. Ritornano i richiami, in lontananza, dei corni, prolungati dagli interventi dei flauti. Quando la voce della natura, simile a una voce di uccello, si è spenta, sorge la voce umana con le parole dell’idea di Klopstock.

Mahler ancora una volta in questa Sinfonia ha dato prova di essere un profondo innovatore della forma sinfonica, portando, con le sue opere, il sistema tonale a esprimere al massimo le proprie possibilità.

La stagione dell’Orchestra Sinfonica della RAI è in programmamercoledì 19 ottobre alle 20.

Replica giovedì 20 ottobre prossimo, sempre all’Auditorium RAI, alle 20.30

MARA MARTELLOTTA

 

Auditorium RAI Arturo Toscanini di Torino

Piazza Rossaro

Tel 011/ 8104653

biglietteria.osn@rai.it

Dal palco alla strada. I buskers di Rai2 in piazza a Torino

Martedì 18 ottobre ore 18.00 Piazza Carignano

A tre mesi dal successo televisivo di Dalla strada al palco – il programma dedicato agli artisti di strada condotto da Nek, andato in onda a luglio in prima serata su Rai2 – i buskers torinesi si ritrovano per riportare la loro arte dov’è nata: in strada, nel cuore della loro città, dando vita a un’esibizione corale di performance, musica e canzoni.

Dopo i lunghi mesi di pandemia che li hanno tenuti separati dal loro pubblico e un’estate che li ha visti protagonisti in televisione e nei rispettivi tour in Italia e in Europa, gli artisti di strada torinesi riscalderanno l’atmosfera di quest’inizio autunno regalando alla loro città un’occasione unica per godere dal vivo delle loro performance.

Un modo per ricordare che l’arte di strada non è solo un trampolino per il successo, ma un punto d’arrivo (e ripartenza), un vero e proprio stile di vita, un modo per vivere in un tour permanente e creare nuove connessioni tra artisti e cittadini.

Per questa ragione, la loro reunion prende il nome Dal palco alla strada: una vera e propria festa estemporanea, un variopinto percorso di emozioni e messa in comune di talenti e repertori da condividere con i passanti.

Gli artisti di strada, spesso poco considerati per la loro vocazione nomade e marginale rispetto al clamore dei talent, ci ricordano a ogni angolo di strada e nelle piazze che l’ecosistema di una città non è fatto solo di arredi urbani, ma è soprattutto un’architettura emotiva, fatta di atmosfere, voci, immagini e incontri.

Si esibiranno in Piazza Carignano martedì 18 ottobre alle 18.00 sotto la direzione artistica di Un Tortellino (membro del coordinamento artisti di strada di Torino):

Emmanuel Victor (il virtuoso chitarrista vincitore di Dalla strada al palco), Arianna Campagna (danzatrice aerea), Carolina Cardini (cantante lirica), Luca D’Amato (pianista), Alessia Fabiano (cantante), Jonnie (cantautrice), Lukelly (ballerino di tip tap), Mattia Maio (disegnatore performativo), Davide Meli (chitarrista, in streaming da Saragozza) Alina Mertic (marionettista), Pietro Poggio in arte Okiso (manipolatore di sfere), Marco Zollo (cantante e chitarrista).

“E se non ti avessi uscirei fuori a Comprarti…”

MUSIC TALES, LA RUBRICA MUSICALE

E se non ti avessi

Uscirei fuori a

Comprarti

Stella di mare

Tra le lenzuola

La nostra barca

Non naviga

Vola, vola, vola!”

Avevo solo sette anni, troppo pochi per capire che, quelli si, erano gli anni dei veri capolavori, di quelle canzoni da masticare e digerire senza mai scordarne il gusto, nemmeno dopo quarant’anni.

Stella di mare” è una canzone di Lucio Dalla uscita nel 1979, per l’appunto, e tratta dall’album che porta il nome del cantautore.

Il disco “Lucio Dalla” vede brani composti e scritti dallo stesso artista, ad eccezione di un unico pezzo, Cosa sarà, che vede le musiche di Ron.

Il progetto è un successo e vende circa 500.000 copie in soli sei mesi dalla pubblicazione.

