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PAROLE DOLCI. Un’opera plurale creata dalle persone Dolci

In occasione della fine dell’anno, Dolci, agenzia di comunicazione e marketing libera e indipendente dal cuore italiano, celebra i suoi sessant’anni con un’opera plurale dedicata al suo fondatore, Silvio Dolci.

È così che nasce la silloge “Parole Dolci”, un progetto speciale che vuole imprimere nella memoria i momenti più significativi della storia dell’azienda e sottolineare i valori che la contraddistinguono: una raccolta di 60 parole chiave, proprio come le candeline che spegne Dolci quest’anno, ognuna interpretata in modo diverso attraverso uno storytelling libero e fluido.

Si tratta di termini che usiamo nel quotidiano, considerandoli spesso scontati, ma anche di parole importanti, forti, parole che fanno paura, che si trasformano persino in tabù.

A tutte, però, Dolci regala un’interpretazione nuova, un significato differente e introspettivo, giocando con la rappresentazione visiva e con quella tipografica in modo libero e creativo tramite insoliti e innovativi lettering.

In questa raccolta, le espressioni diventano dinamiche, prendono vita. Respirano.

Offrono spunti, fanno riflettere, donano al lettore l’occasione di poter osservare la vita di tutti i giorni da nuove angolazioni, con punti di vista inaspettati e stimolanti.

E ciò risulta particolarmente importante in un momento storico in cui diventa sempre più semplice non soffermarsi sul vero significato delle parole, in cui un’immagine sostituisce la riflessione e il confronto.

A rendere ancora più sfidante il progetto è stata l’idea di affidare l’esecuzione visiva all’intero team, senza distinzioni di ruoli e competenze: art director, account, strategist, responsabili amministrativi ed esperti digitali, tutti hanno liberato la loro vena creativa e hanno dato la loro personalissima lettura alle 60 parole.

Questo perché i valori, i sentimenti che formano lo spirito d’agenzia, non vogliono essere un dogma immutato e immutabile ma una continua evoluzione che prende vita proprio grazie alle persone che fanno di Dolci, l’Agenzia della felicità possibile.

E dal momento che la felicità è possibile davvero solo se condivisa, Dolci sceglie, attraverso il progetto editoriale, di sostenere nuovamente il Gruppo Abele, onlus fondata da Don Luigi Ciotti che, dal 1965, si dedica all’aiuto concreto delle persone fragili. L’impegno dell’agenzia a fianco del Gruppo Abele è volto a sostenere i percorsi e le attività contro la dispersione scolastica e la povertà educativa.

L’associazione Caus e i suoi soci festeggiano quest’anno il 40° anniversario

Le “nozze di rubino”

Caro direttore, il 2024 ci porta nel quarantesimo anno di attività, quattro decenni rivolti costantemente all’innovazione, alla gratuità, alla solidarietà e alla costruttiva provocazione.

Un sentimento simboleggiato dal rubino appunto, dall’incessante passione che il Caus ed i suoi iscritti hanno sempre avuto nel concretizzare nuove e coinvolgenti idee.

Il Centro Arti Umoristiche e Satiriche, associazione culturale no-profit, nasce a Torino nel 1984 con la precisa finalità di promuovere l’umorismo e la satira quali strumenti d’analisi, stimolo, critica e formazione in ambito istituzionale, artistico ed educativo in ogni scibile umano. Una biblioteca specializzata fu gestita dai soci fondatori Massimo Tonelli e Claudia Enrico e coordinata da volontari sino al 2012. La sezione web (www.caus.it), nata nel 2008, deve il suo sviluppo all’opera, alla tenacia e alla pazienza di Tullio Macrì, Piero Ferraris, Marino Tarizzo e altri benemeriti volontari.

I fondatori Raffaele Palma e Giorgio Cavallo, unitamente ad Armando Testa e Franco Bruna, riuscirono in breve tempo a riunire un gruppo di umoristi italiani ed internazionali, studiosi, collezionisti e appassionati del settore, catturando l’attenzione dei media e delle istituzioni per la grande innovazione profusa capace di rendere popolare l’umorismo portandolo in campi non ancora esplorati. Una divisione dell’Associazione denominata “Caus per il sociale” attiva sin dalle origini, si è distinta per le proposte solidaristiche confluite in convegni, tour, mostre e progetti dedicati esclusivamente a coloro che hanno problematiche di varia natura.

