Ieri la Giunta ha aggiornato la Commissione Sanità in merito all’attuazione della legge regionale 2 maggio 2016, n. 9 “Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico”
Le relazioni dei tecnici hanno riguardato in primo luogo il lavoro svolto in base al Piano regionale 2017-2018 «Piano integrato delle attività di contrasto, prevenzione, diagnosi, cura del Gioco d’Azzardo Patologico (GAP)» approvato dal Ministero della Salute. Ovviamente il lavoro di prevenzione e informazione deve rivolgersi a tutta la popolazione, ma soprattutto alle fasce deboli: i più giovani, gli anziani, le persone che vivono in difficili condizioni economiche e contesti sociali. Si tratta soprattutto di maschi che lavorano e possiedono un titolo di studio di basso livello. L’età media dei giocatori è di 50 anni e quasi tutti giocano ‘fisicamente’, ossia utilizzando vlt o slot più che giochi online. Sono circa 36mila i soggetti ad alto rischio in Piemonte, 1341 quelli ‘trattati’.
I tecnici si sono poi soffermati sugli effetti della Legge Regionale, nonché sulla prevalenza e sulle caratteristiche del gioco problematico. “In Piemonte” – si legge in una delle relazioni – “oggi si può affermare inequivocabilmente che i provvedimenti di restrizione dell’offerta con apparecchi automatici di gioco (AWP e VLT) ha determinato una rilevante riduzione della raccolta e della spesa con tali dispositivi con un modesto incremento della spesa per altri giochi: nel passaggio dal 2016 al 2017 la riduzione complessiva (>5%) è da attribuire in via pressoché esclusiva alla ancor più consistente riduzione delle perdite con apparecchi automatici realizzata grazie all’applicazione della Legge Regionale”.
Dal 2005 a oggi era aumentato esponenzialmente il numero di giocatori patologici, con una chiara correlazione con la maggiore diffusione di occasioni di gioco legalizzate. Nel 2016 l’Italia era ancora fra i primi Paesi per diffusione del gioco d’azzardo, al quarto posto per le perdite, con una spesa per gli apparecchi molto più alta che altrove. Il fenomeno è stato in forte crescita fino al 2011. Tuttavia, se nel 2016 i piemontesi giocavano più di 5 miliardi di euro sulla rete del gioco fisico e perdevano più di 1,2 miliardi, e ammontavano a 59 milioni le perdite telematiche, con una crescita del dato del 4,6% tra il 2013 e il 2016, dai dati (ancora parziali) raccolti dopo l’entrata in vigore della legge, in due anni vi è stata una diminuzione dei volumi del 10%, che quindi dovrebbe superare il mezzo miliardo, passando a una stima di 4,6 miliardi nel 2018. Il calo, dunque, è in controtendenza rispetto al precedente trend in crescita. Con una riduzione delle perdite del 17% nel 2018 si è passati da 1 miliardo e 250 milioni nel 2016 a una stima di un miliardo e 30 milioni nel 2018 (-220 milioni in due anni).
“Pur essendo trascorso poco tempo dall’applicazione della legge, i dati sono già lampanti: la rotta è invertita, il consumo e le perdite calano” – dichiara Grimaldi. – “Non capisco come si possa ancora sostenere che abbiamo votato una legge inutile e che il distanziamento dei punti gioco non serva a nulla. Piuttosto occorre fare ancora di più e con maggiore coinvolgimento e coordinazione fra gli enti locali, soprattutto sulla formazione e la prevenzione capillare, a partire dalle scuole”.