La canzone è una dedica d’amore , di sguardi verso la persona amata che dorme accanto a lui, a letto. La stanchezza è davvero incombente, non riesce a dormire e passa il tempo ad osservare la pelle bianca di chi ha accanto, una sorta di silenziosa ninna nanna.

Guarda chi gli è accanto, fissa il suo corpo e le ombre della notte, prima che la luce entri nella stanza e interrompa questa visione quasi onirica. Solo che il concetto cosi semplice di amore incondizionato e venerativo è incorniciato in una armonia sonora da brivido che fa si che questo brano non si possa dimenticare.

In pochi lo sanno, ma l’esordio di Lucio Dalla come solista non fu esattamente idilliaco come ci si potrebbe aspettare. Nel corso dell’edizione del Cantagiro ’64 i famosi pomodori pare li abbia presi veramente (un po’ come me a Sanscemo nel 1997 n.d.r).

Ciò naturalmente non lo buttò giù e il resto è stato storia.

Lo zio era Ariodante Dalla, artista molto noto tra gli anni ’40-’50 e conosciuto per la sua eleganza tanto da essere definito il Lord Brummell della musica italiana.

In ultimo sapevate gli Stadio perché si chiamano così?

Pare che fu proprio Lucio Dalla a scegliere questo nome prendendo ispirazione da una nota testata sportiva bolognese.

Ma l’amore, l’amore vero, l’amore intero, vuole una cosa e l’altra; vuole la fusione perfetta della sensualità e della tenerezza: anche per questo è raro.”

Umberto Saba

Buon ascolto nella versione di Cremonini, non dovesse piacervi (ma anche se vi piacerà) andate a sentire l’originale!

Chiara De Carlo

https://www.youtube.com/watch?v=NnORpVfp-hQ&ab_channel=CesareCremoniniVEVO

 
 
 

 

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!
presso la Conad domenica 23 a tenervi compagnia con la musica ci saranno Mr Sil e Chiara

Rock Jazz e dintorni: Rocco Hunt e Gianluca Petrella

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

Lunedì. Al Teatro Colosseo l’Orchestra austriaca K&K Phiolharmoniker, rivisita il repertorio cinematografico di John Williams.

Martedì. All’Off Topic si esibisce Il Muro del Canto. Al Concordia di Venaria arriva Rocco Hunt. Allo Ziggy suonano i GBH. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce il rapper Faiv.

Mercoledì. Al Circolo dei Lettori viene presentato l’album “My Nirvana” del violoncellista albanese Redi Hasa. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Nayt.  Al teatro Concordia di Venaria prima di due serate consecutive per la coppia rap Gemitaiz e MadMan.

Giovedì. Al Cafè Neruda suona il trio di Luigi Tessarollo con ospite il pianista Fabio Giachino. Al Blah Blah si esibiscono i White Hills. Al Magazzino sul Po Gianluca Petrella propone dal vivo con i suoi Cosmic Renaissance, il disco “ Universal Language”. Al Maffei sono di scena Jacopo Acquafresca, Drongheda, Pietra Tonale.

Venerdì. Al Diavolo Rosso di Asti suona Pino Scotto, icona dell’hard rock italiano. Al Folk Club si esibisce il quartetto Sex Mob del trombettista Steven Bernstein. Al Circolo della Musica di Rivoli è di scena la cantautrice irlandese Wallis Bird. Allo Spazio 211 suonano Les Amis D’Afrique e Afrodream.

Sabato. Allo Ziggy sono di scena i The Catechists e The Ossuary. Al Blah Blah si esibiscono i Sasquatch.  Al Folk Club è di scena il cantautore americano Michael McDermott. Al Bunker suonano i Mai Mai Mai.

Domenica. Al Concordia di Venaria si esibisce l’australiano Xavier Rudd.