Negli anni, l’attività del Caus si è sviluppata in differenti indirizzi: artegrafica, calligrafia, cabaret amatoriale, comunicazioneambientearchitettura, toponomastica, didatticapedagogia, nonché alla formazione scolastica grazie a corsi universitari, interventi nelle scuole di ogni ordine e grado e corsi di aggiornamento rivolti al corpo insegnanti. All’attività propriamente formativa e pedagogica, il Centro ha affiancato la divulgazione delle proprie ricerche al settore libri, organizzando inoltre manifestazioni, mostre, percorsi tematici, concorsi, conferenze e dibattiti a carattere nazionale ed internazionale e ha realizzato un inserto satirico intitolato “ Bazar, i guastafeste” del periodico indipendente Osservatore Terziario (1989- 1991 circa, con numerosi vignettisti accreditati). Moltissime sono state le tematiche, tutte nuove ed esclusive dedicate al capoluogo subalpino (oltre 70 percorsi in parte consultabili alla sezione “tours” e “tours virtuali” su www.caus.it), che hanno dato visibilità e pregio a opere artistiche e architettoniche poco analizzate e studiate, argomenti concretizzati in tour gratuiti assai apprezzati dai partecipanti, coadiuvati da pubblicazioni editoriali o tragitti scaricabili dal sito web del Caus, tutti gratuiti.

Numerosi sono stati i problemi da affrontare, per fortuna sempre superati positivamente, causati dalla “sensibilità” di alcuni esponenti di enti pubblici e società private (come non ricordare le interpellanze sulla mostra dedicata a Roland Topor vista da certuni come irrispettosa, volgare e inappropriata, oppure le interrogazioni sulla pubblicazione di alcune vignette ritenute offensive, poi la minaccia di denuncia per aver scoperto, fotografato e fatto pubblicare furti sacrileghi di opere d’arte al Cimitero Monumentale. Ancora: 35 giorni ininterrotti di sciopero della fame da parte del responsabile dell’Associazione per aver visto escludere i corsi d’aggiornamento e i laboratori scolastici dedicati alla didattica dell’umorismo nelle scuole di Torino (vennero esclusi non solo i corsi sull’umorismo e la satira, ma tutti le altre collaborazioni accreditate da numerose associazioni); poi il ritiro del patrocinio pubblico sui tour gratuiti pensati per persone con disabilità motoria e non vedenti e scaricabili gratuitamente dal sito nella sezione “Caus per il sociale” dal titolo “Torino Paratour” – e ancora la facile e scontata vittoria presso il Tribunale di Torino, dopo una denuncia penale di un piccolo tour operator contro il Caus (https://www.caus.it/raffaele-palma/amare-torino-vuol-dire/ )

Molteplici invece sono state le gratificazioni con istituzioni pubbliche e private nel corso dei quattro decenni. L’elenco delle collaborazioni e dei patrocinatori è sterminato e si possono leggere nella sintesi dell’allegato word.

Caus in dialetto piemontese vuol dire “calcio” ed è esattamente ciò che abbiamo fatto in quarant’anni: si sono prese a pedate la staticità delle cose, la banalità delle mode, la sicurezza dell’arroganza, la certezza delle patacche (fake news). Se qualche volta abbiamo scalciato con scarsa energia, promettiamo che in futuro tireremo pedate più forti e decise per cercare di cambiare in meglio cose e persone!

Caus – Centro Arti Umoristiche e Satiriche

Contatti: info@caus.it

A San Pietro in Vincoli il pubblico scoprirà i segreti del pane nello spettacolo “Cumpanaggiu”

Il 13 gennaio 

Due fornai attori porteranno in scena il pane, personaggio centrale dello spettacolo sensoriale “Cumpanaggiu . Il pane e il resto”, opera che sarà rappresentata a San Pietro in Vincoli il 13 gennaio prossimo alle 18.30 e alle 20.30. L’idea è di condurre il pubblico attraverso un’esperienza sensoriale diretta per approdare alla conoscenza di questo alimento base, presente in tantissime culture del mondo a partire dalla tradizione italiana.