Il deputato di Forza Italia Claudia Porchietto, componente della Commissione Attività Produttive, e Andrea Tronzano, Consigliere regionale del Piemonte hanno visitato nei giorni scorsi la Biraghi Spa, la più grande azienda di trasformazione casearia del Piemonte che ha sede a Cavallermaggiore (Cuneo)
Biraghi Spa è una realtà imprenditoriale e produttiva che contribuisce in modo importante al sostegno economico dell’indotto agricolo del Piemonte e si è sempre contraddistinta per una forte vocazione all’innovazione unita ad una sana competitività industriale. Per questo motivo autorità ed esponenti delle diverse forze politiche dedicano sempre maggiore attenzione all’Azienda e partecipano con grande interesse a incontri con proprietà e management della società, oltre ad effettuare visite nelle diverse aree dello stabilimento dove si produce esclusivamente con latte 100% piemontese un’ampia gamma di referenze, come i rinomati Biraghini, il Grattugiato Gran Biraghi e il Gorgonzola Dop. Uno spazio particolare viene inoltre sempre dedicato al successo del Pecorino Etico Solidale, realizzato grazie a un innovativo accordo di filiera con Coldiretti Sardegna. “Ancora una volta l’impresa piemontese ci ha stupito. Biraghi Spa non solo è un’azienda leader di settore, ma ha fatto della qualità del prodotto e della territorialità i suoi punti di riferimento nella crescita e sviluppo del prodotto. Ringrazio Anna e Bruno Biraghi per la calorosa accoglienza e mi complimento per il nuovo progetto di apertura del punto Biraghi in piazza San Carlo, nella sede che fu del famoso negozio Paissa. Nel salotto di Torino ritroveremo grazie a Biraghi i prodotti dei nostri territori, vanto dell’industria alimentare piemontese”. Ha dichiarato Claudia Porchietto, deputato di Forza Italia. “Una realtà di assoluto livello tecnologico, produttivo e occupazionale come Biraghi ci rende fieri e orgogliosi. Il Piemonte può contare su una impresa con importanti valori etici, cosa rara in questi tempi di multinazionali spesso spregiudicate, alla ricerca solo dei numeri e non della qualità e degli investimenti. Complimenti ad Anna e Bruno Biraghi e ai loro dipendenti“. Ha commentato Andrea Tronzano, Consigliere regionale del Piemonte.
Nei giorni scorsi sono apparsi nelle bacheche delle affissioni comunali di Rivalta alcuni manifesti che raffigurano un feto nel grembo materno con la scritta «Tu eri così a 11 settimane»
L’amministrazione comunale, pur rispettando l’opinione di tutti e garantendo la libertà di
espressione, esprime una netta contrarietà verso il messaggio veicolato dalla campagna. L’immagine e le parole puntano il dito contro la scelta di tante donne e di tante coppie, senza conoscere le storie e le motivazioni che sono alla base di quella scelta. Oltretutto, la campagna dei manifesti comparsi a Rivalta colpevolizza e scarica tutta la responsabilità di un’interruzione di gravidanza sulla donna, senza riflettere su quanto sia difficile il percorso che porta una persona a scegliere di abortire e senza immedesimarsi nei panni di tutte quelle donne che hanno subito un aborto spontaneo. La 194/78, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, da quarant’anni riconosce alle donne il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. È una legge dello Stato, confermata anche da un referendum nel 1981. Una legge che garantisce a tutte le donne la libertà di scelta e l’autodeterminazione, che non considera l’aborto come un diritto privato e personale ma come questione che va affrontata sotto il profilo sociale e che, come è scritto nel suo primo articolo «riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana fin dal suo inizio». In quarant’anni la Legge 194 ha diminuito la clandestinità degli aborti e ha quasi eliminato il rischio di mortalità per madri e figli. Le interruzioni volontarie di gravidanza, da quando è entrata in vigore la Legge 194, sono diminuite: nel 1983 erano 233.976, nel 2013 sono scese a 102.760, nel 2016, in base all’ultima rilevazione Istat disponibile, sono state 84.874. Mettere in discussione una legge dello Stato, frutto di anni di battaglie sociali, politiche ed etiche rischia di ledere il diritto alla libera scelta di tutti gli individui e di far fare passi indietro alla nostra società e alla nostra cultura. Per questo, nei prossimi giorni, il sindaco di Rivalta Nicola de Ruggiero sarà nei mercati cittadini per una campagna di informazione sulla Legge 194.
Roma, 15 novembre “La produzione di Pernigotti deve rimanere a Novi. Ribadiamo quello che il governo ha dichiarato fin da subito: lo stabilimento di Novi non si tocca così come non si toccano tutti i lavoratori. Vogliamo vederci chiaro e capire anche la gestione economica e i bilanci della proprietà turca da quando è arrivata nel 2013. Non possiamo accettare, ad esempio, che oggi al tavolo del Mise si siano presentatati consulenti che ignoravano persino quanta gente lavora nello stabilimento di Novi. Per questo auspichiamo che cambi l’atteggiamento della famiglia Toksoz e che l’incontro tra il premier Conte e la proprietà turca porti ad un punto di incontro che salvi uno stabilimento storico e dall’alto valore economico e sociale. Occorre conoscere a fondo un’azienda per poterla gestire al meglio e rilanciarla non basta acquistarla e sfruttarne il marchio”. Lo dichiarano a margine del tavolo di crisi tenutosi questa mattina al Mise il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon e il capogruppo alla camera della Lega Riccardo Molinari (nella foto).