 

Pier Luigi Fuggetta

 

“The Others”, ecco il programma musicale

 

#TIASPETTOFUORI

THE OTHERS ART FAIR 2022

XI edizione 

3 – 6 novembre 2022

Padiglione 3, Torino Esposizioni – Via Petrarca 39 b

 

PRESS KIT E FOTO: THE OTHERS 2022

 

Ospiti a The Others alcuni fra i maggiori dj del momento, per un lungo weekend 

di arte e sonorità contemporanee

 

L’appuntamento è a Torino dal 3 al 6 novembre

 

Locandina The Others Art Fair 2022

 

Torino, 13 ottobre 2022 L’XI edizione di The Others conferma la sua identità multidisciplinare e aggregante anche nell’Area Garden del Padiglione 3 di Torino Esposizioni, proponendo una programmazione musicale ricercata e d’avanguardia, una selezione di prelibatezze culinarie e i drink del magazzino più alternativo di Torino. The Others Sound, il programma musicale curato per il secondo anno da TUM animerà gli spazi esterni della fiera fino a tarda notte, da giovedì 3 novembre fino a domenica 6 novembre.

 

Quattro appuntamenti che vedranno in consolle dj e artisti di fama nazionale e internazionale, tra i nomi più interessanti del momento, per un viaggio dall’elettronica al jazz che intende trasformare la rassegna in un crossover tra tutte le espressioni della creatività. Un lungo weekend per immergersi nel mondo dell’arte lasciandosi travolgere anche dalle infinite sperimentazioni del sound più contemporaneo.

 

Ecco il programma: 

 

Giovedì: 

Ritual

Pho Bho records showcase

 

Etichetta indipendente nata a Bergamo ora con sede a Torino. Natura indefinita, linguaggio istintivo, antichi ritmi, nuovi suoni. Musica non convenzionale, riconoscibile al primo ascolto. Ormai onnipresenti nei migliori party della penisola.

 

Venerdì: 

Feel da bazz

Skip / Marc / Flavinio 

 

La bass music è un termine usato per descrivere i diversi generi di musica elettronica che a partire dagli anni ’80 in poi hanno influenzato il Regno Unito. Grancassa e linea di basso prominente, in consolle con alcuni dei nomi più rappresentativi del genere.

 

Sabato: 

Floating

Tagliabue / Luce Clandestina / A Hand

 

Il flusso sonoro, sinuoso, lento, seducente e profondo, si galleggia, sospesi, la materia a tratti impercettibile a tratti ci avvolge e ci stringe. Joseph Tagliabue da Milano, Luce Clandestina una delle dj più interessanti del panorama italiano, A-Hand label manager e producer per Details Sound. Immergetevi.

 

Domenica: 

Black is Back

Angie BacktoMono / Andrea Passenger / Red Rob

 

Le radici profonde della black music, jazz, r’n’b, soul, disco, funk. Un viaggio nel suono nero, che urla emancipazione e rivolta, dagli anni 60 a oggi, a domani. Musica con una storia, musica che muove gli animi, e i corpi.

 

 

Per saziare la fame atavica e repentina (onnivora, vegetariana e vegana) saranno presenti Jango Bistrot, Rock Burger e Van Ver Burger, al bancone del bar la crew di Magazzino sul Po.

 

 

www.theothersartfair.com

 

Otis Taylor torna in Italia: unica data al Folk Club di Torino

XXXIV Stagione

 Prima Parte: 25 settembre – 23 dicembre 2022

DOMENICA 16 OTTOBRE 2022 ORE 21.30
TORNA IN ITALIA DOPO 16 ANNI – UNICA DATA ITALIANA
OTIS TAYLOR
Ingresso Intero 30 € | Ridotto Under 30 15 € | Streaming 6 €