Lo spettacolo fa parte della stagione “Intelligenza naturale” di Fertili Terreno Teatro, per la prima volta a Torino grazie alla regia di Salvatore Tramacere, che ha scritto il testo insieme a Silvio Pagani. La traduzione è di Andelka Vulic.

Si assaggia, si toccano con mano e si scoprono i diversi tipi di pane e soprattutto il companatico, pomodori secchi sott’olio, lampascioni, scapece, biscotti africani e “tarantata”, la donna morsa dalla tarantola) Tutto si svolge grazie all’opera di una mediatrice “gastro-culturale”. L’assaggio segue la modalità della degustazione sensoriale condotta con un linguaggio metaforico che allarga gli orizzonti della percezione.

Il pubblico incontrerà, oltre ai due fornai attori, un celebrante dei prodotti tipici salentini, un pedagogo fornaio in pensione e una traduttrice simultanea.

San Pietro in Vincoli ( San Pietro in Vincoli 28, Torino)

13 gennaio 2024 ore 18.30 e 20.30

 

Mara Martellotta

Quaglieni ricorda Bobbio in diretta Facebook

Martedì 9 gennaio ore 17 sulla pagina Facebook del Centro Pannunzio Carla Sodini dialogherà con Pier Franco Quaglieni sul tema “ Le distanze da Bobbio. A vent’anni dalla morte del filosofo. Un ricordo, non una agiografia”.  Il Centro Pannunzio che ebbe Bobbio tra i suoi amici, entra nel dibattito aperto in questi giorni sui giornali. (Nella foto Quaglieni e Bobbio)

La mediazione dei giornalisti e il potere della politica

Moncalieri, ore 17,30

Biblioteca civica Arduino, via Cavour 31

Pagina facebook della Biblioteca @bibliomonc

Martedì 9 gennaio a Moncalieri per il ciclo di incontri de L’occhio critico si tiene un nuovo appuntamento con il giornalista Flavio Corazza, già vicedirettore del quotidiano La Stampa. L’occhio critico è una proposta della biblioteca Arduino (via Cavour 31) per imparare a destreggiarsi nella lettura delle notizie, stringendo questa volta l’obiettivo su “la mediazione dei giornalisti e il potere della politica”. Corazza è affiancato da Miresi Fissore e introdotto da Laura Pompeo. Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti e diretta facebook.

Il fenomeno delle fake news, la propaganda, l’inquinamento dell’informazione hanno un posto di primordine nel dibattito pubblico, in particolare in tempi di crisi sistemica e geopolitica come questo che stiamo vivendo – spiega l’assessore alla Cultura Laura Pompeo – E’ vitale acquisire gli strumenti utili e proprio per questo abbiamo cominciato la scorsa primavera con i primi seguitissimi incontri”. I cittadini devono cominciare a guardare al ruolo della biblioteca con occhi nuovi, come a una “piattaforma abilitante”, “che permetta alla comunità di coltivare ed espandere la propria conoscenza, la propria capacità di espressione, con l’obiettivo principale di far crescere, con progetti come questo fortemente voluto dall’amministrazione, la consapevolezza e il senso critico delle persone”.

Mercato rionale Vs ipermercato

Nel nostro Paese, proseguendo una tradizione dovuta alle invasioni arabe, quasi ogni Comune anche piccolo ha un suo mercato rionale. Torino, poi, detiene due record: quello di unica città italiana ad avere i mercati rionali tutti i giorni della settimana e di avere il mercato aperto (Porta Palazzo) più grande d’Europa.

Fino alla metà degli anni ’70 i mercati rionali ed i negozi di prossimità rappresentavano l’unica possibilità per acquistare alimenti, prodotti per le pulizie, abbigliamento, articoli regalo e casalinghi. Spesso il negoziante, conoscendoci, poteva guidarci nell’acquisto, avvisarci dell’arrivo imminente di un articolo e, soprattutto nei piccoli centri, farci credito segnando su un quaderno sapendo che a fine mese avremmo saldato.