Silvio Viale (Radicali Italiani), Daniele De Giorgis (Coordinatore Associazione Radicale Aglietta) e Andrea Maccagno (Direttivo +Europa Torino) – i tre primi firmatari dell’istanza di referendum consultivo comunale – hanno consegnato oggi (martedì 13 novembre) in Comune le 1000 firme raccolte sabato 10 novembre durante la manifestazione in Piazza Castello
Silvio Viale dichiara: “La procedura da oggi avviata prevede dapprima una conferenza stampa organizzata dal Comune e, in seguito, l’audizione da parte dei capigruppo. Sta a loro decidere se proporre in Consiglio Comunale la delibera definitiva per il referendum consultivo. Chiedo a questo punto agli esponenti del Movimento 5 Stelle, che da sempre dicono che nessuno ascolta i cittadini come fanno loro, quale miglior mezzo di questo per consultare effettivamente i torinesi. Se poi i 5 Stelle non dovessero dare seguito a quest’istanza, chiedo allora a tutte le opposizioni di proporre loro la delibera per un referendum consultivo. Credo infatti che su questa posizione oggi la maggioranza di Appendino non rappresenti affatto i torinesi”.
Cia Agricoltori italiani di Torino considera il progetto Tav non come un semplice collegamento veloce tra Torino e Lione, ma come l’accesso alla metropolitana europea che collega l’Est con l’Ovest e il Nord con il Sud del continente.
Sul piano agricolo, l’opera ha un impatto ambientale bassissimo, tenendo conto che viene compromessa una quota irrisoria di terreno fertile, senza considerare che bucare la montagna non comporta apprezzabili rischi idrogeologici.
Nel merito, sono essenzialmente tre le ragioni che spingono Cia Agricoltori Torino a schierarsi a favore della Tav:
– l’accesso alla metropolitana europea rappresenterà un formidabile assist per l’esportazione, che è il settore trainante dell’economia agricola, caratterizzata dalla capacità di commercializzare prodotti freschi;
– il trasporto su rotaia ridurrà i costi rispetto a quello su gomma, rendendo più competitivi i prezzi dei prodotti agricoli destinati all’esportazione, e diminuirà le emissioni di CO2, a beneficio della qualità dell’aria;
– il miglioramento della mobilità all’interno dell’Europa, favorirà la multifunzionalità delle aziende agricole, che potranno contare su maggiori visitatori e potenziali clienti sia per le produzioni agricole che per l’ospitalità turistica.
Roberto Barbero
Presidente Cia Agricoltori italiani – Torino
“Continua, tra l’indifferenza delle autorità preposte, lo stillicidio dei morti e dei feriti “da caccia”. Ieri l’ennesimo “omicidio venatorio”: è toccato ad un cacciatore, un 63enne ucciso nella campagna pisana dal proiettile partito dal fucile di un compagno di battuta. Il numero delle vittime – almeno otto in questa stagione, tra cui due ragazzi di vent’anni – richiede l’intervento del governo e del Parlamento, che dovrebbe esaminare le mie proposte per l’introduzione di restrizioni alla caccia e, appunto, del reato di omicidio venatorio. Basta con le stragi di animali e di persone”. Lo afferma l’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, che intanto invita a fermare del tutto la stagione di caccia “in considerazione delle eccezionali condizioni di maltempo”: “Molti ecosistemi sono già in ginocchio, senza bisogno dei cacciatori”. Il bollettino della “guerra” nei boschi e nelle campagne è in effetti pesante, considerando che mancano ancora tre mesi alla chiusura ufficiale della stagione venatoria. Oltre agli otto morti, sono decine i feriti, compresi due bambini colpiti da pallini da caccia, nelle province di Forlì-Cesena e di Ancona. “Fermo restando l’obiettivo a medio-lungo termine di abolire del tutto la caccia – spiega l’on. Brambilla – ho presentato due proposte di legge di cui le cronache suggeriscono l’esame con urgenza. La prima riguarda l’omicidio venatorio. Chi spara nelle campagne e nei boschi e colpisce una persona dev’essere punito più severamente di chi commette un “normale” omicidio colposo, proprio perché il cacciatore tiene legittimamente in mano un’arma letale, cioè ha una responsabilità