A 16 anni dal suo ultimo concerto in Italia, proprio al FolkClub, finalmente, dopo innumerevoli tentativi, ritorna finalmente al Club questo gigante del Blues e della musica mondiale. Definito il più rilevante bluesman del nostro tempo dall’autorevole rivista Guitar Player. Qualunque sia lo strumento da lui suonato, ciò che rimane impresso dei suoi show è l’immediatezza e la spontaneità nel rendere vivide vicende basate su storia e verità. Ritenuto uno degli artisti blues più innovativi e impegnati socialmente degli ultimi 20 anni, il suo repertorio è basato essenzialmente su brani emotivamente carichi, spaziando dal politico al personale. Otis Taylor è considerato uno degli artisti blues più affermati dei nostri tempi; vanta numerose collaborazioni con artisti di altissimo livello come il chitarrista inglese rock-blues Gary Moore, l’armonicista Charlie Musselwhite e il pianista jazz Hiromi Uehara. Tantissime le sue nomination e i premi ricevuti nei più prestigiosi Awards come “Miglior Artista Blues”, “Miglior Album Blues” e “Best Instrumentalist” nella categoria banjo.
Con Otis Taylor è sempre meglio aspettarsi l’inaspettato. Mentre la sua musica – una fusione di stili che affonda le proprie radici nella loro forma più grezza – discetta di questioni forti come omicidio, senzatetto, tirannia e ingiustizia, il suo stile personale è spensierato. “Io sono bravo con l’oscurità, ma non sono una persona particolarmente infelice“, dice di sé. Parte del fascino di Taylor sono i suoi tratti caratteriali contrastanti. Ma è proprio questo elemento sorprendente che lo rende uno degli artisti più avvincenti affermatisi in questi ultimi 20 anni. In effetti, la rivista Guitar Player scrive: “Otis Taylor è probabilmente l’artista blues più rilevante del nostro tempo.” Che si tratti della sua strumentazione unica (spesso alterna banjo e violoncello), o del suono improvviso di una voce femminile, o di una canzone apparentemente ottimista che prende improvvisamente una svolta pessimista, ciò che rimane coerente nella musica di Otis è una narrazione commovente, basata sulla verità e sulla storia. Al suo sesto album, “Double V”, Taylor si lascia andare in racconti intimi mentre la sua musica è un’escursione uditiva ispirata a un’infanzia non convenzionale. Otis Mark Taylor nasce a Chicago nel 1948. Dopo che suo zio viene ucciso a colpi di arma da fuoco, la sua famiglia si trasferisce a Denver, dove nasce e coltiva il suo interesse di adolescente per il blues e il folk. Entrambi i suoi genitori sono grandi appassionati di musica; “Sono cresciuto con musicisti jazz” racconta. “Mio padre lavorava per le ferrovie e conosceva un sacco di jazzisti. Era un socialista e un vero bebopper.” Sua madre, Sarah, una donna dura come le unghie, di tendenze liberali, aveva un debole per Etta James e Pat Boone. Il giovane Otis spende il proprio tempo al Denver Folklore Center, dove acquista il suo primo strumento, un banjo. Lo suona mentre va al liceo in sella al suo monociclo. Il Denver Folklore Center è anche il luogo in cui ascolta per la prima volta Mississippi John Hurt e il country blues. Impara anche a suonare chitarra e armonica e forma i suoi primi gruppi: The Butterscotch Fire Department Blues Band e successivamente la Otis Taylor Blues Band. Si avventura per un breve periodo a Londra per fare ritorno negli Stati Uniti alla fine degli anni ’60. Il suo successivo progetto è il T&O Short Line con il leggendario cantante/chitarrista dei Deep Purple Tommy Bolin. Dopo un periodo con i 4-Nikators e gli Zephyr, nel 1977 Otis si prende una pausa dal mondo della musica e dà il via ad una carriera di successo come antiquario e come allenatore fonda una affermata squadra di ciclisti professionisti. Dopo anni di sollecitazioni dal suo mentore musicale -il bassista Kenny Passarelli- nel 1995 Otis torna infine sul palco, in un’intima saletta del Boulder Colorado’s “Hill” district, e viene raggiunto dal sideman delle stelle, Kenny Passarelli, e dall’asso della chitarra Eddie Turner. Un giornalista scrive: “…la combinazione era magica, lo stile di canto unico di Taylor si fondeva perfettamente con il virtuosismo rock di Passarelli e i riff tinti rock-roll di Turnet.” I rimandi rispetto a questa comparsata sono così forti che Taylor decide di tornare sulla scena musicale, suonando date scelte accuratamente con Passarelli e Turner. Due anni dopo pubblica “Blue Eyed Monster”, che convince il pubblico del blues e segna l’emergere di un cantautore che ha, usando le sue parole “…un modo per dire qualcosa che pare essere più intenso“. Nel 1998 fa sollevare