Per particolari necessità potevamo andare in supermercati non eccessivamente grandi quali Upim, Standa e Rinascente.

L’arrivo dei primi ipermercati, inseriti in veri e propri centri commerciali, ha modificato radicalmente il nostro modo di fare acquisti: innanzitutto per la presenza di parcheggi che rendono più agevole recarsi a fare la spesa, poi per la presenza di carrelli, di sconti o offerte 3×2 in periodi prefissati, per la presenza di lavanderie e calzolai dove lasciare le cose all’arrivo e ritirarle all’uscita e di ristoranti dove rigenerarsi dopo la full immersion nel centro commerciale.

Come ha descritto molto bene Valentina Veronese su queste colonne il 6 dicembre 2022, gli ipermercati esprimono al massimo la manipolazione che la società consumistica esercita sui potenziali clienti. Nulla all’interno di un supermercato è lasciato al caso. Il carrello ha le ruote che si bloccano? Il cliente, mentre spinge con fatica il carrello, osserverà istintivamente gli scaffali acquistando articoli che non avrebbe acquistato altrimenti. Se i fardelli con le bottiglie di acqua fossero all’ingresso, i clienti riempirebbero subito il carrello e non avrebbero più spazio per altro; ecco perché solitamente sono al fondo del percorso di vendita. Anche la musica ha la sua funzione ipnotica: distoglie la nostra attenzione cosicché i nostri acquisti saranno determinati dalla posizione dell’articolo, dal colore, da eventuali offerte anziché dalla reale necessità. In altre parole, il cliente non si rende conto di non essere responsabile delle proprie scelte ma di essere pilotato da campagne di marketing ed esperti di quella materia che progettano nell’interesse unico dell’impresa venditrice. Quella della posizione di un articolo è particolarmente evidente nel settore giocattoli: se venissero ubicati nei piani alti degli scaffali verrebbero notati solo dagli adulti; posizionandoli in modo che i bambini li vedano e, soprattutto, li chiedano a chi è con loro sono una strategia di marketing non da poco.

Inoltre, e non è l’aspetto meno importante, sottovalutiamo quattrofattori durante i nostri acquisti negli iper.

Primo fattore: alcuni prodotti sono di qualità discutibile, realizzati da marche che producono solo per le catene di iper, venduti a prezzi bassi ma la cui qualità è rapportata al costo.

Poi troviamo spesso articoli il cui prezzo è conveniente se valutato di per sé, ma non ci accorgiamo che trattandosi di confezioni realizzate appositamente per gli iper hanno una capacità ridotta rispetto alle analoghe confezioni dei negozi e, quindi, il prezzo al kg o al litro diventa meno conveniente.

Terzo fattore da non sottovalutare è che, almeno per gli alimentari, siamo portati ad acquistare confezioni famiglia il cui prezzo è conveniente ma, se le poniamo in fondo alla dispensa, rischiamo che giungano a scadenza prima di utilizzarli.

Quarto fattore, la legge consente di porre in vendita prodotti la cui data “Da consumare preferibilmente entro…” sia già trascorsa. Il prodotto è commestibile ma le qualità organolettiche possono risentirne. Prestate, dunque, attenzione alle date: perché accontentarsi quando si può avere la qualità originale?

E che dire della privacy, tanto difesa dalle persone, che però chiedono in tutti gli ipermercati la tessera di fidelizzazione (ai cui possessori, è vero, vengono riconosciuti anche sconti notevoli) così poi le direzione saprà quali assorbenti usate, che misura di preservatici preferite e ogni quanto li acquistate e quanta carta igienica consumate.

Per i fattori che abbiamo visto finora, è già evidente come siano da preferire i punti vendita tradizionali, di prossimità, rispetto ai giganti della Grande Distribuzione Organizzata (GDO).

Ma negli ultimi anni è un altro fattore a spingere le persone verso il ritorno ai negozi sotto casa. Mentre la GDO acquista, talvolta attraverso gruppi di acquisto, ovunque nel mondo, e non si preoccupa delle esigenze del singolo, il negozietto sotto casa si approvvigiona quasi sempre, almeno per la parte alimentare, da produttori e coltivatori locali, spesso conosciuti da anni e che garantiscono la qualità o rischierebbero di danneggiare la propria immagine.