in più. E’ lo stesso principio seguìto per dare vita al reato di omicidio stradale e la pena base che vorrei applicare è la stessa: da due e sette anni di reclusione. Del resto, secondo un’inchiesta di “National geographic”, la percentuale dei morti “da caccia” è, fatte le debite proporzioni, simile a quella delle vittime per incidenti automobilistici, con la differenza che oggi spostarsi in automobile è quasi sempre una necessità mentre la caccia non è affatto necessaria”. “La seconda proposta – prosegue l’ex ministro – riguarda il silenzio venatorio il sabato e la domenica, per tutelare chi nei boschi e nelle campagna va per godersi la natura e non per distruggerla, e alcune misure restrittive. Oggi le distanze di sicurezza da potenziali bersagli come case, strade, ferrovie, mezzi agricoli o animali domestici variano secondo i casi da 50 a 150 metri: vanno sistematicamente raddoppiate, con controlli rigorosi. Riguardo al porto d’armi: mentre le procedure per le richieste motivate da esigenze di difesa personale sono rigidissime, una licenza per uso sportivo si ottiene più facilmente. Vale cinque anni e il certificato medico di idoneità è necessario solo al momento del rinnovo. Troppo poco, soprattutto perché la maggior parte dei cacciatori ha un’età compresa tra 65 e 78 anni”. Nelle 11 stagioni di caccia tra il 2007 e il 2018, secondo l’Associazione vittime della caccia, ci sono stati 217 morti e 804 feriti, senza contare gli incidenti con armi da caccia fuori dall’ambito venatorio.
Rifondazione comunista risponde a Chiamparino
Su La Stampa Sergio Chiamparino dichiara che “dopo la manifestazione di sabato nulla può essere come prima… che quella manifestazione ha segnato uno spartiacque”. Dove vuole andare a parare è presto detto: “il Si alla Tav è condizione necessaria e imprescindibile per fa parte di un’alleanza di centrosinistra che lavori per il futuro del Piemonte…questo vale anche per i miei amici Airaudo e Grimaldi”. Più chiaro di così il Presidente della Regione Piemonte non poteva essere. La stessa chiarezza, almeno allo stato attuale, non si può dire di Sinistra Italiana e forze affini che, al di là di continuare a stare in maggioranza col Pd e Chiamparino, hanno finora pensato di ripresentarsi con il centrosinistra Si Tav alle prossime elezioni regionali. Com’è possibile? Una domanda che rivolgo in particolare a Giorgio Airaudo il quale, in un intervista rilasciata a il Manifesto, sostiene che “Torino non è andata in declino perché non c’era la Tav… il vero treno perso è quello dei motori, delle carrozzerie, della fabbrica, della mobilità sostenibile. Il treno perso è quello del lavoro”. E più oltre: “la piazza Si Tav configura un tentativo di restaurazione…grazie a questa manifestazione la regione viene spinta nelle mani del centrodestra a guida leghista”. Concordo pienamente. Sergio Chiamparino, al pari di Piero Fassino, ha un’idea distorta, direi arcaica dello sviluppo e della crescita, nient’affatto distinguibile da quella del centrodestra e per molti aspetti anche del M5S, Tav a parte. Un’idea basata su privatizzazioni, finanziarizzazione dell’economia, precarizzazione del lavoro, grandi opere, polarizzazioni commerciali. Nella fattispecie pensare di risollevare le sorti di una città in sofferenza e declino tramite la realizzazione di un’opera inutile e costosissima è pura follia. Il risultato è di fare il gioco di gruppi di potere e di interesse che oggi hanno come riferimento privilegiato le forze di destra a trazione leghista. Stando così le cose bisogna essere conseguenti. Non si può continuare a tenere i piedi in due scarpe. Le forze che vogliono dirsi di alternativa, antiliberiste, antifasciste facciano una scelta chiara di programmi, di autonomia e collocazione politica prima di essere messe in un angolo dagli aut aut di un partito, il Pd, e di un Presidente di Regione politicamente avviati sul viale del tramonto per manifesta incapacità di aprire una prospettiva di sviluppo che non sia a ricalco degli interessi dei poteri forti e delle élites della città.