più di un sopracciglio con l’album “When Negroes Walked the Earth”, pieno di testi impenitenti, strumentazione cruda e messaggi strazianti. La rivista Playboy lo descrive come “blues minimalista coi modi di John Lee Hooker.” I critici e gli appassionati di musica notano che il suo talento di vivido narratore e chitarrista affermato si sono solidificati. Nell’estate del 2000 ottiene una borsa di studio in composizione al Sundance Institute di Park City, nello Utah. Se le prime due registrazioni di Taylor hanno incantato il mondo della musica, il pubblico viene letteralmente rapito da “White African” (2001), il suo album più diretto e una dichiarazione personale sulle esperienze degli afroamericani, tra cui il linciaggio del bisnonno e la morte dello zio. La brutalità diventa la principale tematica delle sue canzoni che esplorano senza timori la storia delle ingiustizie nelle relazioni razziali e sociali. Con questo disco Taylor apre ufficialmente una via. Guadagna quattro W.C. Nomination e vince il premio come “Best New Artist Debut”. “White African” è a malapena uscito nei negozi di dischi quando Otis inizia a scrivere le canzoni che finiranno nell’album “Respect The Dead”, pubblicato nel 2002, che lo rende un contendente per due Handy Awards nel 2003: “Miglior artista acustico” e “Album di blues contemporaneo”. L’anno successivo piega di nuovo le convenzioni con il suo debutto per Telarc Records, “Truth Is Not Fiction” che porta Taylor in una direzione decisamente elettrica, quasi psichedelica, forgiando un suono che viene descritto come “trance-blues”. I critici musicali restano davvero affascinati e il disco riceve elogi sontuosi da USA Today, New York Times, Washington Post, NPR e viene nominato nel sondaggio dei critici di Downbeat come “Album Blues dell’anno”. L’album viene rapidamente seguito da “Double V”, che segna il suo esordio come produttore e una collaborazione con sua figlia Cassie, che canta meravigliosamente e suona il basso. L’album gli vale una seconda vittoria nel sondaggio dei critici di Downbeat come “Album Blues dell’anno”, per il secondo anno consecutivo (è l’unico caso!), mentre Rolling Stone, The New Yorker, Blender e CNN danno tutti il loro “pollice-in-su”. Ma forse il riconoscimento più significativo quell’anno arriva da Living Blues Reader’s Poll, che premia Taylor (insieme a Etta James) con il premio “Best Blues Entertainer” nel 2004. Telarc pubblica “Below the Fold” -settimo CD di Taylor- nell’estate del 2005. L’album è un insieme di canzoni stilisticamente variegate che puntano a un centro basato sul blues ma inondato di sfumature del country degli Appalachi e di un rock lunatico e psichedelico. Una volta ancora, i critici sono entusiasti e Downbeat dà all’album quattro stelle, sottolineando che Taylor “ha un’anima da poeta, con un profondo rispetto per la storia dei neri d’America e una curiosità incrollabile per la condizione umana.” The New Yorker soprannomina il suo sound “Velvet Underground Railroad” e prosegue proclamando che “Otis può ronzare ma non sta mai fermo, e quando si muove si dirige sempre verso posti che non hai mai visto.” A fine anno, “Below the Fold” arriva alla posizione numero 12 nella lista dei 20 migliori album del Chicago Tribune. E nel caso che il suo brillante stile di scrittura e la sua voce dannata non fossero stati sufficienti ad attirare l’attenzione di pubblico e critica, Taylor ha anche dimostrato le sue sopraffine doti strumentali con due nomination consecutive ai Blues Music Awards (2005 e 2006) come Migliore Strumentista nella categoria banjo. Oltre ai tradizionali tour e registrazioni, attualmente Taylor guida un programma scolastico dedicato al blues chiamato “Writing the Blues”. Concepito dalla moglie, è rivolto alle scuole di ogni ordine e grado di tutto il paese, fino alle università, per offrire consigli, illuminare e guidare gli studenti rispetto alla musica blues. “Comincio sempre chiedendo loro di scrivere cosa li rende tristi; paure, delusioni, perdite… qualunque cosa. È semplicemente fantastico leggere alcune di queste pepite, di questi pensieri incredibili. Sono spesso frasi semplici ma così reali, così tristi, così vere, così pure.” Per Taylor, è una squisita opportunità per entrare in contatto con altri e aiuta gli altri a connettersi con il proprio io, permettendo loro di fare la propria parte nel garantire che il blues e la capacità di condividere esperienze di vita continuino nelle prossime generazioni. Taylor risiede a Boulder, in Colorado, dove vive con la moglie.
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