Poi, particolarmente i ferramenta, sono in grado di risolvere i nostri problemi suggerendo, consigliando e impegnandosi personalmente nella soluzione, cosa che nella GDO non può avvenire.

Rivolgendoci massivamente alla GDO aumenteremo i profitti di gruppi imprenditoriali, spesso esteri o con sede fiscale all’estero,in cambio di poche, limitate, assunzioni di cassiere e magazzinieri.

Perché non sostenere l’attività commerciale nelle mani di un nucleo familiare, che ci coccola, ci sa guidare e che, a guardare bene, non ha prezzi molto più cari della GDO?

Quando i guru del marketing fanno notare che acquistando in un certo iper si risparmia un tot percento andando in determinati giorni non vi spiega, però, che dovete aggiungere 2 ore almeno (in alcuni periodi anche 3) per raggiungere l’iper, fare la coda alla cassa e ritornare a casa. Valutate quant’è il risparmio e giudicate se le vostre ore valgano quella cifra: probabilmente no.

Gli Enti locali ed il Governo potrebbero intervenire efficacemente in aiuto dei piccoli esercenti, ad esempio, impedendo che un canone di locazione possa raddoppiare in breve tempo o a seguito di cessione della proprietà dei muri, strangolando il locatore.

Ma per la fantascienza vi do appuntamento ad un altro articolo.

Sergio Motta

Grande partecipazione per “Concertiamo la pace”

Da quando è nata la consuetudine di celebrare a Torino la Giornata mondiale della Pace – proclamata a suo tempo da Papa Paolo VI questa iniziativa ha sempre riscontrato un buon successo.

Questo primo gennaio del 2024, però l’affluenza ha superato ogni rosea previsione. Il grande salone – messo come sempre generosamente a disposizione dal Sermig – si è riempito completamente già prima dell’inizio, con tutti i posti a sedere occupati, moltissima gente in piedi in sala e altrettanta fuori. Probabilmente una conseguenza dei tempi che stiamo vivendo, segnati da drammi terribili forieri di paure, ma anche desiderosi di speranza e di segni di bene e amore.

In questo senso si può onestamente dire che le aspettative – almeno in questa occasione non sono certo andate deluse . Innanzitutto  la manifestazione – fra promotori e partecipanti ha visto un insieme altamente rappresentativo: dal Coordinamento interconfessionale del Piemonte al Comitato per i diritti umani della Regio Piemonte, dalla Città di Torino, al Comitato Interfedi, insieme a realtà specifiche religiose, sociali e culturali.

Estremamente significativo è che si sia prodotto un documento unitario (cioè condiviso da rappresentanti ditutte le confessioni religiose, compresi alti esponenti dell’ebraismo e dell’islam) che è stato illustrato dal Portavoce del Coordinamento Giampiero Leo, raccogliendo l’apprezzamento e l’entusiasmo di tutti i presenti.

Altrettanti importanti e profondi i saluti inviati dal Presidente della Regione Alberto Cirio, dal Sindaco di Torino Stefano Lo Russo, dal Presidente della Fondazione CRT Fabrizio Palenzona e dall’Arcivescovo di Torino Mons. Alberto Repole. Successivamente presentate e illustrate da Walter Nuzzo, sono state magnificamente eseguite musiche della tradizione classica Indiana ed Europea, offerte da una speciale orchestra composta da donne e uomini delle diverse comunità religiose.

Dato il grande successo dell’evento e dei suoi contenuti, sono state immediatamente avanzate – da autorità e personalità presenti – diverse proposte per proseguire, rafforzare ed ampliare la strada intrapresa.

 

FOTO EMANUELE PENSAVALLE

La morte come inizio della vita

Parlare di morte in questo periodo, in cui parte del mondo celebra la nascita del Salvatore, può sembrare quanto meno controcorrente.

In realtà, poiché nessuno ha la certezza di cosa vi sia dopo la morte, cosa succeda quando un individuo cessa di vivere e la sua anima, il suo spirito vitale, abbandona il corpo dobbiamo affidarci alla fede e credere compiendo, appunto, un atto di fede magari comportandoci in vita in modo da meritarci il dopo migliore.

Abbiamo visto come la concezione del dopo morte cambi enormemente nel corso dei secoli a seconda delle culture e delle epoche considerate.

Nell’antichità greco-romana si riteneva che i defunti richiedessero cure funerarie specifiche al fine di ricevere la protezione dei loro antenati, in assenza della quale si credeva che gli spiriti vagassero sulla Terra. Quando nel XXIV libro dell’Iliade Achille, per vendicare la morte dell’amico Patroclo, trascina il cadavere del nemico Ettore intorno alle mura di Troia, suscita nella società l’indignazione perché la profanazione dei morti era considerata un atto sacrilego.

Per i norreni la destinazione nell’aldilà dipendeva da modo in cui si moriva: morire in battaglia permetteva di accedere al Walhall tra gli einherjar insieme a Odino fino al momento del ragnarǫk(destino ultimo, fine del Creato); morire di malattia o di vecchiaia comportava, invece, la discesa nell’Hel, gli inferi.

Con l’arrivo del cristianesimo, a partire dal VI secolo, si è plasmata una diversa coscienza collettiva relativamente alla morte. Nel secolo scorso, complici due conflitti mondiali e la guerra in Vietnam, la morte era vista come un tabù, un argomento da non affrontare. La globalizzazione e la diffusione dei social hanno permesso di incontrare culture e credo diversi, permettendo una diversa comprensione di ciò che avviene dopo la morte.

In Europa nei confronti della morte e del defunto vi sono atteggiamenti diversi. In Germania il decesso è una parte della vita. Un retaggio cristiano ormai, però, superato anche da parte del Vaticano consente la cremazione ma obbliga a inumare o tumulare i resti cremati in un cimitero.

‍In Croazia, invece, analogamente a quanto avviene nell’Islam la sepoltura deve avvenire entro il giorno successivo al decesso. Icongiunti e chi lo desidera si riuniscono in una veglia notturna nella casa del defunto cosicché questo non resti, solo, al buio. Ilcorteo funebre segue un ordine preciso: in testa c’è la croce, seguita dagli uomini, dalle corone, dal sacerdote, dal defunto, dalla sua famiglia e, per ultime, le donne. In Italia dove la cremazione è consentita da anni, c’è ancora qualche ostacolo sollevato dalla Chiesa che ammette il deposito delle ceneri solo nel cimitero o altro luogo consacrato, ma non accetta che le si portino a casa degli eredi o vengano disperse.

Ma come è considerata la morte dalle varie culture? In Asia, complici le diverse etnie e religioni presenti (Islam, Cristianesimo, Ebraismo, Buddismo, Confucianesimo, Shintoismo, Induismo e Taoismo), sono molto diverse tra di loro le credenze sul “dopo vita”; quasi ovunque è vista come una transizione e l’approccio migliore per elaborare il lutto è accettarlo come un accadimento naturale, un evento normale della vita. In India, invece, la morte è percepita come il passaggio da una identità ad una nuova, più o meno importante a seconda di come ci si è comportati in vita(karma).

In Cina parlare dei defunti è tabù, perché si teme di invocare la sfortuna. Pur considerando il decesso come un evento inevitabile, è caldeggiata la pratica di alcune tecniche quali il Tai Chi Chuan o il Feng shui nella convinzione di prolungare la vita.‍

Il trattamento riservato ai defunti dipende da alcuni fattori quali, ad esempio, età o ceto. Nella cultura cinese gli anziani ricevono il giusto rispetto, anche per i morti. Ciò include il lavaggio e la vestizione del corpo, la preparazione della casa per il funerale e il rispetto del galateo funebre. Ad esempio, il rapporto con il defunto determina cosa si può indossare al funerale. Il colore dell’abito è via via più scuro allo stringersi del grado di parentela: per il coniuge o il figlio sarà nero, per un nonno blu scuro, poi grigio chiaro e così via.

Anche in Africa le usanze risentono delle molteplici culturepresenti. Nel Ghana, ad esempio, gli Ashanti ritengono che la morte sia il momento di transizione tra una vita e quella successiva. Come in altre culture, il trattamento riservato al defunto dipende dal modo in cui muore o, meglio, da come sia vissuto: una morte improvvisa non riceverà molta considerazione a differenza di una persona che muoia di vecchiaia, alla quale verranno tributati onori.

Rispetto ad altre culture, dove i riti funebri sono solitamente tristi, presso gli Ashanti si celebra la vita dei defunti. Il funerale è un saluto comunitario durante il quale si tributa l’ultimo saluto offrendo ai defunti cibo, bevande e musica, proseguendo il trattamento iniziato ante mortem con l’unzione degli infermi.

E che dire dei funerali a New Orleans (Louisiana)? Uscito dalla chiesa, il corteo con il feretro passa nei luoghi più importanti per il defunto, permettendo così a parenti ed amici di tributare l’ultimo saluto. Giunti sul luogo di sepoltura, i musicisti suonano a marciani molto lentamente, ma al ritorno dal cimitero che il ritmo assume diventa un crescendo incalzante, con i partecipanti che ballano al ritmo della musica; si credeva, infatti, che tale confusione nella strada avrebbe disorientato lo spirito del defunto, al punto di non fargli trovare la strada di casa dove avrebbe causato problemi ai suoi cari.

Sempre più persone si avvicinano alla morte in modo sereno, distaccato; pensate soltanto al suicidio assistito che sta raccogliendo sempre più fautori come unica alternativa alla sofferenza incurabile di una patologia incurabile. Nonostante le resistenze ovvie di alcuni esponenti religiosi, sempre più persone ritengono che suicidarsi non sia andare contro i disegni divini decidendo noi quando lasciare questa valle di lacrime ma sia, al contrario, una scelta legittima di chi vuole decidere del proprio destino.

Siamo tutti concordi nel ritenere la morte un evento certo, ineluttabile anche se non ne conosciamo la data né il modo in cui avverrà: perché, quindi, non accettarla con serenità, sia per noi stessi che quando accade a chi ci è caro, preparando per tempo ogni cosa (comprese le incombenze burocratiche) per ridurre al minimo i problemi a chi ci sopravvive?

Sicuramente, temere la morte significa soltanto caricarsi di emozioni negative, che non possiamo risolvere razionalmente perché è la paura di un dopo sconosciuto, temuto dal quale non si torna indietro.

Personalmente consiglio di vivere in pace con sé stessi e con gli altri, rinunciando a quei comportamenti che possono essere comodi o utili in questa vita ma sono oggettivamente dannosi per gli altri, agendo nel rispetto delle altre persone, degli animali e della natura in genere; sono certo che un tale comportamento non possa in alcun modo e secondo nessun credo essere di ostacolo ad un dopo vita dignitoso.

Sergio Motta

Le Rosine, un nuovo polo culturale e formativo a Torino

E UNO SPORTELLO DI ASCOLTO PER LE DONNE

Corsi, seminari, workshop ma anche attivita’ sociali e di supportoalle donne.

Madre Rosa Govone fu una figura femminile all’avanguardia per i suoi tempi, il cui pensiero, ma soprattutto il suo operato,incoraggiava l’indipendenza femminile. Sulla scia del suo percorso e della sua impronta è stato creato il Polo Artistico e Culturale dell’Istituto delle Rosine. È nata la volontà di ristrutturare i locali per poi utilizzarli per riavviare le attività formative, didattiche, per aprire di nuovo l’Istituto alle persone, alla citta’ “, chiosa Massimo Striglia, direttore generale dell’istituto.

Per la terziaria domenicana l’emancipazione delle donne fu la missione di tutta la  vita. Vivrai dell’opera delle tue mani era una sua affermazione riempita di senso grazie ad preciso progetto che, oltre a permettere di coltivare la chiamata spirituale presso l’Opera, che fondò a metà del settecento, metteva a disposizionedi tutte le ragazze a cui dava ospitalita’ un percorso formativo-professionale. Nel 1756 ottenne a Torino, da Carlo Emanuele III di Savoia, l’assegnazione dei fabbricati dell’antico ospedale del Santo Sudario, appartenuti all’ordine religioso Fatebenefratelli, dove inauguro’ l’Opificio delle Rosine, la prima opera assistenziale indipendente che doveva il suo sostentamento unicamente alla vendita di diversi prodotti creati nei laboratori interni. L’impresa di Rosa Govone, che anticipò decisamente i tempi in fatto di riscatto femminile, contribui’ ad una trasformazione intellettuale sul destino e sulla vita delle donne. Il suo operato fu   tramandato dalle sue Rosine che dal 1800 aprirono scuole materne ed elementari, istituirono corsi di cucito, ricamo, disegno, pittura, lingua francese, musica, cucina e organizzarono rappresentazioni nel piccolo teatro presente all’interno dell’opera; nel 1955 venne aperto anche un convitto femminile che è ancora attivo.

Al Polo sono nati corsi di cucito 4.0 e re-fashion, calligrafia, conversazione in inglese e francese (partiranno a breve anche corsi di spagnolo, russo, tedesco), recitazione, pittura, canto e poi seminari di pronto soccorso fisco, di criminologia, workshop e laboratori pratici di public speaking, sviluppo delle life skills, difesa personale e tanti altri”  racconta Sara D’Amario”,  direttrice artistica del Polo.

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, il 25 novembre scorso, è stato inaugurato presso Le Rosine il Punto di Ascolto per Donne in Difficoltà, un’apprezzabile iniziativa sociale dedicata a tutte coloro, da i 18 anni in su, che necessitano di aiuto e di un sostegno per superare situazioni problematiche, prendendo un appuntamento, infatti, si puo’ usufruire di un ciclo di colloqui individuali gratuiti con una psicoterapeuta.

La definizione “in difficoltà” è stata lasciata volutamente aperta, per lasciare ad ogni donna la possibilità di definire la propria e sentirsi sempre legittimata a parlarne ed a chiedere aiuto.

Una volta al mese, inoltre, si terranno seminari a tema, dedicati non solo alle grandi violenze, ma anche a quelli che si possono definire “piccoli problemi” che hanno il diritto, comunque, di essere ascoltati. La madre superiora Ausilia Concas, al fine di continuare a praticare l’accoglienza, valore fondante dell’istituto, nelle sue diverse forme e declinazioni ha voluto con determinazione questa attivita’  di sostegno con il grande auspicio di poterne organizzare delle altre della stessa valenza nel prossimo futuro.

MARIA LA BARBERA

Laboratori formativi: Via delle Rosine 11  Torino
Sale eventi e Teatro: Via Plana 8   Torino
Tel. +39 334 749 6371
info@lerosine.it

Carcere, criticità vecchie e nuove (anche) in Piemonte

Carceri sovraffollate, aggressioni agli agenti della polizia penitenziaria, suicidi tra i detenuti. Anche la nostra regione non è immune alle problematiche del mondo carcerario. Il Garante regionale delle persone detenute con il Coordinamento dei Garanti comunali piemontesi, Bruno Mellano,  promuove Venerdì 29 dicembre ore 11, nella Sala delle Bandiere di Palazzo Lascaris l’incontro

CARCERE IN PIEMONTE: CRITICITA’ VECCHIE E NUOVE

Presentazione dell’ ottavo Dossier delle criticità strutturali e logistiche delle carceri piemontesi

Intervengono

Bruno Mellano, Garante regionale delle persone detenute

Alice Bonivardo, Garante comunale delle persone detenute di Alessandria

Paola Ferlauto, Garante comunale delle persone detenute di Alba e Asti

Sonia Caronni, Garante comunale delle persone detenute di Biella

Alberto Valmaggia, Garante comunale delle persone detenute di Cuneo

Michela Revelli, Garante comunale delle persone detenute di Fossano

Raffaele Orso Giacone, Garante comunale delle persone detenute di Ivrea

Paolo Allemano, Garante comunale delle persone detenute di Saluzzo

Monica Cristina Gallo, Garante comunale delle persone detenute di Torino

Silvia Magistrini, Garante comunale delle persone detenute di Verbania

Pietro Luca Oddo, Garante comunale delle persone detenute di Vercelli

Cesare Burdese, architetto, già componente della Commissione Architettura penitenziaria del Ministero della Giustizia.